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Il cuore come organo bersaglio dei tossici
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Amedeo Pignataro, Servizio di Anestesia e Rianimazione, Ospedale Buccheri La Ferla, FBF, Palermo

 

 1. Generalità

Un gran numero di farmaci può influenzare selettivamente il cuore ed i vasi. L’effetto è nella maggior parte dei casi soltanto funzionale, ovvero perdurare per il tempo di esposizione ed è di solito dose dipendente. Il cuore, diversamente da altri organi o apparati, presenta un maggiore rischio di letalità per alterazioni funzionali e la morte improvvisa da aritmia per esposizione acuta ad un farmaco ne rappresenta un esempio drammatico.

Se per certi farmaci la tossicità cardiaca riguarda gli effetti collaterali, per i farmaci cardiovascolari, gli effetti tossici possono manifestarsi per dosi appena superiori a quelle terapeutiche, soprattutto se si associano condizioni come ipossia, acidosi, alterazioni idro-elettrolitiche ed acido-base e altri farmaci ad azione cardiaca.

Gli effetti di cardiotossicità di un farmaco possono essere diretti o indiretti (ad es. sul sistema nervoso centrale) e interessare il cuore, i vasi o entrambi. Il sistema cardiovascolare fornisce una corretta perfusione tissutale tramite un adeguato volume di riempimento vascolare, il tono vascolare, la contrattilità ed il ritmo cardiaco: tutte queste componenti possono essere influenzate da un farmaco cardiotossico per via di interazioni con i canali ionici cellulari ed i recettori di membrana. Gli effetti clinici che si determinano sono:

 

2. Anestetici alogenati

 

Tutti I moderni anestetici alogenati, incluso desflurane e sevoflurane, deprimono la funzione contrattile del miocardio sano in vitro e in vivo.(1)

Lavori sperimentali condotti negli anni ‘60 (2, 3, 4) hanno dimostrato che alotano causa una depressione dose dipendente della relazione forza-velocità e della curva Frank-Starling in preparati di muscolo cardiaco isolato e in cani a torace chiuso rispettivamente. Queste scoperte supportano le osservazioni  nell’uomo di depressione circolatoria in corso di anestesia con alotano.

Anche Enflurano (5) ed isoflurano (6) hanno dimostrato produrre effetti inotropi negativi diretti come indicato dalla riduzione della velocità massimale di contrazione, del picco di forza sviluppato e del tasso massimo di sviluppo della forza durante contrazione isotonica nei muscoli papillari isolati di felino. Tali riduzioni della contrattilità miocardia intrinseca causate da enflurano e isoflurano contribuiscono alla depressione cardiaca osservata nell’uomo con questi agenti.

Concentrazioni equianestetiche di enflurano ed alotano deprimono la contrattilità miocardica allo stesso modo in vivo (7, 8). Studi sperimentali in animali, al contrario, hanno ripetutamente dimostrato che isoflurano produce una depressione miocardica minore di quella prodotta da alotano o enflurano.

Desflurano causa effetti emodinamici sistemici e coronarici che sono simili a quelli prodotti da isoflurane (9, 10).

Gli effetti del sevoflurano sulla contrattilità miocardica è stato dimostrato essere virtualmente indistinguibili da quelli prodotti da isoflurano (11) nei cani.

Gli anestetici volatili, quindi, sembrano deprimere l’attività contrattile miocardica nel cuore sano nell’ordine seguente: alotano>enflurano>isoflurano=desflurano=sevoflurane.

Gli anestetici inalatori deprimono la contrattilità miocardica per via di alterazioni dell’omeostasi del calcio intracellulare a diversi siti subcellulari nel miocita cardiaco normale.

 Tutti gli anestetici volatili moderni causano una riduzione concentrazione-correlata della pressione arteriosa. Il meccanismo con cui questi agenti determinano ipotensione differisce tra gli anestetici. La riduzione della pressione arteriosa indotta da alotano ed enflurano può essere attribuita primariamente alla riduzione della contrattilità miocardica e della gittata cardiaca. Il decremento della pressione arteriosa associata con isoflurane (12), desflurane (13) e sevoflorane (14), al contrario, si verifica come risultato della riduzione del post-carico del ventricolo sinistro, mentre la contrattilità miocardica è relativamente preservata. Isoflurane, desflurane e sevoflurane, quindi, mantengono, nell’uomo, la gittata cardiaca poiché questi agenti determinano un meno pronunciata riduzione della contrattilità miocardica e una maggiore riduzione della resistenza vascolare sistemica rispetto ad alotano ed enflurano.

  

3. Sedativo/Ipnotici

a. Propofol

Il Propofol determina un aumento della capacitanza vascolare tramite un’inibizione dell’attività del sistema simpatico. L’aumento della capacitanza vascolare può contribuire a fenomeni significativi d’ipotensione durante l’infusione di propofol. Nei pazienti ipovolemici, il propofol può causare una riduzione del ritorno venoso e di conseguenza della gittata cardiaca. In pazienti con insufficienza cardiaca congestizia, d’altro canto, l’aumento della capacitanza vascolare causata dal propofol può portare alla riduzione del pre-carico e ridurre il lavoro cardiaco simultaneamente con la riduzione del post-carico.

Gli eventi avversi riportati in uno studio multicentrico della fase 4 sono elencati in ordine d’incidenza:

dolore all’iniezione

5.2%

Nausea o vomito

1.9%

Eccitazione

1.3%

Ipotensione

1.1%

Bradicardia

0.4%

Ipertensione

0.3%

Rash

0.2%

Confusione

0.2%

Tosse

0.2%

Sonnolenza

0.2%

Tachicardia

0.1%

 Effetti cardiovascolari severi possono verificarsi con l’uso del propofol: ipotensione bradicardia, bradiaritmia, tachicardia, insufficienza cardiaca ed asistolia.

