numero in formato solo testo


ISSN 1080-3521

EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY

and

CRITICAL CARE MEDICINE - Italia -

Il giornale Italiano online di anestesia Vol 3 No 3 Marzo 1998


Pubblicato elettronicamente da

Vincenzo Lanza, MD

Servizio di Anestesia e Rianimazione

Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli Palermo, Italy

E-mail: lanza@mbox.unipa.it

Keith J Ruskin, MD

Department of Anesthesiology Yale University School of Medicine

333 Cedar Street, New Haven, CT 06520 USA

E-mail: ruskin@gasnet.med.yale.edu

Copyright (C) 1997 Educational Synopses in Anesthesiology and Critical Care Medicine. All rights reserved. Questo rivista on-line può essere copiata e distribuita liberamente curando che venga distribuita integralmente, e che siano riportati fedelmente tutti gli autori ed il comitato editoriale. Informazioni sulla rivista sono riportate alla fine

 

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In questo numero:

1 ASMA ACUTO GRAVE IN TERAPIA INTENSIVA

2 Coma fatale da Muscoril somministrato per via epidurale - caso clinico

3 L'USO DEGLI ANTIBIOTICI IN TERAPIA INTENSIVA

4 MANUALI DI ANESTESIA: Chirurgia addominale - Resezione del tenue

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1 ASMA ACUTO GRAVE IN TERAPIA INTENSIVA

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Elio Virone

Divisione di Pneumlogia - Azienda Ospedaliera "S.Elìa" - Caltanissetta, Italia

e-mail:virone@infoservizi.it

L’asma acuto grave è un’emergenza medica caratterizzata da un quadro severo di insufficienza respiratoria ipossiemica o ipossiemico-ipercapnica che necessita di ricovero in terapia intensiva e del ricorso alla ventilazione meccanica. Nonostante i progressi nello studio della fisiopatologia della flogosi bronchiale e degli sforzi clinico-educazionali per il controllo della malattia, negli ultimi anni sono aumentati i casi di asma grave e la relativa mortalità (1). I pazienti più a rischio per asma "quasi-fatale", come preferiscono chimarlo i Canadesi, sono quelli con precedenti crisi dispnoiche acute che hanno già richiesto il ricovero in Terapia Intensiva Respiratoria (UTIR), coloro che non prestano adeguata compliance alla terapia, pazienti che hanno una alterata percezione della dispnea, i pazienti trasferiti dalla UTIR presso le divisioni internistiche quando ancora la situazione respiratoria è instabile, o pazienti che ricorrono frequentemente a visite al Pronto Soccorso (2) (fig.1,2).

fig.1 fig.2

Dal punto di vista clinico-nosografico può essere tentata una classificazione dell’ ASMA QUASI FATALE in Asma Acuto Grave e Asma Grave Persitente. Ognuna delle due forme può avere due varianti. L’asma grave può essere la conseguenza di un peggioramento di una sintomatologia già esistente o di una dispnea improvvisa in pieno benessere, simile ad una reazione anafilattica. L’asma grave persistente si estrinseca invece nello di stato di male asmatico non controllato dalla terapia medica ed in alcune forme di asma relative ad alcuni fattori di rischio come la resistenza agli steroidi, il reflusso gastro esofageo, la continua esposizione a fonti allergeniche ecc. (fig.3).

fig.3

Dal punto di vista clinico questi pazienti presentano una condizione di allarme sintomatologico caratterizzato da : ortopnea obbligata, tosse secca ed intensa, turbe del sonno, agitazione, sudorazione, difficoltà a camminare o parlare, possibile stato collassiale, polso paradosso, attivazione dei muscoli accessori della respirazione, scarsa risposta al broncodilatatore, con necessità di aumentarne la dose. I criteri di ammisione in UTIR sono sia clinici che strumentali : turbe neurologiche, tachi-polipnea, aritmie ( ritmo atriale caotico, fibrillazione atriale, frequenti extrasistoli), riduzione del Vems a < 1lt/sec, riduzione della saturazione in ossigeno e alterazioni della PaCO2 (fig.4,5)

