------------ per stampare
Traduzione in lingua italiana autorizzata dalla Società Americana di Terapia Intensiva SCCM
Guidelines on Admission and Discharge for Adult Intermediate Care  Units

Linee guida su Ricovero e Dimissione dei pazienti adulti nelle Unità di Terapia Intermedia

Collegio Americano di Terapia Intensiva della Società Americana di Terapia Intensiva: Stanley A. Nasraway, MD, FCCM; Ian L. Cohen, MD, FCCM; Richard C. Dennis, MD, FCCM; Michelle A. Howenstein, MS, RN, CCRN; Diana K. Nikas, RN, MN, FCCM; Jonathan Warren, MD, FCCM; Suzanne K. Wedel, MD, FCCM

Obiettivo: Prescrizione di linee guida per il ricovero e la dimissione dei pazienti adulti nelle Unità di Cure Intensive Intermedie.
Risorse:: Pareri di medici con esperienza e perizia nella gestione delle unità di terapia intensiva e delle unità di cure intermedie.
Sintesi dei Dati: E' stato raggiunta un'opinione di consenso riguardo ai pazienti meritevoli di trattamento in una unità di cura intermedia, con il supporto di una revisione della letteratura in merito.
Conclusioni: Sono stati sviluppati i criteri per definire quei pazienti che sono candidati ottimali per il trattamento nelle unità di cure intermedie. (Crit Care Med 1998; 26:607–610)
Parole chiave: terapia intensiva; unità di terapia intermedia; unità di terapia intensiva; monitoraggio; regole per la dimissione; regole per il ricovero; linee guida; American College of Critical Care Medicine; Society of Critical Care Medicine
Negli ospedali abilitati per il trattamento dei pazienti acuti, bisogna identificare la popolazione di pazienti che non necessita di terapia intensiva ma necessita di maggiori cure di quelle fornite dai reparti di degenza normali. Questi possono richiedere un frequente monitoraggio dei parametri vitali e/o un assistenza infermieristica interventisitca, ma di solito non richiedono un monitoraggio invasivo. In uno studio di 706 pazienti di tipo chirurgico e medico ricoverati in Unità di Terapia Intensiva (ICU), questa popolazione di pazienti rappresenta circa il 22% dei posti letto per giorno in ICU (1). In uno studio più recente di 17.440 ricoveri in ICU, 6.180 pazienti vennero ricoverati per uno stretto monitoraggio intensivo, sebbene avessero meno del 10% di rischio per richiedere un trattamento attivo basato su questo monitoraggio (2). Di conseguenza, è stato proposto un trattamento "intermedio" per questi pazienti, per una più appropriata utilizzazione delle risorse (2–6). L'area di cura "intermedia" può essere rappresentata da una "unità di cura avanzata" multidiscipplinare, o da un settore specifico per singole specialità come le aree per la cardiotelemetria, le aree per il monitoraggio chirurgico (toracico, vascolare, etc.), o per il monitoraggio neurochirurgico/neurologico, o come le unità di cura per le malattie respiratorie croniche (7–11). Alla luce dell'enfasi sul contenimento dei costi, il concetto di unità di cura intermedia è stato suggerito come strategia per  promuovere una maggiore flessibilità sulla selezione dei pazienti, per accrescere l'accessibilità alle limitate unità di terapia intensiva e per fornire un'alternativa valida sotto il profilo costo-efficacia al ricovero nella unità di terapia intensiva, particolarmente adatta per quei pazienti, che hanno un basso rischio, ma sono passibili di sviluppare complicanze maggiori e che vanno ricoverati per un monitoraggio di routine (7, 11–16). Inoltre, la soddisfazione del paziente può essere accresciuta per il fatto che un ambiente di terapia "intermedia" risulta meno aggressivo e vi possono essere regolamentazioni più aperte per le visite da parte dei familiari (17).

