__________________________________________________________________ __________________________________________________________________ ISSN 1080-3521 EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY and CRITICAL CARE MEDICINE - Italia - Il giornale italiano on line di anestesia Vol 4 No 2 FEBBRAIO 1999 __________________________________________________________________ __________________________________________________________________ Pubblicato elettronicamente da: Vincenzo Lanza, MD Servizio di Anestesia e Rianimazione Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli Palermo, Italy E-mail: (lanza@mbox.unipa.it) Keith J Ruskin, MD Department of Anesthesiology Yale University School of Medicine 333 Cedar Street, New Haven, CT 06520 USA Office: 203-785-2802 E-mail: ruskin@gasnet.med.yale.edu Copyright (C) 1996 Educational Synopses in Anesthesiology and Critical Care Medicine. All rights reserved. Questo rivista on-line può essere copiata e distribuita liberamente, curando che venga distribuita integralmente, e che siano riportati fedelmente tutti gli autori ed il comitato editoriale. Informazioni sulla rivista sono riportate alla fine. ________________________________________________________________ In questo numero: 1 CRITERI DI INTERVENTO NEL SOCCORSO AL POLITRAUMATIZZATO (2^parte) 2 CRITERI DI INTERVENTO NEL SOCCORSO AL POLITRAUMATIZZATO (3^parte) _______________________________________________________ 1 CRITERI DI INTERVENTO NEL SOCCORSO AL POLITRAUMATIZZATO (2^parte) _______________________________________________________ Corrado Cancellotti Aiuto Anestesia-Rianimazione - S. Agostino 8/h - 06024 Gubbio Cancellotti@infoservice.it Controllo dell'emorragia Va inizialmente attuato il controllo delle emorragie esterne attraverso misure semplici ed efficaci, quali il posizionamento di fasciatura compressiva o tourniquet a livello degli arti e il mantenimento in posizione sopraelevata della parte. Misura tempestiva ed essenziale nel soccorso extraospedaliero (altrimenti poi puo' non risultare di alcuna utilita') e' quella di incannulare due vene periferiche con aghi non inferiori a 14 gauge. Il ricorso in emergenza a una vena centrale e' giustificato solo in caso di impossibilita' a reperire vene periferiche. La scelta e' in relazione all'esperienza dell'operatore. Puo' essere conveniente il ricorso alla vena femorale, essendo relativamente accessibile e in un'area in cui, in caso di insuccesso o di errori tecnici nella procedura di reperimento, non possono verificarsi gravi danni iatrogeni. Il sospetto clinico di emorragia interna toracica o addominale consecutiva al trauma, e' avvalorato dall'ingravescenza del quadro emodinamico nonostante tentativi corretti di rimpiazzo volemico, che impongono la rapida risoluzione del problema diagnostico attraverso tecniche ecografiche, TAC e l'eventuale intervento chirurgico d'urgenza. Prima del raggiungimento dell'ospedale, nel sospetto di lesioni traumatiche interne si pone l'indicazione all'uso di MAST (Military Anti Shock Trousers). Vengono definiti anche pantaloni anti-G a causa della loro derivazione dagli indumenti analoghi indossati dai piloti militari per contrastare le brusche variazioni dell'accelerazioni di gravita' imposte dalle manovre di combattimento aereo. Il dispositivo e' altrettanto utile in caso di frattura degli arti inferiori, fratture di bacino, emoperitoneo, shock spinale, insomma in tutte le situazioni ipovolemiche a genesi non cardiogena. Il posizionamento dell'apparecchiatura e' facilmente eseguibile e non deve impegnare un tempo superiore ai 3 - 4 minuti. Sui pantaloni antishock srotolati viene adagiato il paziente, non necessariamente svestito, avvolgendo prima gli arti inferiori poi il compartimento addominale. Si inizia con l'insufflazione del comparto di pertinenza degli arti inferiori, poi, in caso di necessita', si passa ad insufflare la porzione addominale. In ogni caso il bordo superiore del compartimento addominale non deve superare il margine costale inferiore, l'accesso al perineo deve rimanere libero, i polsi periferici devono poter essere palpabili. Le deboli pressioni di gonfiamento (30-40 mmHg) possono essere inefficaci nell'ipovolemia profonda, conviene percio' utilizzare pressioni maggiori e diverse a seconda dei comparti : per gli arti 60-80 mmHg, per l'addome 40-50 mmHg. Cosi' facendo si ottiene prevalentemente un effetto di "spremitura" con immissione in circolo di circa 0.5-1 litri di sangue e l'incremento del ritorno venoso; in caso di utilizzo di pressioni superiori si ottiene un effetto di centralizzazione del circolo con l'esclusione temporanea degli arti che puo' essere mantenuto per un massimo di 2 ore circa in maniera ininterrotta. Il pantalone anti shock puo' essere utilizzato anche nella gravida relativamente agli arti. Controindicazione all'uso di MAST e' la grave insufficienza respiratoria. Nelle zone urbane, quando il luogo dell'incidente e' vicino al dipartimento d'emergenza, l'applicazione dei calzoni pneumatici costituisce una inutile perdita di tempo. Spesso si riesce a sostenere meglio il circolo con un'infusione rapida di soluzioni saline o colloidi. Manovre d'emergenza Drenaggio di pneumotorace