Numero in formato solo testo


ISSN 1080-3521

EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY

and

CRITICAL CARE MEDICINE - Italia -

Il giornale Italiano online di anestesia Vol 6 No 4 Aprile 2001


Pubblicato elettronicamente da

Vincenzo Lanza, MD

Servizio di Anestesia e Rianimazione

Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli Palermo, Italy

E-mail: lanza@mbox.unipa.it

Keith J Ruskin, MD

Department of Anesthesiology Yale University School of Medicine

333 Cedar Street, New Haven, CT 06520 USA

E-mail: ruskin@gasnet.med.yale.edu

Copyright (C) 1997 Educational Synopses in Anesthesiology and Critical Care Medicine. All rights reserved. Questo rivista on-line può essere copiata e distribuita liberamente curando che venga distribuita integralmente, e che siano riportati fedelmente tutti gli autori ed il comitato editoriale. Informazioni sulla rivista sono riportate alla fine

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In questo numero:

1 Gestione e Trattamento del Paziente con Intossicazione Acuta da Monossido di Carbonio: Linee Guida

2 Emofiltrazione continua in terapia intensiva: impatto economico e carico di lavoro infermieristico; esperienza di una rianimazione polivalente

 

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Gestione e Trattamento del Paziente con Intossicazione Acuta da Monossido di Carbonio: Linee Guida

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Carlo Locatelli, Ivo Casagranda, Daniele Coen, Paolo Dematté, Vittorio Demicheli, Franco Perraro, Massimo Pesenti Campagnoni, Fernando Porro, Giuseppe Re

SIMEU Società Italiana di Medicina d’Emergenza-Urgenza
Versione approvata dal Gruppo di Studio sulle Linee Guida SIMEU, in corso di valutazione da parte di esperti esterni a SIMEU

Introduzione e premesse

L’intossicazione acuta da monossido di carbonio (CO) costituisce il quadro più comune di avvelenamento nei paesi industrializzati. In Italia si stima che l’intossicazione da CO causi ogni anno circa 6000 ricoveri e più di 350 decessi.
L’intossicazione da CO costituisce una delle più frequenti cause di errore diagnostico in medicina d’urgenza [[1]] poiché i sintomi di presentazione sono estremamente variabili e spesso riferibili ad altre patologie. Si stima che, durante il periodo invernale, la prevalenza dell’intossicazione “occulta” da CO fra i pazienti che si presentano nei dipartimenti di emergenza / pronto soccorso con cefalea o vertigini sia del 3-5% [[2]].
La gestione del paziente intossicato da CO presenta numerosi aspetti ancora poco definiti e standardizzati, quali:

Situazioni particolari sono rappresentate dalle intossicazioni da CO per esposizione a fumi di incendio (in cui la contemporanea intossicazione da cianuri implica l’attuazione di strategie diagnostico-terapeutiche aggiuntive) e quelle conseguenti ad assorbimento di cloruro di metilene. La presente linea guida non prende in considerazione la gestione del paziente con intossicazione da fumi di incendio e da cloruro di metilene.


Definizione
L’intossicazione acuta da monossido di carbonio è la condizione patologica derivante dall’esposizione più o meno prolungata a CO. Essa è identificata dal riscontro di valori positivi di carbossiemoglobina (o di CO plasmatico), cui possono corrispondere quadri clinici di presentazione totalmente silenti oppure disfunzioni di diversa gravità di uno o più organi e apparati, sia in fase acuta che post-acuta.

I valori di carbossiemoglobina (COHb) si considerano positivi quando maggiori o uguali a 5% nei bambini e nei soggetti non fumatori, e maggiori o uguali a 10% nei soggetti fumatori. In particolari situazioni (es. determinazione tardiva della COHb) il riscontro di valori di COHb inferiori ai valori sopra indicati non esclude la diagnosi di intossicazione da CO.


Classificazione dell’intossicazione acuta da CO
L’intossicazione acuta da CO è caratterizzata da quadri clinici di presentazione variegati e notoriamente non specifici. Nella letteratura scientifica non esiste una classificazione universalmente accettata e adottata: ai fini pratici vengono identificati quattro livelli clinici di gravità (Tabella 1). I pazienti con alterazioni di qualunque gravità delle funzioni superiori rientrano nelle classi di gravità 3 oppure 4.

tab. 1 - Classificazione di gravità dell'intossicazione da CO
Classe di gravità Segni e Sintomi
asintomatico (grado 1) assenti (*)
lieve (grado 2) cefalea
vertigini
nausea
vomito
media (grado 3) confusione mentale
lentezza di ideazione
visione offuscata
debolezza
atassia
anomalie comportamentali
respiro superficiale
dispnea da sforzo
tachipnea
tachicardia
alterazioni ai test psicometrici
grave (grado 4) sopore
ottundimento del sensorio
coma
convulsioni
sincope
disorientamento
alterazioni alla TAC encefalo
ipotensione
dolore toracico
palpitazioni
aritmie
segni di ischemia all’ECG
edema polmonare
acidosi lattica
mionecrosi
bolle cutanee
(*) pazienti con valori di COHb positivi

Obiettivi della linea guida

Metodologia
I gradi di raccomandazione impiegati nella stesura di questa linea guida sono in accordo con le indicazioni della US Agency for Health Care Policy and Research.

