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LA DEFAILLANCE CARDIACA IN CARDIOCHIRURGIA
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A. Matta

INTRODUZIONE

Malgrado i progressi riguardo la preservazione della funzionalità miocardica, la protezione miocardica preoperatoria ed il trattamento dell'insufficienza cardiaca, lo scompenso cardiaco peroperatorio resta la complicazione più frequente in cardiochirurgia. Il miglioramento della terapia medica e l'angioplastica coronarica hanno cambiato le indicazioni e le caratteristiche dei pazienti, del pontage coronarico e delle sostituzioni valvolari, aumentando il numero dei pazienti ad alto rischio in chirurgia cardiaca (pazienti anziani, reintervento, rivascolarizzazione urgente per ischemia refrattaria...).
La frazione d'eiezione del ventricolo sinistro e la stenosi del tronco comune non sono più fattori di rischio significativi in termini di mortalità e morbidità.

Se la mortalità non è cambiata negli ultimi anni (dall'1 al 2% nell'angina stabile e dal 4 al 7% nei pazienti ad alto rischio), la morbidità perioperatoria è aumentata. Nei pazienti ad alto rischio l'incidenza della morbidità perioperatoria va dal 10 al 20%.
L'infarto del miocardio è uno stato di bassa gittata che si verifica nel 5-10% dei pazienti. Per migliorare tali risultati bisogna attuare un'accurata valutazione preoperatoria con un trattamento adeguato per limitare e ridurre l'estensione dell'ischemia, utilizzando una tecnica che garantisca la migliore protezione miocardica.

Le strategie future devono essere dirette verso un riconoscimento precoce del deterioramento della funzione miocardica e l'ottimizzazione del trattamento medico per soddisfare i bisogni metabolici ed il ripristino della contrattilità miocardica. Bisogna, quindi, tenere in conto tre aspetti differenti: prevenzione, diagnosi e trattamento dello scompenso cardiaco. Una ricerca minuziosa di tutti gli scompensi cardiaci preoperatori e una terapia aggressiva di tutte le crisi ischemiche preoperatorie con la nitroglicerina e.v. e/o con i ß-bloccanti prima di un'intervento di by-pass coronarico sono essenziali per prevenire la sindrome di bassa gittata postoperatoria.

Esiste, in effetti, una relazione significativa tra l'ischemia pre-CEC, l'infarto miocardico perioperatorio, le lesioni da riperfusione e lo stato di bassa gittata postoperatorio [1]. Le raccomandazioni pre-CEC per prevenire il peggioramento della funzionalità miocardica sono:

Tabella I - Prevenzione della sindrome da bassa gittata
  • 1. Alterazioni miocardiche preoperatorie
  • 2. Ischemia globale peroperatoria
  • 3. Infarto peroperatorio
  • 4. Correzione cardiaca incompleta
  • 5. Infarto miocardico postoperatorio precoce
  • 6. Alterazioni del precarico (preload) e del post-carico (afterload)
  • 7. Aritmie e turbe della conduzione
  • 8. Riduzione della contrattilità determinata da:
    - squilibri metabolici
    - ipossiemia, anemia
    - squilibri elettrolitici
  • 9. Riduzione della compliance del miocardio:
    - compressione cardiaca o tamponamento per aumento
    della pressione intratoracica o emorragia

Il deterioramento intraoperatorio della funzione cardiaca può essere legato ad una protezione miocardica inadeguata, a lesioni da riperfusione, ad una riparazione incompleta ed a manovre inappropriate di uscita dalla CEC. Una migliore protezione miocardica può essere ottenuta, durante l'induzione e la riperfusione, sostituendo la soluzione cardioplegica fredda di potassio con una calda con aggiunta di substrati del ciclo di Krebs o di calcio-antagonisti. Un'associazione di perfusione con soluzione cardioplegica anterograda e retrograda [2] determina un raffreddamento del miocardio più omogeneo ed una migliore protezione delle zone di miocardio ad alto rischio (post-stenotiche). Nei modelli "in vitro", la riperfusione calda con sangue privo di leucociti determina un eccellente recupero della funzione miocardica [3].