e/o emotorace Nelle situazioni di estrema urgenza e in ambiente preospedaliero le indicazioni di questa procedura dovranno essere attentamente valutate per evitarne gli abusi. Il drenaggio pleurico permette di evacuare un versamento aereo o liquido che si formi nello spazio pleurico. In condizioni di emergenza e' utilizzato per decomprimere uno pneumotorace ipertensivo. Il paziente viene posto in posizione semiseduta o in decubito dorsale; la sede di puntura e' sul II-III spazio intercostale a livello della linea emiclaveare. A questo livello nei casi dubbi, puo' esssere effettuata una puntura esporativa. Dopo disinfezione si inserisce un ago 21 G in maniera da posizionarlo a livello del corpo della III costa. Si collega una siringa priva di pistone e si riempie con 2-3 ml di soluzione fisiologica sterile. Si reperta il margine superiore della costa e si avanza. In caso di pneumotorace iperteso si osserva la produzione di bolle. L'assenza delle stesse indica l'assenza di raccolta aerea sotto pressione o al limite la presenza di pneumotorace di piccole dimensioni senza importanti compromissioni emodinamiche. In caso di conferma invece di pnx iprteso, puo' essere effettuato il drenaggio in urgenza tramite un kit apposito del tipo catetere in ago (piu' utilizzato). In questo caso dopo disinfezione cutanea, si reperta il punto di inserimento e si inserisce un agocannula o un drenaggio di piccole dimensioni (10 Ch) PLEUROCATH, rasentando il bordo superiore della costa, perpendicolarmente al piano cutaneo. Si avanza in aspirazione nello spazio intercostale fino a quando l'aria non penetra nella siringa facendo avanzare il pistone. Si trasforma cosi' uno pneumotorace iperteso in uno semplice ben piu' tollerato e meno importante dal punto di vista emodinamico. E' possibile comunque collegare il tubo a una doppia valvola di Heimlich per impedire il reflusso dell'aria o del liquido drenato nel torace. Data la sua struttura, permette anche l'aspirazione manuale dei liquidi. La decompressione d'urgenza, comunque non costituisce il trattamento definitivo del pneumotorace; dovra' infatti essere inserito quanto prima possibile un drenaggio toracico vero e proprio. Per il posizionamento di un drenaggio toracico di dimensione adeguata si fa uso di un tubo con mandrino a punta smussa. La scelta di questo si fa in funzione del tipo di versamento che si sospetta: per uno pneumotorace o per un emotorace traumatico si fara' ricorso a un 28, 30 Ch; per uno pneumotorace iatrogeno a un 10 Ch. La procedura prevede ugualmente la disinfezione della cute, la realizzazione di un campo sterile, l'anestesia dei piani cutanei e muscolari nel punto prescelto per l'inserimento. In caso di sospetto pneumotorace si ricorre alla puntura del II-III spazio intercostale sulla linea emiclaveare; in caso di sospetto emotorace o emopneumotorace sulla linea ascellare media a livello del IV-V spazio. Con la medesima siringa e' possibile accertarsi della presenza di raccolta liquida o aerea nel cavo pleurico. Con il bisturi si pratica una piccola breccia a livello del tessuto cutaneo e sottocutaneo fino al piano pleurico, si divaricano con le dita i piani muscolari e si introduce il tubo con mandrino. Il tubo va tenuto con una mano a circa 3 cm dalla punta per impedire un eccessivo affondamento dello stesso mentre l'altra mano spinge per permettere la penetrazione. Si deve sempre seguire il margine superiore della costa per impedire la lesione dei vasi intercostali. Alcuni effettuano il posizionamento del tubo senza mandrino facendosi strada con il dito indice. L'estremita' distale del drenaggio va posizionata in alto e in avanti e si fa procedere per circa 20 cm il tubo, mantenendo fermo il mandrino appena dopo la penetrazione in cavo pleurico. A questo punto si sfila il mandrino avendo cura di non far penetrare ulteriore aria in cavo pleurico. Il tubo di drenaggio deve venire raccordato a un circuito di aspirazione e di raccolta e viene ancorato saldamente con fili di sutura alla cute. L'evacuazione del versamento va fatta con lentezza per evitare lo sbandieramento del mediastino troppo rapido, capace di generare alterazioni emodinamiche. Il tubo va collegato con un sistema di raccolta e con una valvola ad acqua. Il controllo della fuoriuscita pressoche' immediata di aria o di liquido e' segno del corretto posizionamento, come anche la mobilita' della colonna d'acqua nella porzione distale del tubo sincrona con gli atti respiratori. Ogni volta che si deve mobilizzare il paziente e' bene ricorrere al clampaggio del tubo. In caso di emorragia da lesione di un vaso intercostale, l'inserimento del tubo puo' essere sufficiente ad effettuare l'emostasi, altrimenti si puo' rendersi necessario il posizionamento di un punto di sutura. In caso di ostruzione del drenaggio questo va sostituito e riposizionato. I sistemi di raccolta possono essere di tre tipi : sistemi di tipo RED-O-PACK, a circuito chiuso e di piccola capienza, utili in condizioni di urgenza , costituiti da recipienti di materiale plastico che puo' essere compresso manualmente, grazie alla forma a soffietto, che una volta rilasciai possono realizzare una aspirazione che pero' si riduce