 

Summa delle Raccomandazioni Ponderate

 

Fase del soccorso extra-ospedaliero
  Raccomandazione Grado di evidenza
1. L’uso di un rilevatore di CO per entrare in ambienti / aree ove si ritiene possibile la contaminazione ambientale da CO consente di evitare l’esposizione dei soccorritori, di adottare idonee misure di protezione personale (autorespiratore, maschera per CO) e di aerare in sicurezza il locale per consentirne la decontaminazione. grado C
2. Il paziente deve essere allontanato dall’ambiente contaminato e deve essere immediatamente iniziata ossigenoterapia normobarica (vedi nota). grado C
3. In tutti i pazienti devono essere rilevati i segni e sintomi di intossicazione per assegnare la classe di gravità secondo quanto indicato in Tabella 1. grado C
4. E’ indicata l’esecuzione sul posto di un prelievo venoso (provetta eparinata), idealmente prima di iniziare la somministrazione di ossigeno, per la successiva determinazione della carbossiemoglobina (COHb) o del CO plasmatico. L’esecuzione del prelievo non deve posticipare l’inizio dell’ossigenoterapia. grado B
5. Nei pazienti con intossicazione da CO il dato di saturazione di ossigeno dell’emoglobina ottenuto con i comuni pulsossimetri o con emogasanalizzatori privi di CO-ossimetro non è attendibile. grado A
(*)
6. Devono essere indirizzati in pronto soccorso anche i soggetti asintomatici presenti sul luogo ed esposti a CO. grado C
(*) giudizio basato su evidenza tecnica

Nota: nel contesto di questa linea guida si intende per ossigenoterapia normobarica la somministrazione antidotica di ossigeno al 100% con maschera ad elevata efficienza con reservoir oppure, ove indicata l’intubazione tracheale (coma, convulsioni, insufficienza respiratoria, protezione delle vie aeree), mediante ventilazione in ossigeno puro.

Fase del soccorso ospedaliero
  Raccomandazione Grado di evidenza
1. Deve essere immediatamente somministrata ossigenoterapia normobarica (vedi nota). grado C
2. Nei pazienti con intossicazione da CO il dato di saturazione di ossigeno dell’emoglobina ottenuto con i comuni pulsossimetri o con emogasanalizzatori privi di CO-ossimetro non è attendibile. grado A
(*)
3. All’arrivo in pronto soccorso deve essere immediatamente effettuata la determinazione della COHb. Sono diagnostici valori di COHb > 5% nei bambini e negli adulti non fumatori, > 10% negli adulti fumatori. Soggetti asintomatici con livelli inferiori a questi possono essere dimessi. grado C
4. Il prelievo per la determinazione della COHb può essere indistintamente arterioso o venoso. grado B
5. I valori di COHb non definiscono la gravità dell’intossicazione. grado B
6. Una batteria di test neuropsicometrici consente di definire la gravità dell’intossicazione. grado B
7. Gli esami ematochimici e strumentali in urgenza includono per tutti i pazienti:
- glicemia, azotemia, creatininemia
- emocromo
- markers di danno muscolare (creatinkinasi, mioglobina, transaminasi, latticodeidrogenasi)
- markers di danno miocardico (creatinkinasi MB massa, troponine I / T)
elettrocardiogramma (ECG)
grado B
8. Nei pazienti con intossicazione di media gravità (grado 3) o grave (grado 4), è indicata la valutazione dell’equilibrio acido-base. grado B
9. Nelle donne in età fertile deve essere accertato/escluso lo stato di gravidanza. grado C
(*) giudizio basato su evidenza tecnica

Nota: nel contesto di questa linea guida si intende per ossigenoterapia normobarica la somministrazione antidotica di ossigeno al 100% con maschera ad elevata efficienza con reservoir oppure, ove indicata l'intubazione tracheale (coma, convulsioni, insufficienza respiratoria, protezione delle vie aeree), mediante ventilazione in ossigeno puro.