Il propofol determina ipotensione dose dipendente e riduzione delle resistenze vascolari sistemiche che non si associa ad un significativo aumento della frequenza cardiaca o riduzione nella gittata cardiaca. Questo si verifica dal 3 al 10% dei pazienti adulti e nel 17% in quelli pediatrici. Una venodilatazione può contribuire all’ipotensione causata dal propofol. Alcuni autori hanno riportato una riduzione media della pressione sistolica di 30 mmHg ed una riduzione media della pressione diastolica di 11 mmHg (Muzi et al, 1992).

Numerosi bambini hanno sviluppato un’ipotensione refrattaria associata ad acidosi metabolica in corso d’infusione prolungata di propofol . La sindrome da infusione di propofol è un’evenienza rara che spesso si rivela fatale in pazienti pediatrici critici (e meno frequentemente negli adulti) che hanno ricevuto infusioni di propofol per lungo tempo ed è caratterizzata da bradiaritmia, acidosi metabolica ed insufficienza renale. I dati biochimici rivelerebbero un’alterazione dell’ossidazione degli acidi grassi e l’accumulo di intermediari del metabolismo di acidi grassi a lunga media e corta catena sarebbe teoricamente responsabile delle manifestazioni cliniche presenti (Wolf et al, 2001). Sebbene i bambini siano maggiormente soggetti a questa sindrome, sono stati riportati casi di adulti che sono andati incontro a simili effetti clinici e anche a morte (Perrier et al, 2000; Cremer et al, 2001). In numerosi casi fatali di bambini che ricevevano propofol come sedativo in terapia intensiva le bradiaritmie sono state associate a progressiva insufficienza cardiaca (Parke et al, 1992; Strickland & Murray, 1995; Hanna & Ramundo, 1998). 5 bambini con infezioni delle alte vie aeree sono morti in seguito ad infusioni prolungate con propofol (Parke et al, 1992). Il decorso clinico fu identico in tutti i casi , per cui l’acidosi metabolica fu associata con bradiaritmia che progredì fino all’insufficienza cardiaca irresponsiva alla rianimazione.

5 pazienti adulti con trauma cranico andarono incontro ad arresto cardiaco dopo infusione prolungata di propofol per la sedazione. Gli eventi furono simili a quelli descritti per i bambini (acidosi metabolica, insufficienza cardiaca progressiva, aritmie, rabdomiolisi e iperkalemia al 4-5° giorno di sedazione). Tutti i pazienti ricevettero propofol a velocità superiori a 5 mg/kg/h per più di 58 ore, e gli autori trovarono un’associazione dose-dipendente tra l’infusione prolungata di propofol ad alte dosi e l’insufficienza cardiaca. Non è stato possibile stabilire una relazione causale (Cremer et al, 2001).

b. Benzodiazepine

Le benzodiazepine utilizzate da sole hanno modesti effetti emodinamici. Le variazioni emodinamiche predominanti consistono in una lieve riduzione della pressione arteriosa che risulta in un decremento della resistenze vascolari sistemiche. Gli effetti emodinamici del diazepam e del midazolam sono dose-dipendenti: maggiore il livello plasmatico, maggiore la riduzione della pressione arteriosa. L’associazione di benzodiazepine con oppioidi produce una riduzione della pressione arteriosa maggiore di quella che si verifica con le singole classi di farmaci. (combinazione di diazepam con fentanil o sufentanil, di midazolam con fentanil o sufentanil e lorazepam con fentanil o sufentanil) (15, 16), tutti producono un riduzione della pressione arteriosa sistemica maggiore di quella di ciascun farmaco da solo. La sedazione per lunghi periodi, per esempio in una terapia intensiva, viene realizzata con benzodiazepine. Infusioni prolungate può determinare un accumulo del farmaci e, nel caso del midazolam, una concentrazione significativa dei metabolici attivi.

 

c. Barbiturici

Gli effetti cardiovascolari preminenti dell’induzione dell’anestesia con barbiturici è una venodilatazione seguita dal sequestro di sangue in periferia (17). La contrattilità miocardica viene depressa, ma non allo stesso livello che con gli anestetici volatili (18). Il tiopentale in vitro, usando strisce atriali umane, inibisce la contrattilità più del midazolam, del propofol e della ketamina. La gittata cardiaca è ridotta anche se aumenta la frequenza cardiaca tramite il soltanto lievemente depresso meccanismo baroriflesso. Le resistenze vascolari sistemiche normalmente rimangono invariate. Non si verificano aritmie dopo l’induzione dell’anestesia con i barbiturici se ipossiemia e ipercapnia vengono evitati. I barbiturici deprimono anche l’attività simpatica del SNC. E non sensibilizzano il cuore alle catecolamine.

Il tiopentale ed il metoexitale determinano un aumento della frequenza cardiaca, che si traduce in un aumento del consumo d’ossigeno miocardio (19). Se la pressione arteriosa, inoltre, è molto bassa, si riduce il flusso coronarico. I barbiturici, quindi, vanno usati con prudenza in tutte le situazioni nelle quali un aumento della frequenza cardiaca o una riduzione del precarico possono essere dannose per il paziente. Tali condizioni includono il tamponamento pericardio, l’ipovolemia, l’insufficienza cardiaca congestizia, la cardiopatia ischemica, il blocco cardiaco così come un elevato tono simpatico a riposo o l’ischemia miocardica.