nel tempo mano a mano che il contenitore si riempie. Un tappo laterale permette lo svuotamento di aria e liquidi quando il contenitore e' pieno. sistemi di drenaggio tipo PLUER-EVAC a maggior capienza, che possono essere collegati anche a una sorgente di vuoto, consentendo una aspirazione costante e regolabile. Sono composti da una camera di raccolta dei liquidi di drenaggio, ripartita in piu' compartimenti per una capacita' totale di 3000 ml. E una camera con valvola ad acqua che determina l'intensità' della aspirazione. sistemi di drenaggio tipo RECEPTAL adatti anche per l'autotrasfusione, di materiale rigido all'esterno all'interno del quale e' contenuta una sacca per la raccolta di sangue della capacita' i 2000 ml, monouso in pvc. La sacca e' munita in entrata di un tubo di connessione dotato di filtro antiaggregati da 150 micron e, in uscita di un innesco a diaframma perforabile per l'inserimento di un deflussore da trasfusione. Tamponameno cardiaco In situazioni di emergenza extraospedaliera tale manovra e' riservata a pazienti chiaramente con tamponamento cardiaco e non trasportabili in ospedale. E bene infatti effettuare la manovra in ambiente attrezzato con un minimo di diagnostica per immagini (ecografo, amplificatore di brillanza). Si pone il paziente semiseduto, si disinfetta la cute e si effettua un ponfo di anestesia sotto l'appendice xifoidea, reperita con l'indice della mano sinistra. Si punge dirigendo l'ago a 30° sulla linea mediana, proprio sotto l'estremita' caudale dell'appendice xifoidea dello sterno; si procede in aspirazione, rasentando la faccia posteriore dello sterno, dirigendosi verso l'alto, fino a ottenere un reflusso franco del versamento. Il prelievo di una decina di ml decomprime il tamponamento e migliora l'emodinamica. E' possibile collegare l'ago da pericardiocentesi con il cavo di una derivazione elettrocardiogarfica sinistra, cosi' da monitorare l'avanzamento del medesimo. Quando entra in contatto con il pericardio si potra' notare un innalzamento del tratto ST. Se si dispone di un kit per cateterismo venoso centrale e' possibile utilizzare la tecnica di Seldinger per posizionare un catetere. E' possibile l'insorgenza di aritmie maggiori fino all'arresto cardiaco durante la procedura, la lesione dell'arteria mammaria o della pleura con la formazione di pneumotorace. Defibrillazione cardiaca esterna L'indicazione ad intervenire con la defibrillazione elettrica esterna si pone in caso di fibrillazione ventricolare o tachicardia ventricolari e sopraventricolari emodinamicamente instabili. Il defibrillatore e' un apparecchio esterno costituito da un convertitore di tensione che, a partire da una corrente a basso voltaggio di una batteria eroga una corrente ad elevato voltaggio. L'altro elemento e' un condensatore che puo' essere caricato a un livello regolabile da 50 a 360 J mediante appositi comandi collocati in genere sul pannello frontale. I cavi collegano il defibrillatore alle piastre da applicare sul torace per la defibrillazione. Queste sono collegate all'ingresso del monitor ECG associato al defibrillatore, in modo da consentire il rilevamento immediato di un tracciato elettrocardiografico per evidenziare eventuali arit mie. Durante la manovra di defibrillazione, il posizionamento delle piastre e la rilevazione dell'aritmia deve costituire il primo atto medico ; la conferma di un quadro di fibrillazione ventricolare consente di effettuare il trattamento. Le piastre metalliche devono essere cosparse di gel conducente per ridurre la resistenza cutanea e permettere che un maggior quantitativo di corrente attraversi il cuore. Quella identificata come "sterno" va posizionata a destra dello sterno, al di sotto della clavicola ; quella identificata come "apice", viene posizionata a sinistra del torace sulla linea ascellare media, in corrispondenza della punta cardiaca. Se si utilizzano le piastre adesive, queste sono da posizionare una anteriormente, sul precordio sinistro, l'altra sul dorso, in modo che si trovino una di fronte all'altra con l'interposizione del torace del paziente. L'intensita' di corrente, nel trattamento della fibrillazione ventricolare, prevede un valore di circa 200 J alla prima scarica, per poi passare a 300 J e 360 J alle scariche successive in caso di insuccesso. Nel bambino si utilizza un livello di 2J/Kg alla prima scarica e 4J/Kg alle successive. In caso di trattamento di tachicardia ventricolare e/o sopraventricolare si utilizza la defibrillazione sincronizzata per evitare di liberare la scarica defibrillante durante il "periodo vulnerabile". In questo caso, oltre alla sedazione del paziente, si ricorre a livello di intensita' piu' bassi, intorno a 100-200 J. E' altresi' essenziale ricorrere, prima di liberare la scarica ad avvertire i soccorritori presenti ed a controllare che nessuno sia in contatto con il paziente o con i supporti su cui e' posizionato il medesimo. Oggi il ricorso alla defibrillazione precoce e' reso possibile grazie alla disponibilita' di defibrillatori semiautomatici, capaci di identificare una fibrillazione ventricolare e tachicardia ventricolare, aritmie suscettibili di trattamento elettrico. La rapidita' del medesimo