numero in formato solo testo


ISSN 1080-3521

EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY

and

CRITICAL CARE MEDICINE - Italia -

Il giornale Italiano online di anestesia Vol 4 No 5 Maggio 1999


Pubblicato elettronicamente da

Vincenzo Lanza, MD

Servizio di Anestesia e Rianimazione

Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli Palermo, Italy

E-mail: lanza@mbox.unipa.it

Keith J Ruskin, MD

Department of Anesthesiology Yale University School of Medicine

333 Cedar Street, New Haven, CT 06520 USA

E-mail: ruskin@gasnet.med.yale.edu

Copyright (C) 1997 Educational Synopses in Anesthesiology and Critical Care Medicine. All rights reserved. Questo rivista on-line può essere copiata e distribuita liberamente curando che venga distribuita integralmente, e che siano riportati fedelmente tutti gli autori ed il comitato editoriale. Informazioni sulla rivista sono riportate alla fine

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In questo numero:

1 ANESTESIA nel paziente affetto da DIABETE MELLITO (1^ parte)

2 ANESTESIA nel paziente affetto da DIABETE MELLITO (2^ parte)

 

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1 ANESTESIA nel paziente affetto da DIABETE MELLITO (1^ parte)

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E. Romano, E. Auci
Unità Operativa di Anestesia e Rianimazione - Azienda per i Servizi Sanitari n°1 "Triestina" - Ospedale Maggiore - Trieste


Introduzione
Il diabete è una condizione di carenza, assoluta o relativa, di insulina. La carenza assoluta di insulina è tipica del diabete di tipo I (detto, perciò insulino-dipendente); mentre nel diabete di tipo II (detto, anche, insulino-indipendente) la carenza è soltanto relativa, il disturbo principale consistendo in una resistenza dei tessuti all'azione dell'insulina. Esistono, poi, forme di diabete secondario: di queste, però, non ci occuperemo in questa sede.
Il diabete, di tipo I e II, si accompagna ad una gamma molto complessa di alterazioni fisiopatologiche legate al disturbo ormonale, a micro- e macro-angiopatie, ed infine a lesioni d'organo definitive ed importanti.
Pertanto il problema diabete e anestesia non si limita alla sola valutazione dell'equilibrio metabolico (mantenimento di un adeguato valore glicemico), ma si estende inevitabilmente all'esame della funzione di molteplici organi ed apparati. L'anestesista si trova quindi coinvolto in un procedimento di valutazione spesso alquanto delicato, al quale devono partecipare altri specialisti, ciascuno per il proprio settore di competenza (internista, cardiologo, neurologo, ecc.).
Il rischio operatorio del paziente diabetico è più elevato rispetto a quello del soggetto normale, non tanto per la malattia in sè, quanto per le complicanze della malattia diabetica; tuttavia è altrettanto vero che lo stato dell'equilibrio metabolico ed elettrolitico che precede l'intervento condiziona l'esito finale della chirurgia, soprattutto - ma non esclusivamente - in condizioni di emergenza.
I problemi anestesiologici del soggetto diabetico che venga sottoposto ad intervento chirurgico di elezione possono essere schematicamente riassunti come indicato nella Tabella 1.

TABELLA 1 - PROBLEMI DEL PAZIENTE DIABETICO
IN CORSO DI ANESTESIA E CHIRURGIA
A. CHIRURGIA DI ELEZIONE

1. problemi del periodo preoperatorio:
1.1 la valutazione della malattia diabetica;
1.2 la valutazione delle complicanze;
1.3 il riequilibrio metabolico ed idro-elettrolitico;
1.4 la (ri)definizione di eventuali terapie mediche accessorie;
1.5 la preparazione farmacologica all'intervento:
1.5.1 la terapia insulinica;
1.5.2 la premedicazione anestetica;
1.5.2.1 la profilassi della trombosi venosa profonda;
1.5.2.2 la prevenzione della sindrome da inalazione.

2. problemi del periodo intraoperatorio:
2.1 la scelta della tecnica anestesiologica;
2.2 la somministrazione di insulina;
2.3 in monitoraggio in generale e quello metabolico, in particolare.