Alterazioni emodinamiche dopo induzione di anestesia con ipnotici non barbiturici

 

 

 

DIAZEPAM

DROPERIDOLO

KETAMINA

LORAZEPAM

MIDAZOLAM

PROPOFOL

HR

-9-+13%

Unchanged

0-59% 

Unchanged

-14-+12%

-10-+10%

MBP

0--19%

0--10%

0-+40%

-7--20%

-12--26%

-10--40%

SVR

-22-+13%

-5--15%

0-+33%

-10--35%

0--20%

-15--25%

PAP

0--10%

Unchanged

+44-+47%

--

Unchanged

0--10%

PVR

0--19%

Unchanged

0-+33%

Unchanged

Unchanged

0--10%

PAO

Unchanged

+25-+50%

Unchanged

--

0--25%

Unchanged

RAP

Unchanged

Unchanged

+15-+33%

Unchanged

Unchanged

0--10%

CI

Unchanged

Unchanged

0-+42%

0-+16%

0--25%

-10--30%

SV

0--8%

0--10%

0--21%

Unchanged

0--18%

-10--25%

LVSWI

0--36%

Unchanged

0-+27%

--

-28--42%

-10--20%

dP/dt

Unchanged

--

Unchanged

--

0--12%

Decreased

 

 

 

 

 

 

 

CI, cardiac index; HR, heart rate; LVSWI, left ventricular stroke work index; MBP, mean blood pressure; PAP, pulmonary artery pressure; PVR, pulmonary vascular resistance; PAO, pulmonary artery occluded pressures; RAP, right atrial pressure; SV, stroke volume; SVR, systemic vascular resistance

 

 

4. Oppioidi

L’azione cardiaca diretta degli oppioidi, ed in particolare gli effetti sui meccanismi che regolano la contrattilità miocardica, sono significativamente inferiori a quelli di molti altri anestetici inalatori ed endovenosi. La maggior parte delle variabili emodinamiche, incluse la frequenza cardiaca, la pressione arteriosa, la gittata cardiaca, le resistenze vascolari sistemiche e polmonari e la pressione polmonare a catetere bloccato, rimangono invariate dopo dosi elevate di fentanil (20).

I meccanismi mediati dal controllo neurogeno sono i meccanismi primari nella bradicardia indotta dagli oppioidi. La morfina ha anche un effetto diretto sul nodo seno-atriale e sulla conduzione atrio-ventricolare. La bradicardia indotta dagli oppioidi può evolvere in asistolia e numerosi case reports illustrano i fattori predisponenti (vedi tabella). Sufentanil e alfentanil sembra che evolvano più frequentemente del fentanil in asistolia. La premeditazione con, o la concomitante somministrazione di beta bloccanti o calcio antagonisti può accentuare la bradicardia e può determinare asistolia dopo sufentanil. Clinicamente i disturbi della conduzione cardiaca dovuti agli oppioidi sono molto rari, ma possono verificarsi molto più frequentemente in presenza di beta bloccanti o calcio antagonisti. Alterazioni ormonali contribuiscono alle variazioni emodinamiche viste dopo la morfina ed includono un aumento dell’indice cardiaco e una riduzione della pressione arteriosa e delle resistenze vascolari sistemiche. La meperidina causa anche un rilascio d’istamina più frequentemente degli altri oppioidi, incluso morfina, fentanil, sufentanil e alfentanil (21). Al contrario di morfina (22, 23) o meperidina, fentanil, sufentanil, alfentanil e remifentanil (24, 25) non producono aumento dell’istamina plasmatici e l’ipotensione è meno frequente con questi oppioidi.

Fattori predisponenti alla bradicardia e all’asistolia durante induzione dell’anestesia con oppioidi

Presenza di beta bloccanti o calcio antagonisti

Premedicazione con o uso concomitante di benzodiazepine

Miorilassanti con scarse o assenti proprietà vagolitiche (vecuronio)

Miorilassanti con proprietà vagotoniche (succinilcolina)

Stimoli vagali associati (laringoscopia)

Rapida somministrazione degli oppioidi

 

 

5. Anestetici locali

Gli anestetici locali sono farmaci relativamente privi di effetti collaterali se vengono somministrati in dosi appropriate e nei siti anatomici corretti. Le reazioni tossiche locali e generalizzate possono verificarsi in seguito a somministrazioni accidentali.

A differenza degli altri farmaci, la concentrazione ematica degli AL è un effetto indesiderabile che può essere responsabile d'effetti tossici.  Gli anestetici locali possono esercitare un’azione diretta sul cuore e sui vasi sanguigni.

I fattori che influenzano la tossicità degli AL sono elencati in tabella:

A

le proprietà fisico-chimiche: queste rendono conto della tossicità propria di ogni sostanza

B

i fattori che modificano il tasso plasmatico, poiché la tossicità acuta di un anestetico locale è condizionata da:
la concentrazione plasmatica massimale (Cp max)
l'intervallo di tempo in cui si raggiunge la Cp Max (T max)

C

i fattori suscettibili di ridurre la soglia di tossicità neurologica e cardiovascolare dei differenti AL.

Alla somministrazione endovenosa accidentale di 100-200 mg di un potente anestetico locale (es. Bupivacaina), si assiste nell’uomo alla comparsa di turbe del ritmo, come extrasistoli ventricolari, tachicardie ventricolari e sopraventricolari e di difetti di conduzione con allargamento del QRS. La velocità con la quale si raggiunge la concentrazione plasmatica massimale (T Max) è un fattore determinante nella tossicità di un AL: un'eccellente prevenzione di questi problemi consiste, per via peridurale, nell'iniezione lenta e frazionata (5 ml/min) della soluzione dell'AL, mentre l'utilizzazione di una dose test con aggiunta di adrenalina, soprattutto nelle donne in travaglio, è controversa e non consigliabile.

Nonostante le dimostrazioni in vitro della cardioselettività di alcuni AL (es. lidocaina e mepivacaina) per cui le convulsioni precedono sempre i segni di tossicità cardiaca (soglia plasmatica di tossicità cardiaca 2-3 volte superiore di quella convulsivante), questi dati non sono stati ritrovati in studi animali nei quali il sistema cardiovascolare è risultato sempre più resistente agli AL del SNC, per tutti gli anestetici testati.

Per gli AL con potenza maggiore, l'aumento della tossicità non è perfettamente correlata ad un aumento dell'attività anestetica: la bupivacaina è stimata 17 volte più cardiotossica della lidocaina, mentre possiede un'attività anestetica soltanto 4 volte maggiore di quest'ultima.. La bupivacaina ha, in effetti, un'azione aritmogena maggiore di quella della lidocaina. Quest'ultima è antiaritmogena a dosi non tossiche, mentre la bupivacaina e l'etidocaina, qualunque sia la dose, inducono un effetto stabilizzante di membrana procainamide-simile a livello cardiaco. Quest'azione è aritmogena per piccoli aumenti della dose; ciò spiega la possibilità di trattare le turbe dell'eccitabilità miocardica ventricolare indotte dalla bupivacaina con la somministrazione di lidocaina.

