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2 TERAPIA INTRA-EXTRACORPOREA NEI TRATTAMENTI DELLE INTOSSICAZIONI (2^ parte)

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Carlo Locatelli
Direttore del Centro di Informazione Tossicologica Centro antiveleni di Pavia - Fondazione Scientifica "Salvatore Maugeri Clinica del Lavoro e della Riabilitazione"- Pavia
e-mail:
cnit@fsm.it

vedi : 1^ parte

1. Introduzione
2. Parametri che condizionano l'indicazione a una tecnica di depurazione per il trattamento delle intossicazioni acute. Parametri farmaco-tossicologici
Parametri clinici
Disponibilità delle strutture
3. Metodi speciali di depurazione dai tossici Diuresi forzata
Dialisi
Emoperfusione
Plasmaferesi
Exsanguinotrasfusione
4. Valutazione dell'efficacia
5. Conclusioni
6. Bibliografia

METODI SPECIALI DI DEPURAZIONE DAI TOSSICI

I principi generali fin qui esposti spiegano i meccanismi sui quali si basano i metodi di depurazione da tossici e le ragioni delle loro indicazioni e controindicazioni, ma difficilmente consentono di prevedere la reale efficacia di ogni tecnica nel singolo caso. Nell'analisi specifica dei vari metodi verranno presi in esame i principi su cui ognuno di essi si fonda, le indicazioni accertate clinicamente e quelle ancora allo studio, nonché le controindicazioni e i pericoli potenziali. Fra i metodi non invasivi verrà discussa in questo capitolo solo la diuresi forzata.

DIURESI FORZATA

La diuresi forzata (DF) è, in ordine di tempo, il primo metodo utilizzato nella pratica clinica per aumentare l'eliminazione di sostanze tossiche già assorbite; oggi rimane certamente il meno pericoloso. La DF per l'eliminazione di tossici si basa sull'integrità dei meccanismi fisiologici renali (filtrazione glomerulare, secrezione tubulare attiva e riassorbimento tubulare passivo) e su alcune proprietà cinetiche dei veleni (Tabella 5).

Tabella 5. Fattori che condizionano l'efficacia della diuresi forzata

Caratteristiche del tossico Caratteristiche renali Caratteristiche del filtrato
peso molecolare
concentrazione ematica
volume apparente di distribuzione
emivita
grado di ionizzazione, solubilità in acqua, liposolubilità
gradiente di concentrazione fra plasma e lume tubulare
legame proteico (basso o rapidamente reversibile)
legame tessutale
velocità di ridistribuzione tessuti/plasma
metabolizzazione (scarsa o assente)
escrezione prevalentemente renale
clearance corporea totale
- flusso ematico
- superficie e funzionalità glomerulare e tubulare
- velocità del flusso urinario
- volume del flusso urinario
- composizione chimica (pH, tonicità, ecc) del filtrato

Per aumentare l'escrezione renale di farmaci e sostanze chimiche che vengono filtrati dal glomerulo o attivamente secreti nel lume tubulare è necessario aumentarne la clearance e limitarne o impedirne il riassorbimento passivo. Poiché le sostanze escrete per filtrazione glomerulare vengono eliminate in quantità proporzionale al volume urinario, la diluizione delle urine con relativa diminuzione del gradiente di concentrazione lume tubulare/sangue costituisce il razionale del trattamento mediante DF semplice (9, 10).