3. problemi del periodo postoperatorio immediato:
3.1 il monitoraggio postoperatorio in generale;
3.2 il trattamento insulinico postoperatorio.

B. CHIRURGIA D'URGENZA
C. CHIRURGIA AMBULATORIALE

IL PERIODO PREOPERATORIO

La valutazione della malattia diabetica e delle complicanze
La visita preoperatoria si propone di accertare: il tipo di diabete, la durata della malattia, la terapia seguita (tipo di farmaci, dose giornaliera), l'equilibrio glicemico presente e passato; l'esistenza e la gravità delle complicanze del diabete (Tab. 2).

TABELLA 2 - Indagini cliniche e di laboratorio nel soggetto diabetico
FUNZIONE O ORGANO INDAGINI CLINICHE E/O DI LABORATORIO PREOPERATORIE
Equilibrio glicemico Glicemia (a digiuno; 2 ore dopo il pasto)
Glicosuria e chetonuria
Emoglobina glicosilata (A1c)
Precedenti episodi di coma ipo/iperglicemico
Eventuali ricoveri ospedalieri per dismetabolismo glicemico
Equilibrio idro-elettrolitico [Na+], [K+], osmolarità plasmatica
Equilibrio acido-base Emogasanalisi
Malattie cardiovascolari Angina pectoris, infarto, scompenso cardiaco, aritmie
Ipertensione arteriosa
ECG (ev., da sforzo, Holter, ecocardiografia)
Malattie renali Azotemia, creatininemia (meglio: clearance della creatinina)
Malattie neurologiche TIA, emiparesi, emiplegia, ecc.
Neuropatia diabetica vegetativa Frequenza cardiaca di base
Modificazioni della frequenza cardiaca:
- dopo respirazione profonda
- dopo manovra di Valsalva
Ipotensione ortostatica (riduz. P > 30 mmHg)
Sudorazione assente o scarsa
Diarrea

Non è stata ancora chiarita la genesi della neuropatia diabetica. E' stato di recente proposto che l'iperglicemia cronica provoca un'accelerazione della conversione glucosio-sorbitolo, ad opera dell'enzima aldoso-reduttasi. L'accumulo di sorbitolo e la deplezione di mio-inositolo provocherebbe la comparsa della neuropatia Non secondario sarebbe un altro fattore patogenetic: ossia un'ischemia delle strutture nervose periferiche ad opera dell'edema indotto dall'accumulo del sorbitolo (Editorial, Diabetic neuropathy, Lancet , may 20, 1989, p 1113-4)
Mentre l'anamesi è in grado di rispondere facilmente alle prime domande (tipo di diabete, durata e terapia attuale), la valutazione dell'equilibrio glicemico passato e presente, così come l'accertamento dell'esistenza di complicazioni, impongono l'esecuzione di un esame clinico e di indagini di laboratorio.
I valori del glucosio nel sangue (a digiuno e a distanza di due ore dal pasto) e nelle urine, e della percentuale di emoglobina glicosilata offrono un quadro sufficientemente eloquente dello stato di equilibrio glicemico. L'emoglobina glicosilata, la cui emivita è assai lunga (~120 giorni), è più che altro espressione dell'equilibrio metabolico nei due mesi precedenti: il valore di tale indagine è da taluni contestato, per le difficoltà tecniche inerenti il dosaggio e per l'esistenza di altre molecole glicosilate nel sangue che inquinerebbero il risultato. Se tuttavia questi problemi tecnici vengono superati, l'aggiustamento della terapia sulla base dei valori di emoglobina glicosilata si è dimostrato utile ai fini di un più stretto controllo del disturbo metabolico. Si ritengono, di solito, accettabili valori di glicemia </=180 mg/ 100 ml (a digiuno) e </=240 mg/ 100 ml (dopo il pasto). Alle indagini di laboratorio dovrà essere affiancata l'indagine anamnestica, volta a conoscere eventuali precedenti episodi di ipoglicemia o iperglicemia, la loro gravità, il loro numero e se qualcuno di questi abbia comportato il ricovero in ambiente ospedaliero: la risposta positiva a queste domande può essere importante testimonianza o di una scarsa aderenza alla terapia medica e dietetica; o della gravità ed instabilità della malattia. In questi casi potrebbe essere comprensibile predisporre un controllo del soggetto prima e dopo l'intervento in apposito ambiente protetto.