costituisce la discriminante per l'outcome del paziente. Per questo i defibrillatori semiautomatici sono stati dati in dotazione alle equipe di primo soccorso in assenza di personale medico. Gli elettrodi per la defibrillazione semiautomatica si posizionano uno in parasternale destra, l'altro in corrispondenza dell'apice del cuore. Il defibrillatore automatico analizza il ritmo e, in caso di indicazione al trattamento elettrico, una voce sintetizzata richiama le procedure di sicurezza ed attua la defibrillazione iniziando con una scarica di intensita' pari a 200 J, per poi passare a intensita' superiori analizzando di volta in volta il tracciato elettrocardiografico prima di ogni erogazione. Nella defibrillazione semiautomatica, l'invio della scarica e' sottoposto comunque all'analisi del soccorritore che deve premere simultaneamente i due pulsanti dell'apparecchio. Elettrostimolazione esterna d'urgenza La stimolazione esterna d'urgenza e' una vecchia tecnica, ripristinata grazie all'apporto delle nuove tecnologie. Gli apparecchi attuali grazie alla riduzione dell'intensita' di corrente erogata, all'aumento di durata dei singoli impulsi e soprattutto all'aumento delle dimensioni degli elettrodi cutanei, hanno reso praticamente maginali gli effetti indesiderati della tecnica. Le indicazioni all'utilizzo della elettrostimolazione esterna sono rappresentate dai blocchi senoatriali, dai blocchi atriventricolari completi, dai ritmi idioventricolari con ripercussioni emodinamiche, dall'asistolia in altre parole dalle aritmie ipocinetiche emodinamicamente significative. Gli stimolatori possono avere una intensita' regolabile da 0 a 150 mA e una frequenza di stimolazione regolabile fino a un massimo di 180 impulsi al minuto. Gli elettrodi sono costituiti da materiale autoadesivo del diametro di 8 cm, gia' cosparso di pasta conduttrice e recanti in modo ben visibile la polarita'. L'elettrodo corrispondente al polo negativo viene posizionato anteriormente sul torace, a livello di V3 ; quello corrispondente al polo positivo a livello della schiena, tra colonna vertebrale e apice della scapola sinistra. Si collegano i due elettrodi allo stimolatore, rispettando le polarita'. In casi di asistolia si eroga l'intensita' massimale (150-200 mA) mentre, nei pazienti coscienti si utilizza una intensita' di corrente crescente fino a trovare la soglia di stimolazione. Si passa a regolare poi la frequenza e la modalita' di stimolazione, che in genere e' non sincronizzata. La soglia di stimolazione viene raggiunta quando si evidenziano clinicamente pulsazioni arteriose sincrone con gli impulsi dello stimolatore e all'ECG appaiono "spikes" seguiti da QRS di durata superiore ai 0.14 sec. e da un'onda T, in assenza di altri ritmi. In genere il monitoraggio elettrocardiografico e' posto sulla fronte e sulle caviglie. In genere si associa una contrazione del muscolo pettorale sincrona con gli impulsi elettrici tanto da richiedere talvolta sedazione antalgica. In ogni caso la valutazione dell'efficacia della stimolazione si basa principalmente sul criterio emodinamico; sono possibili casi in cui si riesce ad ottenere una cattura, senza pero' un soddisfacente compenso emodinamico. Reperimento giugulare esterna e vena femorale Talvolta il reperimento di un accesso venoso in situazioni di emergenza puo' essere veramente difficoltoso, in particolare quando il paziente va incontro a situazioni di ipovolemia e/o ipotermia, ovvero in quelle situazioni in cui questo serve maggiormente. In queste situazioni una via sicura e adeguata puo' essere ricercata a livello della vena giugulare esterna, facilmente accessibile e relativamente superficiale. E' consigliabile in genere porre il paziente in posizione declive, con il capo girato dal lato opposto a quello che si punge. Si ottiene l'inturgidimento della vena con una compressione del dito indice della mano libera sul tratto di vena piu' vicino al torace. Il dito che esercita la compressione puo' effettuare anche la trazione della pelle del collo in basso cosi' da fissare meglio la vena sui piani sottostanti. Contemporaneamente, sempre per lo stesso scopo, puo' essere effettuata una controtrazione col pollice della stessa mano al di sopra del punto prescelto per l'incannulamento. In genere e' possibile aggiustare la testa o mobilizzare il catetere per permettere un buon flusso. L'accesso femorale permette l'uso di cateteri di grandi dimensioni, molto utili in caso di riempimento rapido del circolo. Ben si presta all'incannulamento preospedaliero dato la bassa incidenza di danno iatrogeno in relazione alla posizione relativamente superficiale, lontana da organi vitali. In caso di sospetta lesione emorragica addominale, tale via e' da escludere in quanto aggraverebbe la patologia emorragica endoaddominale. La metodica prevede il paziente in decubito supino in leggero anti-trendelenburg con l'arto inferiore leggermente abdotto ed extraruotato. La vena femorale si reperta a circa 1 cm medialmente alle pulsazioni dell'arteria omonima. L'ago montato su siringa tenuta in aspirazione viene infisso 1-1.5 cm medialmente all'arteria femorale e 2 cm circa al di sotto dell'arcata inguinale. Viene diretto