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Le Sindromi Tipiche in Tossicologia

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Sindromi tipiche. Orientamento diagnostico sul tipo di tossico in casi di anamnesi muta, o positiva generica, o a conferma di anamnesi positiva specifica.

Esempi di Sindromi tipiche:

1) Sindromi con insufficienza cerebrale (I.C.)
2) Sindromi con insufficienza cerebrale associata o secondaria ad alterazioni del SN vegetativo
3) Sindromi neurologiche centrali e/o periferiche senza I.C. (finchè non subentra asfissia o anossia)
4) Sindromi neurovegetative senza I.C.
5) Sindromi "assurde"
6) Morsi e punture più comuni

 

Segni e Sintomi

Tossico

1) Sindromi con insufficienza cerebrale (I.C.)

stupore, coma flaccido, miosi serrata, bradipnea, eventuale edema polmonare

Idem in bambini con eventuali convulsioni e/o edema palpebrale allergico

oppioidi:

overdose da eroina. Ricercare segni agopunture multiple su decorso vene. Se I.C. atipica (delirio, allucinazioni, ipertono): droga tagliata con amfetamine, stricnina, allucinogeni. Se concomitanti segni cardiaci (aritmie, arresto): idem con chinina

preparati antitosse con codeina e simili, antidiarroici con difenossilato

Vomito, fame d’aria e iper-tachipnea senza cianosi, coma improvviso con breve fase convulsiva, midriasi areflessica, acidosi metabolica precoce, grave e recidivante, arresto cardiorespiratorio (evoluzione fino all’arresto anche in soli 3‘-5’) blocco respirazione cellulare da:

HCN e H2S (inalazione)

cianuri, aceto- o acrilo-nitrile, semi di pesca o di albicocca (ingestione)

idem con precoce, grave ipotensione arteriosa sodio azide o simili
ipotono muscolare, ipo-areflessia osteo-tendinea., sonnolenza risvegliabile benzodiazepine
idem con I.C. più profonda ma ROV completo conservato, bradicardia flunitrazepam
cefalea pulsante, nausea, astenia, dolori muscolari; I.C. con ipertono estensorio, congestione del viso, insufficienza respiratoria senza cianosi (incostante) ossido di carbonio
agitazione, delirio, tremori, convulsioni, movimenti di twist, midriasi, tachicardia e/o aritmie, ipertermia amfetamine
idem con ipopotassiemia, ematemesi o melena metilxantine, in particolare teofillina e derivati

 

2) Sindromi con insufficienza cerebrale associata o secondaria ad alterazioni del SN vegetativo

ipertono colinergico periferico gangliare e centrale:

scialorrea, crampi addominali, miosi, bradicardia, broncospasmo e broncorrea, edema polmonare, fibrillazioni muscolari, convulsioni seguite da paralisi, segni psicotici, coma

esteri organofosforici
coma superficiale o allucinazioni, midriasi, tremori o movimenti coreotetosici, eventuali consulsioni, aritmie cardiache con allungamento Q-T antidepressivi triciclici e quadriciclici
allucinazioni, agitazione, delirio, eventuali convulsioni e coma; tachicardia, eventuali aritmie, fino a FV, midriasi (areflessica), viso congesto, cute e mucose asciutte, ipertermia, globo vescicale sindrome anticolinergica centrale e periferica da atropina, scopolamina, bacche bella-donna, decotti stramonio, orfenadrina, antiistaminici H1, funghi tipo Amanita muscaria
bradicardia estrema senza altri segni colinergici, sedazione o sonnolenza fino a I.C. clonidina

 