Il danno d'organo, in particolare quello cardiaco e renale, può essere rivelato con l'esecuzione di ulteriori indagini di laboratorio: azotemia, creatininemia (meglio: clearance della creatinina), esame completo delle urine, emogasanalisi, elettrocardiogramma. Per ciò che riguarda gli aspetti cardiovascolari della malattia diabetica, c'è da ricordare che l'incidenza di malattia coronarica (angina pectoris, infarto del miocardio) è elevata, anche in assenza di sintomatologia; e che da questo punto di vista le due forme di diabete non differiscono molto (forse le complicanze sono più frequenti nel diabete di tipo II, solitamente ritenuto meno grave). In questi soggetti possono essere presenti miocardiopatia e scompenso cardiaco, anche in assenza di malattia coronarica. Anche l'ipertensione arteriosa complica spesso la malattia diabetica, soprattutto se di lunga data: disporre di più valori giornalieri della pressione arteriosa consente, assieme ai dati anamnestici, di predisporre un piano di terapia medica adeguato (v. più avanti).
L'esistenza di una
neuropatia dei nervi somatici (presente in circa il 20% dei soggetti diabetici), soprattutto se accompagnata da una sensibile riduzione della massa muscolare, ha importanza perché potrebbe accompagnarsi a liberazione di grandi quantità di potassio dopo somministrazione di succinilcolina (analogamente a quanto accade, ad esempio, nell'ustionato, nel mieloleso, in numerose miopatie, ecc.). Aspetti diversi, certamente più pericolosi e delicati, pone invece la neuropatia vegetativa: molti casi di morte improvvisa postoperatoria sono probabilmente da attribuire alla presenza di una neuropatia vegetativa.
La neuropatia vegetativa si manifesta clinicamente solo in un numero ristretto di soggetti, pur essendo probabilmente presente in molti. Il primo sintomo, o almeno il più frequente, è la presenza di una tachicardia di base, accompagnata dall'assenza della normale aritmia sinusale con le manovre respiratorie (respirazione profonda): alla base del disturbo c'è un prevalente interessamento del sistema nervoso vegetativo parasimpatico (denervazione vagale). L'ipotensione ortostatica (caduta della pressione arteriosa di oltre 30 mmHg nel passaggio dalla posizione supina a quella verticale) è un altro segno di neuropatia vegetativa, assieme alla riduzione o all'assenza di sudorazione e alla diarrea notturna. Le aritmie cardiache gravi, di tipo ventricolare ipercinetico, e l'arresto cardiorespiratorio (tali soggetti sono caratterizzati da una minore risposta allo stimolo ipossico) in conseguenza dell'anestesia o della somministrazione di farmaci analgesici rendono il soggetto diabetico un paziente a rischio, anche al di fuori della sala operatoria e come tale degno di osservazione prolungata.
L'accertamento dell'esistenza di una neuropatia vegetativa può essere eseguita mediante una serie di test, di cui alcuni esplorano la funzione parasimpatica e altri quella simpatica. Questi test sono stati recentemente descritti ed applicati in campo anestesiologico da Bourgos e coll., i quali concludono che nei soggetti diabetici con neuropatia vegetativa:
- [a] si osserva una maggiore riduzione di frequenza cardiaca e di pressione arteriosa durante la fase di induzione dell'anestesia;
- [b] gli stessi parametri cardiovascolari aumentano meno nel corso dell'intubazione tracheale;
- [c] i soggetti diabetici con neuropatia richiedono una maggior quantità di farmaci vasopressori rispetto ai corrispondenti diabetici privi di neuropatia vegetativa;
- [d] la fase anestesiologica più critica è costituita dall'intervallo di tempo tra l'induzione dell'anestesia e l'inizio dell'intervento (e comprende la fase di intubazione tracheale).

