Servizio Anestesia e Rianimazione
Nuovo Ospedale “San Giovanni” – Firenze
La creazione delle terapie intensive (ITU), nate per il controllo postoperatorio dei pazienti critici e successivamente rivolte ai pazienti colpiti da alterazioni acute delle funzioni vitali, ha modificato profondamente l'outcome dei pazienti critici. Ciò è stato reso possibile per il notevole impegno professionale ed emozionale da parte dello staff medico-infermieristico e per un maggior ricorso a strumenti tecnologici e a nuovi farmaci sempre più avanzati, ma a costo crescente. Era prevalsa l'idea che se esisteva una qualche possibilità di sopravvivenza per il paziente, questi doveva essere sempre ricoverato in ITU. Nel corso degli anni è quindi via via aumentata la richiesta d'accesso nelle UTI (età avanzata della popolazione, individui con malattie croniche, tecniche chirurgiche più sofisticate ecc.), ma sono anche aumentati i ricoveri impropri, è cosi diminuita la disponibilità di letti di degenza e sono notevolmente aumentate le spese con conseguente necessità che un maggior numero di risorse ospedaliere fossero destinate alle ITU.
In questi ultimi anni il rapporto tra risorse offerte dal sistema sanitario e richieste di accesso in ITU è diminuito drammaticamente (pochi letti dedicati, scarsità di personale, budget e risorse insufficienti ecc) per cui è stata avvertita da più parti (amministratori e intensivisti) l'esigenza di creare degli strumenti di valutazione complementari al giudizio clinico per quantificare lo stato di gravità dei pazienti critici, poterne derivare una predizione di esito e cercare un’ottimizzazione del rapporto costo-risultato (valutazione della performance sanitaria). Si è visto infatti che accanto a quei pazienti che avrebbero certamente beneficiato o che potevano beneficiare della ITU esisteva una categoria di pazienti che non avrebbero beneficiato della stessa o perché non critici o perché troppo gravi e quindi il loro ricovero in ITU oltre che inutile, avrebbe pregiudicato la possibilità di cure per altri pazienti critici.
Le risorse limitate e gli alti costi (degenza giornaliera in ITU > di 3 volte di quella delle corsie) hanno così imposto una politica di razionalizzazione delle stesse attraverso la selezione (TRIAGE) delle ammissioni in ITU.
A partire dalla fine degli anni '70 sono stati sviluppati dei sistemi di gravità della malattia (S.D.I.- Severity Disease Indexes) basati sulla somma di punteggi “pesati" di alcune variabili (fisiologiche, cliniche, età, tipo di ammissione, malattie concomitanti ecc.) raccolte all'ingresso o durante le prime 24 ore di degenza del paziente in ITU, con l'intendimento non solo di stimare la gravità, ma anche per essere di complemento al giudizio clinico e prevedere la probabilità di rischio di morte dei pazienti critici. La scelta delle variabili fisiologiche fu delegata ad un team di esperti che non solo operò una selezione di quelle ritenute più importanti, ma dette loro anche un “peso".
Questi indici si sono rivelati molto utili come strumenti di informazione per la ricerca clinica, confronto tra le caratteristiche dei pazienti trattati e di quelli di controllo, confronto tra la mortalità predetta e quella osservata, ma anche verifica della qualità delle cure prestate, di audit medico all' interno della stessa ITU e tra varie ITU.
Cosa sono GLI SDI ?
Gli indici prognostici si formano in due modi o sommando e "pesando" i valori delle variabili fisiologiche e fattori collaterali come età, categoria diagnostica o tipologia del paziente, ammissione medica o chirurgica, procedura d’urgenza o d'elezione, malattie croniche ecc. scelti da un consenso di esperti attribuendo loro una probabilità percentuale di rischio in maniera direttamente proporzionale (SAPS I), ovvero creando dagli stessi valori un algoritmo matematico che indichi la suddetta probabilità in maniera indiretta (SAPS II, APACHE II e III). Un terzo modo è quello di elaborare direttamente un'equazione di regressione lineare in cui i diversi valori delle patologie scelte rappresentano i coefficienti dei fattori di dette equazioni.
Dopo alcuni tentativi infruttuosi di avere degli scores che dessero risultati affidabili per un grande numero di malattie (scores generalisti), il primo punteggio sistematico apparve nel 1973 e venne chiamato TISS (Therapeutic Intervention System Score), creato con lo scopo di verificare il carico di lavoro del personale delle UTI, quantificando alcune delle procedure (monitoraggio, somministrazioni di farmaci ecc) più comuni ma di diverso “peso", e dell'attività quotidiana in ITU, connesse alla gravità della malattia.
