__________________________________________________________________ __________________________________________________________________ ISSN 1080-3521 EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY and CRITICAL CARE MEDICINE - Italia - Il giornale italiano on line di anestesia Vol 4 No 11 NOVEMBRE 1999 __________________________________________________________________ __________________________________________________________________ Pubblicato elettronicamente da: Vincenzo Lanza, MD Servizio di Anestesia e Rianimazione Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli Palermo, Italy E-mail: (lanza@mbox.unipa.it) Keith J Ruskin, MD Department of Anesthesiology Yale University School of Medicine 333 Cedar Street, New Haven, CT 06520 USA Office: 203-785-2802 E-mail: ruskin@gasnet.med.yale.edu Copyright (C) 1996 Educational Synopses in Anesthesiology and Critical Care Medicine. All rights reserved. Questo rivista on-line può essere copiata e distribuita liberamente, curando che venga distribuita integralmente, e che siano riportati fedelmente tutti gli autori ed il comitato editoriale. Informazioni sulla rivista sono riportate alla fine. ________________________________________________________________ In questo numero: 1 Memoria ed esperienze oniriche durante anestesia e sindromi post-traumatiche: parte 1^ - aspetti storici 2 Crisi convulsive da intossicazione acuta da Buflomedil _______________________________________________________ Memoria ed esperienze oniriche durante anestesia e sindromi post-traumatiche: parte 1^ - aspetti storici _______________________________________________________ Anthony Messina MD Assistant Professor of Anesthesiology The New York Hospital-Cornell Medical Center Associate Attending Anesthesiologist Lenox Hill Hospital New York, 10021 - USA agmessina@earthlink.net La letteratura usa indifferentemente i termini di risveglio, percezione cosciente, amnesia etc. in riferimento al concetto di memoria di eventi intraoperatori. In riferimento a questo concetto, per necessità di chiarezza, userò i termini di memoria cosciente e repressa piuttosto che di risveglio. La memoria cosciente è il ricordo di eventi intraoperatori nell'immediato periodo postoperatorio. La memoria repressa è il ricordo di eventi intraoperatori dopo un periodo variabile di amnesia, e quindi non non va confusa con la memoria cosciente dell'immediato postoperatorio. I termini di memoria esplicita ed implicita sono stati propri della psicologia sperimentale cognitiva e perciò non li userò per riferirmi alla memoria del paziente riguardo a eventi intraoperatori. Il risveglio e la memoria in corso di anestesia hanno trovato ampio spazio di valutazione in diverse pubblicazioni: Mainzer J 1979, Ghoneim MM 1992, Payne 1994, Bailey AR 1997; e in circa 55 anni di editoriali: Lancet 1945, BMJ 1959, Lancet 1961, Lancet 1967, Lancet 1968, Lancet 1969, JAMA 1969, Lancet 1973, Lancet 1974, Med J Aus 1974, BMJ 1976, BMJ 1979, Blacher RS 1984, Jones JG 1986, Davis R 1987, Hug CC 1990, Aitkenhead AR 1990, Sebel 1995, Veselis 1999. Certamente durante questi 55 anni, l'anestesia è diventata più sicura a mezzo di innovazioni tecnologiche e indagini scientifiche che hanno ridefinito le tecniche anestesiologiche. In questo periodo si è ridotta l'incidenza di memoria cosciente (esplicita) in corso di anestesia: allora perché noi stiamo ancora a scrivere editoriali a proposito di questo problema ? In questo lavoro tenterò di spiegarlo. Subito dopo che Morton introdusse l'etere, il sogno di una chirurgia definitivamente libera dalla sensazione di dolore fu compromesso dal fatto che i pazienti di Morton manifestavano dolore. Circa 100 anni dopo che Morton introdusse l'etere, fu usato in anestesia il curaro, agente che paralizzava, rendendo più difficile evidenziare clinicamente