Per i tossici con caratteristiche di acidi o basi deboli invece, si parte da un presupposto differente. Queste sostanze risultano ionizzate (in soluzione) in percentuale diversa in relazione al pH del mezzo in cui si trovano; poiché le membrane cellulari sono più permeabili alla forma non polare (non ionizzata), il riassorbimento nel torrente ematico avviene quasi esclusivamente per i tossici presenti nel lume tubulare in quest'ultima forma. Aumentando il grado di ionizzazione, quindi, si può rendere il tossico meno riassorbibile aumentandone di pari passo l'escrezione renale: questo meccanismo è stato chiamato "trappola ionica". Per ottenere i massimi livelli di escrezione è perciò necessario raggiungere il massimo grado di ionizzazione; la massima escrezione di sostanze con pKa acido (acidi deboli) si ottiene a pH alcalino, e viceversa (3). Gli acidi deboli con pKa compreso fra 3,0 e 7,5 e le basi deboli con pKa compreso fra 7,5 e 10,5 sono le sostanze che meglio si prestano al meccanismo di "trappola ionica" che, abbinato alla DF da carico idrico e da osmotici, costituisce uno dei metodi di depurazione più spesso indicati sia per l'efficacia, sia per il rapporto favorevole fra costi e rischi da un lato, e benefici dall'altro (1, 2, 3, 8, 9). Tuttavia le sostanze che hanno un pKa che consente la "trappola ionica" entro limiti fisiologici e la cui eliminazione urinaria è dipendente dal flusso di urine sono in numero limitato (Tabella 6).

Tabella 6. Costanti di dissociazione (pKa) di alcuni farmaci e sostanze chimiche.

ACIDI BASI
Farmaci pKa
acetazolamide 7,2
ac. acetilsalicilico 3,49
ac. borico 9,24
ac.2,4-diclorofenossiacetico 2,6
ac. salicilico 3,0
amobarbital 7,7
barbital 7,91
clorpropamide 4,8
etosuccimide 9,3
fenobarbital 7,2
furosemide 3,8
Farmaci pKa
idroclorotiazide 7,9
indometacina 4,5
metotrexate 5,5
pentobarbital 8,2
probenecid 3,4
sulfadiazina 6,48
teofillina 8,75
tiopentale 7,6
tolbutamide 5,3
valproato di sodio 4,8
Farmaci pKa
aloperidolo 8,7
amfetamina 9,9
amiloride 7,2
amitriptilina 9,4
atropina 9,8
chinidina 8,4
chinina 8,4
clonidina 8,25
clorfeniramina 9,2
clorpromazina 9,3
Farmaci  
codeina 8,2
diazepam 3,3
difenidramina 8,3
efedrina 9,36
fenciclidina 8,5
fenfluramina 9,9
fenitoina 8,3
idralazina 7,1
imipramina 9,5
ketamina 7,5
lidocaina 7,9
Farmaci pKa
litio carbonato 6,8
meperidina 8,7
metadone 8,6
morfina 8,05
naloxone 7,94
nortriptilina 9,73
pentazocina 9,0
procaina 8,8
procainamide 9,2
reserpina 6,6
triamterene 6,2

Sia da un punto di vista farmacologico che clinico, il meccanismo di trappola ionica accoppiato alla DF risulta meglio applicabile con gli acidi deboli che non con le basi deboli. Gli acidi deboli infatti hanno Vad relativamente più piccoli perché tendono a rimanere maggiormente nel plasma che ha un pH (7,4) relativamente più elevato del liquido intracellulare (7,0). Le basi deboli, invece, entrano più facilmente nelle cellule dove rimangono intrappolate dall'ambiente intracellulare più acido, risultando così meno disponibili per l'escrezione renale (1, 8).

Prima di iniziare una DF è necessario posizionare un catetere vescicale (monitoraggio del flusso urinario), un catetere venoso centrale (monitoraggio pressione venosa centrale) ed eseguire la determinazione basale di elettrolitemia, pH arterioso e urinario, nonché il livello ematico del tossico. L'escrezione urinaria medio-normale è di 1-2 mL/kg/ora; con la DF questo volume può essere triplicato (2-6 mL/kg/ora). L'utilità di volumi urinari ancora più elevati (8-11 mL/kg/ora o più) è controverso e non sempre determina un significativo aumento dell'escrezione renale (1, 3, 8). La tecnica consiste nell'infusione endovenosa di 100-150 mL/kg di liquidi nelle 24 ore. I primi 1.000 mL, se non vi sono deficit di funzionalità renale o cardiocircolatoria, vanno infusi rapidamente (in 60-90 minuti). E' necessario controllare attentamente la diuresi oraria perchè il flusso di urine, a partire dalla seconda ora, deve essere pari o di poco inferiore al volume infuso ora per ora. Se ciò non si ottiene con il solo carico idrico, si può stimolare la diuresi con mannitolo (12,5-25 g e.v. seguiti da infusione di 100-300 mL/ora di una soluzione di mannitolo al 10%), con furosemide (40 mg/4-6 ore: particolarmente indicata nella intossicazione da litio), oppure con acetazolamide (in caso di DF alcalina) (3, 9). Nelle intossicazioni da barbiturici e salicilati l'uso di dosi elevate di mannitolo può determinare iponatremia e iperosmolarità; in questi casi perciò non devono essere superate dosi totali di 300 g (1).