fig.4 fig.5

Dal punto di vista fisiopatologico questi pazienti hanno una grave limitazione al flusso aereo espiratorio sostenuto dal broncospasmo, dall’edema infiammatorio della mucosa e dal rimodellamento delle vie aeree. Il tempo espiratorio risulta allungato, ma il paziente non riesce a completare lo svuotamento delle unità alveolari ad alta costante di tempo prima dell’inizio dell’inspirazione successiva con il risultato di un aumento della Capacità Funzionale Residua (CRF) e della formazione di una Pressione Positiva Endoalveolare di fine Espirazione (Peep intrinseca). L’ iperinflazione dinamica (3) comporta variazioni nell’assetto della geometria diaframmatica con appiattimento delle fibre muscolari, alterazione della relazione tensione-lunghezza e diminuzione della forza contrattile. L’alto carico meccanico e la ridotta forza muscolare costringono il paziente a respirare in modo rapido e superficiale per diminuire la sensazione di dispnea e il costo energetico della respirazione, con il risultato però di una accorciamento del tempo inspiratorio e di un aumento dello spazio morto funzionale. Inoltre la presenza della Peep i costituisce un carico soglia aggiuntivo per l’inspirazione successiva con incremento del lavoro respiratorio e conseguente fatica muscolare che genera un deficit della pompa toraco-polmonare. Se il paziente è in grado di sostenere questo alto lavoro respiratorio ventilando un adeguato volume minuto si avrà ipocapnia, quando invece interviene l’ esaurimento muscolare comparirà dapprima "normocapnia" e successivamente ipercapnia. La determinazione quindi di CO2 "normali" all’emogasanalisi deve far subito intravedere la possibilità di un progressivo e rapido deterioramento della funzione respiratoria. Il grado di ipossiemia è invece determinato dalle alterazioni del rapporto V/Q, con distribuzione della perfusione verso aree con scarsa ventilazione (basso rapporto ventilo/perfusorio). L’ossigenoterapia al 100% di O2 può far aggravare l’ipossiemia di questi pazienti per atelettasia da riassorbimento nelle aree a V/Q criticamenente instabile.(4) Dal punto di vista emodinamico si ha generalmente un aumentato ritorno venoso favorito dalla depressione pleurica e polso paradosso dovuto a spostamento del setto interventricolare verso sinistra per dilatazione ventricolare destra e compromissione della gettata. Tuttavia l’iperinflazone dinamica e la Peep i possono ostacolare il ritorno venoso per riduzione del gradiente venoso-atriale con possibile stato collassiale. Inoltre, gli alti valori di depressione pleurica anziché incrementare potrebbero ridurre il ritorno venoso per la facile collassabilità della vena cava con ulteriore limitazione della gettata cardiaca.

Quando lo stato clinico di questi pazienti depone per una deterioramento progressivo dello stato di coscienza, con presenza di segni di fatica muscolare (respiro paradosso o alternante), assieme a grave ipossiemia e alterazione dell’equilibrio acido-base è obbligatoria l’assistenza respiratoria meccanica.(fig.6)