La ropivacaina, recentemente introdotta in commercio anche in Italia, sembrerebbe, in vitro, dotata di minori effetti negativi sull'elettrofisiologia cardiaca, risultandone, quindi, una minore cardiotossicità. I risultati di uno studio condotto su un preparato muscolare di fibre di Purkinje, hanno mostrato che la bupivacaina causa la maggiore depressione sull’eccitabilità e sulla conduzione cardiaca, la lidocaina ha il minore effetto depressivo, mentre la ropivacaina occupa una posizione intermedia tra i due anestetici. Analogo comportamento si verifica sull’attività elettrica cerebrale in seguito alla somministrazione endovenosa in ratti, cani e conigli, di bupivacaina, lidocaina e ropivacaina. La dose convulsivante della ropivacaina era maggiore della bupivacaina, ma inferiore a quella della lidocaina. La ropivacaina attraversa rapidamente la placenta : il minore legame proteico dell’anestetico nel feto riguardo alla madre, condiziona nel feto una concentrazione plasmatica minore di quella materna (26) .

Uno dei maggiori problemi della bupivacaina quando iniettata endovena che ha spinto la ricerca verso nuovi anestetici locali di lunga durata, l’aumentata cardiotossicità durante la gravidanza, è stata superata con la ropivacaina. Il profilo cardiotossico della ropivacaina nelle pecore gravide è lo stesso di quello ottenuto nelle pecore non gravide. Per queste ragioni, sembra che la ropivacaina possa essere significativamente più sicura della bupivacaina per l’anestesia locale e regionale (27).

Fattori che potenziano la tossicità cardiaca, comuni a tutti gli AL che ne riducono il margine di sicurezza sono mostrati nella tabella seguente:

  • L'acidosi aumenta la captazione cellulare a livello polmonare, renale, epatico e cardiaco soprattutto degli AL con pKa elevato

·     L’iperKaliemia: favorisce le turbe della conduzione indotte dagli AL

  • Ipossia miocardica.

Per gli AL più potenti, bisogna aggiungere un fattore favorente supplementare rappresentato dalle condizioni cardiache preesistenti che, quindi, pur non controindicandone l'uso, richiedono particolare attenzione nel calcolo del dosaggio.

 

6. Antiaritmici

La tossicità dei farmaci antiaritmici è spesso la manifestazione di sovradosaggi terapeutici in pazienti già in trattamento con tali farmaci, mentre un numero minore di segnalazioni riguarda l’ingestione accidentale da parte di bambini o il tentato suicidio di pazienti psichiatrici. L’esperienza con le intossicazioni con questi farmaci, tuttavia, è limitata, e il trattamento si basa sulla conoscenza dei meccanismi fisiopatologici sottostanti, sui case reports e sulla letteratura sperimentale.

Gli antiaritmici modificano la generazione e la conduzione dell’impulso elettrico interagendo con i canali ionici membranari di calcio, sodio e potassio. La tossicità di tali farmaci si ritiene sia dovuta alla maggiore suscettibilità al rientro e generazione di tachiaritmie ventricolari, dovuto al rallentamento della conduzione.
L’effetto finale della maggior parte dei farmaci anti-aritmici è la depressione della contrattilità miocardica. L’effetto è tanto più spiccato se l’antiaritmico è somministrato per via venosa o se la funzione cardiaca è precedentemente alterata. Lo stato emodinamico dipende dalla loro azione diretta o indiretta mediata dal sistema autonomo sul tono vascolare venoso o arterioso. Infine, l’efficacia degli anti-aritmici sulle turbe del ritmo è da tenere presente. In effetti, in caso di insuccesso terapeutico, la depressione miocardica indotta dall’anti-aritmico si somma allo squilibrio emodinamico relativo alla turba del ritmo. Le turbe della conduzione indotte dagli anti-aritmici possono manifestarsi con bradicardia severa, blocco senoatriale o atrio-ventricolare. Si riscontrano abitualmente in caso di sovradosaggio assoluto o relativo in pazienti affetti da turbe di conduzione preesistenti. Il tipo di alterazione dipende dalla classe di anti-aritmici utilizzata. Gli anti-aritmici di classe I sono più spesso all’origine di blocchi atrio-ventricolari infrahisiani ma anche di blocchi senoatriali per alterazione della conduzione delle cellule perisinusali. Un elemento semplice di sorveglianza del trattamento è costituito dall’allargamento del QRS che testimonia direttamente il rallentamento della conduzione intra-ventricolare. I B-bloccanti ed i calcio-antagonisti possono determinare blocchi atrio-ventricolari soprahisiani, blocchi senoatriali o ritmo sinusale basso per alterazione diretta dell’impulso sinusale.
L’effetto proaritmico degli anti-aritmici si determina per il sopravvenire di turbe del ritmo più gravi di quelle all’origine della prescrizione. La frequenza di questi accidenti è stata stimata intorno all’8% in corso di trattamenti atti a prevenire le tachicardie o la fibrillazione ventricolare. Teoricamente tutti gli anti-aritmici sono potenzialmente aritmogeni ma questi accidenti interessano soprattutto gli anti-aritmici di classe Ic (encainide, flecainide]. Dal momento che i meccanismi non sono univoci, sono state invocate differenti cause. Esse comprendono l’aumento o la diminuzione dei loro tassi ematici, una reazione idiosincrasica, una diskaliemia o una dismagnesemia, un’interazione tra gli anti-aritmici e il SNA, un’alterazione delle performances cardiache e/o del tono vascolare periferico. Il meccanismo aritmogeno più verosimile sembrerebbe il rientro. Il rientro è favorito dal rallentamento delle velocità di conduzione indotte dagli anti-aritmici, all’origine dei blocchi funzionali [2,20]. Il propanololo ha dato prova di efficacia nel trattamento degli effetti proaritmogeni da flecainide, supportando inoltre l’ipotesi delle interazioni col sistema nervoso autonomo.