Durante DF sono necessari un'adeguata somministrazione di elettroliti (in particolare sodio e potassio) nonché un attento monitoraggio di pressione venosa centrale, diuresi oraria, pH urinario (ogni ora), pH plasmatico ed elettroliti (ogni 1-2 ore inizialmente, quindi ogni 2-4 ore) (2). La composizione dei liquidi da infondere varia in base all'influenza del pH urinario sull'eliminazione del tossico (DF normale, alcalina e acida). Il trattamento va interrotto se si notano aumento della pressione venosa centrale, tachicardia, dispnea, segni di minaccia di edema polmonare acuto, oppure se vi è uno sbilancio positivo fra entrate e uscite pari o superiore a 20 mL/kg e se tale ritenzione non risponde prontamente ai diuretici (3). La DF può causare sovraccarico idrico con edema polmonare acuto, intossicazione da acqua, edema cerebrale, squilibri elettrolitici e dell'equilibrio acido-base (alcalosi o acidosi a seconda della tecnica utilizzata, iper- o iponatremia, ipokaliemia, ipomagnesiemia, ipocalcemia) (1, 3, 8, 9).

L'insufficiente perfusione renale in pazienti in stato di shock o ipotesi può far fallire la DF se prima di iniziare il trattamento non viene corretta la situazione clinica di base (ipovolemia, squilibri idroelettrolitici, deficit di pompa cardica) anche mediante l'uso di vasopressori. Le controindicazioni all'attuazione della DF sono rappresentate da shock, insufficienza cardiaca e renale, edema polmonare acuto, edema cerebrale, squilibri elettrolitici e alcalosi non compensati, sindrome da inappropriata secrezione di ormone antidiuretico; questi quadri clinici possono essere determinati anche da numerose sostanze tossiche.

Diuresi forzata semplice

La diuresi forzata semplice (DFs) viene utilizzata quando il pH urinario non influenza l'escrezione renale del tossico (Tabella 7).

Tabella 7. Indicazioni alla diuresi forzata (DF) semplice, alcalina e acida

DF semplice DF alcalina DF acida
Farmaco pKa Farmaco pKa Farmaco pKa
ac. borico 9,24 ac. acetilsalicilico 3,49 amfetamina 9,9
amanitina   ac. salicilico 3,0 fenfluramina 9,9
bromuri   salicilati 3,5 fenciclidina 8,5
etanolo   barbitale 7,91 chinina* 8,4
paraquat   fenobarbital 7,2    
1,2-dicloropropano   isoniazide 3,5    
    ac. 2,4-dicloro-fenossiacetico 2,6    
    litio (carbonato)* 6,8    
* = indicazione dubbia

Si infondono soluzioni isoelettrolitiche aumentando o diminuendo gli elettroliti a seconda degli squilibri già in atto o che si vengono a creare, evidenziati dal monitoraggio effettuato ogni 2-4 ore. La DFs è indicata per aumentare l'escrezione di amanitina, bromuri, etanolo, paraquat, acido borico, idrocarburi alogenati (es. 1,2-dicloropropano).