fig.6

La ventilazione meccanica nell’asma acuto ha lo scopo di ridurre il lavoro respiratario e di recuperare gli scambi gassosi. La modalità di ventilazione dovrà minimizzare l’ iperinflazione dinamica e soprattutto dovrà evitare di indurla attraverso una inadeguata impostazione del ventilatore. Bisogna inoltre evitare di raggiungere pressioni intratoraciche medie dannose per l’asse cardiovascolare e per la possibilità di provocare barotrauma. E’ indispensabile nelle fasi iniziali l’ottimizzazione delle interazioni macchina-paziente al fine di evitare la desincronizzazione tra la richiesta ventilatoria del paziente e il flusso del respiratore: la sedazione e la eventuale curarizzazione divengono necessarie al fine di evitare che il paziente si trovi a "lottare" contro il ventilatore con un ulteriore aggravio per il consumo di ossigeno e del lavoro respiratorio. La ventilazione invasiva attraverso il posizionamento del tubo endotracheale può provocare un aumento delle resistenze delle vie aeree, e pertanto si dovrà adoperare un tubo di diametro interno tra 8 e 9 mm. (4) Sia che si utilizzino tecniche di pressione o di volume controllato bisogna ottimizzare il settaggio del ventilatore "manipolando" le combinazione di volume corrente, frequenza respiratoria, flusso inspiratorio, volume minuto e rapporto I/E, in modo da ottimizzare la ventilazione. E’ stato infatti dimostrato che (4) un settaggio non adeguato del ventilatore con incremento del volume minuto e/o la riduzione del tempo espiratorio (per aumento della frequenza respiratoria o per riduzione del flusso inspiratorio) porta ad un grado elevato di iperinflazione: l’impostazione convenzionale di un elevato volume corrente può infatti peggiorare l’iperinflazione per dislocazione della ventilazione del paziente nella parte piatta della curva volume-pressione, e per allungamento del tempo disponibile ad espirare il volume corrente impostato.(4,5). Il volume misurato durante una completa espirazione non forzata partendo dalla fine inspirazione (VEI) è stato considerato più attendibile della pressione di picco nel determinismo del barotrauma, in quanto quest’ultima non riflette la pressione endoalveolare a causa dell’inclusione della pressione resistiva del tubo endotracheale.(5). Attualmente si preferisce impostare il ventilatore con una modalità (ipoventilazione controllata) che prevede bassi volumi correnti (5 ml/kg), un flusso inspiratroio di 80-100 l/min ed una pressione media che non superi i 25 cm H2O. La frequenza respiratoria risulta compresa tra 6 -10 atti/ min. al fine di minimizzare la Peep i. Questo tipo di ventilazione prevede la sedazione e anche la paralisi muscolare e nasce dalla considerazione che l’ipercapnia transitoria che si sviluppa (ipercapnia permissiva)(6),comporta minore rischi rispetto ad un eccessivo incremento della pressione nelle vie aeree. Sono generalmete ammessi valori di PaCO2 di 90 mmHg con pH pari a 7.20. Valori inferiori possono essere corretti dall’infusione di bicarbonato, ricordando però gli effetti negativi di quest’ultimo sul trasporto di ossigeno e sull’ acidosi intracellulare. La metodica dell’ipoventilazione controllata non è applicabile a pazienti con ipertensione endocranica e depressione cardiovascolare. L’aggiunta di una Peep deve essere considerata con prudenza, e da alcuni è controindicata, per la possibilità di aggravare l’iperinflazione. L’unico studio controllato (7) che ha valutato l’applicazione di una ventilazione assistita non invasiva con maschera facciale in PSV in pazienti asmatici ha consentito di affermare che in alcuni casi selezionati e iniziali, questa metodica permette di evitare il ricorso all’intubazione. Tuttavia in ventilazione non invasiva sono molto frequenti le dissincronie tra paziente e ventilatore, legate a problemi di interazione o di autoinnesco e sforzi inefficaci (fig.7,8)

fig.7
fig.8

La ventilazione non invasiva tuttavia come strumento per trattare l’attacco asmatico rimane da stabilire e rappresenta uno stimolante campo di indagini future.

La terapia medica deve essere ottimizzata a controllare il broncospasmo attraverso l’uso di steroidi (sono sufficienti dosi equivalenti di 40 mg di metilprednisolone ogni sei ore), beta stimolanti short acting per via aerosolica attraverso il tubo e/o via sistemica, infusione di teofillina e.v. (0,6 mg/kg/ora). E’ indispensabile la correzione del bilancio idro-elettrolitico e il monitoraggio clinico-strumentale. Vari problemi insorgono nei pazienti asmatici in terapia intensiva: 1) ipotensione,prima o dopo intubazione;2) pazienti non responders al trattamento; 3)necessità di iniziare una terapia non convenzionale.(8)

fig.9 fig.10

L’ipotensione può essere la conseguenza di un iniziale pnx spontaneo o di alterazioni emodinamiche in una fase pre-ventilatoria, o la conseguenza di un eccessivo incremento della pressione intratoracica con ostacolato ritorno venoso e depressione cardiaca dopo il collegamento al ventilatore. Anche l’errato settaggio di quest’ultimo può essere responsabile di incremento della Peep i ( aumento FR e/o alterazione del Ti). Il test dell’apnea di solito svela se l’ipotensione è la conseguenza di una iperinflazione: la deconnessione dal ventilatore o la riduzione del volume minuto portano ad una ripresa della pressione arteriosa ed ad una diminuzione della pressione venosa centrale. L’iperinflazione dinamica può essere responsabile anche di dissociazione elettromeccanica. (4)