un risveglio in corso di anestesia. (Cobb S 1961, Waters DJ 1968) Il risveglio in corso di anestesia fu segnalato come caso clinico da Winterbottom (Winterbottom EH 1950). La risposta del chirurgo fu di negare che esso avesse causato al paziente qualunque tipo di disturbo. Nel 1975 Blacher riportò casi clinici con descrizione di nevrosi traumatica, che oggi potrebbe essere denominata Disordine Acuto da Stress, causata da tracce mnesiche in corso di anestesia. La segnalazione di una rapida risoluzione di questa condizione psichiatrica per mezzo della semplice ammissione che il paziente fosse sveglio durante l'anestesia fu rapidamente accettata dalla comunità anestesiologica ma segnò il momento per cominciare a negare il trauma causato al paziente che si ritrova sveglio, paralizzato e intubato mentre è sottoposto a intervento chirurgico. Durante i 49 anni di pubblicazioni al riguardo, gli studiosi hanno asserito che le sequele cliniche della memoria durante anestesia possono risolversi spontaneamente o essere trattate con la semplice rassicurazione del paziente che la sua esperienza è stata reale (Winterbottom EH 1950, Bergstrom H 1968, Blacher RS 1975, Davis R 1987, Aitkenhead AR 1990). In questo lavoro saranno presentati dei dati che valuteranno questo punto di vista. lll Il Disordine Acuto da Stress (ASD), a seguito di evento traumatico, è per definizione autolimitante e perciò questi autori hanno ragione circa la quota parte di pazienti che sperimentano un insieme di sintomi autolimitantisi corrispondenti a questa diagnosi. D'altra parte, presenterò una serie di dati che supportano la mia posizione per la quale un'altra parte di pazienti va incontro a un Disordine Post-Traumatico da Stress (PTSD), che per definizione è un disordine cronico e debilitante. Dato che l' ASD e il PTSD, altrimenti noto come "shell shock" (trauma a conchiglia) per i veterani di guerra, sono fenomeni comunemente conosciuti, come possiamo giustificare in letteratura la relativa assenza di attenzione per l'esistenza di casi di PTSD e quindi la necessità di prevenire che essi si verifichino? lll L'anestesia è una procedura molto stressante, che si presenta con potere di vita o di morte nel quotidiano; gli anestesisti hanno la responsabilità di rendere il paziente privo di dolore e di coscienza, di mantenerlo vivo, anche se spesso affetto da gravi patologie che lo rendono molto instabile e contemporaneamente hanno l'obbligo di soddisfare le necessità dell'équipe chirurgica. Contemporaneamente, noi, come anestesisti, spesso sappiamo ben poco, a volte niente, del paziente come persona. Somministriamo farmaci che rendono la gente incosciente, insensibile al dolore e spesso incapace di effettuare un qualche movimento come chiudere gli occhi, respirare e muoversi. Tuttavia non abbiamo una relazione continua con il paziente; e neanche ci occupiamo a lungo termine del paziente che ha sofferto di un disturbo così debilitante, quale può essere il PTSD. lll Già dal 1848, John Snow (Snow J 1848) identificò la necessità di quantificare la profondità dell'anestesia: egli descrisse cinque livelli di narcosi. Successivamente, dopo la Prima Guerra Mondiali, Payne nei suoi lavori riassunse l'evoluzione dei quattro stadi di anestesia (Payne JP 1994). L'anestesia fu definita come una progressione attraverso quattro stadi. Il primo stadio era caratterizzato da analgesia e allo stesso tempo da eccitazione con manifestazioni di agitazione psico-motoria, espressioni verbali e momenti di apnea. Il secondo stadio era lo stadio dell'anestesia leggera. Il terzo stadio era lo stadio dell'anestesia chirurgica. Il quarto stadio era lo stadio del sovradosaggio con paralisi dei centri respiratori e morte imminente. Guedel modificò questa classificazione nel 1937 (Guedel 1937). Egli tracciò più sottocategorie