La tossicità degli antiaritmici viene descritta utilizzando la nota classificazione di Williams:

1.      Classe Ia: Chinidina, Procainamide, Disopiramide

2.      Classe Ib: Lidocaina, Fenitoina, Mexiletina

3.      Classe Ic Flecainide, Propafenone

4.      Classe II: Beta bloccanti

5.      Classe III: Amiodarone, Bretilio

6.      Classe IV: Calcio antagonisti

7.      Classe V: Digossina


Classe Ia
(Chinidina, Procainamide, Disopiramide)

La depressione miocardica indotta dagli antiaritmici di classe I dipende dall’importanza del rallentamento della conduzione ventricolare e dalla durata del blocco dei canali del sodio in rapporto al ciclo cardiaco. Tale blocco è responsabile di una diminuzione della liberazione di calcio necessario alla contrazione dal reticolo sarcoplasmatico. A questa depressione partecipa pure l’alterazione dell’attività energetica del cuore. L’effetto inotropo negativo è variabile in funzione del farmaco utilizzato e del tipo di risposta del sistema nervoso autonomo. Tuttavia il rischio di provocare o aggravare un’insufficienza cardiaca è stato stimato intorno al 5% per i malati trattati con flecainide, ma questa insufficienza interviene in maniera del tutto imprevedibile.

Classe Ib
(Lidocaina, Fenitoina, Mexiletina)

Le manifestazioni in overdose lievi sono essenzialmente di tipo neurologico: confusione, tinnito, parestesie periorali, vertigini, disartria, sonnolenza; in intossicazioni severe si verifica coma e depressione respiratoria. La cardiotossicità è simile a quella dei farmaci della classe Ia, con bradicardia severa, arresto sinusale, blocco atrioventricolare, tachiaritmie e slargamento del QRS.

Classe Ic
(Flecainide, Propafenone)

Gli antiaritmici di questa classe esercitano proprietà di tipo anestetico locale che deprimono la contrattilità miocardia. I primi segni di tossicità si manifestano secondo un’attività pro-aritmica che conduce a fibrillazione ventricolare. Disturbi visivi come visione offuscata, fotofobia sono effetti indesiderati anche a dosi terapeutiche. Il trattamento è supportivo: sostegno delle funzioni vitali, decontaminazione gastroenterica, somministrazione di bicarbonato di sodio per la correzione dell’acidosi metabolica.

Classe II
Beta-bloccanti (vedi capitolo 8)

Classe III
(Amiodarone, bretilio)

Questi antiaritmici agiscono prolungando il potenziale d’azione e la fase 3 della depolarizzazione della cellula cardiaca. Riducono l’automatismo e la velocità di conduzione: ne risulta un prolungamento del potenziale d’azione e del periodo refrattario. Essi inibiscono in maniera non competitiva l’attività alfa e beta adrenergica.
Overdose di 2.5-8g in adulti hanno provocato bradicardia e prolungamento dell’intervallo QT. L’ipotensione è l’effetto cardiaco più comune dopo infusione rapida. L’uso cronica può determinare torsioni di punta, blocco AV e aritmie asintomatiche.

Classe IV
Calcio antagonisti (vedi capitolo 9)

Classe V
Digossina (vedi capitolo 8)

7. Calcio antagonisti

I calcio antagonisti comprendono 3 gruppi di molecole classificate secondo un ordine decrescente di specificità (tab.1). Tutti hanno la capacità di bloccare l'ingresso di calcio nelle cellule, inibendo i canali membranari la cui apertura dipende da una variazione di potenziale. Questi canali lenti del calcio lasciano entrare il calcio durante la fase 2 del potenziale d'azione delle cellule a risposta rapida e durante la fase 0 della cellule a risposta lenta (nodo atrioventricolare, nodo del seno) (29). Una piccola quantità di calcio-ioni che attraversano la membrana induce un cospicuo rilascio di calcio dal reticolo sarcoplasmatico (rilascio di calcio-indotto). Questi farmaci hanno pertanto un'azione farmacologica predominante in tessuti in cui il calcio gioca un ruolo primario nella regolazione dell'accoppiamento eccitazione-contrazione: muscolo cardiaco, fibre muscolari lisce (29). Essi hanno, di contro, scarsi effetti sul muscolo scheletrico benché il sistema a T sia ben ricco di canali del calcio. Infatti, essendo l'azione dei calcio-antagonisti potenziale dipendente, il potenziale di riposo del muscolo scheletrico è sempre più iperpolarizzato di quelli del muscolo liscio e cardiaco e di conseguenza, mette il muscolo scheletrico in posizione sfavorevole.

I calcio-antagonisti sono considerati dei vasodilatatori prevalentemente arteriosi periferici e coronarici. Scarsi effetti si osservano nei territori venosi di capacitanza. L'ipotensione arteriosa indotta dalla Nifedipina e Nicardipina determina un aumento della frequenza cardiaca attraverso il baroriflesso simpatico b-adrenergico. La Nimodipina è attualmente il calcio-antagonista meno cardiodepressivo in commercio. Nell'uomo l'attività spontanea del nodo del seno può essere soppressa dalla somministrazione endovenosa di Verapamil.