Pochi studi dimostrano l'efficacia di una unità di terapia intermedia come opzione graduale di cura tra il convenzionale reparto di degenza e il reparto di terapia intensiva vero e proprio. Molti studi sono retrospettivi o serie di osservazioni non controllate (13). Esiste solo un unico studio randomizzato, controllato (16), che dimostra la riduzione dei costi senza un impatto negativo sulla prognosi del paziente. Franklin e colleghi (7) hanno osservato una riduzione nell'incidenza dei casi di mortalità su un grosso centro medico urbano dopo l'introduzione di una unità di cure intensive "intermedie", notando un'importante riduzione dei ricoveri per monitoraggio di pazienti a "basso rischio" nella unità di terapia intensiva; l'unità intermedia ha effettivamente accresciuto una pronta disponibilità dei servizi di terapia intensiva per quei pazienti che urgentemente ne necessitavano, snellendo le procedure di ricovero in ICU, riducendo le permanenze non necessarie in ICU o i ritardi di trasferimento dalla ICU. Tutto ciò si è anche tradotto in un minor numero di arresti cardiaci in reparto, presumibilmente grazie ad un maggiore e più appropriato tempo di osservazione dedicato ai pazienti.

Byrick e colleghi (6, 12) hanno messo a confronto l'impatto iniziale, sulla utilizzazione della ICU, dell'apertura di una unità di terapia intermedia contro la sua successiva chiusura. L'unità di terapia intermedia aveva portato ad una più precoce estubazione e dimissione dalla ICU, e aveva ridotto i tempi di  degenza globale, senza modificazioni nella prognosi dei pazienti. La disponibilità di una unità di terapia intermedia aveva accresciuto la disponibilità dei posti letto in ICU ed aveva affrancato il programma operatorio dalle limitazioni correlate ai casi chirurgici dipendenti dall'ICU per l'assistenza postoperatoria. Nove anni dopo però l'unità di terapia intermedia fu abolita per ristrettezze del budget ospedaliero. Questa chiusura portò a un aumento pari a quattro volte dei ricoveri in ICU di pazienti con minore gravità di patologie. La mancanza di fondi causò una riduzione sulla possibilità della selezione dei pazienti, influenzando negativamente le pianificazione delle dimissioni dalla ICU e richiedendo tempi di degenza più lunghi per i pazienti "più malati". Sulla base di questi dati, venne ripristinata l'unità di terapia intermedia (12).

L'unità di cure intermedie riduce i costi ospedalieri attraverso la riduzione del personale sanitario che viene realmente a coincidere con le necessità dei pazienti (2, 3). Poiché i costi del personale possono superare l'80% delle spese totali di una ICU, il risparmio ottenuto con la riduzione del personale di cura necessario per i pazienti con patologie di gravità intermedia, può essere sostanziale (14–18).Questi risparmi possono essere cospicui se la riduzione del personale infermieristico viene compensata parzialmente dalla necessità di altri membri del gruppo di cura (per es. i fisioterapisti respiratori). Similmente, non vi può essere molta differenza per quanto riguarda le spese delle attrezzature e dei materiali se la riduzione dell'uso delle apparecchiature di monitoraggio invasivo viene controbilanciato dall'aumento delle apparecchiature di monitoraggio non invasivo, per ogni parametro monitorizzabile (3). Di conseguenza ci sono dei reali e sostanziali risparmi derivanti dal cambiamento del protocollo pratico che gestisce fuori dalle ICU i pazienti passibili di un trattamento meno intensivo. Douglas e coll. (16) hanno stabilito un criterio di minima per definire un "malato critico cronico" (paziente degente in ICU per più di 7 giorni, emodinamicamente stabile). Questo studio (16) è il solo trial prospettico randomizzato sulla selezione dei pazienti per una unità di terapia intermedia, classificati in base a criteri prestabiliti (16). Il ruolo del caposala è stato eliminato e il numero di esami diagnostici di routine sia di laboratorio che radiografici è stato drasticamente ridotto. Queste modifiche nel protocollo pratico di cura si sono tradotte in un "nascosto" ma sostanziale risparmio (16).

La ricerca di Franklin e coll. (7) ha riscontrato una riduzione della mortalità con le cure intermedie, ma pur tuttavia sono necessari altri studi in tale settore. Un progetto sofisticato di studio delle unità di terapia intermedia dovrebbe includere controlli simultanei e randomizzati piuttosto che periodi di studio prospettici sequenziali. Un piccolo tentativo è stato fatto per quantificare l'impatto della terapia intermedia nella riduzione delle riammissioni ICU ("effetto palla"), per esempio pazienti che sono stati dimessi dalla ICU e richiedono un nuovo ricovero in urgenza dopo 48 - 72 h (19, 20). I costi dei differenti livelli di cura dovrà anche essere studiato con metodi che tengano conto della diagnosi, della co-morbidità e della gravità della patologia (13). Questi tipi di studi sono necessari per apprezzare pienamente sia i benefici che i limiti delle terapie intermedie. Le ricerche atte a valutare queste linee guida serviranno alla loro standardizzazione e al loro miglioramento, e ciò può migliorare la prognosi dei pazienti.