Il riequilibrio metabolico ed idro-elettrolitico
La necessità di normalizzare la glicemia scaturisce da diverse considerazioni, ma due risultano, da questo punto di vista, decisive: le i
nterferenze dell'iperglicemia con le capacità immuno-difensive del soggetto diabetico, e il ruolo dell'insulina nel processo di cicatrizzazione e quindi di guarigione della ferita chirurgica .
Circa 2/3 delle complicanze postoperatorie del soggetto diabetico sono costituite da infezioni batteriche, la cui mortalità ammonta al 20% circa. La frequenza di infezioni si spiega con: la riduzione delle capacità chemiotattiche e fagotiche dei leucociti polimorfonucleati, e con l'attenuazione dei processi di killing intracellulare. L'interferenza con le attività difensive leucocitarie è particolarmente sensibile per valori di glicemia >/= 200-250 mg/ 100ml: tale considerazione indica, sul piano pratico, l'opportunità di mantenere valori glicemici almeno inferiori a tali valori. Esiste anche interferenza tra attività linfocitaria e valori glicemici: i linfociti appaiono numericamente ridotti e, in particolare, i T-linfociti rispondono meno alla stimolazione mitogenica.
La guarigione della ferita chirurgica richiede una normale proliferazione fibroblastica e la sintesi di normale collagene: l'insulina sembra capace di interferire con ambedue questi processi, anche indipendentemente dal valore della glicemia. L'intervento appare particolarmente importante nelle prime fasi del processo infiammatorio-riparativo (circa 10 giorni), mentre in quelle tardive non avrebbe significato. Lo stretto controllo insulinico nel postoperatorio attiva i processi di guarigione della ferita e, ripristinando le normali difese immunitarie, ne riduce la possibilità di infezione.

La valutazione della concentrazione plasmatica del sodio deve tener conto del valore della glicemia. Il valore corretto di sodiemia (Nacorr) si trova con la seguente formula:

Nacorr = Naatt + (1,6 x Glicemia -100 / 100)

Per stabilire la quota di potassio da unire all'infusione di insulina è necessario conoscere il valore plasmatico di questo elettrolitta (v. più avanti).

La (ri)definizione di eventuali terapie mediche
L'ipertensione arteriosa accompagna spesso il diabete: livelli anche modesti di ipertensione tendono a peggiorare la cardiomiopatia diabetica. Ne segue che l'ipertensione dev'essere opportunamente trattata in tutti i soggetti diabetici . Quanto alla scelta del farmaco antipertensivo, sembra doveroso rispettare almeno due presupposti: (a) che il farmaco non inteferisca con il metabolismo glucidico, il che esclude immediatamente tutti i diuretici e tutti i b-bloccanti; (b) che sia efficace in monoterapia. Dei molti che rispondono a questa seconda caratteristica (es., clonidina, ACE-inibitori, Calcio-antagonisti; diuretici e beta-bloccanti sono stati esclusi per le ragioni dette prima), gli ACE-inibitori sembrano quelli più indicati . Anche i Calcio-antagonisti possono trovare corretta applicazione nel soggetto diabetico, specialmente se all'ipertensione si associa una cardiopatia ischemica.
Il soggetto diabetico può assumere farmaci diversi. Tra questi ricordiamo:
- [a] aspirina, per il trattamento della retinopatia;
- [b] analgesici minori o associazioni tra amitriptilina+flufenazina (o fenitoina, o carbamazepina) per una neuropatia dolorosa;
- [c] sostanze parasimpaticomimetiche (es., urecoline) per il trattamento della vescica neurologica;
- [d] metoclopramide, per la terapia della gastroparesi;
- [e] antibiotici, per il trattamento di infezioni specifiche.
Ciascuna terapia va attentamente valutata per le possibili interazioni farmacologiche con i farmaci dell'anestesia.