Esistono 3 tipi di calcio antagonisti in commercio: fenil-alchilamine (esempio verapamil), benzodiazepine (diltiazem) e i derivati della diidropiridina (nifedipina, felodipina, nimodipina e amlodipina). La tossicità dei Ca-antagonisti è dovuta alla combinazione di vasodilatazione, depressione miocardica ed alterazioni della conduzione elettrica cardiaca (30). Altri segni di tossicità extracardiaca includono acidosi lattica, convulsioni, edema polmonare non cardiogeno: sono meno frequenti ma indicano una cattiva prognosi. La risposta individuale al sovradosaggio da Ca-antagonisti è molto variabile, in relazione alla presenza di altri farmaci o di malattie pregresse. Il margine terapeutico di questi farmaci è ristretto: dosi 2-3 volte le normali possono provocare intossicazioni gravi.
Il meccanismo dell'effetto tossico è il blocco dell'apertura dei canali del calcio voltaggio-dipendenti. La vasodilatazione (inibizione della contrazione della muscolatura vasale) ed il blocco della conduzione (soprattutto nel nodo SA e AV dove non vi sono canali del Na) è totalmente dipendente dal flusso degli ioni Ca. 
L'assorbimento dei Ca-antagonisti è rapido (1-2 ore) in caso d'ingestione; possiedono un significativo effetto primo passaggio epatico, anche se la biodisponibilità del farmaco può aumentare nelle overdose. Il volume di distribuzione è elevato e sono metabolizzati dal fegato. L'emivita a dosaggi terapeutici di verapamil e diltiazem è breve (3-7 ore), mentre per i nuovi Ca-antagonisti non vi sono dati farmacocinetici; in ogni caso non esistono dati sull'emivita nelle intossicazioni. I dati di farmacocinetica variano con i preparati a lento rilascio: onset ritardato con tossicità anche dopo 24 ore dall'assunzione del farmaco. La felodipina in particolare è un derivato della diidropiridina ed agisce inibendo l'ingresso del calcio attraverso i canali voltaggio-dipendenti di tipo 2 della fibra liscia vascolare, provocando una riduzione delle resistenze periferiche. La felodipina ha scarsi o nulli effetti sui canali del calcio miocardici da cui deriva una minore attività depressiva cardiaca.

Le manifestazioni cliniche dell'intossicazione acuta da farmaci Ca-antagonisti sono:

Manifestazioni cliniche


Cardiache

ipotensione 
bradicardia sinusale -> blocco AV di 1 grado -> bradicardia giunzionale -> ritmo idioventricolare->asistolia

Gastrointestinali

nausea, vomito

SNC

possibili convulsioni


La gravità dell'intossicazione e quindi la prognosi va messa in relazione al grado di blocco della conduzione cardiaca. In sua assenza l'ipotensione da sola risponde bene al riempimento con soluzioni cristalloidi e/o colloidi. Oltre al blocco cardiaco altri fattori depongono per una prognosi sfavorevole:

1

malattie cardiache concomitanti

2

presentazione tardiva/decontaminazione gastroenterica inefficace

3

coingestione o uso di beta-bloccanti o digitale

4

età avanzata

Il trattamento delle intossicazioni da Ca-antagonisti prevede misure generali e specifiche:

Misure di supporto

incannulamento vascolare e riempimento con soluzioni cristalloidi/colloidi fino al ripristino della pressione arteriosa

monitoraggio ECG

Decontaminazione del tratto GE

Lavaggio gastrico

Carbone attivato (bolo + dosi ripetute)

Lavaggio-irrigazione del tubo digerente

Misure specifiche

Calcio cloruro o gluconato (1g bolo + 1g ogni 5 min.; possibile infusione continua)

Glucagone

Atropina

Pace-maker temporaneo

 

 

8. Digitalici

La digitale è un farmaco utilizzato da secoli nella pratica clinica per il trattamento dello scompenso cardiaco congestizio e delle tachiaritmie sopraventricolari. I suoi effetti tossici, cardiaci, neurologici, gastroenterici, sono altrettanto noti (33). La digitale viene considerata il farmaco con indice terapeutico/tossico più basso tra quelli comunemente impiegati. Le due forme più utilizzate sono la digossina e la digitossina.

Effetti clinici della digitale:

Diretti

Indiretti

azione inotropa positiva

aumento tono vagale

azione dromotropa negativa sul nodo AV

aumento sensibilità del nodo SA all'Acetilcolina

> del periodo refrattario nodo AV

< tono simpatico

inibizione generazione impulso nodo SA

 

> eccitabilità, automatismo tessuto miocardico

 

Una volta ingerita, l'assorbimento della digossina avviene per il 60-85%, raggiunge il suo picco ematico dopo 1-1.5 ora e possiede un'emivita (a dosi terapeutiche) di circa 36 ore. La digitale possiede un elevato volume di distribuzione (5.6 l/Kg). Viene scarsamente metabolizzata ed escreta per via renale. Il range terapeutico è 0.5-2 ng/ml. La digitossina possiede un assorbimento pressoché completo, ha un onset lungo (30-120 min.) ed un'emivita di 5-7 giorni. Viene metabolizzata a livello epatico (in metaboliti inattivi) ed eliminata a lungo (fino a 3 sett.) dal rene.

A livelli tossici la digitale determina un incremento dell'automatismo di tutte le cellule cardiache ed un rallentamento della propagazione di tali impulsi, con la comparsa di turbe del ritmo di ogni tipo, caratteristiche della tossicità cardiaca della digitale.

L'intossicazione digitalica può essere acuta o cronica: in quest'ultimo caso si presenta in modo insidioso, spesso conseguente all''accumulo cronico della sostanza in soggetti in trattamento prolungato e con alterazioni delle capacità metabolico/escretorie. Si tratta in questi casi di pazienti cardiopatici, spesso anziani, con gradi medio-elevati d'insufficienza renale. La diagnosi di un'intossicazione digitalica può essere difficile per l'aspecificità dei segni e sintomi clinici (fatica, debolezza, nausea e anoressia) e per l'assenza di segni ECG caratteristici. La determinazione del tasso plasmatico della digossina ha permesso di ottimizzare la terapia digitalica e di ridurre i quadri d'intossicazione, ma la coesistenza di altre patologie rende variabile la correlazione tra tossicità e livello sierico della digossina.

