EMBOLIA AMNIOTICA

dott. G. Di Fiore

Ospedale Buccheri La Ferla FBF - Palermo

 

 

Il passaggio di liquido amniotico nella circolazione materna fu inizialmente descritto da Meyer nel 1926. Nel 1941 Steiner e Lushbaugh per primi descrissero questa sindrome dal punto di vista clinico ed anatomopatologico.
L’embolia amniotica è una rara gravissima sindrome per madre e feto. Classicamente l’embolia amniotica si presenta con la triade ipossia, ipotensione e coagulopatia e la morte sopraggiunge entro le prime 2 ore dall’esordio dei sintomi

 

Incidenza e mortalità

L’incidenza riportata in letteratura è estremamente variabile: da  1/8000 casi a 1/80000 casi. Questo dato riflette la difficoltà diagnostica dell’embolia amniotica, poiché sia la sintomatologia clinica quanto la diagnostica strumentale non sono specifiche. Infatti, nella maggior parte dei casi la diagnosi di embolia amniotica viene posta dopo aver escluso altre patologie che si manifestano con gli stessi sintomi. Pertanto, si può tranquillamente affermare che l’incidenza reale dell’embolia amniotica è sconosciuta, tenendo anche conto che è possibile che il passaggio di liquido amniotico nella circolazione materna possa determinare delle manifestazioni subcliniche con evoluzione benigna che non vengono diagnosticate. Inoltre in tutte le pazienti che sopravvivono,  è difficile porre la diagnosi di embolia amniotica, non avendo a disposizione i dati autoptici.

La mortalità, fra le pazienti sintomatiche, è stimata fra il 65 e l’80%, e fra le sopravvissute soltanto il 15% non riporta deficit neurologici permanenti.

Rispetto all’epoca di comparsa l’embolia amniotica si manifesta nella maggior parte dei casi durante il travaglio di parto (tab. 1). Quasi costantemente l’embolia amniotica si verifica dopo la rottura delle membrane. 

 

Tabella 1

DIAGNOSI DI EMBOLIA AMNIOTICA

Fase delparto

%

Travaglio

70

Cesareo

19

Postpartum

11

Da Clark Sl et al. Amniotic fluid embolism – Am J Obst Gynecol 1995; 172:1158

 

Epidemiologia

 

Le conoscenze dei fattori di rischio che predispongono all’embolia amniotica sono aneddotiche;

l’età avanzata, la multiparità, un travaglio di parto tumultuoso, la macrosomia, il liquido amniotico contaminato da meconio, il distacco di placenta, la rottura d’utero e la morte intrauterina fetale  sembrano essere fattori in grado di aumentare il rischio di embolia amniotica. L’utilizzazione di ossitocina ad alte dosi non sembra essere un fattore di rischio aggiuntivo per l’embolia amniotica.

 

 

Fisiopatologia

La fisiopatologia dell’embolia amniotica è scarsamente conosciuta. Il liquido amniotico, durante la gestazione, è separato dalla circolazione materna dalle membrane intatte fetali.

Al momento del parto, i vasi uterini più superficiali dell’endometrio vengono esposti dopo la separazione della placenta. Normalmente, le contrazioni uterine determinano, in maniera efficace, il collasso di queste vene. L’embolia amniotica oltre che dalla rottura delle membrane, è determinata dal gradiente di pressione che favorisce l’ingresso del liquido amniotico dall’utero alla circolazione materna. Sebbene la zona di impianto della placenta è una delle probabili vie di ingresso del liquido amniotico nella circolazione materna, soprattutto dopo una parziale separazione della placenta, questo fenomeno è improbabile che avvenga se la parete dell’utero è ben contratta. Alcuni autori hanno ipotizzano come via di ingresso del liquido amniotico il segmento uterino inferiore e l’endocervice, sede di lacerazioni  durante il travaglio ed il parto.

All’esame autoptico si riscontrano prodotti di origine fetale (cellule squamose, mucina, vernice e lanuggine) ricoperti da leucociti materni nella circolazione polmonare materna. E’ stato anche ipotizzato che l’embolia amniotica è dovuta ad una reazione immuno-mediata simile all’anafilassi. (tabella 2). Secondo questi autori le modificazioni emodinamiche e la CID possono essere attribuite a  sostanze quali le prostaglandine, la serotonina, l’istamina ed i leucotrieni, tanto che l’embolia amniotica è stata definita dagli stessi “sindrome anafilattoide della gravidanza”.

L’embolia amniotica è stata descritta come un processo bifasico  Nella fase I, si ha vasospasmo od ostruzione dei vasi arteriosi polmonari con ipertensione polmonare, aumento della pressione ventricolare destra ed ipossia.

 

Tabella 2

 

L’ipossia e l’ipertensione polmonare determinano insufficienza ventricolare sinistra ed insufficienza respiratoria acuta.
Le donne che sopravvivono a questa prima fase, successivamente manifestano i sintomi della II fase, che è caratterizzata da emorragia con atonia uterina e coagulazione intravascolare disseminata (CID). Talvolta la CID costituisce il sintomo di esordio.