cranialmente al piano cutaneo, in direzione dell'ombelico. La vena viene raggiunta dopo circa 0.5-3 cm a seconda della corporatura del paziente. Una volta ottenuto un reflusso di sangue a pieno lume si introduce attraverso l'ago la guida metallica e si estrae successivamente l'ago. Su questa poi si fa scorrere o il catetere o un introduttore, avendo l'accortezza, in questo ultimo caso, di praticare una piccola incisione cutanea per favorire l'inserimento del medesimo. Si toglie poi il mandrino metallico e si fa avanzare, attraverso il dilatatore il catetere vero e proprio. E' possibile, come complicanza, la puntura della arteria femorale che pero' puo' venire facilmente compressa. Cricotiroidotomia E' una valida alternativa all'intubazione tracheale, quando quest'ultima non e' possibile o non si vuole effettuare. Diversi sono i Kit in uso. Uno dei piu' diffusi, il MINITRAC, e' costituito da : una cannula di 4 mm di diametro interno provvista di un collaretto, un mandrino introduttore, un bisturi con dispositivo di sicurezza per evitare l'affondamento nei piani cutanei; un raccordo standard di 15 mm di diametro, una lunghetta per fissare il collaretto. La tecnica prevede il paziente in decubito dorsale con la testa estesa all'indietro. Si procede alla disinfezione della zona e si pratica una anestesia locale. Tenendo la lama del bisturi orientata perpendicolarmente alla cute si pratica una incisione mediana a livello della membrana cricotiroidea. Si inserisce tubo e mandrino. Successivamente si fa avanzare il tubo, tenendo ferma l'estremita' del mandrino, fino a che il collaretto non arriva a contatto con la cute. La manovra di avanzamento deve essere fatta con le dovute cautele, facendo ben attenzione a non incontrare ostacoli di sorta. Successivamente viene ritirato il mandrino e si fissa la cannula. Si puo' verificare emorragia nella sede di incisione, che peraltro puo' ridursi o cessare con il posizionamento della cannula. False strade, enfisema sottocutaneo, sono dovuti ad errori tecnici durante le diverse fasi della procedura. E' bene accennare che la puntura della membrana cricotiroidea e' possibile effettuarla in condizioni di estrema urgenza, anche senza avere a disposizione un kit specifico, ma soltanto un agocannula di calibro adeguato (superiore a 16 gauge e un raccordo standard per tubo tracheale 3.5 che si adatta bene al cono dell'ago e permette il collegamento con un sistema di erogazione di ossigeno. Questa costituisce una pratica di emergenza ed alternativa, capace di mantenere la sopravvivenza del paziente, senza ristabilire una ventilazione efficace. Mancata stabilizzazione La persistenza dell'eventuale quadro clinico di shock dopo controllo delle eventuali perdite e reinfusione appropriata deve fare presupporre altre patologie d'urgenza : contusione cardiaca, tamponamento cardiaco, pneumotorace iperteso, shock spinale. I decessi per contusione cardiaca fortunatamente sono rari, anche perche' la contusione cardiaca e' una patologia la cui diagnosi si precisa prevalentemente in sede ospedaliera con controlli elettrocardiografici ed enzimatici seriati. Come primo trattamento deve essere tenuto presente quello delle aritmie che possono insorgere precocemente. L'osservazione delle vene del collo e' molto importante, se si presentano dilatate e congeste, polso piccolo, toni cardiaci lontani, effetto paradosso della pressione arteriosa (differenza sisto-diastolica superiore a 15 mmHg) si puo' sospettare una defaillance cardiogena primitiva e piu' precisamente un tamponamento cardiaco. Questo puo' essere sospettato anche in caso di frattura dello sterno o di piu' coste; il turgore giugulare dovrebbe far sospettare la diagnosi anche se in alcune situazioni puo' mancare specie in casi in cui coesiste una marcata ipovolemia. In caso di tamponamento cardiaco la pericardiocentesi puo' permettere l'evacuazione di 10-20 ml di sangue che possono migliorare in modo drammatico la funzione cardiaca. Ripetute pericardiocentesi o l'intervento chirurgico possono dominare un quadro di tamponamento cardiaco. L'aspirazione di un importante quantita' di sangue puo' significare l'entrata dell'ago in ventricolo. Instabilita' emodinamica associata a gravi difficolta' respiratorie deve far sorgere il sospetto di uno pneumotorace iperteso. Forse bene precisare che la totale scomparsa del murmure vescicolare non e' elemento sine qua non di pneumotorace poiche' vi puo' essere una falsa trasmissione del murmure attraverso la parete toracica. Esigere poi, in situazione di emergenza una conferma radiologica di pneumotorace, costituisce un errore gravissimo. In pratica e' la valutazione semeologica e clinica che deve guidare il trattamento in urgenza. Lo shock spinale e' evenienza che segue una lesione midollare e dipende dall'abolizione del tono simpatico con vasodilatazione periferica. Oltre che il riconoscimento tempestivo, non sempre facile specie nel paziente in stato comatoso , e' necessario instaurare un rimpiazzo volemico rapido per stabilizzare la condizione clinica talvolta in associazione all'uso di vasocostrittori. _______________________________________________________ 2 CRITERI DI INTERVENTO NEL SOCCORSO AL