Durante la fase di uscita dalla CEC, l'anestesista e il chirurgo devono:

DIAGNOSI PRECOCE DELLO SCOMPENSO CARDIACO

La diagnosi di bassa gittata cardiaca si basa, classicamente, su segni clinici, metabolici e sul monitoraggio emodinamico, tutti parametri indiretti insufficienti per porre diagnosi precoce e per determinarne le cause.
Esistono nuove metodiche diagnostiche che comprendono:

L'ecocardiografia transesofagea permette, inoltre, in caso di rottura del setto, di patologie valvolari, di tamponamento e dissezione aortica, di monitorizzare la funzione sistolica e diastolica dei due ventricoli: acinesia o ipocinesia delle pareti ventricolari come segno d'ischemia, modificazioni della interdipendenza ventricolare (movimenti settali paradossi), funzione e dimensioni in relazione al volume di riempimento, risposta alla somministrazione di inotropi o vasodilatatori. L'ecografia transesofagea, a causa del costo elevato e delle difficoltà tecniche, non può essere utilizzata di routine in tutti i pazienti di terapia intensiva ma è una metodica di diagnosi e di monitoraggio molto utile nei pazienti ad alto rischio (5,6). Il monitoraggio continuo della SvO2, ingiustificato in un paziente a basso rischio, può essere utile nei pazienti ad alto rischio con compromissione della funzionalità cardiaca. La SvO2 permette un rilevamento precoce delle modificazioni metaboliche ed emodinamiche (gittata cardiaca insufficiente) e monitorizza la risposta alla terapia.

Se il monitoraggio emodinamico peroperatorio classico riflette la funzionalità miocardica, nessuna metodica, attualmente, permette di determinare con precisione le modificazioni metaboliche intramiocardiche, i fatti ischemici, le turbe della riperfusione e l'estensione dell'ischemia per una stimolazione inotropa aggressiva. La determinazione a livello del seno coronarico del flusso ematico e di alterazioni metaboliche rappresenta un approccio diagnostico dello stato di sofferenza miocardica e un monitoraggio terapeutico, ma le difficoltà tecniche d'inserzione del catetere nel seno coronarico rendono il suo uso di routine nel postoperatorio inappropriato.

TRATTAMENTO DEGLI STATI DI BASSA GITTATA POSTOPERATORIA

Lo scompenso cardiaco postoperatorio dipende da:

1. danno miocardico reversibile, provocato da un'ischemia globale perioperatoria che induce una disfunzione miocardica che può protrarsi per diversi giorni [7].

2. danno irreversibile o parzialmente reversibile provocato da una patologia preoperatoria, dalla malattia cardiaca di base, da una necrosi miocardica acuta preoperatoria e da una correzione chirurgica incompleta. Le due condizioni sono aggravate da parecchi fattori comprendenti:

  • a. riduzione postoperatoria della perfusione miocardica causata da ipotensione, pressioni di riempimento elevate, riduzione del gradiente di perfusione miocardica, tempi di perfusione coronarica brevi, ipertrofia ventricolare e stenosi coronarica residua.
  • b. anomalie metaboliche ed elettrolitiche come ipoglicemia, iperkaliemia, ipossiemia, acidosi, alcalosi ed aumento del consumo di O2 (brivido).
  • c. aritmie e turbe della conduzione
  • d. tamponamento cardiaco
  • e. alterazioni endocrine post-CEC: aumento della secrezione di noradrenalina, di aldosterone, di ADH ed attivazione del sistema renina-angiotensina.
  • f. ipovolemia
  • g. uso erroneo di farmaci cardiodepressori

Nel periodo postoperatorio si verificano diverse condizioni emodinamiche:

a. Basse pressioni di riempimento, ipotensione, bassa gittata = ipovolemia.

Trattamento: riempimento volemico adeguato

b. Basse pressioni di riempimento, ipotensione, basse resistenze vascolari sistemiche, gittata cardiaca normale od aumentata.