I fattori che alterano il margine di sicurezza tra dose terapeutica e dose tossica sono riassunti in tabella (34):

allergia/ipersensibilità alla digitale

fattori fisiologici che modificano la tolleranza alla digitale

fattori che modificano la quantità di digitale nell'organismo

fattori nervosi e metabolici che modificano la tolleranza

modificaz. tolleranza per lo stato del tessuto miocardico

modificaz. tolleranza per malattie di altri organi

Malattie cardiache, insufficienza renale, ipokaliemia e ipotiroidismo sono le condizioni che contribuiscono ad accresce la tossicità della digitale. L'esatto ruolo di altre patologie (malattie epatiche, BPCO, disturbi acido-base) non è ancora ben chiaro (36, 37).

La purificazione e la frammentazione degli anticorpi specifici per la digitale (Fab) ha condotto ad un netto miglioramento della prognosi dell'intossicazione digitalica. Il meccanismo d'azione dei Fab è il seguente:

  1. legame alla digossina libera subito dopo l'iniezione endovenosa
  2. diffusione nello spazio interstiziale e legame alla digossina libera
  3. creazione di un gradiente di concentrazione che richiama digossina intracellulare libera e digossina disaccoppiata dai recettori di membrana nell'interstizio e nel settore vascolare
  4. aumento considerevole della concentrazione dei complessi digossina-Fab
  5. eliminazione renale dei complessi digossina-Fab

Le indicazioni all'uso dei Fab variano a seconda che si tratti di un'intossicazione acuta in un cuore normale o che si tratti piuttosto di un'intossicazione cronica in una malattia cardiaca.

Intossicazioni acute in adulto sano

Intossicazioni croniche con cardiopatia

Blocco AV di grado elevato

Blocco AV di grado elevato

Fibrillazione/tachicardia ventricolare

Fibrillazione/tachicardia ventricolare

Tachicardia atriale parossistica con blocco

Ritmo giunzionale

Bradicardia sinusale grave

Bradicardia sinusale grave/arresto

Elevati dosaggi sierici di digossina

Moderati dosaggi sierici

IperK

Ipok (funz. renale normale)

Ingestione orale > 6mg

IperK (insuff. renale)

La dose di Fab da somministrare dipende daIla modalità dell'intossicazione (acuta o cronica) e dalla conoscenza o meno della quota di digossina ingerita.

Il dosaggio dei Fab, pertanto, può essere calcolato moltiplicando la quota totale ingerita di digossina per un fattore di biodisponibilità dell'80% (mg X 0.8), o se non si conosce la dose ingerita ma è nota la digossinemia:

dose in numero di fiale di Digibind (40 mg) =

conc. sierica digossina (ng/ml) x peso corporeo (Kg)/100

Un altro metodo empirico viene indicato in tabella:

acuto

adulti

10-15 fiale

 

bambini

10-15 fiale

cronico

adulti

2-3 fiale

 

bambini

1/4-1/2 fiala

Il trattamento aspecifico, ovverosia il sostegno delle funzioni vitali, è in ogni caso prioritario: in caso di bradicardia estrema, l'iniezione di atropina a dosi ripetute, può essere efficace. L'iperkaliemia è un'emergenza medica e va trattata immediatamente con le misure abituali: glucosio+insulina e bicarbonato di Na, dal momento che l'elevazione del K è abitualmente dovuta alla fuoriuscita cellulare dello ione. L'ipokaliemia accresce la tossicità della digitale e va rapidamente corretta. La aritmie ventricolari possono essere trattate con lidocaina e fenitoina. Il posizionamento di un pace-maker temporaneo può essere preso in considerazione, ma in presenza di un miocardio irritabile potrebbe peggiorare la situazione. Se coesiste iperK, la sua efficacia è limitata (34).

9. Beta Bloccanti

Gli effetti emodinamici dei B-bloccanti consistono essenzialmente in una diminuzione della frequenza cardiaca e dell’entrata di calcio nelle cellule per la riduzione del numero dei canali del calcio disponibili. Determinano un aumento delle resistenze vascolari sistemiche. Così essi modificano la capacità di adattamento del sistema cardiovascolare e possono precipitare una insufficienza cardiaca. Tuttavia con l’esmololo tale rischio è limitato dalla sua breve durata d’azione.
Bradicardia ed ipotensione sono gli effetti più comuni dell’overdose di beta bloccanti. Altri effetti cardiovascolari possono comprendere blocchi atrioventricolari, ritardi della conduzione atrioventricolare, aritmie ventricolari, edema polmonare ed arresto cardiaco. La depressione del CNS è comune in pazienti con tossicità cardiovascolare significativa. Convulsioni si verificano più frequentemente con propanololo.
Le complicazioni dell’ipotensione grave possono includere insufficienza renale acuta, insufficienza respiratoria ed edema polmonare non-cardiogeno.

Dosi terapeutiche di beta bloccanti possono causare broncospasmo in pazienti suscettibili.(Charan & Lakshminarayan, 1980; Botet et al, 1986; Prince & Carliner, 1983; Nelson et al, 1986). Depressione respiratoria, apnea ed arresto respiratorio possono svilupparsi in pazienti con intossicazioni severe.(Mattingly, 1979; Shore et al,,1981; Peterson et al, 1984; Petti et al, 1990). Ipotensione può svilupparsi dopo dosi terapeutiche (Greenblatt & Koch-Weser, 1973; Abrams et al, 1985; Michelson et al, 1986; Allin et al, 1986). Ipotensione severa può determinarsi dopo overdose (Agura et al, 1986; Lane et al, 1987).  La bradicardia è un effetto commune a dosi terapeutiche.In overdoses può svilupparsi bradicardia severa. Mentre gli effetti sul SNC a dosi terapeutiche sono più spesso associate ai beta bloccanti maggiormente lipo-solubili (propanololo, metoprololo), nelle overdose tutti gli agenti causano depressione significativa del SNC. Gli effetti vanno dalla sonnolenza e letargia all’ottundimento e coma. Una depressione severa del SNC si sviluppa generalmente in pazienti con instabilità emodinamica.