nella classificazione: in sostanza, Guedel combinò il secondo e terzo stadio di questa convenzionale progressione, considerandolo come lo stadio dell'anestesia chirurgica e lo suddivise in quattro livelli. Il primo era adatto per molti tipi di chirurgia ma non forniva blocco neuromuscolare per la chirurgia addominale, che richiedeva invece un'anestesia più profonda come nel secondo e terzo livello. Per la chirurgia addominale inferiore l'anestesia doveva essere approfondita ulteriormente e sebbene un chirurgo esperto aveva pochi problemi al terzo livello, uno meno esperto richiedeva la profondità del quarto livello del terzo stadio di anestesia. La classificazione del terzo stadio in quattro livelli soddisfece le diverse necessità chirurgiche e ognuno dei livelli poteva essere prontamente identificato. In accordo con Payne, gli anestesisti esperti erano capaci di riconoscere il livello di anestesia nell'ambito di questa classificazione. Essa era basata sul metodo dell'induzione inalatoria, che con l'etere prendeva 20 minuti o più, sebbene questo tempo poteva essere sostanzialmente ridotto dall'aggiunta di protossido di azoto o di etilcloruro. Un paziente profondamente rilassato abbatteva notevolmente gli accessi stizzosi dei chirurghi più volgari che si sarebbero lamentati se il paziente fosse stato, come si suol dire, "troppo teso" (Graff TD 1959, Payne 1994). L'introduzione del tiopentale barbiturato per via endovenosa, secondo Payne, eliminava il primo dei due stadi, se il farmaco era usato abilmente. La pretesa, sui casi osservati, che l'anestesia barbiturica endovenosa tra i militari a Pearl Harbor nel Dicembre 1941 fosse causa di più incidenti mortali che non le bombe nemiche aiuta a spiegare perché il tiopentale stentò ad essere accettato: fu considerato troppo pericoloso per essere usato da anestesisti inesperti. La regola non scritta di quel periodo era che sarebbero state necessarie 1000 induzioni inalatorie per ottenere sufficiente esperienza. lll Come Mainzer ha puntualizzato nella sua recensione sul risveglio intraoperatorio in un editoriale del Lancet (Mainzer J 1979), il dolore e i risvegli intraoperatori dovuti a inadeguata anestesia, erano stati riconosciuti, molto prima dell'introduzione del curaro, già dal 1847. Infatti l'uso del curaro negli animali da esperimento causò le proteste dei gruppi per la difesa dei diritti degli animali negli ultimi anni del 1800. In realtà oggi, molti centri medici hanno bandito l'uso dei farmaci bloccanti neuromuscolari nella ricerca animale, poiché esso è considerato un maltrattamento straordinariamente crudele per eliminare i movimenti dell'animale, dato che in questo modo il ricercatore non può accorgersi quando l'animale è incosciente o meno (comitato per i diritti animali della Cornell University Medical Center). Perciò, sebbene non restrittivamente come per alcuni centri medici, è stata approvata una legge federale "…per garantire che il dolore e la sofferenza dell'animale siano minimizzati …" proibendo "l'uso di farmaci paralizzanti senza anestesia (Atto per il benessere animale = Animal welfare Act 1966). Ci si chiede quanto sia appropriato avere strette limitazioni sull'uso dei farmaci bloccanti neuromuscolari da somministrare agli animali e non per l'utilizzo sull'uomo? Non esiste alcuna legge federale per l'uomo, a tal proposito. Così in un suo editoriale, Drummond notava che: "sia nella pratica anestesiologica sull'uomo, sia nella sperimentazione animale dovrebbero esserci delle valide indicazioni all'uso dei bloccanti neuromuscolari; questa indicazione acquisisce una maggiore implicazione etica nei casi in cui sussiste il rischio che i segni di una eventuale inadeguatezza dell'anestesia siano mascherati… Qualcuno probabilmente potrebbe osservare che i ricercatori, effettuando le ricerche