I pazienti non responders alla terapia convenzionale sono quelli che non mantengono un soddisfacente scambio gassoso in corso di ventilazione meccanica o che presentano instabilità emodinamica (fig.12) In tali casi si impone il trattamento non convenzionale con l’uso di miscele inalatorie di alotano o di elio - ossigeno (eliox): il primo per le proprietà broncodilatatrici dirette, la seconda per le proprietà di ridurre le resistenze legate al flusso con miglioramento della ventilazione più distale. Tuttavia la miscelazione eliox potrebbe porre dei problemi per il monitoraggio della ventilazione perché gli pneumotacografi disponibili sui ventilatori in commercio non prevedono fattori di correzione per la calibrazione della densità dell’elio. La Ketamina a dosaggi di 1-2 mg/kg si rivela molto utile nella sedazione di questi pazienti e contribuisce alla risoluzione del broncospasmo per un’azione simpaticomimetica.

fig.11 fig.12

 

BIBLIOGRAFIA

  1. Golberg P. Maltais F. "Respiratory Mechanics in Fatal Asthma " CHEST, 1994 ;106
  2. Call RS,ward G. " Investigating severe and fatal asthma" J.l of Allergy & Clinical Imm. 1996
  3. Cormier e A. "Mechanism of Hyerinflation in asthma. Eur.Resp.J. 1993
  4. Braschi A, "Quale ventilazione per quale paziente:stato di male asmatico" Atti corso AIPO T.I.1997
  5. Rossi e A. " Asma quasi-fatale e ventilazione meccanica" Monaldi Archivies Disease.1996 n.6
  6. Hacmarck e A. " Permissive Hypercapnia" Resp.Care 1993
  7. Meduri e A. " Noninvasive positive pressure ventilation in status asthmaticus" Chest,1996
  8. Civetta,Taylor " Critical Care" Second edition.

 

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2 Coma fatale da Muscoril somministrato per via epidurale - caso clinico

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A. Mura

e-mail:iperb@i-2000net.it

Caso clinico

Domenico T. è un impiegato comunale di 42 anni, sposato e padre di 4 figli. Coltiva un vivo interesse per la Medicina. Da qualche tempo è afflitto da una discopatia che lo immobilizza e della quale conosce, per approfondimento personale a seguito di pregresso intervento chirurgico per ernia discale, aspetti anatomici, fisiopatologici e terapeutici. Sa che quanto prima dovrà sottoporsi a nuovo intervento chirurgico, ma, nelle more, si presenta ( o, meglio, si trascina) al nostro Ambulatorio di Terapia antalgica per trarne i rimedi possibili. La somministrazione epidurale di 20 mg di metilprednisolone più 5 mg di bupivacaina risulta prontamente efficace e poche ore dopo il paziente è in condizione di camminare senza particolari difficoltà. Gli viene prescritto di ripetere tale somministrazione giornalmente per 5 giorni attraverso il cateterino peridurale 16 G inserito in L3-L4 e tunnellizzato; gli viene consigliato di fare praticare la terapia da un infermiere del SAR, lo stesso che ha assistito al primo trattamento antalgico.

Il paziente si ripresenta in Ambulatorio per controllo dopo una settimana, riferendo di essere ormai in condizione di muoversi a piacimento, anche se, di tanto in tanto, qualche trafittura all’arto interessato si ripresenta. Aggiunge, con evidente compiacimento, di essersi praticato da solo le somministrazioni peridurali ed al bonario rimprovero del sottoscritto replica che il fatto non rappresenta un problema. Vengono programmate altre due somministrazioni e, pertanto, il cateterino viene lasciato in situ.