RACCOMANDAZIONI
Il Collegio Americano di Terapia Intensiva ha sviluppato le seguenti raccomandazioni di consenso per promuovere una selezione sicura dei pazienti da destinare alle unità di terapia intermedia.

Sistema di punteggio
Livello 1: Convincentemente giustificabili sulla base della sola evidenza scientifica.

Livello 2: Ragionevolmente giustificabili sulla base dell'evidenza scientifica disponibile e fortemente supportate dall'opinioni di esperti.

Livello 3: Mancanti di evidenza scientifica adeguata ma ampiamente supportate dai dati disponibili e dall'opinione di esperti.

1. (Livello 2) L'unità di terapia intermedia serve come area per il monitoraggio e la cura dei pazienti con moderata o potenzialmente severa instabilità fisiologica, che richiedono supporto tecnico ma non necessariamente supporto vitale artificiale. L'unità di terapia intermedia è riservata per quei pazienti che richiedono meno cure di quelle standard della terapia intensiva, ma che richiedono più cure di quelle disponibili nei reparti di degenza.

2. (Livello 1) L'unità di terapia intermedia riduce i costi, riduce la degenza in ICU senza aumentare la degenza in ospedale, non ha un impatto negativo sulla prognosi dei pazienti, e migliora il soddisfacimento del paziente / della famiglia fornendo un ambiente materialmente più riservato e tranquillo della ICU.

3. (Livello 3) L'assegnazione del paziente alla unità di terapia intermedia dovrà essere designata dal responsabile Medico e Infermieristico che si assumeranno la responsabilità dell'appropriata selezione del paziente atttraverso l'applicazione di precisi criteri di ricovero e dimissione. Questa selezione deve coinvolgere il personale dei reparti generali, della ICU, delle unità di terapia postoperatorie (per esempio la sala risveglio), e altri operatori sanitari con la finalità di sviluppare un sistema che incontri i bisogni del paziente e della istituzione in modo efficiente ed economico.

4. (Livello 3) Il responsabile medico e infermieristico dovrebbe determinare i limiti del trattamento che può essere reso nell'unità di terapia intermedia, basandosi sui bisogni istituzionali, sulla qualificazione del personale, e sulle risorse dell'unità. Questa valutazione include l'estensione del monitoraggio invasivo, della telemetria, della ventilazione meccanica, e dei tipi di farmaci endovenosi.

5. (Livello 3) Ogni unità intermedia dovrebbe sviluppare specifiche regolamentazioni e procedure di ricovero e dimissione, standard di cura del paziente e criteri prognostici per la valutazione della qualità (miglioramento continuo della qualità). Andrebbero sviluppati sistemi per monitorizzare la prognosi e altre misure per la verifica delle prestazioni. Dovrebbe essere controllata l'adesione alla regole per il ricovero e la dimissione; gli scostamenti dalle regole andrebbero segnalati alla sezione ospedaliera preposta al  miglioramento della qualità per gli opportuni provvedimenti.

Sono sotto elencate le linee guida per il ricovero e la dimissione con alcuni esempi di specifiche condizioni o malattie che potrebbero trovare indicazione di cura nell'unità intermedia.