POLITRAUMATIZZATO (3^parte) _______________________________________________________ Corrado Cancellotti Aiuto Anestesia-Rianimazione - S. Agostino 8/h - 06024 Gubbio Cancellotti@infoservice.it Valutazione secondaria Una volta ottenuta la stabilizzazione clinica del paziente si passa ad una rapida valutazione testa-piedi. In questa fase e' necessario valutare con piu' accuratezza segni clinici che possono esssere associati a patologie gravi, rapidamente evolutive, cosi' da poter decidere una condotta terapeutica immediata o differibile ad un centro idoneo. L'ambito decisionale in questa fsase rimane tra lo "stay and play" e lo "scoop and run". Altro momento importante e' la verifica del corretto posizionamento e immobilizzazione del paziente sia per quanto riguarda il rachide che gli arti sedi di fratture al fine di minimizzare i rischi connessi al trasporto. Il trattamento dell'ipotermia e l'uso di terapia antalgica costituiscono altri interventi da considerare in questa fase. L'approfondimento della dinamica dell'incidente, nonche' la raccolta, ove possibile, di stringate notizie anamnestiche, chiudono questa seconda ultima fase. Immobilizzazione arti fratturati Diviene essenziale in questa fase il ricorso a procedure di stabilizzazione di fratture tramite lo steccaggio o i device disponibili, allo scopo di ridurre il movimento dei monconi di frattura, cosi' da ridurre il danno locale, il dolore, la perdita emorragica. Cio' e' essenziale per prevenire lesioni secondarie a carico di vasi e nervi ad opera di monconi ossei. Altresi' e' necessario evitare danni aggiuntivi manipolando con molta attenzione i capi ossei cosi' da evitare lacerazioni cutanee con la possibilita' di esporre fratture. Nei casi di fratture esposte ab inizio, e' necessario ricorrere ad abbondante lavaggio e all'utilizzo di garze sterili per ricoprire la sede della lesione. In caso di retrazione di un moncone esposto non conviene usare trazione o dispositivi a depressione. E' conveniente comunque rispettare le regole generali di immobilizzazione, riallineamento e trazione dell'arto, immobilizzazione della articolazione a monte e a valle della sede di frattura, valutazione neurologica distale e vascolare attraverso il reperimento dei polsi, sia prima che dopo l'immobilizzazione. E' buona norma l'effettuazione precoce di antibioticoterapia e terapia infusionale specie nelle fratture di ossa lunghe (femore). Prevenzione dell'ipotermia Altra misura essenziale e' il mantenimento della temperatura corporea, e per questo si deve intervenire attraverso la rimozione di abiti bagnati, la protezione dal vento e l'uso di teli metalloplastici e/o coperte specie nei soggetti anziani. Infatti con temperature corporee intorno ai 35 gradi si ha confusione mentale, brivido, intorno ai 30 gradi riduzione della ventilazione, cessazione del brivido e insorgenza di rigidita' muscolare e stato di semincoscienza e inferiori ai 30 gradi stato di coma, riduzione della frequenza cardiaca, insorgenza di eventi aritmici maggiori e paralisi respiratoria. Se l'ipotermia si instaura lentamente si ha brivido, aumento del consumo di ossigeno e sofferenza ipossica ; questi meccanismi endogeni non si attivano se l'insorgenza della ipotermia e' rapida. In ogni individuo ipotermico la rianimazione cardio polmonare puo' essere sospesa soltanto dopo che l'individuo e' stato riscaldato ( "Nobody is dead until warm and dead" Gregory ). La profilassi della ipotermia prevede alcune misure di riscaldamento che possono essere intraprese in ambiente pre-ospedaliero e che vanno dal liberare la vittima da indumenti bagnati, dall'uso di coperte semplici o di coperte termiche (in questi casi va ricordato che la parte argentata va rivolta verso il paiente). L'utilizzo del"paracadute termico" permette il riscaldamento dei gas respiratori ; l'apporto di aria calda ed umida avviene posizionando il dispositivo a monte della via inspiratoria. Un altro sistema, HEAT PACK , permette il riscaldamento attraverso dei tubi di circa 120 cm e di 12 di diametro che possono essere disposti intorno al torace del paziente o anche attraverso il riscaldamento di soluzioni di perfusione tramite un flusso di aria calda che viene convogliato in una apposita guaina ove sono contenute le infusioni. In ambito ospedaliero possono essere attivate tecniche maggiormente efficaci sempre attraverso il riscaldamento intorno ai 40 gradi dei gas respiratori, delle soluzioni endovenose, dei liquidi di lavaggio gastrico e intestinale, vescicale, peritoneale o di emodialisi, o attraverso il ricorso al riscaldamento esofageo con sonda e/o alla marconiterapia. Cosi' facendo e' possibile ottenere un innalzamento della temperatura approssimativamente di 2 gradi (da 34 a 36 gradi) con il semplice riscaldamento passivo, di 3-4 gradi (da 30 a 34 gradi) con la combinazione del riscaldamento passivo e tecniche di riscaldamento attivo esterno e di 4-6 gradi (da 30 gradi o temperature inferiori) con il riscaldamento attivo interno. Terapia antidolorifica Altro momento essenziale e' il trattamento del dolore nel paziente traumatizzato in stato di coscienza proprio per modulare la risposta metabolica innescata dal trauma. Il 37-40% non