3) Sindromi neurologiche centrali e/o periferiche senza I.C. (finchè non subentra asfissia o anossia)

crisi extrapiramidali (crisi oculogire, spasmi torsione collo e/o tronco, protrusione lingua, ecc.) a coscienza conservata metoclopramide, deidrobenzoperidolo
deficit simmetrici dei muscoli oculari, ptosi palpebrale, secchezza delle fauci, disartria, difficoltà-paralisi della deglutizione; ipostenia fino a paralisi dei muscoli degli arti, del tronco e respiratori, midriasi (incostante) tossina botulinica
iperreflessia osteo-tendinea., trisma, contrazioni toniche arti e tronco fino a opistotono e blocco respirazione; midriasi stricnina
1° giorno costipazione, dolori addominali; 3-4° giorno dolori, iperestesie parte distale arti; 3a-4a settimana alopecia, strie ungueali, polinevrite diffusa con paralisi nervi cranici tallio
 

 

4) Sindromi neurovegetative senza I.C.

ipertono colinergico solo periferico, miosi, bradicardia, ipersecrezione e spasmi dei bronchi e tubo digerente carbammati
sudorazione profusa senza alterazione termoregolazione, respiratorie o circolatorie; modesti disturbi gastrointestinali funghi del tipo Inocybe o Clitocybe
 

 

5) Sindromi "assurde"

alterazioni respiratorie senza cianosi

a) con iperventilazione

b) con respiro depresso

HCN e cianuri

CO

cianosi intensa senza insufficienza respiratoria e/o circolatoria; cefalea, sangue venoso color cioccolato che non torna rosso se agitato in siringa con aria anilina e altri metemoglobinizzanti
 

 

6) Morsi e punture più comuni

a) aggressione da terra

uno o due (a 5-7 mm di distanza) segni di puntura di 1 mm di diametro, neri o sanguinanti, circondati da ecchimosi, quindi da edema duro molto dolente; ecchimosi ed edema si estendono nel giro di qualche ora a tutto l’arto colpito, nei casi gravi all’intero emisoma omolaterale. Possibili: leucocitosi; alterazione della coagulazione; alterazione ECG aspecifiche; nausea, dolori addominali, shock

vipera
b) in acqua di mare o di acquario (o maneggiando pesce)

uno o più segni di puntura, con o senza residui di spine; scarsi o assenti segni locali ma dolore lancinante immediato e persistente a tutto l’arto colpito

tracina o scorpedine
c) insetto volante

dolore acuto, spesso pungiglione infisso in sede di puntura, modesto rossore ed edema circostante immediato

vespa, ape, calabrone o tafano
segno di puntura come capocchia di spillo, rosso, non dolente; dopo 12-24 ore in sede di puntura petecchia del diametro di 0,5-1 cm (che può evolvere in piccola necrosi), circondata da area edematosa, poco dolente e pruriginosa, estesa da 5 a 20 e più cm di diametro. Risoluzione in 7-10 giorni dittero tipo "pappataci"

 

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PROTEZIONE DEL PERSONALE SANITARIO NELLE URGENZE ED EMERGENZE TOSSICOLOGICHE

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PROTEZIONE DEL PERSONALE SANITARIO NELLE URGENZE ED EMERGENZE TOSSICOLOGICHE

Introduzione

Fra i rischi professionali per il personale sanitario che opera nei servizi di urgenza/emergenza vi è quello, poco noto, dell’esposizione a tossici secondaria alla presa in carico di pazienti contaminati da sostanze chimiche.

Ciò si verifica prevalentemente durante la decontaminazione e le prime fasi di assistenza ai pazienti e può, in taluni casi, determinare intossicazioni acute di variabile gravità nei soccorritori [Nozaki et al, 1995; Merritt e Anderson, 1989].

Il rischio risulta ancora maggiore in caso di incidenti chimici e di intossicazioni di massa, eventi in cui si associano la necessità di interventi rapidi su un numero notevole di pazienti contaminati e la possibile esposizione diretta ai tossici ambientali durante le fasi del soccorso extraospedaliero [Leonard e Teitelman, 1991; Leonard, 1993; Locatelli et al, 1997]. La frequenza degli incidenti chimici non è rara nei paesi industrializzati. Recenti dati dei Centri Antiveleni inglesi, ad esempio, riportano un sensibile incremento annuo degli incidenti chimici, pari al 124% (240 incidenti nel 1994, 537 nel 1995) [Murray e Wheeler,1996], mentre un’indagine condotta in 9 stati degli USA [Hall et al, 1994] riporta 3125 incidenti chimici segnalati nel periodo 1990-1992, dei quali 2.391 (77%) sono avvenuti in insediamenti industriali e 723 (23%) durante la fasi di trasporto.