Effetti riportati a dosi terapeutiche includono sedazione, fatica, e riduzione della performance psicomotoria (McMahon et al, 1979; Greenblatt & Koch-Weber, 1973; Gengo et al, 1987; Allin et al, 1986).  Con overdose di alprenololo, metoprololo e oxprenololo e dopo uso terapeutico di esmololo, sono state riportate occasionalmente convulsioni. Le convulsioni sono più comuni dopo overdose di propanololo.

A dosi terapeutiche I beta bloccanti possono causare depressione, confusione, allucinazioni, agitazione, delusioni e paranoia. (Dhore et al, 1987; Petrie et al, 1982; White & Riotte, 1982; Sklar & Huck, 1983; Hinshelwood, 1969).

Gli effetti tossici dei farmaci beta-bloccanti derivano da un duplice effetto (mediato dai recettori beta): uno sull'inotropismo cardiaco ed un altro sulla conduzione elettrica. Ipotensione e bradicardia sono infatti gli effetti clinici più evidenti dell'intossicazione da farmaci beta-bloccanti. Altri segni sono blocchi atrioventricolari, ritardi di conduzione intraventricolari, aritmie, edema polmonare ed arresto cardiaco. Alcuni beta-bloccanti possiedono effetti significativi sui canali ionici voltaggio-dipendenti (Na, Ca, K) responsabili di aritmie e depressione miocardica diretta. 
La lipofilia di alcune molecole è responsabile degli effetti dei beta-bloccanti sul SNC: coma e convulsioni sono citati soprattutto nelle overdose di propanololo. Aumento delle resistenze polmonari, cianosi e depressione respiratoria fino all'arresto rappresentano i segni respiratori delle intossicazioni; possono comparire anche nausea e vomito. L'onset dei sintomi è di solito 1-2 ore ma può essere più precoce (20 minuti) o rallentato nei preparati a lento rilascio. 
Il range di tossicità acuta da propanololo non è noto: le dosi assunte da adulti a scopo suicida vanno secondo la letteratura da 0.8 a 6 g. L'emivita dei beta-bloccanti a dosi terapeutiche è inferiore a 12 ore (circa 4 ore per il propanololo), ma non esistono dati di cinetica nell'overdose. A dispetto della riduzione del livello plasmatico del farmaco, gli effetti dei beta-bloccanti nelle intossicazioni massive possono persistere per giorni. Il metabolismo è essenzialmente epatico. 
I fattori che aumentano la gravità delle intossicazioni sono:

Ingestione di propanololo

malattie cardiache concomitanti

presentazione tardiva/decontaminazione gastroenterica inefficace

coingestione/trattamento con digossina e Ca-antagonisti

età avanzata

Il trattamento delle intossicazioni da beta-bloccanti è essenzialmente di supporto. 

Sintomatico

Monitoraggio ECG

cristalloidi/colloidi

Decontaminazione gastroenterica

Gastrolusi

Carbone attivato

Misure specifiche

Atropina: 0.5-1 mg ogni 5 min. Dose massima 0.04 mg/kg

Glucagone: aumento di AMP ciclico, attivazione di miosina-chinasi indipendente dai recettori beta. Dosi bolo: 5-10 mg -  inf. cont. 1-5 mg/h

Isoprenalina

pace-maker 

 

10. Antipertensivi

I farmaci antipertensivi comprendono diverse classi eterogenee di sostanze tra le quali alcune a maggiore tossicità (es. reserpina, guanetidina) oggi raramente utilizzate nella pratica clinica e altre a bassa tossicità (ACE-inibitori, diuretici) che raramente danno origine a quadri d’intossicazione, se non per esagerazione degli effetti farmacologici.

Nitroprussiato

Determina vasodilatazione periferica per azione diretta sulla muscolatura liscia venosa ed arteriosa, riducendo le resistenze periferiche; aumenta la gittata cardiaca riducendo il post-carico; riduce l’impedenza aortica e del ventricolo sinistro.

L’emivita del farmaco è di circa 10 minuti; quella del tiocianato 2.7-7 giorni (9 giorni nei pazienti con insufficienza renale)

L’ovedose si manifesta con ipotensione, vomito, confusione, agitazione, cefalea, iperventilazione, bradicardia, mioclonie, acidosi metabolica e metaemoglobinemia. Il nitroprussiato e convertito a cianuro dagli eritrociti e dall’interazione con i gruppi sulfidrilici tissutali; il cianuro è trasformato a livello renale in tiocianato dalla rodanasi. Il tiocianato a sua volta determina tossicità che si manifesta con psicosi, delirio, tremori, ipereflessia, astenia, tinniti e coma. La tossicità da cianuro non si verifica abitualmente per la rapida captazione del cianuro negli eritrociti e la sua eventuale captazione nella cianocobalamina. Una prolungata somministrazione di nitroprussiato o una ridotta eliminazione, tuttavia, può portare all’intossicazione da cianuro. In questi casi, il controllo delle vie aeree con somministrazione di ossigeno è fondamentale, seguito immediatamente dalla terapia antidotica  con amile nitrito, sodio nitrito 300 mg I.V. (10 mg/kg nei bambini) e sodio tiosolfato 12.5 g I.V. (1.5 mL/kg nei bambini). Bicarbonato di sodio (1 mEq/kg) per il trattamento dell’acidosi; idrossicobalamina o cobalto EDTA (Kelocyanor®) possono anche essere efficaci contro la tossicità da cianuro. Quest’ultima può essere prevenuta dalla somministrazione contemporanea di idrossicobalamina (2.4 g o 80 fiale di idrossicobalamina per 100 mg di nitroprussiato) o più praticamente con la co-somministrazione di  sodio tiosolfato (1 g di sodio tiosolfato per ogni 100 mg di nitroprussiato). Il Propranololo può bloccare l’effetto ipertensivo rebound alla sospensione del nitroprussiato. L’aumento dell’eliminazione del farmaco può essere ottenuta con l’emodialisi quando aggiunta alla terapia antidotica.

 

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