Questo stato è frequentemente riscontrabile nei pazienti che ricevono nitroglicerina o calcio-antagonisti. Non è presente shock, i pazienti sono piuttosto caldi, di colorito roseo, con un buon riempimento vascolare venoso. Anziché aumentare il riempimento volemico, sembra indicata un'infusione di noradrenalina a piccole dosi

c. Resistenze vascolari polmonari elevate. Pressione del ventricolo destro aumentata.

Questa situazione si verifica spesso in cardiochirurgia pediatrica, nei pazienti con ipertensione polmonare preoperatoria, ed in caso di aumento della pressione intratoracica. Trattamento:

  • evitare la PEEP
  • drenaggio di eventuale pneumotorace
  • somministrazione di vasodilatatori polmonari, come le prostaglandine, e di inibitori della fosfodiesterasi o di isoprenalina

Questo trattamento può essere molto efficace nella popolazione pediatrica [8].

d. Pressioni di riempimento elevate e gittata cardiaca normale:

  • iniziale tamponamento
  • scompenso cardiaco di grado moderato
  • disfunzione valvolare A-V

La diagnosi differenziale è basata sull'ecocardiografia e sull'assenza di cause meccaniche, bisogna ridurre il precarico con l'uso di vasodilatatori come la nitroglicerina e ristabilire una conduzione A-V normale

e. Pressioni di riempimento elevate, bassa gittata cardiaca ed aumento del postcarico.

Questi fenomeni si osservano di solito in caso di brivido, al risveglio, in presenza di dolore ed agitazione associati ad una defaillance cardiaca. L'obiettivo della terapia è il mantenimento della funzionalità cardiaca, trattando i fattori menzionati e somministrando un vasodilatatore come il nitroprussiato di sodio a condizione che la pressione arteriosa sia adeguata.

f. La sindrome di bassa gittata cardiaca si caratterizza:

* clinicamente: pallore, estremità fredde, riduzione della diuresi, polso piccolo

* emodinamicamente: pressioni di riempimento elevate, riduzione della gittata cardiaca, ipotensione, bradicardia o tachicardia ed alterazioni metaboliche per una riduzione della perfusione tissutale (acidosi lattica, insufficienza epatica e renale). La diagnosi differenziale è basata sul quadro clinico, i parametri emodinamici, la radiologia e l'ecocardiografia.

g. Tamponamento cardiaco: deve essere temuto in caso di tachicardia, pressioni destre elevate, riduzione della gittata cardiaca ed ipotensione arteriosa. La conferma si basa sulla radiografia del torace e sull'ecocardiografia. La risposta ai farmaci inotropi è, in questi casi, blanda. Il trattamento di scelta è la toracotomia d'urgenza.

h. Shock cardiogeno: 3 possibilità di trattamento:

1. Reintervento precoce: in caso di tamponamento acuto, di occlusione di un by-pass coronarico, di una stenosi coronarica residua o di una riparazione incompleta. I segni evidenti di occlusione di un by-pass o di uno spasmo coronarico sono: modificazione del tratto ST, aumento brutale della pressioni di riempimento sinistre, ed aritmie.

Lo spasmo coronarico può verificarsi in qualunque momento della fase postoperatoria [9]: il trattamento consiste nella somministrazione endovenosa di nitroderivati o calcio-antagonisti. Nelle situazioni dubbie si impone un reintervento precoce per correggere un'angolatura di un by-pass coronarico, un'occlusione od una trombosi. Un reintervento è obbligatorio anche in caso di insufficienza di una protesi valvolare o di un ostacolo residuo all'eiezione del ventricolo sinistro.

2.Trattamento medico:
- Correzione della volemia: la pressione di riempimento varia da un paziente ad un altro e da patologia a patologia.

- Correzione delle turbe metaboliche: l'alcalosi e l'acidosi influenzano l'azione dei farmaci simpaticomimetici. L'adrenalina aumenta la gittata cardiaca a pH neutro ma la gittata si riduce in caso di acidosi e di alcalosi. L'alcalosi riduce l'azione inotropa della dopamina e della dobutamina. L'isoprotenerolo è scarsamente influenzato dall'equilibrio acido-base [10]. L'emodiluizione eccessiva determina una riduzione del trasporto di O2, se il cuore è incapace di compensare con un aumento di gittata [11].