La preparazione farmacologica all'intervento

La terapia antidiabetica preoperatoria
È opportuno che il soggetto diabetico sia ricoverato in ospedale con almeno 24 ore di anticipo rispetto al momento dell'intervento chirurgico: in questo modo è possibile programmare con sufficientemente anticipo il trattamento ed ottenere (o mantenere) un equilibrio glicemico con un regime insulinico differente dall'usuale o in sostituzione di una terapia con antidiabetici orali. Probabilmente solo per interventi minori, ed in soggetti abituati ad uno stretto autocontrollo del proprio valore glicemico, è possibile il ricovero la mattina stessa dell'intervento. Nelle forme di diabete insulino-dipendente di più difficile controllo (glicemie "random" > 300 mg/100 ml) è forse consigliabile, se possibile, un ricovero molto più anticipato rispetto alla data dell'intervento: almeno 48-72 ore.
È ormai opinione diffusa che tutti i soggetti diabetici che devono essere sottoposti ad anestesia per interventi di chirurgia, con la sola eccezione - probabilmente - di quelli con diabete di tipo II in buon equilibrio metabolico e candidati a chirurgia minore, debbano essere trattati con insulina per via endovenosa continua. Questo è valido anche per i soggetti che vengono trattati con soministrazione sottocutanea continua di insulina (pancreas artificiale): infatti, nel periodo perioperatorio l'assorbimento dal compartimento sottocutaneo può essere precario (es., ipotensione, vasocostrizione periferica) e quindi il controllo metabolico non perfetto.
È prassi corrente sospendere i farmaci antidiabetici orali, sia le sulfoniluree di prima e seconda generazione che le biguanidi (Tabella 3), per passare ad un regime insulinico appropriato. Questo non è da tutti accettato: per cui, se il compenso glicemico è buono qualcuno ritiene che si possa continuare il farmaco fino al giorno che precede l'intervento (v. più avanti), sempre che si tratti di farmaci ad azione medio-breve.

Tabella 3 - Classificazione degli antidiabetici orali e delle insuline disponibili in commercio (modificata, da: Zanussi C. Diagnosi e Terapia medica pratica, V ediz., UTET, 1991).
ANTIDIABETICI ORALI
Nome chimico Nome commerciale Durata d’azione (ore) Dose (mg)
- Sulfoniluree 1^ generazione
Tolbutamide
Clorpropamide
Acetoesamide
Tolazamide

Rastinon
Diabinese
Dimelor
Diabewas

6-12
20-60
8-16
10-16

500-1500
125-250
250-1000
100-1000
- Sulfoniluree 2^ generazione
Glibenclamide
Glipizide
Gliclazide
Gliquidone

Daonil, Euglucon
Minidiab
Diamicron
Glurenor

8-16
8-16
10-16
6-12

2.5-10
5-20
80-240

60
- Biguanidi
Metformina

Metforal, Glucophage

4-6

250-750
- Associazioni
Fenformina+clorpropamide
Fenformina+Glibenclamide
Metformina+Tolbutamide
Metformina+Glibenclamide

Bidiabe
Suguan, Bieuglucon
Glucosulfa
Glucomide

20-60
4-12
4-12
4-12

-
-
-
-
INSULINE
Per l’insulina, l’effetto [per via sottocutanea] è espresso: per l’inizio, in minuti; per il picco e la durata, in ore
Azione Nome commerciale Effetto
Inizio (min.) Picco (ore) Durata (ore) Origine
Rapida Insulina Pronta
Lilly
Squibb
Wellcome
Actrapid HM Novo
Humulin R Lilly
Bioinuslin R Guidotti
Semilenta
Semilenta MC Novo

15'
15'
15'
30'
30'
30'

60'

3
3
3
3
3
3

3

6
6
6
8
6
6

6

bovina
bovina
bovina
umana semisintetica
umana semisintetica
umana semisintetica

suina
Intermedia Insulina Globina Zn NPH
Wellcome
Lilly
Squibb
Protaphane HM Novo
Humulin I Isofano Lilly
Lenta
Lenta Novo MC
Lenta Lilly
Rapitard MC Novo
Monotard MC Novo

120'
120'
120'
120'
120'

120'
120'
30'
150'

6
9
9
9
9

9
9
8
9

15
24
24
22
22

24
24
22
22

bovina
bovina
bovina
umana semisintetica
umana biosintetica

suina 30%+bovina 70%
bovina
suina 25%+bovina 75%

umana semisintetica
Ultralenta Zinco protamina
Lilly
Wellcome
Ultralenta MC Novo
Ultratard HM Novo