sugli animali opererebbero secondo un migliore standard di adeguatezza anestesiologica rispetto a quanto applicato nella condotta anestesiologica sull'uomo in sala operatoria. Qualcuno potrebbe asserire, per esempio, che la tecnica anestesiologica che combina protossido di azoto / oppiodi / rilassanti neuromuscolari sia soddisfacente nei pazienti in termini di assenza di responsività neurovegetativa ma i risvegli sarebbero inaccettabili se si avesse contezza dei movimenti del paziente laddove il curaro fosse omesso. Forse, comunque, a prescindere dagli inconvenienti, l'approccio contemporaneo è quello del beneficio del dubbio per l'animale. " (Drummond JC 1996). Infatti, in accordo con Russell, l'anestesia endovenosa risulta una tecnica insoddisfacente nell'uomo. (Russell IF 1993). In questo lavoro presenterò delle argomentazioni che forse solleciteranno un approccio per l'uomo sulla base dei dati che evidenziano la memoria repressa (implicita), le esperienze oniriche e il Disordine Post-Traumatico da Stress (PTSD) che deriva dalla memoria in corso di anestesia. lll Tradizionalmente il chirurgo chiede all'anestesista se il paziente è pronto per l'incisione cutanea. L'anestesista dovrebbe basare la propria valutazione sul piano di anestesia in cui si trova il paziente e sul tipo di chirurgia pianificata. Con l'uso dei rilassanti neuromuscolari questo criterio non è più utilizzabile. Infatti nel paziente curarizzato rimangono solo pochi spunti per esprimere questo giudizio clinico: i parametri emodinamici, la concentrazione minima alveolare di anestetico inalato (MAC), e la dose pro chilo di peso corporeo di anestetico endovenoso. Proporrò una revisione dei dati pubblicati, valutando se questo tipo di approccio tradizionale per stabilire l'adeguatezza dell'anestesia nel paziente curarizzato sia sufficiente per determinare la stessa adeguatezza per un dato paziente a un dato tempo durante la conduzione anestesiologica. Nel 1880, un componimento poetico di Tennyson condannò questo tipo di approccio (Stevenson LG 1959). Mainzer rilevò che nel 1896, William Welch aveva suggerito che il curaro poteva essere usato senza rischi nell'uomo con gli anestetici (Mainzer J 1979). Lawen, nel 1912, usò i curari con gli anestetici nell'uomo (Lawen A 1965). Nel 1942, la dimostrazione di Griffith e Johnson dei vantaggi del curaro portò al riconoscimento da parte dei medici che l'utilizzo del curaro fosse soddisfacente in associazione agli anestetici. Fu introdotto per facilitare la chirurgia addominale e per anestetizzare senza rischi il paziente critico che altrimenti avrebbe effettuato movimenti a causa dell'anestesia mantenuta leggera per mantenere vivo il paziente. (Griffith HR 1942). lll La storia della memoria cosciente durante anestesia comincia con la prima dimostrazione di anestesia da parte di Horace Wells e poi di William Morton al Massachusetts General Hospital, rispettivamente nel 1845 e nel 1846. Entrambi i pazienti riportarono memoria cosciente in corso di anestesia. Dopo poco tempo, Pierson descrisse un'altra paziente che riferì dolore come "una falce nel suo braccio" durante un'amputazione di arto con etere (Calverlev RK 1989, Ghoneim MM 1992). Nel 1908 e nel 1911, furono riportati due casi di memoria cosciente durante anestesie condotte con protossido d'azoto (Jacobson E 1911, Crile G 1947). Tuttavia, nonostante queste infrequenti segnalazioni, un significativo "problema di risveglio durante anestesia" fu pubblicato soltanto dopo l'introduzione dei bloccanti neuromuscolari nella pratica anestesiologica da Griffith and Johnson nel 1942 (Griffith HR 1942). I pazienti possono ritornare coscienti anche se totalmente paralizzati, poiché non esistono misurazioni che assicurano l'incoscienza nel paziente paralizzato. lll Oggi questa prospettiva, per la quale