Esso comprendeva ben 7O items (76 nella seconda versione) come farmaci, procedure, diagnostica invasiva, suddivisi in quattro capitoli con punteggi da 1 a 4, conteggiati una sola volta al giorno. Questo punteggio permetteva secondariamente di avere una base per giustificare il rapporto letti/infermieri e un'approssimazione delle risorse (costi) impiegate.
Il difetto di questo sistema era che una condotta più “aggressiva" di uno staff rispetto ad un altro portava in alto il punteggio TISS, il che se da un lato giustificava il maggior costo di un ricovero, rendeva anche il paziente “più grave" rispetto a quello curato in un'altra ITU con minor punteggio TISS ed identico risultato. Esso è stato modificato negli anni '80 ed infine ridotto a 28 items nel 1996, conservando la stessa capacità di quantificazione ed inferenza.
Uno dei primi sistemi di gravità a punteggio di malattia è stato il GLASGOW COMA SCALE (G.C.S.), creato per il trauma cranico, che esprime in termini numerici il grado di depressione funzionale del SNC.
Il punteggio massimo è 15 (condizione migliore), quello minimo è 3 (condizione peggiore); è cosi ripartito : fino a 4 punti per l'apertura degli occhi, fino a 6 punti per la migliore risposta motoria, fino a 5 punti per risposta verbale.
Strettamente legato alle caratteristiche clinico-strumentali del paziente fu l'APS (Acute Physiology Score) "la madre" di tutti i punteggi, da cui sono derivati gran parte dei sistemi basati sui punteggi di gravità.
L'APS contava 34 items, ma non faceva riferimento alla patologia cronica collaterale. Partendo dall'APS nel 1981 fu creato il primo di una famiglia di SDI molto potenti basati su un database di sviluppo e di controllo vastissimo e fu chiamato APACHE (Acute Physiology And Chronic Health Evaluation). In realtà questa prima versione comprendeva l'APS più una classificazione dello stato preesistente del paziente indicato con la lettera A se in buone condizioni e D se in condizioni critiche.
La seconda versione (1985) prese anche in considerazione l'età del paziente diventando cosi Acute Physiology Age Chronic Health Evaluation, cioè APACHE II.
Questo sistema ha avuto ed ha tutt'ora un larghissimo impiego, è semplice da calcolare dato che gli items dell'APS sono solo 12 dati fisiologici di base più l'età, il G.C.S. e le malattie croniche.
Il punteggio massimo e 71; i valori sono come per tutti i sistemi di gravità quelli peggiori registrati entro le prime 24 ore di degenza in ITU. Da esso può essere derivata un'equazione di regressione lineare di uso pubblico che permette di risalire alla probabilità di rischio per il paziente scegliendo per l'esito una variabile binaria come la mortalità. Nel 1991 è stato realizzato l'APACHE III con 14 items di APS ed un punteggio massimo di 299. Malgrado che l'estensione del punteggio permetta di pesare meglio la gravità, il fatto che l'equazione suddetta non sia di uso pubblico, ma proprietaria ne ha limitato la diffusione tanto che l'Apache II è tutt'ora lo SDI più diffuso nel mondo anglosassone e da esso sono derivati, pur modificati, scores come l'OFS (Organ Failure System) e l'SSS (Sick Score System).
Nel 1984 è arrivata la risposta europea agli americani: un SDI semplificato: il SAPS I (l'S iniziale sta per Simplified); aveva 14 items e secondo gli autori poteva essere compilato da una nurse in 5', con scarsa possibilità di errori data la sua semplicità.
Il punteggio massimo era 56 e non prevedeva un'equazione predittiva di rischio ma si affidava ai totali dei punteggi per le inferenze.
Nel 1993 è stata realizzata la seconda versione, il SAPS II, modificato perché include 12 items di tipo APS più i punteggi dovuti alla diagnosi d'ammissione più quelli dovuti all'eventuale presenza di emopatie maligne, AlDS, metastasi.
A questa seconda versione hanno concorso intensivisti di numerose nazioni europee e nordamericane tutti con i loro database. A differenza del SAPS I la capacità predittiva del SAPS II è affidata ad un'equazione di regressione lineare di uso pubblico. E' attualmente il più diffuso SDI in campo europeo.
Esiste in altro tipo di score chiamato MPM (Mortality Prediction Model), attualmente giunto alla seconda versione.