Scelta del tipo di ossigenoterapia
  Raccomandazione Grado di evidenza
1. Tutti i pazienti, di qualunque classe di gravità sia l’intossicazione, devono effettuare ossigenoterapia. grado B
2. Nei pazienti con intossicazione asintomatica (grado 1) o lieve (grado 2) può essere utilizzata l’ossigenoterapia normobarica. grado C
3. I pazienti con intossicazione lieve (grado 2) nei quali sono ancora presenti sintomi neurologici dopo 4 - 6 ore di ossigenoterapia normobarica dovrebbero essere sottoposti a ossigenoterapia iperbarica. grado C
4. Nei pazienti con intossicazione di media gravità (grado 3) o grave (grado 4) è indicata l’ossigenoterapia iperbarica. I pazienti trattati con ossigenoterapia iperbarica devono effettuare terapia normobarica nei periodi al di fuori della(e) seduta(e) di trattamento iperbarico. grado B
5. I pazienti con intossicazione di media gravità (grado 3) o grave (grado 4) dovrebbero essere sottoposti a ossigenoterapia iperbarica entro 6 ore dal ritrovamento. grado B
6. Non esiste evidenza che l'ossigenoterapia iperbarica riduca l'incidenza di sintomi neurologici a distanza di 1 mese dall'intossicazione in pazienti adulti e non in gravidanza. grado A
7. Le donne in stato di gravidanza dovrebbero essere sottoposte a ossigenoterapia iperbarica, indipendentemente dalla classe di gravità dell’intossicazione (grado 1 - 4). grado C
8. Durante il trasporto alla/dalla camera iperbarica occorre proseguire l’ossigenoterapia normobarica (vedi nota). grado C

Nota: nel contesto di questa linea guida si intende per ossigenoterapia normobarica la somministrazione antidotica di ossigeno al 100% con maschera ad elevata efficienza con reservoir oppure, ove indicata l'intubazione tracheale (coma, convulsioni, insufficienza respiratoria, protezione delle vie aeree), mediante ventilazione in ossigeno puro.

Monitoraggio, dimissibilità e follow-up
  Raccomandazione Grado di evidenza
1. In tutti i pazienti è opportuno ripetere ECG e markers di danno miocardico a 12, 24 e 48 ore. grado B
2. In tutti i pazienti è opportuno eseguire ecocardiogramma nelle prime 24 ore. grado B
3. In tutti i pazienti è opportuno ripetere la batteria di test neuropsicometrici al termine dell’ossigenoterapia. grado C
4. In assenza di complicanze, il paziente può essere dimesso al termine dell’ossigenoterapia. grado C
5. E’ opportuno che tutti i pazienti siano seguiti dopo la dimissione per un periodo di almeno 8 mesi per il possibile sviluppo della sindrome da sintomi ricorrenti e/o delle sequele neuropsichiatriche tardive. grado B
6. I test neuropsicometrici e la diagnostica per immagini (TAC, RMN e SPET cerebrale) costituiscono gli esami di scelta per la valutazione delle sequele neuropsichiatriche tardive.
La SPET miocardica con 99mTc-MIBI nei primi 5 giorni consente di valutare il danno cardiaco.
grado B

Analisi estensiva della letteratura che ha portato alla summa delle raccomandazioni ponderate

Il CO è un gas incolore e inodore che deriva dalla combustione incompleta di qualunque combustibile (liquido, solido, gassoso). L’intossicazione acuta da monossido di carbonio (CO) costituisce una delle più importanti cause di morte per avvelenamento. Negli Stati Uniti e in Inghilterra, rispettivamente, l’intossicazione da CO è stata causa di circa 5600 e 1000 decessi/anno [[3], [4]]. In Italia [[5]] sono stati riportati 1744 decessi in cinque anni (1984-1988) con una media di circa 350 casi letali/anno.
Nella sola regione Lombardia, nel 1996, sono stati registrati 753 ricoveri ospedalieri: pur non essendo noti i dati relativi alla reale incidenza di questa intossicazione in Italia, si può stimare che nel nostro paese vengano ricoverati circa 6000 casi di avvelenamento da CO/anno. Tali dati tuttavia sottostimano la reale incidenza dell’intossicazione.


Manifestazioni cliniche
I primi sintomi dell’intossicazione da CO sono usualmente cefalea e vertigini e/o manifestazioni gastroenteriche quali nausea e vomito. L’angor può rappresentare un sintomo di presentazione in pazienti con anamnesi positiva per patologia ischemica miocardica. Al protrarsi dell’esposizione compaiono difficoltà di concentrazione, irritabilità e astenia. I segni clinici comprendono tachicardia, tachipnea, ipotensione sistolica, e ridotta tolleranza all’esercizio. La frequente comparsa di sfumati deficit delle funzioni cognitive superiori può essere valutata solo attraverso test neuropsicometrici. Tale disfunzione cerebrale è infatti difficilmente rilevata dal medico; essa può essere più facilmente notata dai familiari, specie quando il paziente si trovi a dover risolvere un problema contingente.
Nelle intossicazioni più gravi si hanno sincope, ottundimento del sensorio, convulsioni, alterazioni del tono muscolare, rigidità muscolare generalizzata e coma. La gravità del coma può essere valutata con metodi a punteggio o a scale (es. Glasgow Coma Score o Scala del coma Bozza Marrubini). All’esame neurologico i deficit focali sono di solito assenti; l’eventuale presenza di tali segni indica l’associazione di altre patologie organiche [[6]].
Nei casi di maggiore gravità è più frequente il coinvolgimento anche miocardico con contrazioni premature ventricolari, fibrillazione atriale, blocchi di conduzione, alterazioni ischemiche all’ECG e infarto miocardico. Le complicanze neurologiche risultano spesso associate alla presenza di sincope, ipotensione (transitoria o persistente) e depressione della funzione miocardica.
In sintesi, l’organo bersaglio principale del monossido di carbonio è l’encefalo, e in secondo luogo il cuore, anche se l’intossicazione acuta da CO può causare un ampio spettro di complicanze (Tabella 2).