- Controllo del ritmo e della frequenza cardiaca, con possibilità di un posizionamento di un PM A-V

- Aumento della contrattilità miocardica per stimolazione inotropa: a) catecolamine, b) inibitori della fosfodiesterasi, c) miscela glucosio-insulina-potassio [12], d) triiodiotironina (T3) I farmaci simpaticomimetici come l'adrenalina, la dopamina, la dobutamina e l'isoprotenerolo sono utilizzati frequentemente ed il loro meccanismo d'azione, i loro effetti collaterali ed i dosaggi sono ben conosciuti. Gli inibitori della fosfodiesterasi, per gli effetti vasodilatatori sono particolarmente indicati nell'insufficienza cardiaca moderata, in caso di pressioni di riempimento e di resistenze vascolari polmonari elevate. Nello shock cardiogeno severo gli inibitori della fosfodiesterasi potenziano l'effetto dei farmaci adrenergici. Le terapie riportate ai punti c) e d) necessitano di ulteriori indagini.

3. Assistenza meccanica:

- Contropulsazione intra-aortica: rimane la metodica di assistenza circolatoria maggiormente utilizzata in caso di insuccesso della terapia medica. Le principali indicazioni sono:
a. Controllo peroperatorio delle crisi di angina recidivanti
b. Rottura settale in seguito ad infarto del miocardio
c. Assistenza peroperatoria nello svezzamento della CEC.
d. Sindrome di bassa gittata postoperatoria refrattaria al trattamento medico.

A nostro avviso il pallone di contro-pulsazione aortico deve essere utilizzato prima dell'uso massivo di catecolamine. La contropulsazione aumenta il flusso sanguigno coronarico e riduce il consumo d'ossigeno del miocardio, aumentandone la disponibilità nel miocardio ischemico. La contropulsazione è meno efficace nei pazienti con insufficienza cardiaca senza ischemia. Il pallone si gonfia nella fase iniziale della diastole determinando un'aumento della pressione diastolica e della perfusione coronarica. La deflazione del pallone alla fine della diastole aumenta la capacitanza del sistema arterioso con riduzione del postcarico e, quindi, del consumo di O2 del miocardio. Le complicazioni associate alla contropulsazione aortica sono numerose:
a. Trombosi dell'arteria femorale ed ischemia dell'arto inferiore
b. Dissezione dell'aorta
c. Infezione
e. Emorragia

La posizione esatta del pallone deve essere sempre verificata da un controllo radioscopico o radiografico. Per via delle numerose complicazioni, le indicazioni all'uso della contropulsazione devono essere valutate attentamente [13].
- Assistenza ventricolare destra, sinistra o biventricolare: anche se alcuni autori hanno ottenuto una buona percentuale di sopravvivenza a lungo termine senza il ricorso al trapianto cardiaco [14], altri autori, di fronte ad un basso indice di sopravvivenza a lungo termine hanno riservato questo tipo di trattamento ai pazienti candidati al trapianto [15]. Molti autori giustificano questi risultati contraddittori con la severità dello shock cardiogeno, l'inizio precoce o tardivo dell'assistenza e le patologie associate. Come per la contropulsazione, il ricorso all'assistenza ventricolare deve essere precoce in caso di shock cardiogeno e prima dell'uso prolungato di dosi massive di catecolamine.
- Cuore artificiale e trapianto cardiaco: la mancanza di donatori d'organo rende praticamente impossibile o molto raro un trapianto in urgenza. Le prospettive di utilizzo di organi artificiali o di origine animale sembrano ancora lontane.