In esso ogni sintomo o patologia riscontrati da un elenco predisposto diviene il coefficiente di ogni fattore dell'equazione di regressione lineare.
Esso ha un carattere dinamico, in quanto la predizione viene effettuata già al tempo dell'ingresso del paziente in ITU e poi a 24, 48, 72 ore dall'ingresso. Abbiamo quindi l'MPM 0, MPM 24, MPM 48, MPM 72. Anche questo SDI ha dimostrato una buona capacità predittiva ma non migliore degli altri.
Altri esempi di SDI più specifici sono quelli relativi ai traumi (RTS, ISS, TRISS), alla disfunzione/insufficienza d'organo (ODIN, SOFA), alla sepsi (Septic Shock Score), quelli pediatrici (PRISM), quelli emodinamici (CCSS) ecc.
L'RTS (Revised Trauma Score) semplificazione del Trauma Score di Champion che comprende la frequenza respiratoria, la pressione sistolica e il GCS score; esso è pratico e semplice pur essendo sensibile e si ottiene sommando per ciascuno dei tre parametri considerati un valore numerico da O a 4. Il valore massimo e 12.
L' ISS (Injury Severity Score) sistema di valutazione del trauma di tipo anatomico, di cui il punteggio considera le tre più significative lesioni subite da differenti regioni del corpo; esso è impiegato per il controllo delle qualità delle cure e per i confronti tra le diverse casistiche. E' correlato alla mortalità e valori superiori a 15 indicano traumi gravi.
Il TRISS=RTS+ISS
L'ODIN score e basato sulla presenza/assenza durante le prime 24 ore di 7 variabili (6 insufficienza d'organo+la variabile “infezione").
La sensibilità, la specificità e l'accuratezza sono rispettivamente del 51 %, 93%, 82%. E' efficace (1050 paz.) come il SAPS e l'Apache nel predire la morte.
Il SOFA (Sepsis-related Organ Failure Assessment) score che descrive quantitativamente ed obiettivamente il grado di disfunzione/insufficienza d'organo in gruppi di pazienti e singolarmente. Non designato per descrivere la disfunzione/insufficienza d'organo nei confronti della mortalità. Esso complementa gli indici di gravità già esistenti. Valuta la morbidità, è semplice da calcolare. Prende in esame 6 items rappresentativi di disfunzione/insufficienza di 6 organi. Il punteggio va da 0 (normale) a 4 (gravemente anormale) per ogni organo. Viene registrato ogni giorno il peggior valore.
L'OMEGA (1985-1990) score di attività, semplice, specifico, francese, basato sulla recensione durante la degenza in ITU di 47 atti terapeutici con punteggio da 1 a 7. Omega 1 = 28 atti registrati solo una volta indipendentemente da quanti sono stati (tracheotomia, drenaggi pleurici, cateteri centrali, arteriosi, polmonari, intubazione ecc). Omega 2 = 11 atti registrati tutte le volte (trasporto del paziente fuori dall'ITU). Omega 3 = 8 atti registrati ogni giorno che sono effettuati (sorveglianza continua, ventilazione, medicazioni chirurgiche complesse). Il punteggio totale somma dei punti di ogni categoria viene calcolato alla fine della degenza in ITU.
PRN Rea (Project de Recherche en Nursing- 1987 Canada): strumento semplificato di misura esclusiva del carico di lavoro infermieristico specifico della ITU. Comprende 35 atti di cure infermieristiche ripartiti in 8 gruppi di interventi di cure: il totale dei punti totalizzati nella giornata aggiungendo la costante (18,1) rappresenta il carico di assistenza. Questo sistema permette di ottenere una misura a posteriori del tempo richiesto per le cure infermieristiche prestate ma anche per quelle pianificate
Usi ed abusi
In ITU vi è la necessita di:
A) Migliorare la scienza della prognosi per poter predire più efficacemente l'outcome (il rischio di morte). Le risorse limitate e gli alti costi associati alla ITU impongono che queste cure specializzate non possono essere rese disponibili per tutti. La razionalizzazione dell'accesso passa attraverso le decisioni di triage e dei fattori da considerare (utilità-beneficio):
1) Possibilità di esito favorevole
2) Aspettative di vita del paziente
3) Qualità della vita (anticipata) del paziente
4) Risorse (costi finanziari e psicologici)
5) Valori individuali ed istituzionali (morali,religiosi)
A livello ideale gli scores di gravità potrebbero essere usati per determinare quali pazienti critici potrebbero beneficiare o no delle cure intensive (“Benefit" e “Futility") e quindi per ridurre o limitare un uso “improprio" delle risorse delle ITU in particolare e dell'ospedale in generale. I letti intensivi sono pochi e spesso occupati per il monitoraggio di pazienti che non necessitano di osservazione intensiva o da pazienti senza speranza di sopravvivenza. La valutazione della gravità di un paziente basata sulla probabilità di morte intraospedaliera costituirebbe una base più razionale ed equa per l'assegnazione di risorse all'interno dell'ospedale.