I. Criteri di ammissione
A. Apparato cardiaco
1. Bassa probabilità di infarto miocardico; escludere l'infarto miocardico.
2. Infarto miocardico emodinamicamente stabile.
3. Ogni aritmia emodinamicamente stabile.
4. Ogni paziente emodinamicamente stabile senza evidenza di infarto miocardico
ma che richiede pacing temporaneo o definitivo.
5. Insufficienza cardiaca da media a moderata senza stato di shock (Killip Class I, II).
6. urgenze ipertensive senza evidenza di danno d'organo.
B. Apparato polmonare
1. Paziente stabile dal punto di vista medico, collegato al ventilatore per lo svezzamento o per terapia cronica.
2. Paziente emodinamicamente stabile con evidenza di compromissione degli scambi gassosi e concomitanti malattie che potenzialmente potrebbero peggiorare l'insufficienza respiratoria , con necessità di osservazione frequente e/o pressione positiva continua nasale.
3. Pazienti che richiedono frequente monitoraggio dei parametri vitali o fisioterapia polmonare aggressiva.
C. Turbe neurologiche
1. Pazienti con ictus stabilizzato che richiedono frequente valutazione neurologica o frequenti aspirazioni o cambi posturali.
2. Pazienti con danno cerebrale traumatico acuto che hanno un Glasgow Coma Score >9 ma che richiedono frequente monitoraggio di segni neurologici di deterioramento.
3. Pazienti con danno cerebrale traumatico severo ma stabile che richiedono frequenti cambi posturali e toilette polmonare.
4. Pazienti con emorragia subaracnoidea dopo clipping di aneurisma cerebrale che richiedono osservazione per cogliere segni di vasospasmo o idrocefalo.
5. Pazienti neurologicamente stabili che richiedono un drenaggio lombare per il trattamento di fistole cerebrospinali.
6. Pazienti con danno cervicale spinale stabilizzato.
7. Pazienti con turbe neurologiche croniche ma stabili, come le malattie neuromuscolari, che richiedono frequenti interventi infermieristici.
8. Pazienti con emorragia cerebrale di grado I-II in attesa di intervento chirurgico.
9. Pazienti con ventricolostomie che sono svegli e coscienti  e in attesa di uno shunt ventricoloperitoneale.
D. Ingestione di farmaci e Overdose da sostanze di abuso
1. Ogni paziente che richiede frequente monitoraggio neurologico, polmonare o cardiaco a causa di ingestione di farmaci o overdose di droghe ma  che è emodinamicamente stabile.
E. Turbe gastrointestinali (GI)
1. sanguinamento gastrointestinale con minima ipotensione ortostatica, responsiva alla fluido-terapia.
2. Sanguinamento da varici gastroesofagee senza evidenza di sangue rosso vivo dall'aspirato gastrico e con parametri vitali stabili.
3. Insufficienza epatica acuta con parametri vitali stabili.
F. Sistema endocrino
1. Pazienti con chetoacidosi diabetica che richiedono infusione endovenosa continua di insulina o frequenti somministrazioni di boli di insulina durante la prima fase di assestamento terapeutico dopo il recupero dalla chetoacidosi diabetica.
2. Stato iperosmolare con risoluzione del coma.
3. Tireotossicosi o stato ipotiroideo che necessita frequente monitoraggio.
G. Paziente chirurgico
1. Pazienti nel postoperatorio di interventi di chirurgia maggiore, emodinamicamente stabili ma che richiedono rianimazione con liquidi e trasfusioni a causa di grossi spostamenti di liquidi nei  compartimenti corporei.
2. Pazienti postoperatori che richiedono stretto monitoraggio infermieristico durante le prime 24h. Alcuni esempi sono: endoarteriectomia carotidea, ricostruzioni vascolari periferiche, pazienti neurochirurgici che richiedono frequenti esami neurologici, revisioni di shunt venoperitoneali, trapianto renale, etc.
H. Altre situazioni
1. Sepsi appropriatamente trattata e in via di risoluzione senza evidenza di shock o di insufficienza secondaria d'organo.
2. Pazienti che richiedono una somministrazione di liquidi strettamente controllata.
3. Pazienti ostetriche ricoverata in un qualsiasi periodo della gravidanza e del postpartum per il trattamento della preeclampsia / eclampsia o di altri problemi medici.
4. Ogni paziente che richiede frequente osservazione infermieristica o una grande impegno di tempo per il trattamento delle ferite che non è compreso nelle categorie sopra esposte può essere tenuto considerato per il ricovero in intermedia (per esempio: malattia di Addison, insufficienza renale, delirium tremens, ipercalcemia).
II. Pazienti di solito non adatti per il ricovero nella Unità di terapia Intermedia comprendono:
A. Infarto miocardico acuto complicato con pacemaker temporaneo, angina, instabilità emodinamica, edema polmonare significativo o aritmie ventricolari significative.

B. Pazienti che richiedono grosso carico di lavoro infermieristico e modifiche terapeutiche da 12 a 24 ore al giorno.

C. Pazienti con insufficienza respiratoria acuta recentemente intubati o a imminente rischio di intubazione.

D. Pazienti che richiedono monitoraggio emodinamico invasivo con catetere in arteria polmonare o in atrio sinistro o monitoraggio della pressione endocranica.

E. Pazienti in stato epilettico.

F. Pazienti con malattia o danno cerebrale catastrofico che non sono da rianimare e che non sono candidati alla donazione d'organo.