noi anestesisti non sappiamo quando i nostri pazienti sono coscienti, persiste. (Lancet 1986, Kulli J 1991). Molto dopo queste segnalazioni di casi clinici, le dimostrazioni di un'alta incidenza di risvegli rivela che le segnalazioni aneddotiche non prospettano la reale incidenza del problema. Io credo che ciò sia sovrapponibile a quanto succede oggi, quando gli anestesisti affermano che il problema sia piccolo e che non ne abbiano mai visto un caso. In questo lavoro presenterò dati che supportano questo mio punto di vista. Coscienza e memoria repressa (risveglio in corso di anestesia) continuano a costituire un importante problema a tutt'oggi. Infine mi preme raccomandare l'adozione di provvedimenti che possano rendere questo problema soltanto di interesse storico. continua nel prossimo numero..... _______________________________________________________ Crisi convulsive da intossicazione acuta da Buflomedil _______________________________________________________ Amedeo Pignataro Servizio di Anestesia e Rianimazione - Ospedale Buccheri La Ferla - Palermo ampigna@tin.it Il buflomedil è un vasodilatatore di tipo papaverinico impiegato nell'insufficienza circolatoria cerebrale e degli arti, ma anche in caso di vertigini e di deterioramento mentale. Il buflomedil cloridrato, presente in commercio come Irrodan o Loftyl, è frequentemente prescritto nei sogetti anziani. Tale farmaco possiede una tossicità acuta per dosaggi molto variabili ed è stato segnalato come responsabile di incidenti neurologici e cardiaci anche mortali, a dosaggi non lontani da quelli terapeutici. In quasto caso descriviamo quanto occorso alla nostra osservazione in una donna che aveva assunto buflomedil in preparazione ritardo a scopo suicida. Caso clinico Una donna di 43 anni viene accompagnata dai familiari al pronto soccorso dell'ospedale alle ore 17 per l'insorgenza di vertigini e di uno stato acuto di agitazione psicomotoria. La donna, interrogata dal medico di pronto soccorso, confida di avere assunto poche ore prima una quantità imprecisata di Irrodan Retard; tuttavia, si mostra poco attendibile circa le modalità dell'ingestione; riferisce di essere affetta da sindrome depressiva da alcuni anni e di non praticare alcuna terapia. Il farmaco che riferisce di avere assunto fa parte della terapia dell'anziano padre di lei. Si accerta che la paziente precedentemente non era mai ricorsa a gesti autolesivi. Il resto dell'anamnesi non presenta nessun dato degno di rilievo. Il racconto del marito permette di fissare intorno alle 14 (circa 3 ore prima dell'arrivo al pronto soccorso) l'ingestione da parte della paziente di 10 compresse di Irrodan Retard per complessivi 6 g di buflomedil. La donna, in buone condizioni generali (altezza 160 cm e 60 Kg di peso corporeo), presenta all'esame obiettivo una pressione arteriosa di 130/80 mmmHg e una frequenza cardiaca di 110 bpm. E' presente midriasi. Permane uno stato d'agitazione e la sensazione di vertigini. Dopo avere incannulato una vena periferica, eseguito un prelievo ematico per i comuni esami di laboratorio ed intrapresa un'idratazione con soluzioni di cristalloidi, il medico di pronto soccorso procede al posizionamento di una sonda gastrica ed alla gastrolusi (ca. 2 L di soluzione fisiologica); attraverso la sonda nasogastrica sono somministrati 60 grammi di carbone attivato e 30 grammi di solfato di magnesio al termine del lavaggio gastrico. La paziente, viene successivamente ricoverata presso il reparto di medicina dell'ospedale. In reparto persiste la sintomatologia vertiginosa e l'agitazione psicomotoria della donna la quale, intorno alle ore 20, va incontro ad una crisi convulsiva generalizzata tonico-clonica, seguita da arresto cardiocircolatorio. Il personale medico-infermieristico di reparto attua le prime manovre di soccorso e