Tabella 2. Complicanze associate all’intossicazione da CO in fase acuta e post-acuta
Organi e apparati Complicanze
Sistema nervoso centrale deficit cognitivi, alterazioni mnesiche, vertigini, atassia, parkinsonismi, rigidità muscolare, disturbi della marcia, disorientamento, mutismo, incontinenza sfinterica, cecità corticale, ipoacusia, acufeni, nistagmo, convulsioni, coma, alterazioni elettroencefalografiche, edema cerebrale, leucoencefalopatia, diabete insipido, necrosi del globo pallido
Psiche modificazioni della personalità, depressione, alterazioni dell’affettività, sindrome di Tourette, ansia, agitazione, perdita dell’autocontrollo
Cardiovascolare tachicardia, affaticabilità, ipotensione, alterazioni elettrocardiografiche ischemiche, aritmie, comparsa o esacerbazione di angina, infarto miocardico
Respiratorio respiro superficiale, edema polmonare, emottisi
Gastrointestinale nausea, vomito, crampi addominali, diarrea, sanguinamento gastrointestinale
Visivo riduzione dell’acuità visiva, neurite retrobulbare, scotomi paracentrali, edema della papilla, emorragie retiniche
Cute eritema, bolle, alopecia, necrosi delle ghiandole sudoripare
Muscolare rabdomiolisi, sindrome compartimentale
Ematologico coagulazione intravascolare disseminata, porpora trombocitica trombocitopenica, leucocitosi
Metabolico acidosi lattica, iperglicemia, ipocalcemia, iperamilasemia di origine salivare


Classificazione dell’intossicazione acuta da CO
(Raccomandazione n. 3, 12)
In assenza di indicatori di esposizione che definiscono in modo affidabile la gravità dell’intossicazione, la valutazione del paziente intossicato da CO si basa sui criteri clinici [2, [7], [8], [9], [10], [11]].


Protezione dei soccorritori
(Raccomandazione n. 1)
Il monossido di carbonio è un gas approssimativamente dello stesso peso dell’aria, inodore, incolore, e non è pertanto rilevabile attraverso l’esame ispettivo dell’ambiente: esso è inoltre esplosivo a contatto con fiamme od oggetti incandescenti. Per tali ragioni risulta opportuno utilizzare rilevatori di CO per la protezione dei soccorritori [[12]]. Esistono oggi diversi tipi di strumenti portatili per la rapida determinazione delle concentrazioni ambientali di CO. In caso di allarme del rilevatore di CO o di riscontro di elevate concentrazioni di CO è raccomandata un’adeguata protezione delle vie aeree (Tabella 3) per entrare nei locali contaminati. È opportuno considerare come livello di attenzione 35 ppm di CO, limite di esposizione professionale [[13]].

Tabella 3. Mezzi di protezione individuale per elevati livelli ambientali di CO.
Concentrazione Equipaggiamento di protezione
350 ppm ogni tipo di respiratore con bombola ad aria compressa
875 ppm ogni tipo di respiratore con bombola ad aria compressa a flusso continuo
1200 ppm autorespiratore con maschera pieno-facciale e bombola ad aria compressa
concentrazione
 non nota
autorespiratore con maschera pieno-facciale e bombola ad aria compressa operante a domanda o in pressione positiva continua


Pulsossimentria e saturazione di ossigeno all'emogasanalisi
(Raccomandazione n. 5, 8)
Poiché la COHb assorbe luce alla stessa lunghezza d’onda dell’ossiemoglobina (HbO2), i pulsossimetri non sono in grado di differenziare la COHb dalla HbO2 (ovvero misurano la saturazione dell’emoglobina indipendentemente dal gas a cui è legata, sia esso ossigeno o CO). Essi pertanto mostrano livelli falsamente elevati di saturazione della HbO2 i cui valori devono essere interpretati con estrema cautela nel quadro dell’intossicazione da monossido di carbonio [[14], [15], [16]].
La saturazione di ossigeno dell’emoglobina indicata dagli emogasanalizzatori viene calcolata a partire dalla PaO2 e dal pH, e pertanto non fornisce indicazioni attendibili nell’intossicazione da monossido di carbonio. Solo la misurazione della HbO2 effettuata mediante co-ossimetro (che utilizza una metodica spettrofotometrica per distinguere ossiemoglobina, desossiemoglobina, carbossiemoglobina e metemoglobina) è attendibile [[17]].


Diagnosi
Il sospetto diagnostico in fase extra-ospedaliera viene posto attraverso la rilevazione dei dati clinici (segni e sintomi) e degli elementi circostanziali (Tabella 4). La rilevazione in un ambiente di livelli anormali di CO (> di 35 ppm) facilita la diagnosi.