Due giorni dopo il paziente giunge in macchina al Pronto Soccorso, è in preda a poussèes trafittive al tronco ed agli arti inferiori, in stato di grave agitazione psico-motoria, FC 150/min, PA 190/110. Riferisce che circa mezz’ora prima, essendo solo in casa, ritenendo di poter eliminare anche i residui dolorini alla gamba, senza consultare alcun medico, si era somministrato 1 fiala di Artrosilene ed 1 fiala di Muscoril attraverso il cateterino peridurale. Essendo stato colto immediatamente dopo da dolori laceranti ai fianchi, preoccupato, aveva lasciato un biglietto alla moglie, per informarla che si stava sentendo male e che si recava pertanto in ospedale.

Al Pronto Soccorso venivano chiamati i rianimatori di turno che provvedevano immediatamente a somministrare attraverso il cateterino peridurale 20 mg di metilprednisolone , 10 ml di bupivacaina 2,5 % e 3 mg di morfina. Non attenuandosi in alcuna misura la sofferenza del malato e poiché lo stesso presentava subcianosi ed escursioni respiratorie notevolmente ridotte in relazione alla contrattura algica dei muscoli del tronco e degli arti, si procedeva al ricovero nell’attiguo reparto di Terapia intensiva.

Il dolore, inizialmente diffuso al tronco ed agli arti, si è sempre più localizzato in sede pelvica con picchi parossistici all’ano. Subito dopo il ricovero si riscontrava perdita di coscienza, ipertermia (39,3°) , tachicardia (185/min), ipertensione (230/130) ; si presentava inoltre eiaculazione copiosa e ripetuta. L’emogasanalisi , sotto respirazione di ossigeno in maschera, dava: pH 7,23 - pCO2 69 - pO2 80 - HCO3 28,9. L’ECG evidenziava battiti ectopici ventricolari, turbe diffuse della fase di recupero di tipo ipossico subendocardico. Si procedeva immediatamente all’intubazione del paziente che veniva tenuto sotto curarizzazione continua e sedazione con Diprivan in pompa. FC e PA restavano, tuttavia, elevatissime .

Dopo 3 ore veniva ripetuta la somministrazione peridurale di metilprednisolone, bupivacaina e fentanyl : la PA si normalizzava, mentre restava elevatissima (187/min) la FC, nonostante l’infusione di betabloccanti e verapamil in pompa. Il laboratorio rivelava elevazione più o meno notevole nel sangue di glucosio, creatinina, bilirubina, transaminasi, sodio, fosforo, amilasi, CKMB, CPK, LDH.

Dopo circa 10 ore dal ricovero si aveva caduta dei valori pressori, con ridotta risposta all’infusione di dopamina e dobutamina, e alcune ore più tardi arresto cardiaco irreversibile.

Discussione

Essendo sperimentata la tollerabilità del ketoprofene nello spazio peridurale, la responsabilità della drammatica risposta neurovegetativa dev’essere ricercata nell’effetto del tiocolchicoside (Muscoril). Tale farmaco è un derivato semisintetico solforato del colchicoside, glicoside naturale del colchico, dotato di attività decontratturante, antiflogistica ed analgesica.

La molecola subisce una metabolizzazione quasi totalmente enteroepatica e la somministrazione orale o parenterale è normalmente ben tollerata. Spiccata è, invece, la tossicità della sostanza portata a contatto diretto col SNC : nel topo la DL50 liquorale è inferiore a 1 mcg per animale. Nello spazio peridurale il paziente se ne era iniettato un’intera fiala pari a 4000 volte la DL50 liquorale nel topo.

L’assorbimento sistemico dallo spazio peridurale ha certamente ridotto la quantità di farmaco passato nel liquor, ma questa ha superato abbondantemente la dose letale, rendendo vano, in carenza di un antidoto specifico, ogni intervento terapeutico.

Conclusioni

Sebbene si tratti di un evento raro, ho voluto riportare il caso sopra descritto quale monito a tutti noi che, nell'esercizio della professione, diamo per scontati comportamenti normali da parte dei pazienti e di quanti altri (medici non anestesisti, infermieri, parenti) vengono coinvolti nell'assistenza al malato. Ritengo che quando vengano aperti e resi disponibili accessi delicati come lo spazio peridurale o un accesso venoso centrale, la nostra prescrizione debba accompagnarsi ad una maggiore cautela, come è quella di sottolineare che la somministrazione di farmaci (e dosi) diversi da quelli strettamente prescritti è estremamente pericolosa.