avverte subito dolore. Non e' ipotizzata con certezza l'origine del fenomeno, probabilmente per diversi autori e' suggestivo il rilascio di oppioidi endogeni, cosi' da poter sostenere un comportamento di fuga, di adattamento e/o sopraffazione al dolore. Le modalita' di utilizzo dei farmaci non sono quelle consuetudinarie, l'inizio puo' effettuarsi con FANS da solo o in associazione a benzodiazepine, o a decontratturanti o miorilassanti centrali. Sino al ricorso successivo, in caso di insuccesso ad analgesici maggiori. Nell'uso di questi ultimi e' buona norma evitare l'uso sequenziale di sostanze dotate di non identiche caratteristiche farmacologiche ovvero di effetti di antagonismo parziale, come si verifica nel caso di morfina, buprenorfina, inficiando l'effetto antalgico finale. Cio' che invece si deve puntualizzare e' la diversa modalita' di somministrazione dei farmaci, ovvero e' necessario : utilizzare gli analgesici a domanda "concedere" a ogni farmaco il tempo adeguato perche' possa agire e soltanto successivamente associa-re un farmaco adiuvante o sostituirlo con un altro farmaco permettere all'infortunato di trovare una posizione antalgica tentare sempre di fare diagnosi prima della somministrazione Il soccorso pediatrico Non e' raro nel bambino assistere a lesioni di organi interni in assenza di fratture ossee. E' essenziale mantenere una buona ventilazione nella rianimazione del bambino, dato che l'ipossia e' mal sopportata e costituisce di gran lunga la causa prima di arresto cardiaco. Per questo e' buona norma preoccuparsi subito di liberare le vie aeree, di sollevare la mandibola, senza iperestendere la testa che puo' far collassare la trachea priva dei supporti cartilaginei necessari e di ricorrere eventualmente all'intubazione orotracheale previa ventilazione adeguata, dato che potrebbe risultare difficoltosa la procedura. Il polso carotideo puo' essere non facilmente apprezzabile, per questo si puo' ricorrere alla palpazione di quello femorale o brachiale. Le vie di infusione preferenziali sono quella giugulare interna, femorale in assenza di lesioni addominali o del retroperitoneo. Eccezionalmente puo' essere indicata la via intraossea a livello della porzione prossimale della tibia o della porzione sovracondiloidea del femore. Il soccorso alla gravida Lo shock emorragico costituisce la principale causa di morte nella gravida. Quando la sintomatologia clinica si fa manifesta la perdita e' infatti imponente dato che la volemia e' aumentata in conseguenza della presenza del circolo feto-placentare. Necessita quindi di un rimpiazzo maggiore delle perdite. Inoltre la compressione cavale in posizione supina aggrava l'ipoperfusione con riduzione fino al 40% della gittata cardiaca. Quindi e' necessaria la posizione obbligata sul fianco sinistro per evitare la compressione. In caso che questa non sia possibile in relazione alla condizione dell'infortunata e' possibile ruotare direttamente la barella. Indici di gravita' nel politrauma Sono sistemi volti a effettuare un "triage" sul luogo dell'incidente cosi' da poter instaurare nel minor tempo possibile un soccorso adatto e congruo alla gravita' del caso. Abbreviated Injury Scale (AIS) AIS e' un sistema di punteggio anatomico introdotto nel 1969. Ha avuto successive revisioni, l'ultima delle quali nel 1990. Le lesioni sono classificate su una scala da 1 a 6. In seguito si sono avute diverse revisioni ; in AIS-76 e' stato introdotto un dizionario di piu' di 500 termini ; in AIS-80 si e' introdotta la distinzione tra danno ed outcome ed un nuovo rationale per la codifica delle lesioni cerebrali ; in AIS-85 sono state incluse le lesioni penetranti e una classificazione clinica per descrivere il danno toracico, addominale e vascolare ; in AIS-90 si e' suddiviso il coro in 6 regioni per facilitare la localizzazione e il punteggio di ogni singola lesione. 28,29 AIS Severity Codes 1 Minor 2 Moderate 3 Serious 4 Severe 5 Critical 6 Maximum (injury virtually Insurvivable). Organ Injury Scaling (OIS) E' stata sviluppata da Organ Injury Scaling Committee of the American Association for the Surgery of Trauma. Creato nel 1987, successivamente questo "score system" e' stato modificato. La scala e' graduata in 6 steps per ogni organo, con il livello 1 il meno severo, e il 6 il piu' severo, non compatibile con la sopravvivenza. Il protocollo originale comprende i codici ICD-9 associati. 23,24,25,26,27 Trauma Score (TS) E' l'indice piu' frequentemente usato, e' basato sulla rilevazione di quattro parametri fisiologici: pressione sistolica, riempimento capillare, frequenza respiratoria, espansione toracica, combinati con GSC. Il punteggio globale deriva dal totale dei numeri assegnati a ciascuna categoria. Lo "score" minore e' 1 che indica l'assenza della funzionalita' respiratoria, cardiaca e neurologica. Il massimo e' 16 che indica l'interessamento minimo delle strutture suddette. Il riempimento capillare e l'espansione toracica sono indici che, seppur in precedenza considerati, e' difficile valutare sul luogo dell'incidente, specie se di notte. In aggiunta il TS sottostima la gravita' dei traumi cerebrali. La revisione dell'indice ha portato al Revised Trauma