Fattori tissutali di origine fetale (cellule epiteliali, cellule della mucosta del tratto genitourinario, respiratorio e gastrointestinale) sembrano essere responsabili della CID attraverso un meccanismo che prevede l’attivazione del fattore X (effetto tromboplastino simile) (tabella 3)

 

 

Tabella 3

 

 

Clinica

La sindrome dell’embolia amniotica si può presentare in qualunque fase del parto ma nella maggioranza dei casi si verifica in travaglio di parto (tab. 1). Una condizione presente frequentemente è la rottura delle membrane, con una stretta correlazione temporale fra la rottura delle membrane e la comparsa dei sintomi. In qualche caso la comparsa dei sintomi è stata messa in relazione temporale con il posizionamento del catetere vescicale. Tra i sintomi iniziali possono essere annoverati: l’ipertono dell’utero e le anomalie cardiotocografiche ingiustificate rispetto al contesto clinico. La classica presentazione dell’embolia amniotica prevede un’improvvisa ed inaspettata dispnea, agitazione, ipossia, ipotensione, aritmia fino all’arresto cardiaco, che si riscontra in oltre l’80% dei casi. I sintomi iniziali spesso evolvono in gravi alterazioni dell’ossigenazione ed emodinamiche (tab. 4).

 

Tabella 4

 

 

 

Le turbe del ritmo cardiaco comprendono la bradicardia, l’allargamento del complesso QRS, tachicardia, tachicardia ventricolare o fibrillazione, dissociazione elettromeccanica ed asistole. Nel 40% dei casi, nelle pazienti che sopravvivono a questa prima fase, si riscontrano gravi segni bioumorali e clinici della coagulazione intravascolare disseminata con sanguinamento da tutti i siti di venipuntura e/o dalla incisione chirurgica

 

 

Diagnosi

Nessuna indagine diagnostica routinaria può confermare la diagnosi di embolia amniotica: quest’ultima è infatti una diagnosi di esclusione (tab. 5). Qualunque condizione che determina collasso cardiocircolatorio o emorragia massiva nel peripartum dovrebbe essere presa in considerazione (tab. 6).

 

Tabella 5

Sintomi dell’embolia amniotica

%

Distress respiratorio

57

Ipotensione – shock cardiogeno

37

Coagulopatia

13

Convulsioni

10

 

 

Tabella 6  
 

 

 

Nel 1988 è stato istituito negli Stati Uniti il registro nazionale per la registrazione dei casi di embolia amniotica. I criteri richiesti per la diagnosi di embolia amniotica sono:

 

La diagnosi di embolia amniotica è difficile e controversa e normalmente è una diagnosi clinica. Le improvvise alterazioni emodinamiche dovrebbero indirizzare il clinico verso tale diagnosi. Le indagini di laboratorio (piastrinopenia, >PT, >FDP) che accertano la coagulopatia contribuiscono a supportare la diagnosi di embolia amniotica (tab. 7).
 

Tabella 7  
 
   

 

In caso di morte la diagnosi deve essere supportata dal riscontro autoptico di sostanze di origine fetale nel sistema vascolare polmonare. Un campione di sangue dall’accesso vascolare centrale o dall’arteria polmonare in caso di monitoraggio emodinamico invasivo può essere utilizzato per la ricerca di sostanze di origine fetale . Il riscontro di sostanze di origine fetale quali cellule epiteliali, cellule della mucosa gastrointestinale, respiratoria, genito-urinaria all’interno del sistema vascolare polmonare materno non deve essere considerato patognomonico di embolia amniotica poichè è dimostrato che piccole quantità di tali sostanze possono penetrare nella circolazione materna durante il parto in assenza di embolia amniotica.

Un test non invasivo che può contribuire a supportare la diagnosi clinica di embolia amniotica è il dosaggio della triptasi sierica materna. Nell’ipotesi che nella patogenesi dell’embolia ambiotica la risposta immunitaria abbia un ruolo significativo in termini di reazione anafilattica,  il dosaggio delle triptasi materne effettuato precocemente può risultare un test diagnostico utile.

La triptasi è una proteina sierica proveniente dalla degranulazione delle mastcellule in caso di reazione allergica. Dopo 30 minuti  dopo l’evento avverso è possibile dosare la triptasi sierica. Il picco ematico si ha dopo 2 ore, ma è possibile dosare la triptasi a distanza di 24 h dall’evento avverso. La triptasi, la cui emivita è di 2 ore, è una proteina stabile e  può essere utilizzata come marker della degranulazione delle mast cellule (valori normali < 11ng/ml), a differenza dell’istamina, che ha un’emivita ultrabreve (2 minuti) , e per tale motivo il suo dosaggio non può essere utilizzato per supportare la diagnosi di anafilassi.

 

Trattamento

 

La terapia da instaurare nelle pazienti con embolia amniotica è una terapia di supporto. L’obbiettivo della terapia è principalmente quello di mantenere l’ossigenazione, ripristinare i valori della pressione arteriosa, della gittata cardiaca e correggere la coagulopatia. La rianimazione cardiopolmonare dovrebbe essere intrapresa il più precocemente possibile, ed in caso di arresto cardiaco il taglio cesareo (taglio cesareo perimortem) deve essere effettuato immediatamente per migliorare quantomeno la prognosi fetale.

Il trattamento dell’ipotensione secondario allo shock cardiogeno deve essere effettuato con l’uso di farmaci ad azione inotropa positiva (dobutamina) ed utilizzando secondariamente l’espansione volemica (colloidi o cristalloidi).  Il monitoraggio emodinamico invasivo in questi casi andrebbe utilizzato precocemente allo scopo di ottimizzare la terapia inotropa e la somministrazione di liquidi. A tal fine  potrebbe risultare utile la monitorazzione  della gittata cardiaca in continuo attraverso il PICCO (fig. 1 e 2)

La ventilazione deve essere supportata somministrando O2 al 100% , previa intubazione orotracheale.

Nonostante la terapia, anche se prontamente instaurata, l’embolia amniotica ha una prognosi infausta con gravi deficit neurologici nelle poche pazienti che sopravvivono.
 

 
 
   
FIGURA 1  
   
 

 

LETTURE CONSIGLIATE