Inoltre poiché i medici hanno la necessità di discutere la prognosi dei pazienti con i parenti e con lo staff, questi indici possono essere un utile complemento della clinica.
B) Misurare l'intensità dell'intervento terapeutico (carico di lavoro, impegno dell'equipe medico-infermieristico, necessità infermieristiche, audit interno, valutazione dell'efficacia delle strategie terapeutiche, controllo della qualità delle cure ospedaliere, soddisfazione delle famiglie ecc.)
C) Monitorizzare l'allocazione delle risorse (strumenti di informazione e management, valutazione delle risorse disponibili o di quali risorse speciali sarebbero necessarie, stima del rapporto costo-efficienza).
I vantaggi sicuri o potenziali per gli utenti:
A livello ideale gli scores di gravità potrebbero essere usati per determinare quali pazienti critici potrebbero beneficiare o no delle cure intensive (“Benefit" e" Futility" delle cure intensive), alla riduzione delle sofferenze del paziente terminale e della famiglia, alla riduzione di un uso "improprio" delle risorse della terapie intensive ed ospedaliere in generale: i letti di terapia intensiva sono pochi e spesso occupati per il monitoraggio di pazienti che non necessitano di osservazione intensiva o dall' altra parte da pazienti "senza speranza” di sopravvivenza. Un altro aspetto positivo offerto dagli scores potrebbe essere quello relativo ai "DRG": la valutazione della gravità di un paziente critico basato sulla probabilità della morte intraospedaliera costituirebbe una base più razionale ed equa per l'assegnazione di risorse all'interno dell'ospedale. Negli ultimi anni gli scoring di gravità sono stati usati quindi per far progredire molti aspetti delle cure nei pazienti critici. Inoltre poiché i medici hanno la necessità di discutere la prognosi dei pazienti con i parenti e con lo staff, questi indici possono essere un utile complemento della clinica. La prognosi in ITU è difficile per cui misurare la gravità della malattia in termini quantitativi non affidandosi solo al giudizio clinico è importante perché nel giudizio clinico/prognostico ci possono essere alcuni punti discutibili:
A) Soggettività del singolo medico
B) Il medico meno esperto esprime un giudizio clinico/prognostico diverso da quello esperto.
Da ciò deriva che ci può essere grande variabilità nella diagnosi e nella prognosi.
Fattori da considerare (utilità-beneficio) per le decisioni di TRIAGE
Quindi gli SDI:
In futuro gli indici prognostici potranno essere usati come aiuto per:
Gli svantaggi:
Questi sistemi non tengono conto dell' "individualità" del paziente, della variazione del trattamento e della risposta fisiologica alla malattia e alla terapia e quindi vi è un grande rischio di risultati falsi positivi, cioè di pazienti predetti morti che invece vivono .
o L’idea che la stima dell’esito possa influenzare il trattamento non è nuova. ad esempio pazienti con trauma cranico con una prognosi migliore sono “curati” meglio (ventilazione, PIC ecc) di quelli a prognosi peggiore.
Conclusioni:
Questi sistemi sono stati elaborati per migliorare la stima (per migliorare la predizione) della mortalità ospedaliera per grandi gruppi di pazienti. La loro bassa sensibilità ne preclude l’uso per predire l'outcome nei singoli pazienti.
La stima non può riguardare solo la mortalità, ma dovrebbe incorporare la morbidità, la disability e la qualità della vita (ricerche che dovrebbero iniziare da parte di sociologi, associazioni di pazienti per esplorare la possibilità di sviluppare degli SDI per la stima della ”disability" post lTU).
Al momento presente gli SDI hanno un ruolo molto limitato o non lo hanno; affatto nella decisione clinica/terapeutica per il singolo paziente perché sono basati solamente su un piccolo numero di items fisiologici orientati dalla malattia raccolti durante le prime 24 ore dall'ammissione in ITU.
In futuro le probabilità computerizzate di outcome potranno supportare le decisioni cliniche, ma questo processo deve essere sotto il controllo dei medici che conoscono i possibili benefici e limiti di applicazione in clinica.