G. Pazienti in corso di sospensione o già sospesi da forme di trattamento aggressivo, quali quelli che ricevono solo misure assistenziali di conforto.

III. Criteri di dimissione
La dimissione dei pazienti da una unità di terapia intermedia avverrà:
A. Quando lo stato fisiologico del paziente è stato stabilizzato e non sussiste più la necessità di un monitoraggio intensivo e il paziente può essere trasferito in un reparto di degenza generale. 

B. Quando lo stato fisiologico del paziente si è deteriorato ed è richiesto o altamente probabile la necessità di un attivo supporto delle funzioni vitali, il paziente sarà trasferito in una unità di terapia intensiva specifica per patologia.

IV. Raccomandazioni amministrative per facilitare l'appropriatezza dei ricoveri, delle dimissioni e delle attività della terapia intermedia.
A. Personale
1. Deve essere nominato un responsabile medico, che sulla base della sua formazione, dei suoi interessi, del tipo di esperienza, e della disponibilità, può fornire una direzione clinica, organizzativa ed educazionale alla unità di terapia intermedia. Il Direttore Medico deve conformarsi alle "linee guida per la definizione di medico Intensivista e sulla pratica della Medicina Critica", pubblicate dalla Società Americana di Medicina Critica (21). Dovrebbe essere valorizzata la collaborazione con il personale infermieristico e ausiliario. Il Direttore dovrebbe assumersi la responsabilità della qualità, della sicurezza, e della appropriatezza delle cure nella unità di terapia intermedia. Il Direttore deve lavorare in collaborazione con i Direttori delle altre aree dell'istituzione ospedaliera cosicché la cura, la selezione e i flussi dei pazienti siano efficaci ed efficienti.

2. Deve essere nominato un responsabile infermieristico per stabilire precise direttive di autorevolezza, responsabilità e definizione per prestazioni infermieristiche di alta qualità, sicure e appropriate. Il Direttore Infermieristico dovrebbe essere un RN (Registered Nurse) in possesso del bachelor of science in nursing (BSN degree) e dovrebbe avere almeno 3 anni di esperienza di lavoro in una ICU. Nei maggiori centri d'insegnamento universitario, Il Direttore Infermieristico dovrebbe avere un titolo di laurea (per esempio MS, MSN = master of science, master of science in nursing), con almeno 5 anni di esperienza infermieristica in terapia intensiva. Il Direttore Infermieristico condivide la responsabilità con il Direttore Medico della qualità e della sicurezza delle cure al paziente ed assicura uno sviluppo continuo della formazione e della crescita professionale del gruppo infermieristico.

3. Il rapporto preciso infermiere / paziente dovrebbe basarsi sull'acuità di malattia del paziente.

4. Una disponibilità di personale ausiliario dovrebbe comprendere figure professionali come terapisti respiratori, farmacisti, nutrizionisti, assistenti sociali e terapisti della riabilitazione. Questi collaboratori dovrebbero essere parte integrante di un gruppo di lavoro di una unità di terapia intermedia multidiscipplinare. Essi devono interagire con la ICU, l'unità anestesiologica postoperatoria e con i colleghi delle altre unità.

5. I diversi componenti del gruppo di lavoro multidiscipplinare dovrebbero incontrarsi regolarmente per identificare e risolvere i vari problemi attraverso una pianificazione di qualità e delle attività mirate al miglioramento continuo della qualità.

CONCLUSIONE
L'unità di terapia intermedia promuove una cura dei pazienti efficiente ed efficace aumentando la flessibilità della selezione dei pazienti, utilizzando efficientemente il personale, e fornendo una qualità di cure efficace anche sotto il profilo dei costi.

REFERENZE BIBLIOGRAFICHE
Categorie delle citazioni

(a). Studi randomizzati, prospettici, controllati

(b). Studi non randomizzati, concomitanti, di coorte storica

(c). Articoli di revisione magistrale sullo stato dell'arte, recensioni, editoriali, casistiche sostanziali

(d). Opinioni pubblicate, come protocolli su libri di testo o pubblicazioni di organizzazioni ufficiali

1 (b). Henning RJ, McClish D, Daly B, et al: Clinical characteristics and resource utilization of ICU patients: Implications for organization of intensive care. Crit Care Med 1987; 15:264–269

2 (b). Zimmerman JE, Wagner DP, Knaus WA, et al: The use of risk predictions to identify candidates for intermediate care units: Implications for intensive care utilization and cost. Chest 1995; 108:490–499