Tabella 4. Elementi circostanziali che orientano alla diagnosi
Criteri Elementi da ricercare
Presenza di una
fonte di esposizione
- presenza di fonti di produzione di CO in locali dell’abitazione (stufe, scaldabagni, camini, caldaie, ecc., non necessariamente malfunzionanti, motore di veicolo tenuto acceso in ambiente confinato)
- provenienza dei pazienti da ambienti confinati (pista di pattinaggio, cabina di automobile) o da situazioni ambientali a rischio (motoscafo fuoribordo, viaggio su cassone di camion o di pick-up)
- occupazioni a rischio (es. vigili del fuoco, vigili urbani, garagisti, autisti)
Condizioni favorenti condizioni atmosferiche (es. forte vento) ostacolanti la fuoriuscita dei fumi dai camini
stagionalità (si tratta di intossicazione prevalentemente invernale)
Criterio epidemiologico - interessamento contemporaneo di più soggetti di uno stesso nucleo familiare, anche se i quadri di presentazione possono essere multiformi nello stesso gruppo di pazienti
- insorgenza precoce della sintomatologia nei bambini, in coloro che trascorrono più tempo nei locali più a rischio (es. cucina) o nei piccoli animali domestici
- reiterazione di una sintomatologia simil-influenzale, di scompenso cardiaco, di sincope
miglioramento soggettivo al di fuori di un determinato ambiente

Il colorito rosso ciliegia della cute, spesso descritto come importante segno di intossicazione da monossido di carbonio, è quasi sempre assente nei pazienti sopravvissuti all’intossicazione, i quali possono essere, a seconda dei casi, normoperfusi, pallidi o cianotici. Nei pazienti con grave insufficienza cerebrale è sempre necessario ricercare i segni di ipertensione endocranica.
Nel procedimento diagnostico è semplice considerare la possibilità di intossicazione da CO negli esposti a fumi di incendio. Negli altri casi, la diagnosi può facilmente sfuggire nel valutare l’insieme dei sintomi non specifici riferiti dal paziente. Benché cefalea, vertigini, nausea e vomito siano i sintomi più frequenti nell’intossicazione da CO, essi sono aspecifici e comuni nella pratica medica di pronto soccorso. La diagnosi è più semplice se tali sintomi interessano più soggetti che vivono / soggiornano negli stessi edifici / locali. L’assenza di febbre, adenopatia, segni di infiammazione delle prime vie dovrebbe rendere semplice la diagnosi differenziale con la sindrome influenzale. Criteri che possono facilitare la diagnosi differenziale sono la presenza di possibili fonti di CO nei locali, la diminuzione dei sintomi con l’allontanamento dai locali contaminati, la comparsa simultanea della sintomatologia in più soggetti (che richiede diagnosi differenziale con intossicazioni alimentari), la persistenza o ricorrenza della sindrome (oltre i 5-7 giorni), la segnalazione di una concomitante malattia o di un decesso tra i componenti del nucleo familiare. La presenza di segni e sintomi concordanti con l’intossicazione da monossido di carbonio deve far sospettare una intossicazione “occulta” da CO anche in assenza di fonti di esposizione immediatamente identificabili.
In sintesi, la diagnosi specifica comprende la positività dei dati anamnestici relativi all’esposizione e/o la presenza di sintomi/segni, e la positività del valore di carbossiemoglobina.


Carbossiemoglobina (COHb)
(Raccomandazione n. 4, 9, 10, 11)
Modalità di prelievo per COHb
Idealmente, il prelievo per il dosaggio della COHb dovrebbe essere effettuato già sul luogo del soccorso [[18]]. Questo consente di limitare le variabili confondenti che rendono usualmente questo dato di difficile interpretazione (effetto del tempo trascorso tra il termine dell’esposizione e l’esecuzione del prelievo, effetto dell’ossigenoterapia) [[19]].
La COHb può essere eseguita sullo stesso prelievo ottenuto per effettuare l'emogasanalisi. Non ci sono differenze sostanziali nei valori arteriosi e venosi di COHb, data l’alta affinità del CO per l’emoglobina [[20]]. Ciò rende possibile raccogliere un primo campione venoso eparinato direttamente sulla scena dell’evento anche da parte del personale infermieristico. Il prelievo venoso per la determinazione della COHb è più pratico nei bambini piccoli.
La COHb è relativamente stabile e la determinazione risulta affidabile anche a distanza di 2 settimane dal prelievo [[21]].
Interpretazione dei valori di COHb
Poiché la sintomatologia dell’intossicazione da CO può essere quanto mai varia, aspecifica e può mimare diverse sindromi, la rilevazione del tasso di COHb ha indiscusso significato diagnostico. I livelli normali di COHb vanno da 0 a 5 %, conseguenti alla produzione endogena di CO. I fumatori di 1 pacchetto di sigarette al giorno hanno livelli che vanno dal 6 al 10%: valori superiori a questi sono diagnostici [2, 7, 8].
Il riscontro di un elevato livello di COHb conferma il sospetto clinico di una possibile intossicazione da CO. Tuttavia, un elevato di COHb non è un indice affidabile della gravità dell’avvelenamento e non ha significato prognostico: i livelli di COHb, infatti, non correlano con la gravità dell’intossicazione (se non per valori superiori al 40-50%) e non consentono di predire lo sviluppo della sindrome da sintomi ricorrenti e/o della sindrome neurologica tardiva [2, 7, 8, 9, 10, 11]. Non esiste un test idoneo per quantificare il contenuto corporeo totale di CO, e mentre pazienti con livelli di 30-40% possono essere asintomatici, altri con livelli fra 10 e 20% possono essere in coma [[22]].
Pertanto, il ruolo clinico della determinazione della COHb è semplicemente di determinare che vi è stata una esposizione a CO: essa non può essere usata per quantificare la gravità dell’avvelenamento [[23]].