420'
420'
300'
240'

20
20
20
15

36
36
36
28

bovina
bovina
bovina
umana biosintetica

Per i soggetti con trattamento insulinico (Tabella 3), se questo è in grado di ottenere un sufficiente equilibrio esso va mantenuto. Qualche perplessità esiste sull'eventuale dose di insulina lenta la sera che precede l'intervento: per alcuni essa va mantenuta, sulla base della considerazione che le insuline ritardo attuali hanno emivita abbastanza breve, tale da non sovrapporre la loro azione a quella dell'insulina pronta che verrà programmata la mattina dell'intervento; e sulla base dell'efficacia che tale somministrazione ha nel contenere l'iperglicemia abituale del mattino. Le insuline cosiddette ultralente, invece, vanno sospese prima dell'intervento. In quei soggetti nei quali il trattamento insulinico non è, invece, capace di mantenere un controllo efficace della glicemia è opportuno passare ad un regime di insulina pronta in più somministrazioni giornaliere o, direttamente, alla somministrazione per via endovenosa continua: come già detto, in questo caso si impone un ricovero ospedaliero anticipato di 48-72 ore.
In sostanza, nel periodo preoperatorio, ci si può trovare di fronte a diverse opzioni, la cui soluzione può essere schematicamente prospettata in questi termini:

Un valore di glicemia a digiuno >/= 200 mg/100 ml è indice certo di deficit insulinico assoluto; esso corrisponde alla soglia renale media per il glucosio, e quindi si accompagna a diuresi osmotica (e conseguente disidratazione) e - com'è già stato detto - esso condiziona la rapidità e la qualità della guarigione della ferita chirurgica. Pertanto la presenza di tale valore, indipendentemente dal tipo di diabete, consiglia di passare alla somministrazione di insulina per via e.v. continua. L'obiettivo è comunque quello di portare la glicemia, il giorno dell'intervento, entro un intervallo di valori compresi tra 120 e 180 mg/ 100 ml.
La mattina dell'intervento viene eseguita, alle ore 7 del mattino, una glicemia a digiuno. Sulla base di tale valore viene deciso il regime insulinico appropriato. Qui di seguito riportiamo quattro schemi, ciascuno dei quali - nelle mani degli Autori che l'hanno proposto - hanno dato risultati eccellenti. L'esperienza ci ha insegnato che qualsiasi schema si decida di adottare, esso richiede comunque un certo "rodaggio" e soprattutto un'attenta supervisione, per evitare accuratamente sia gli episodi di iperglicemia che quelli (spesso più pericolosi) di ipoglicemia.
Il primo e il secondo schema prevedono una somministrazione separata di glucosio (alla velocità di 10 g/ ora) ed insulina; gli altri due, invece, sono costituiti da un'unica soluzione contenente glucosio, insulina e potassio (GIK) in proporzioni variabili.
Esistono vantaggi e rischi per ciascuna delle soluzioni proposte. Il vantaggio del primo schema consiste essenzialmente nel fatto che qualsiasi modificazione della risposta obbliga alla sola variazione della velocità di deflusso dell'insulina, mentre quella del glucosio rimane costante; peraltro, il primo schema può esporre più facilmente ad episodi di severa iperglicemia o ipoglicemia, qualora - per i motivi più svariati - una delle due soluzioni venga sensibilmente accelerata o rallentata. Il secondo schema non presenta questo inconveniente, perché tutti i componenti della soluzione, in caso di errore, vengono accelerati o rallentati nella medesima proporzione; tuttavia, se le esigenze cambiano, bisogna sostituire tutto il flacone. Gli incidenti possono essere evitati accuratamente se le soluzioni vengono infuse in maniera controllata, ossia mediante pompa opportunamente programmata e fornita di allarmi.
Il fenomeno dell'adesione dell'insulina alla plastica del set di deflusso è facilmente aggirabile facendo defluire, prima del collegamento della fleboclisi al paziente, almeno 50 ml di soluzione in modo da saturare tutti i siti di adsorbimento.

ANESTESIA nel paziente affetto da DIABETE MELLITO (2^ parte)