3 (c). Teres D, Steingrub J: Can intermediate care substitute for intensive care? Crit Care Med 1987; 15:280

4 (c). Popovich J: Intermediate care units. Graded care options. Chest 1991; 99:4–5

5 (c). Kalb PE, Miller DH: Utilization strategies for intensive care units. JAMA 1989; 261:2389–2395

6 (b). Byrick RJ, Power JD, Yeas JO, et al: Impact of an intermediate care area on ICU utilization after cardiac surgery. Crit Care Med 1986; 154:869–872

7 (b). Franklin CM, Rackow EC, Mamdani B, et al: Decreases in mortality on a large urban medical service by facilitating access to critical care. An alternative to rationing. Arch Intern Med 1988; 148:1403–1405

8 (c). Mulley AG, Thibault GE, Hughes RA, et al: The course of patients with suspected myocardial infarction: The identification of low-risk patients for early transfer from intensive care. N Engl J Med 1980: 302:943–948

9 (c). Fineberg HV, Scadden D, Goldman L: Care of patients with low probability of acute myocardial infarction. N Engl J Med 1984; 310:1301–1307

10 (c). Krieger BP, Ershowsky P, Spivack D, et al: Initial experience with a central respiratory monitoring unit as a cost-saving alternative to the intensive care unit for medicare patients who require long-term ventilation support. Chest 1988; 93:395–397

11 (c). Elpern EH, Silver MR, Rosen RL, et al: The noninvasive respiratory care unit: Patterns of use and financial implications. Chest 1991; 99:205–208

12 (b). Byrick RJ, Mazer CD, Caskenette GM: Closure of an intermediate care unit. Impact on critical care utilization. Chest 1993; 104:876–881

13 (c). Charlson ME, Sax FL: Intermediate Care. How do we know it works? Arch Intern Med 1988; 148:1270–1271

14 (c). Byrick RJ, Mindorff C, McKee L, et al: Cost effectiveness of intensive care for respiratory failure patients. Crit Care Med 1980; 8:332–337

15 (d). Emergency Cardiac Care Committee: Recommended guidelines for in-hospital cardiac monitoring of adults for detection of arrhythmia. J Am Coll Cardiol 1991; 18:1431–1433

16 (a). Douglas S, Daly B, Rudy E, et al: The cost-effectiveness of a special care unit to care for the chronically critically ill. J Nurs Adm 1995; 25:47–53

17 (c). Lawless S, Zaritsky A, Phipps J, et al: Characteristics of pediatric intermediate care units in pediatric training programs. Crit Care Med 1991; 19:1004–1007

18 (b). Cady N, Mattes M, Burton S: Reducing intensive care unit length of stay: A stepdown unit for first-day heart surgery patients. J Nurs Adm 1995; 25:29–35

19 (b). Durbin CG, Kopel RF: A case-control study of patients readmitted to the intensive care unit. Crit Care Med 1993; 21:1547–1553

20 (c). Snow N, Bergin KT, Horrigan TP: Readmission of patients to the surgical intensive care unit: Patient profiles and posssibilities for prevention. Crit Care Med 1985; 13:961–964

21 (d). Guidelines Committee, Society of Critical Care Medicine: Guidelines for the definition of an intensivist and the practice of critical care medicine. Crit Care Med 1992; 20:
540–542


  | Inizio pagina |

Queste linee Guida sono state sviluppate dal Collegio Americano di terapia Intensiva, Società Americana di Terapia Intensiva, e poi revisionate e rivedute dal Consiglio della Società. L'opinione qui espressa riflette l'opinione ufficiale della Società Americana  di Terapia Intensiva e è stata costituita per rifletter il punto di vista di istituti di specializzazione o di altre organizzazioni mediche professionali.

Un insieme completo delle Linee Guida e delle Indicazioni Pratiche della Società Americana di Terapia Intensiva sono disponibili a pagamento attraverso la SCCM. per ulteriori informazioni, contattare: SCCM, 8101 East Kaiser Boulevard, Suite 300, Anaheim, CA 92808-2259. tel: (714) 282-6056.

Diritti d'autore © 1998 Society of Critical Care Medicine. Tutti i diritti sono riservati.

Traduzione del testo conforme all'originale inglese
a cura del servizio di Anestesia dell'Ospedale Buccheri La Ferla di Palermo - Italia
 sito web: www.anestit.unipa.it