Indicazioni
Studi condotti negli USA hanno mostrato che errori nella diagnosi dell’intossicazione da CO hanno un’elevata incidenza (30%) e che campagne di sensibilizzazione hanno consentito una diminuzione degli stessi a valori del 5% [1]. Gli errori diagnostici più frequenti sono indicati in Tabella 5.

Tabella 5. Errori diagnostici comuni nell’intossicazione da CO
Diagnosi errata Percentuale (%)
Intossicazioni alimentari 38
Patologie psichiatriche (isteria, confusione, depressione) 18
Patologie cardiache con angina o sincope quali sintomi di presentazione 13
Intossicazione alcoolica o delirium tremens 7
Intossicazione acuta da solventi 7
Cefalea, emicrania 6
Patologie ischemiche cerebrali 4
Emorragia cerebrale 4
Tumori cerebrali (convulsioni) 3

Certamente non è pratico effettuare routinariamente la determinazione della COHb in tutti i pazienti che si presentano in pronto soccorso con cefalea e vertigini. L’accertamento dovrebbe essere riservato ai pazienti che associano tale sintomatologia al dato anamnestico di possibili fonti di produzione di CO e alla presenza di sintomi in uno o più coabitanti. L’uso di questo criterio elimina il bisogno di effettuare il dosaggio della COHb nella maggior parte dei pazienti e consente di identificare correttamente i pazienti con livelli di COHb > 10% con una sensibilità del 75% e correttamente esclude la maggior parte dei pazienti con un basso livello di COHb (specificità 74%) [[24]].


Test neuropsicometrici
(Raccomandazione n. 12, 26, 29)

La valutazione neurologica del paziente collaborante, qualora le circostanze lo consentano, può comprendere l’impiego di test neuropsicometrici [[25], [26], [27]] che consentono una misura funzionale del danno indotto da CO.
Data la limitata utilità clinica dei livelli di COHb per identificare la gravità gli avvelenamenti, sono state utilizzate batterie di test che aiutano a rilevare fini disfunzioni delle funzioni cerebrali, difficilmente rilevabili dalla visita medica. Tali batterie sono somministrabili nei servizi di medicina d’urgenza e pronto soccorso dal personale infermieristico, così come dai tecnici di terapia iperbarica, in 20 - 25 minuti. La batteria usata per l’esame neuropsicometrico consiste di 6 sub-test che aiutano a rilevare vari deficit delle funzioni corticali superiori, che includono disgrafia, disfasia, agnosia, e disprassia [25].
La batteria di test è raccomandata per l’esame dei pazienti non obnubilati e consente di distinguere fra intossicazioni asintomatiche (grado 1) o lievi (grado 2) e quelle di media gravità (grado 3) o gravi (grado 4). Ciò si ripercuote sulle scelte terapeutiche.
Molti centri di medicina iperbarica usano questa batteria di test come end-point della terapia e ripetono i trattamenti iperbarici fino a quando gli score della batteria dei test si normalizzano o si fissano a un plateau [[28]].
Occorre tuttavia considerare che:

Esami ematochimici e strumentali
(Raccomandazione 13, 14, 15, 24, 25, 29)

L’esame emocromocitometrico consente di identificare i soggetti anemici, per il rischio aggiuntivo che questa condizione comporta in caso di intossicazione da CO. In fase acuta si può evidenziare un lieve aumento del tasso di emoglobina e dell’ematocrito, a cui segue, entro alcuni giorni una leucocitosi principalmente neutrofila; il numero delle piastrine tende a diminuire in fase iniziale e quindi ad aumentare in fase post-acuta [[29]].

Modificazioni della glicemia (iperglicemia o “diabete da CO”) sono state descritte in alcuni pazienti [[30]] e possono risultare correlate con la gravità della prognosi [[31]].

Si può osservare iperamilasemia, di origine salivare [[32]].

Il danno muscolare, accertato misurando i livelli ematici o urinari della mioglobina e con il dosaggio seriato degli enzimi di danno muscolare (creatinkinasi, transaminasi e latticodeidrogenasi), può essere presente già all’arrivo del paziente in pronto soccorso o rendersi manifesto nelle ore o giorni successivi [[33]]. La possibile presenza di rabdomiolisi indica il monitoraggio della funzionalità renale (azotemia, creatininemia) [[34]].