contatta l'anestesista di guardia, che al suo intervento prosegue le manovre di rianimazione (intubazione orotracheale, ventilazione tramite pallone Ambu, massaggio cardiaco esterno) e permette il recupero della funzionalità cardiocircolatoria. La paziente, tuttavia, presenta uno stato di coscienza alterato (GCS=8) per la mancata apertura degli occhi, mancata risposta verbale ma con localizzazione allo stimolo algogeno. Prima del ricovero in terapia intensiva, la paziente, viene, pertanto, condotta in radiologia per l'esecuzione di una TAC cranio. L'esame, eseguito in condizioni basali senza mezzo di contrasto, non mostra dati patologici (vedi figura a lato). La paziente viene, quindi, trasferita in rianimazione alle ore 22. All'arrivo in terapia intensiva, la paziente è immediatamente posta in ventilazione meccanica in modalità pressione di supporto; la paziente presenta ancora turbe della coscienza (GCS=8) senza deficit neurologici focali; sono assenti convulsioni e/o mioclonie; i parametri emodinamici sono stabili (vedi figura sotto) Il rianimatore provvede all'incannulamento dell'arteria radiale per il monitoraggio della pressione arteriosa cruenta e per la determinazione dell'EAB e al posizionamento di una catetere venoso centrale dalla vena basilica. La registrazione dell'elettrocardiogramma rivela un ritmo sinusale (fc=90 bpm) con un blocco di branca destra incompleto e anomalie aspecifiche della fase terminale ventricolare. Il radiogramma del torace mostra un ombra cardiaca ai limiti volumetrici di norma con preminenza del terzo arco di sinistra senza lesioni parenchimali polmonari. I parametri emogasanalitici sono i seguenti: EAB h. 22.00 pO2 pCO2 pH BE K Na Ca Cl Glic. Lac Osm 245 32 7.41 -3.7 3.7 139 4.49 109 187 3.1 280 Viene intrapresa l'infusione continua di propofol alla velocità di 200 mg/h e prescritta la somministrazione di 30 g di carbone attivato via SNG ogni 4 ore. 30 g. di solfato di magnesio sono aggiunti come catartico. La mattina successiva ovvero dopo circa 10 ore dal ricovero, per permettere una valutazione neurologica e per l'assenza di ogni manifestazione di tipo convulsivo, si decide per l'arresto dell'infusione del propofol. Dopo un'ora dalla sospensione dell'ipnotico, la donna recupera lo stato di vigilanza e a seguito di un nuovo esame neurologico che attesta uno stato neurologico normale, si procede all'estubazione. I rilievi emogasanalitici eseguiti al ripristino della ventilazione spontanea in maschera con ossigeno (5 l/min) si rivelano ottimali e permettono dopo alcune ore la sospensione dell'ossigeno-terapia. Il giorno successivo si interrompe la somministrazione di carbone attivato. Dopo una consulenza psichiatrica e aver contattato il medico curante per le necessarie cure, la paziente viene dimessa in buone condizioni generali. Discussione Il buflomedil è un farmaco vasodilatatore di tipo papaverinico impiegato in molte patologie da insufficienza vascolare, come la demenza, le neuropatie e le retinopatie diabetiche, la claudicatio intermittens e il fenomeno di Raynaud (1). In commercio il buflomedil è presente sotto forma di compresse divisibili da 300 mg, di compresse retard da 600 mg, di fiale per somministrazione parenterale da 50 mg e di gocce (150 mg/ml). La dose abituale per os è di 300-600 mg/die in dosi refratte, mentre per via endovenosa il massimo dosaggio in bolo è 400 mg. Il suo effetto principale si esplica come inibitore competitivo non selettivo dei recettori alfa-adrenergici arterolari e come debole calcio-antagonista (2). Il buflomedil ha un volume di distribuzione di circa 1,3 l/Kg e possiede un legame con le proteine plasmatiche del 60-80%. Il metabolismo è essenzialmente epatico con la formazione di metaboliti intermedi. L'eliminazione è renale. L'emivita è di 1.5-4 ore. Nonostante il vasto