CONCLUSIONI

La sindrome di bassa gittata resta la complicazione piú frequente ed inquietante in chirurgia cardiaca. Malgrado i progressi nella prevenzione e nel trattamento (nuovi farmaci, assistenza meccanica), sono necessarie ulteriori ricerche per prevenire e trattare questa sindrome: riduzione dell'ischemia preoperatoria, migliore protezione miocardica, precoce riconoscimento degli stati di sofferenza miocardica perioperatoria e delle lesione da riperfusione, monitoraggio metabolico del miocardio, assistenza meccanica precoce versus farmaci inotropi e finalmente l'uso di cuori artificiali, di cuori provenienti da donatori d'età superiore a cinquanta anni o di origine animale.

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IPERTENSIONE ARTERIOSA DOPO CHIRURGIA CARDIACA
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A. Matta

In un reparto di terapia intensiva, l'ipertensione arteriosa si verifica nel 30-60% di pazienti sottoposti ad interventi di cardiochirurgia. Essa si manifesta, di solito, nelle prime due ore post-operatorie.

DEFINIZIONE

Pressione arteriosa media (PAM) > 105 mmHg o pressione arteriosa sistolica > 140 mmHg. Si verifica dopo differenti tipi di chirurgia cardiaca ma soprattutto dopo quelli di sostituzione valvolare per stenosi aortica.

I rischi legati all'ipertensione post-cardiochirurgia sono:

- gli accidenti vascolari cerebrali
- la deiscenza delle suture
- la dissezione aortica in caso di patologia aortica associata
- l'aumento dei bisogni metabolici del miocardio
- le modificazioni non specifiche del segmento ST e dell'onda T
- il danno dell'endotelio dei pontages safenici che determina un'aterosclerosi prematura e la trombosi.

FATTORI PREDISPONENTI

I meccanismi implicati nell'ipertensione post-operatoria sono:

- l'aumento dei tassi plasmatici di adrenalina e noradrenalina (NA), di renina, angiotensina, vasopressina.
- l'aumento dell'attività simpatica del sistema nervoso e di alcuni riflessi a livello del cuore e dei grossi vasi.

Ricordiamo che l'adrenalina è una secrezione corticosurrenale, mentre la NA è un neurotrasmettitore liberato dalle terminazioni nervose simpatiche. Il tasso plasmatico di NA è un indice dell'attività simpatica del sistema nervoso. La somministrazione di NA è associata ad un'ipertensione severa per stimolazione a-adrenergica.

In un lavoro di Gray et al. condotto su 20 pazienti in chirurgia cardiaca, il tasso plasmatico di NA era sempre elevato (da 2 a 7 volte la norma), mentre i tassi di renina e di epinefrina erano normali o leggermente aumentati. La stimolazione del sistema nevoso simpatico è strettamente correlata all'ipertensione: infatti, dopo estubazione e sedazione adeguata, si osserva una riduzione dei valori tensivi. Clinicamente, una storia di ipertensione arteriosa e l'assunzione pre-operatoria di propanololo è associata ad un'ipertensione acuta postoperatoria. Una funzione ventricolare sinistra normale è un fattore importante nell'ipertensione che segue la cardiochirurgia.

ASPETTI CLINICI E TRATTAMENTO

Nella maggior parte dei casi di ipertensione arteriosa, i parametri emodinamici mostrano:
- una gittata cardiaca normale, lievemente aumentata o, diminuita
- resistenze vascolari sistemiche aumentate

Un farmaco adeguato deve:
- tenere conto dei dati emodinamici
- possedere un rapido onset e una breve durata d'azione per consentire una somministrazione refratta
- essere semplici da somministrare e privi, a breve termine, di effetti collaterali.

Tabella I: - Trattamento dell'ipertensione postoperatoria:
Esmololo versus Nitroprussiato