In tutti i pazienti intossicati è indicato il monitoraggio dei marker serici di danno miocardico (creatinkinasi frazione MB massa, troponina I, troponina T) per le prime 48 ore [[35]]. All’ECG possono evidenziarsi alterazioni della ripolarizzazione (sovra o sottolivellamento ST e appiattimento o inversione dell’onda T), della formazione e della conduzione dell’impulso; fra le alterazioni del ritmo la tachicardia sinusale è reperto molto frequente, ma sono state anche registrate aritmie ipercinetiche (extrasistoli atriali e ventricolari, fibrillazione atriale e ventricolare) ed ipocinetiche (bradicardia sinusale, blocchi atrioventricolari e blocchi di branca) [[36]]. E’ possibile evidenziare alterazioni significative per infarto miocardico [[37]]. L’ecocardiogramma può evidenziare quadri di alterato ispessimento delle pareti del ventricolo sinistro (asinergie), classificati come ipocinesia o acinesia (riduzione significativa o assenza dell’ispessimento parietale in sistole), nonché modificazioni della dinamica valvolare (es. insufficienza mitralica transitoria da alterata coaptazione dei lembi valvolari) e depressione della frazione di eiezione [35, [38]]. Le alterazioni della ripolarizzazione visibili all’elettrocardiogramma e le asinergie parietali possono essere presenti in fase acuta e scomparire con il tempo o insorgere a distanza di giorni dall’intossicazione [35]. Con l’angioscintigrafia miocardica sono state rilevate alterazioni di contrattilità e della frazione di eiezione [[39]] mentre la SPET miocardica con 99mTc-MIBI ha permesso di registrare deficit di captazione miocardica del tracciante [[40], [41], [42]]. E’ possibile osservare quadri di insufficienza cardiaca con ecografia e scintigrafia positive anche in soggetti giovani per esposizioni prolungate a CO con bassi livelli di COHb [[43]].

Il riscontro di acidosi metabolica contribuisce alla definizione del livello di gravità dell’intossicazione ed è utile per l’indicazione al trattamento iperbarico [[44]]. Le alterazioni dell’equilibrio acido-base non correlano con le alterazioni dei test neuropsicometrici [27]. Il riscontro di valori aumentati di lattati può essere espressione di esposizione prolungata a CO [[45]]; valori di lattati maggiori di 10 mmol/L sono indice sensibile di intossicazione da cianuro [[46]].

È consigliabile eseguire un test di gravidanza quando tale condizione sia sospettabile o possibile, in considerazione dell’elevata sensibilità del prodotto del concepimento agli effetti tossici del CO [[47], [48]]. Il controllo della vitalità fetale può essere valutato mediante visita specialistica, rilevazione del battito cardiaco fetale ed ecografia.


Ossigenoterapia
(Raccomandazione n. 2, 7, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23)

In emergenza le misure terapeutiche mirano a:

Modalità di somministrazione
Nell’intossicazione da CO l'antidoto è l’ossigeno al 100% [[49]. Esso può essere somministrato in ambiente iperbarico o normobarico. La modalità ideale di somministrazione dell’ossigeno normobarico è quella che consente di ottenere una FiO2 del 100%. Pertanto nel paziente intubato la ventilazione deve essere effettuata in ossigeno al 100%, mentre nel paziente non intubato l'ossigeno deve essere somministrato ad alti flussi (12-15 litri/minuto) con maschera ad elevata efficienza con reservoir per ottenere la migliore FiO2 possibile.
Non esistono differenze fra la somministrazione di ossigeno normobarico mediante maschera facciale ad elevata efficienza o per intubazione tracheale con ventilazione assistita per ciò che attiene la velocità di rimozione del CO dal torrente circolatorio [18], mentre non esistono evidenze per ciò che riguarda la rimozione di CO dagli organi/tessuti bersaglio.

Indicazioni al trattamento iperbarico
Il trattamento con ossigeno iperbarico è finalizzato sia al trattamento delle manifestazioni cliniche della fase acuta che alla prevenzione del danno neurologico tardivo [9, 28, [50], [51], [52]]. Viene inoltre utilizzato nelle intossicazioni in gravidanza per il trattamento della madre e del prodotto del concepimento [48].
Per la maggior parte dei centri di terapia iperbarica [28] l’evidenza di danno corticale (grado 3 e grado 4) rappresenta indicazione alla terapia iperbarica.
Studi retrospettivi di intossicazioni gravi dimostrano una riduzione della mortalità se l'ossigenoterapia iperbarica è effettuata entro 6 ore dal ritrovamento della vittima [[53]].
La maggior parte degli studi clinici indica che il trattamento con ossigenoterapia iperbarica è associato ad una minore incidenza di sequele neurologiche (cliniche o subcliniche) rispetto al trattamento di breve durata con ossigenoterapia normobarica [51, 52, [54], [55]].
L’ossigenoterapia iperbarica risulta efficace nel trattamento dell’intossicazione da CO a pressioni comprese tra 2.8 e 3 ATA, mentre pressioni di 2 ATA non offrono benefici aggiuntivi rispetto al trattamento con ossigeno normobarico [50, 51, 52, 53].
Non esiste consenso per quanto riguarda il livello minimo di COHb che ponga da solo l’indicazione all’ossigenoterapia iperbarica. I benefici della terapia iperbarica devono essere valutati rispetto ai rischi legati al trasporto del paziente.
Non esiste evidenza che l'ossigenoterapia iperbarica riduca l'incidenza di sintomi neurologici a distanza di 1 mese dall'intossicazione in pazienti adulti e non in gravidanza [[56]]. Tale valutazione, limitata a un periodo di follow-up troppo breve, si basa su dati derivanti da tre soli studi randomizzati e controllati [50, 51, [57]], peraltro non paragonabili per gravità dei pazienti e modalità di trattamento effettuato.
L’ossigenoterapia normobarica per 3-6 giorni nelle intossicazioni di grado 3 e 4 può consentire un outcome paragonabile a quello dell’ossigenoterapia iperbarica [57].