Diuresi forzata alcalina (DFal) e Diuresi alcalina (Dal)

La diuresi forzata alcalina (DFal) consiste nell'accoppiare la DF semplice all'alcalinizzazione delle urine, mentre la diuresi alcalina (Dal) consiste solamente nella alcalinizzazione urinaria. Vengono utilizzate nelle intossicazioni da acidi deboli, quando il pH urinario alcalino aumenta l'eliminazione del tossico (Tabella 7). Dopo controllo della kaliemia ed eventuale correzione dei deficit di potassio si inizia l'alcalinizzazione mediante infusione di bicarbonato di sodio per via endovenosa alla dose di 1-2 mEq/kg in 15 mL/kg di soluzione glucosalina ogni 3-4 ore. Il valore del pH urinario, che deve essere controllato a brevi intervalli (1 ora), va mantenuto fra 7,5 e 8,5; in alcuni casi possono essere necessarie ulteriori dosi bolo di bicarbonato di sodio (0,5 mEq/kg) (1, 3, 8, 9, 10). Più raramente viene utilizzata l'acetazolamide, la quale, bloccando il riassorbimento del bicarbonato, può determinare acidosi metabolica e aumentare l'effetto tossico dei salicilici favorendo la distribuzione degli acidi deboli dal compartimento ematico a quello tessutale per il meccanismo di trappola ionica (6, 10); per questa ragione essa viene somministrata (250 mg/6 ore e.v.) insieme al bicarbonato di sodio (2-3 mEq/kg/24 h) (9). Il monitoraggio degli elettroliti sierici (specie della kaliemia) va eseguito frequentemente (ogni 1-2 ore inizialmente, quindi ogni 4-6 ore) e per tutta la durata del trattamento (9).

La DFal è in grado di aumentare fino a 5 volte l'eliminazione di sostanze acide con pKa compreso fra 3,0 e 7,5. Le principali indicazioni sono rappresentare da fenobarbital (livelli superiori a 10 mg/dL), barbital (livelli superiori a 10 mg/dL), acido salicilico acetilsalicilico e salicilati (livelli superiori a 50 mg/dL, relativamente al tempo trascorso dall'ingestione), isoniazide, acido 2,4-diclorofenossiacetico (1, 2) e litio (3).

L'importanza della DF nell'intossicazione salicilica è controversa, poiché l'alcalinizzazione urinaria da sola (Dal) aumenta significativamente l'eliminazione dei salicilici (12). Infatti, poiché l'acido salicilico ha un pKa di 3,0, a livelli di pH urinario di 3,0 il rapporto fra salicilato (ionizzato) e acido salicilico (non ionizzato) è di 1:1; a pH urinario di 7,0 questo rapporto sale a 10.000:1; se il pH sale a 7,4 il rapporto aumenta fino a 25.000:1. L'alcalinizzazione quindi diminuisce a livello plasmatico la quantità di acido salicilico diffusibile e il suo accumulo nel sistema nervoso centrale (1, 2); il mantenimento del pH urinario a valori di 7,4, inoltre, aumenta il rapporto fra salicilato ionizzato e acido salicilico non ionizzato nel lume tubulare renale con il meccanismo di "trappola ionica", accorciando considerevolmente l'emivita di eliminazione dei salicilati. L'aumento del pH determina però una maggiore entrata di potassio nelle cellule e una maggiore escrezione renale dell'elettrolita, con conseguente ipokaliemia; ogni aumento di pH ematico di 0,1 unità è accompagnato da una diminuzione del potassio plasmatico di 0,6 mEq/L (variazioni identiche, ma contrarie, si hanno in caso di diminuzione di pH) (1, 2). Quindi la DFal risulta utile nelle intossicazioni lievi o moderate da salicilici, mentre nelle intossicazioni gravi (livelli di salicilati superiori a 130 mg/dL a 6 ore dall'ingestione) sono più indicate l'emodialisi o l'emoperfusione per la possibile presenza di edema polmonare e cerebrale da salicilici, che controindicano la DF (1, 2).