Il nitroprussiato viene largamente utilizzato, in quanto soddisfa pressocchè tutti i criteri elencati. Permette il frazionamento della dose, riduce la PAM a livello desiderato, con una riduzione significativa delle resistenze periferiche e delle pressioni di riempimento. La gittata cardiaca generalmente aumenta, salvo in caso d'ipovolemia, in cui diminuisce. Un uso prolungato ad alte dosi (> 4 µg/Kg/min) provoca una tachicardia riflessa. La dose media efficace è di 1-2 µg/Kg/min. La tossicità si manifesta con tachifilassi, acidosi metabolica, aumento dei tassi di tiocianato di sodio e di cianuro. Nei pazienti con ridotta funzione polmonare, bisogna porre particolare attenzione alla riduzione della PaO2. Tale riduzione indica un'alterazione del rapporto ventilazione-perfusione per inibizione della vasocostrizione ipossica; ciò determina un aumento della perfusione nelle zone polmonari mal ventilate.
Malgrado una riduzione dei fabbisogni in O2 del miocardio per diminuzione del post-carico, una caduta eccessiva della pressione arteriosa diastolica determina una riduzione del flusso arterioso coronarico con la comparsa di ischemia miocardica. Con l'uso del nitroprussiato è stato osservato un fenomeno di "furto" coronarico.

Nitroglicerina: contrariamente al nitroprussiato che possiede un'azione diretta sui piccoli vasi, la nitroglicerina agisce soprattutto sui grossi vasi di conduttanza e ha la possibilità di dilatare zone aterosclerotiche. Per questo motivo, la nitroglicerina è stata utilizzata per il trattamento dell'ipertensione postoperatoria. In uno studio, la nitroglicerina ha assicurato un controllo della pressione arteriosa equivalente a quella del nitroprussiato in 14 pazienti su 17 senza alcun peggioramento dello shunt intrapolmonare. La dose media efficace per il controllo della pressione arteriosa è di 1-2 µg/Kg/min.

ß-bloccanti: sembrano ben indicati negli stati iperdinamici con tachicardia sinusale, gittata cardiaca elevata, resistenze periferiche moderatamente aumentate. Il propanololo, a dosi di 1-5 mg ogni 6 ore, o i ß-bloccanti a brevissima durata d'azione, come l'esmololo in perfusione continua, sono molto efficaci nel controllo dell'ipertensione con una depressione minima della funzionalità cardiaca.

I vantaggi di questo approccio sono:
- mancanza di effetti sullo shunt intrapolmonare
- assenza di riduzione eccessiva della pressione diastolica
- inizio d'azione rapida e breve durata (esmololo).

La tabella 1 riassume la differenza tra l'esmololo ed il nitroprussiato nel trattamento dell'ipertensione in seguito a pontage coronarico.

Il labetalolo, a e ß-bloccante è stato utilizzato con successo nel trattamento dell'ipertensione post-operatoria. Boli di 10-40mg sono associati ad una riduzione della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca. In perfusione continua, la dose è di 2 mg/min. Per via endovenosa, l'effetto ß è predominante su quello a.

I calcio-antagonisti sono sempre più disponibili e utilizzati nel trattamento dell'ipertensione acuta. La nicarpidina possiede scarsi o nulli effetti inotropi e cronotropi negativi. Somministrata endovena è dotata di breve inizio e durata d'azione, e permette una somministrazione ed un controllo adeguato della pressione arteriosa. Nella maggior parte dei pazienti sono sufficienti poche ore di trattamento per via endovenosa, poichè la tendenza ipertensiva si riduce con il riscaldamento del paziente ed il trattamento dell'ansia e del dolore. I pazienti con anamnesi di ipertensione necessitano di terapia prolungata. Il passaggio dalla via endovenosa a quella orale avviene utilizzando l'idralazina, 10-15 mg ogni 6 ore; l'aldomet, 250-500 mg ogni 6 ore; la clonidina, 0.1-0.2 mg ogni 6 ore e più recentemente la nifedipina, 10-20 mg ogni 6 ore.

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Tossicologia

Carlo Locatelli
Direttore del Centro di Informazione Tossicologica Centro antiveleni di Pavia - Fondazione Scientifica "Salvatore Maugeri Clinica del Lavoro e della Riabilitazione"- Pavia

Terapia Antalgica e Cure Palliative

Sebastiano Mercadante
Responsabile dell' Unità d'Anestesia e di Terapia del Dolore e Cure Palliative - Dipartimento Oncologico La Maddalena - Palermo terapiadeldolore@la-maddalena.it