Indicazioni al trattamento normobarico e durata del trattamento
I pazienti con test psicometrici normali (grado 1 e grado 2) dovrebbero essere trattati con ossigeno normobarico. La somministrazione di ossigeno normobarico (in maschera ad alti flussi o mediante intubazione endotracheale) risulta efficace se effettuata per almeno 3 giorni [57]. Il trattamento con ossigeno normobarico per 12 ore in pazienti non in coma si è dimostrato inefficace nel risolvere i segni/sintomi dell’intossicazione acuta [54, [58]] ed è risultato associato ad alterazioni elettroencefalografiche e del flusso ematico cerebrale a tre settimane dall’intossicazione [54], nonché a sequele neurologiche tardive [51, 52, 55]. Pertanto il trattamento con ossigenoterapia normobarica proseguito per una durata complessiva uguale o inferiore a 12 ore e/o fino al raggiungimento di valori di COHb inferiori al 5% non è supportato da evidenze di efficacia nella letteratura scientifica. L’ossigenoterapia normobarica per 3-6 giorni può consentire un outcome paragonabile a quello dell’ossigenoterapia iperbarica [57] anche nelle intossicazioni di grado 1 e 2.


Follow-up
(Raccomandazione n. 28, 29)

Il follow-up dell’intossicato da monossido di carbonio è finalizzato a:
verificare la non riesposizione del paziente, e quindi l’assenza di sintomatologia clinica una volta rientrato al domicilio
verificare la risoluzione dell’eventuale danno cardiaco
sorvegliare la comparsa della sindrome da sintomi ricorrenti e la sindrome neurologica tardiva

La sindrome neurologica tardiva può svilupparsi a distanza di tempo dall’intossicazione acuta, dopo un intervallo libero di durata estremamente variabile (fino a 240 giorni) [[59], [60]]. La sua incidenza è stata stimata dal 2% fino a oltre il 60% a seconda dei metodi d’indagine e dalla durata del follow-up [[61]].
La sintomatologia è quanto mai variabile: possono manifestarsi. deterioramento mentale, disturbi motori (movimenti coreoatetosici, parkinsonismo), incontinenza degli sfinteri, cecità corticale, convulsioni, sintomatologia simile a quella della sclerosi multipla, neuropatie periferiche, modificazioni della personalità, afasia di Wernicke, sindrome di Korsakoff, agnosia, mutismo, deficit mnemonici, demenza, psicosi, sindrome maniaco depressiva associati o meno ad alterazioni elettroencefalografiche [59, [62], [63], [64], [65]].
La presenza di deficit neurocomportamentali meno gravi può essere diagnosticata con un accurato esame neurologico e l’impiego di test psicometrici mirati [61, 65].
La valutazione del danno neurologico tardivo da CO comprende indagini neurofisiologiche (es. elettroencefalogramma) [54, 59, [66]] e tecniche di neuroimaging. Tra queste ultime, la risonanza magnetico-nucleare (RMN) e la tomografia computerizzata ad emissione di singolo fotone (SPET) sarebbero più sensibili della tomografia assiale computerizzata (TAC) nel rilevare le alterazioni da CO a carico del SNC [9, [67]]. La combinazione di più procedure potrebbe permettere una migliore efficienza diagnostica [[68]].

Pur non esistendo indici di predittività circa lo sviluppo del quadro clinico, sono stati identificati alcuni fattori favorenti quali l’età oltre i 40 anni, la presenza di coma in fase acuta, e la preesistenza di affezioni cardiovascolari [59, 63, [69]]. Pure importanti sarebbero la durata dell’esposizione al tossico, un coma perdurante due o tre giorni, e la persistenza di alterazioni elettroencefalografiche.
L’esperienza indica anche che il deterioramento delle funzioni cerebrali concomita spesso con l’aumento dell’attività fisica del soggetto e la stimolazione mentale durante la fase post-acuta di recupero [63, 69, [70]]. La sindrome neurologica tardiva può risolversi spontaneamente, richiedere fino a due anni per il miglioramento clinico o permanere indefinitamente [63, 70].

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