Il rischio di intossicazione conseguente al soccorso di pazienti contaminati da sostanze tossiche, pertanto, interessa tutto il personale sanitario dell’emergenza che opera sia in ambito extra- che intra-ospedaliero (es. SSUEM 118, ambulanze, servizi di pronto soccorso, rianimazione, servizi diagnostici). A tale riguardo, il caso da noi osservato rappresenta solo uno degli esempi che indicano la necessità di adottare adeguate misure di protezione per il personale sanitario che opera nei servizi per l’emergenza.

Caso clinico

Un uomo di 44 anni è stato portato in pronto soccorso in stato di insufficienza cerebrale con tosse, broncospasmo, grave dispnea, eritema del volto e delle parti esposte (collo, arti), lacrimazione, blefarospasmo e vomito: gli abiti, l’espirato e la cute emanavano un intenso odore, pungente e irritante. Il paziente, di professione autotrasportatore, aveva iniziato ad accusare la sintomatologia da circa 20 minuti, dopo essere stato colpito, nello spazio confinato della cabina del suo camion, dal getto di uno spray utilizzato da aggressori nel tentativo di derubarlo.

Durante il trasporto in ambulanza era stato somministrato al paziente ossigeno in maschera, ma i soccorritori non erano riusciti a permanere nella parte posteriore del mezzo di soccorso perché colti da intensa lacrimazione, tosse insistente, nausea e vomito, causati "dall’odore emanato dal paziente".

In pronto soccorso il paziente è stato immediatamente isolato in una stanza. Il personale sanitario in quel momento disponibile (5 persone) si è alternato a intermittenza nell’assistenza e nel trattamento poiché, senza mezzi di protezione, risultava possibile permanere nel locale solo per pochi secondi e in apnea. Il paziente è stato così spogliato solo parzialmente; l’insufficienza respiratoria è stata trattata dapprima con somministrazione di ossigeno in maschera e poi mediante ventilazione meccanica. Solo dopo alcune ore è stato possibile effettuare in modo completo le manovre di decontaminazione, lavando abbondantemente la cute con acqua e sapone.

I medici e gli infermieri hanno presentato fin dal primo momento grave lacrimazione, blefarospasmo, tosse insistente, dispnea, nausea e vomito, di gravità tale da richiedere trattamento farmacologico e accertamenti biochimico-tossicologici.

Circa un’ora dopo l’arrivo del paziente, una pattuglia di forze dell’ordine ha rinvenuto sul luogo dell’aggressione una bomboletta spray di produzione estera che riportava alcune indicazioni quali "spray lacrimogeno anti-aggressione", "prodotto per difesa personale". È stato solo allora possibile risalire alla composizione del prodotto, il cui principio attivo è risultato essere l’orto-clorobenzilidene malononitrile (CS), un potente lacrimogeno. Il paziente è stato dimesso in buone condizioni di salute dopo due giorni; il quadro clinico presentato dal personale di pronto soccorso è regredito senza reliquati in circa un’ora dal termine dell’esposizione.

Discussione

Molte sostanze chimiche sono in grado di causare intossicazioni secondarie nel personale sanitario che assiste pazienti vittime di un’esposizione cutanea e/o inalatoria. Alcuni agenti vengono facilmente assorbiti attraverso la cute; altri, specie se estremamente volatili, possono raggiungere concentrazioni irritanti e/o tossiche negli ambienti confinati ove il personale sanitario presta il primo soccorso extra- o intra-ospedaliero. Oltre agli antiparassitari appartenenti alla classe degli organofosforici [Merritt e Anderson, 1989; Hillman, 1994], ciò può accadere con numerosi gruppi di sostanze quali, ad esempio, fenoli e derivati, agenti lacrimogeni e gas bellici [Nozaki et al, 1995], solventi [Schultz et al, 1995], sostanze caustiche e corrosive [Favre, 1990].