uso in clinica sia supportato da studi su animali e numerosi trials che lo etichettano come un farmaco ben tollerato e con bassa tossicità (3-8), il buflomedil figura come responsabile di sovradosaggi in corso di terapie croniche (9) o d'intossicazioni acute a volte ad esito fatale (secondo alcune segnalazioni) (10,11,12). Le manifestazione tossiche più frequenti sono a carico del sitema nervoso centrale e del cuore. I segni e i sintomi di intossicazione acuta sono: convulsioni, mioclonie, coma, ipotensione, tachiaritmie, allungamento del QT e del QRS all'elettrocardiogramma, asistolia, depressione respiratoria ed edema polmonare, come a mimare un'intossicazione da neurolettici. D'altra parte, esempi di cardiotossicità da buflomedil potrebbero essere dovuti a proprietà di antagonismo nei confronti del Na+ (13). Le intossicazioni acute da buflomedil sono spesso misconosciute, a volte confuse con quadri da overdose da antidepressivi triciclici (14). Le quantità di farmaco responsabili d'intossicazione acuta variano tra 50 e 60 mg/Kg (15). Le manifestazioni cliniche su elencate possono tuttavia mancare o essere poco significative, per cui un grave quadro neurologico e/o cardiaco può essere la prima e pericolosa espressione della dose tossica della sostanza. Il farmaco può essere dosato con metodica gas-cromatografica nel sangue, nelle urine e nel contenuto gastrico; è presente anche un metabolita attivo (para-desmetil buflomedil). Il trattamento delle overdosi è puramente supportivo (16) e può richiedere manovre di rianimazione cardio-polmonare (intubazione endotracheale e ventilazione meccanica, massaggio cardiaco esterno, adrenalina), come nel caso qui descritto. La donna presentatasi al nostro pronto soccorso in preda ad un quadro di agitazione psicomotoria non mostrava segni emodinamici di particolare interesse tali da insospettire il medico di guardia per cui, anche se la dose del farmaco era da ritenersi tossica, dopo le manovre di gastrolusi e la soministrazione di carbone attivato, si era ritenuto sufficiente il ricovero della donna in reparto di medicina. L'arresto cardiocircolatorio, avvenuto in corsia, avrebbe potuto avere esito drammatico, se l'anestesista non fosse giunto in tempo a rianimare la donna. I criteri di ammissione di un paziente intossicato in terapia intensiva devono tenere in conto la sostanza tossica, la dose, le modalità d'intossicazione e le condizioni cliniche dell'intossicato. Spesso, molti di quasti fattori non sono noti al medico e possono indurre in errore. Mentre non vi sono dubbi nell'accogliere in rianimazione pazienti con quadri clinici drammatici, coloro che presentano segni e sintomi poco significativi, purtroppo in maggior numero, richiedono al medico una buona conoscenza della farmaco-tossicologia delle principali sostanze utilizzate in clinica, oltre che degli xenobiotici. Conclusione Il buflomedil, farmaco molto popolare per le sue effetti positivi nei quadri d'insufficienza circolatoria, si conferma ancora una volta un farmaco con uno stretto margine terapeutico dai pericolosi effetti collaterali. Il medico generico, ma anche i medici dell'emergenza diffidino delle overdoses da buflomedil anche in pazienti con manifestazioni cliniche sfumate. Bibliografia Joffre F, Meites G, Rousseau H, Staffin C, Allaert FA, Pelat P. Effect of buflomedil perfusion on peripheral tissue oxygenation during transluminal angioplasty in patients with advanced arteriopathy of the lower limbs. Ann Radiol (Paris); VOL 37, ISS 3, 1994, P239-44 Bouskela E, Cyrino FZ. Effects of a calcium antagonist and of the adrenergic system on spontaneous vasomotion and mean arteriolar diameter in the hamster cheek pouch: influence of buflomedil. Int J Microcirc Clin Exp; VOL 17, ISS 4, 1997, P164-74. Fort FL, Ruckman SA, Gregson RL, Patterson DR. Buflomedil: one-year oral safety evaluation in rats. Drug Chem Toxicol; VOL 16, ISS 2, 1993, P195-205. Bachand RT, Dubourg AY. A review of long-term safety data with buflomedil. J Int Med Res; VOL 18, ISS 3, 1990, P245-52. Cucinotta D, Aveni Casucci MA, Pedrazzi F, Ponari O, Capodaglio M, Valdina P, Toxiri I, Bartorelli L , Granata Q, Franzini C et al. Multicentre clinical placebo-controlled study with buflomedil in the treatment of mild dementia of vascular origin. J Int Med Res; VOL 20, ISS 2, 1992, P136-49. Le Quentrec P, Lefebvre ML. 