Diuresi forzata acida (DFac)

La diuresi forzata acida (DFac) viene utilizzata nelle intossicazioni da sostanze che si comportano come basi deboli, quando il pH urinario acido aumenta l'eliminazione del tossico (Tabella 7). Essa consiste nell'accoppiare l'acidificazione delle urine alla DF ma, essendo tecnicamente più difficoltosa e complicata della DFal, viene utilizzata meno frequentemente. La tecnica è la stessa descritta per la DF semplice, ma alla infusione di soluzioni glucosaline o isoelettrolitiche vengono aggiunti cloruro di ammonio, acido cloridrico, acido ascorbico o soluzioni di lisina o arginina (cloridrato) per l'acidificazione delle urine. Il pH urinario, che deve essere monitorato a brevi intervalli (ogni ora), va mantenuto a valori inferiori a 5-6 (1, 3, 8, 9, 10); l'equilibrio idroelettrolitico e l'ammoniemia devono essere controllati ogni 1-2 ore inizialmente, quindi ogni 4-6 ore.

Il cloruro di ammonio viene somministrato per via endovenosa in soluzione al 2% e alla dose di 75 mg/kg/die suddivisa in 4-6 somministrazioni; può essere somministrato, alle stesse dosi, anche per os o tramite sondino naso-gastrico. Il farmaco è controindicato in caso di insufficienza epatica o renale, e può determinare la comparsa di encefalopatia ammoniemica. In alternativa può essere utilizzato l'acido ascorbico (4-6 g/die o più e.v.), ma il farmaco sembra più efficace nel prevenire l'alcalinizzazione piuttosto che nell'acidificare le urine. La somministrazione (in vena centrale) di 0,2 mEq/kg/ora di una soluzione 0,1 M di acido cloridrico viene utilizzata più raramente, così come le soluzioni di lisina o arginina (cloridrato) (10 g per via endovenosa in 30 minuti) (2, 8, 10).

La DFac aumenta l'eliminazione di sostanze basiche con pKa compreso fra 7,5 e 10,5. Può essere utile nelle intossicazioni da chinina, ma trova le principali indicazioni nelle intossicazioni da amfetamina, fenfluramina e fenciclidina (1, 3, 8, 9, 10). Tuttavia alcuni fattori limitano l'applicazione della DFac in questi avvelenamenti: l'amfetamina ha un elevato metabolismo epatico, mentre la fenciclidina ha un Vad elevato, un metabolismo epatico del 90% circa, e solo una piccola parte viene eliminata tal quale con le urine. La DFac quindi risulta particolarmente utile solo negli stati di coma prolungato da fenciclidina che si verificano in alcuni pazienti (lenti metabolizzatori: circa il 15% della popolazione). La DFac, inoltre, è controindicata in caso di insufficienza epatica, disfunzione renale e rabdomiolisi con mioglobinuria. Quest'ultima situazione clinica complica frequentemente le intossicazioni da amfetamina, fenciclidina e composti correlati; la maggior precipitazione a livello tubulare di mioglobina, in presenza di ambiente acido, controindica la DFac (8, 10).

In realtà non è possibile standardizzare il tipo e la quantità percentuale di infusione da utilizzare per alcalinizzare o acidificare il pH urinario del paziente intossicato. Infatti il quadro clinico di molte intossicazioni è frequentemente caratterizzato da squilibri metabolici estremamente gravi e di difficile correzione, che richiedono già di per sé quantità diverse e spesso molto elevate di soluzioni tamponanti. Ad esempio, nel caso di intossicazione da alcool metilico, la DF alcalina si è rivelata un efficace metodo per aumentare l'escrezione di acido formico (principale metabolita tossico del metanolo); tuttavia questo avvelenamento è caratterizzato da una gravissima acidosi metabolica di difficile correzione, che richiede comunque l'immediata somministrazione di grandissime quantità di bicarbonato di sodio. In questi casi può risultare difficile, per lo meno nelle prime ore, alcalinizzare le urine nonostante la somministrazione rapida di 600 mmol o più di bicarbonato di sodio.

segue : 3^ parte , 4^ parte

 


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