Nel caso descritto è stato necessario iniziare, come spesso accade in urgenza, un intervento sintomatico su un paziente in gravi condizioni cliniche, verosimilmente intossicato da una o più sostanze (inizialmente non note) in grado di compromettere le funzioni vitali. La mancanza di mezzi di protezione personale ha (i) impedito di attuare tempestivamente il miglior tipo di trattamento (ventilazione assistita), (ii) ostacolato la rapida decontaminazione del paziente, e (iii) causato l’intossicazione del personale sanitario (i sintomi si sono resi subito evidenti sia nel personale di soccorso extraospedaliero sia in quello ospedaliero). Il CS è un agente lacrimogeno, incapacitante e irritante che non possiede effetti a lungo termine o prolungati: esso non ha pertanto determinato gravi danni per esposizione indiretta durante il soccorso.

L’assistenza a persone contaminate espone quindi il personale sanitario al rischio di intossicazione, a volte letale, per via cutanea o respiratoria, specialmente durante la fase essenziale di decontaminazione: una volta che questa operazione è stata efficacemente effettuata con metodi e mezzi idonei [Lavoie et al, 1992], il rischio per il personale sanitario durante le fasi successive dell’assistenza diventa minimo [Gough e Markus, 1989; Merritt, 1989], benché in alcuni casi ancora possibile (es. contaminazione da parte dell’espirato del paziente).

Affinché il personale sanitario sia in grado di assistere, decontaminare, monitorare e trattare il paziente in modo adeguato riducendo al minimo il rischio di intossicarsi, è necessario dotare i servizi di pronto soccorso di strutture e mezzi idonei. La decontaminazione dei pazienti esposti a sostanze chimiche pericolose dovrebbe essere effettuata in un’apposita area specificamente attrezzata e dotata di strutture adeguate, quali, ad esempio, docce e vasche con recupero delle acque reflue [Lavoie et al, 1992] e un sistema di aerazione a flusso d’aria negativo. Tutto il personale sanitario che opera in questi casi dovrebbe disporre di idonei mezzi di protezione personale [Levitin e Siegelson, 1996; Stewart, 1992] che comprendono stivali, guanti, tute in materiali resistenti alle sostanze chimiche e autorespiratore con maschera pieno-facciale. Questi ultimi costituiscono l’unico mezzo di protezione respiratoria raccomandato per tutti i casi di decontaminazione [Sullivan et al, 1992], anche se i dati a supporto di tale impiego sono aspecifici e spesso derivano da esperienze effettuate in ambiente extraospedaliero. L’autonomia degli autorespiratori risulta in genere sufficiente [Sullivan et al, 1992], dato che le procedure di decontaminazione raramente durano più di 10-20 minuti.

Accanto alla disponibilità di strutture e mezzi, la corretta decontaminazione di pazienti intossicati da sostanze tossiche richiede l’adozione di specifici protocolli di intervento che devono essere preventivamente preparati e sperimentati [Lavoie et al, 1992; Levitin e Siegelson, 1996].

Conclusioni

Nell’attività per l’emergenza, l’evento inaspettato deve essere comunque atteso. Nel nostro paese il personale sanitario si può trovare a trattare pazienti esposti a sostanze pericolose in servizi per l’emergenza impropriamente equipaggiati e con un addestramento inadeguato. I mezzi di protezione personale costituiscono un elemento essenziale nella dotazione dei servizi ospedalieri ed extraospedalieri per l’emergenza, ma è parimenti necessario che il personale sanitario venga preventivamente istruito e preparato a fronteggiare le urgenze/emergenze chimiche attraverso momenti di formazione specialistica e, specialmente, mediante l’addestramento continuo con interventi in incidenti simulati.

Bibliografia

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