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Severe acute buflomedil poisoning - Ann Fr Anesth Reanim; VOL 14, ISS 5, 1995, P432-4. Informazioni sulla rivista ESIA-Italia EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY and CRITICAL CARE MEDICINE - Italia costituisce la parte Italiana della versione Americana, pubblicata su Internet da Keith J Ruskin, Professore di Anestesia alla Università di Yale. I lavori saranno accettati sia in lingua Italiana che Inglese. In quelli di lingua Italiana un corposo riassunto in Inglese verrà preparato dalla redazione, qualora l'autore non fosse in grado di fornirlo. A cura della redazione sarà inoltre la traduzione in Italiano dei manoscritti inviati in lingua Inglese. La rivista sarà inviata gratuitamente a tutti quelli che ne faranno richiesta, inviando il seguente messaggio "Desidero ricevere ESIA versione italiana" indirizzato a LANZA@MBOX.UNIPA.IT La rivista pubblica rewiews e lavori originali compiuti nei campi dell'anestesia e della medicina critica. I lavori originali riguardano ricerche cliniche, di laboratorio e la presentazione di casi clinici. Le reviews includono argomenti per l'Educazione Medica Continua (EMC), articoli di revisione generale o riguardanti le attrezzature tecniche. ESIA pubblica le lettere all'Editore contenenti commenti su articoli precedentemente publicati ed anche brevi comunicazioni. La guida per gli autori può essere consultata collegandosi al sito ANESTIT all'indirizzo: http://www.unipa.it/~lanza utilizzando la sezione riservata ad ESIA-Italia; oppure può essere richiesta inviando un messaggio a lanza@mbox.unipa.it EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY and CRITICAL CARE MEDICINE Sezione Italiana Il numero della rivista è anche ottenibile attraverso World-WideWeb WWW: l'URL per questo numero di ESIA è: http://www.unipa.it/~lanza/esiait/esit9911.txt Il nome della rivista è esitaamm, dove aa è l'anno ed mm il mese (per esempio questo numero è esit9911.txt) LA REDAZIONE DI ESIA ITALIA DIRETTORE: Vincenzo LANZA Primario del Servizio d'Anestesia e Rianimazione Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli Palermo LANZA@MBOX.UNIPA.IT Terapia Intensiva Antonio Braschi Primario del Servizio d'Anestesia e Rianimazione 1 - Policlinico S. Matteo - IRCCS Pavia Anestesia Cardiovascolare Riccardo Campodonico Responsabile dell'Unità di Terapia Intensiva Cardiochirurgica - Azienda Ospedaliera di Parma ricrob@mbox.vol.it Anestesia e malattie epatiche Andrea De Gasperi Gruppo trapianti epatici / CCM - Ospedale Niguarda - Milano Medicina critica e dell'emergenza Antonio Gullo Professore di Terapia Intensiva - Direttore del Dipartimento di Anestesia e Terapia Intensiva -Università di Trieste Anestesia ed informatica Vincenzo Lanza Primario del Servizio d'Anestesia e Rianimazione - Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli - Palermo Tossicologia Carlo Locatelli Direttore del Centro di Informazione Tossicologica Centro antiveleni di Pavia - Fondazione Scientifica "Salvatore Maugeri Clinica del Lavoro e della Riabilitazione"- Pavia Terapia Antalgica e Cure Palliative Sebastiano Mercadante Aiuto del Servizio d'Anestesia e Rianimazione - Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli - Palermo mercadsa@mbox.vol.it