Score. Revised Trauma Score (RTS) In questo caso i parametri da valutare sono tre : pressione sistolica, frequenza respiratoria e GCS. Lo "score" indirizza il clinico sulla destinazione verso cui avviare il politrauma. La sensibilita' dell'indice e' dell' 80% per cui almeno il 20% dei pazienti con grave trauma non viene identificato. Il limite di eta' al di sotto della quale il TS non e' ritenuto valido e' 12 anni. Glasgow Coma Score (GCS) Systolic Blood Pressure (SBP) Respiratory Rate (RR) Coded Value 3 -15 >89 10 - 29 4 9 - 12 76 - 89 >29 3 6 - 8 50 - 75 6 - 9 2 4 - 5 1- 49 1 - 5 1 3 0 0 0 RTS = GCS + SBP + RR Il range di valori va da 0 a12. Il RTS e' dinamico e puo' essere calcolato diverse volte durante il trattamento di un trauma cosi' da monitorizzare il miglioramento o meno della condizione e predire l'outcome. 30 Injury Severity Score (ISS) fissa un punteggio da 1 a 6 per ognuno dei 5 distretti corporei considerati : capo, volto, torace, addome, arti. Lo "score " del ISS e' costituito dalla somma dei 3 quadrati dei 3 punteggi AIS piu' alti in ognuna delle 3 aree piu' severamente colpite. Un esempio di come calcolare lo "score" dell' ISS e' riportato di seguito: Region Injury Description AIS Square Head & Neck Cerebral Contusion 3 9 Face No Injury 0 Chest Flail Chest 4 16 Abdomen Minor Contusion of Liver 2 Complex Rupture Spleen 5 25 Extremity Fractured femur 3 External No Injury 0 Injury Severity Score: 50 L'ISS "score" va da 0 a 75. Se ad una lesione e' assegnato un valore di 6 (lesione non compatibile con la sopravvivenza), l'ISS "score" viene automaticamente portato a 75. L'ISS e' virtualmente il solo sistema di punteggio anatomico che si correla in maniera lineare alla mortalita', morbidita', degenza e altre misure di severita' del trauma. 31 Trauma Revised Injury Severity Score (TRISS) Il TRISS usa un modello matematico basato sull'uso del TS e dell'ISS associati. E' uno scoring system basato sulla valutazione fisiologica, anatomica e sull'eta' per quantificare la probabilita' di sopravvivere relativa alla gravita' del trauma. Sulla base del TRISS si e' sviluppata la TRISS-CAN chart per stimare la qualita' dell'assistenza e dei soccorsi, includendo i dipartimenti di emergenza, l'elisoccorso, il servizio di soccorso terrestre ecc. Permette di valutare in maniera non emozionale o soggettiva il paziente che muore inaspettatamente, mettendo a fuoco ciascuna delle variabili intervenute nell'evento. 32 Trauma Index Revised (TIR) Prevede una valutazione immediata della gravita' del trauma che puo' essere effettuata anche dal personale paramedico dell'ambulanza. Presupposti dell'indice sono la rilevazione dei parametri vitali: cardiocircolatori, respiratori, e valutazione del sistema nervoso centrale. La superficie corporea e' suddivisa in regioni: cute, dorso, torace, capo addome ed arti riuniti in una unica soluzione. Il TIR si e' dimostrato accurato fino al 95% in relazione al rischio di morte. 33 Pediatric Trauma Score (PTS) Usa un punteggio basato su 3 valori (-1 +1 +2 ) e prende in esame le seguenti variabili: peso, pervieta' delle vie aeree, pressione sistolica, sistema nervoso centrale, presenza di fratture chiuse, esposte o multiple, ferite superficiali o penetranti. Si vengono a definire 3 categorie di piccoli pazienti: PTS pari a 8, mortalita' dello 0%, quelli con punteggio PTS pari a 0, mortalita' del 100%.. Tra 0 e 8 esiste una relazione lineare che correla la diminuzione del PTS con l'aumento potenziale di mortalita'. Quindi il PTS vuole non solo predire la gravita' del trauma, ma anche individuare i piccoli pazienti in imminente pericolo di vita e quindi permettere di affrontare in maniera piu' corretta possibile la loro ospedalizzazione. Glasgow Coma Score (GCS) E' costituito da una semplice scala per valutare i pazienti con danno cerebrale di diversa natura, non solo traumatica, basato sull'apertura degli occhi, sulla risposta verbale, e motoria. La scala e' stata validata comparando una seria di traumatizzati cranici di diversi Paesi, ed associandola ad altri dati clinici e' stato possibile predire l'outcome. Lo "score" e' valido per un approccio immediato al paziente e per un monitoraggio quotidiano dell'evoluzione della patologia. Il GCS va da un punteggio minimo di 3 a un massimo di 15. E' composto da tre parametri : migliore risposta oculare (Best Eye Response), migliore risposta verbale (Best Verbal Response), migliore risposta motoria (Best Motor Response). Un GCS pari a 12 e' una valutazione essenzialmente senza grande significato, dovendosi scomporre nelle componenti costituenti il punteggio (ad esempio : E3 V3 M3 = GCS 11) Uno "score" di 13 o piu' alto depone per una lesione cerebrale di lieve gravita', uno tra 9 e 12 di media gravita', inferiore a 8 di entita' severa.(34) Glasgow Coma Score (GCS) OCCHI aperti spontaneamente 4 aperti al comando verbale 3 aperti allo stimolo doloroso 2 nessuna risposta 1 RISPOSTA VERBALE orientata 5 confusa 4 parole sconnesse 3 suoni incomprensibili 2 nessuna risposta 1 RISPOSTA MOTORIA al comando verbale obbedisce 6 al dolore localizza 5 flessione-retrazione 4 flessione abnorme (rigidita' decorticata) 3 estensione (rigidita' decerebrata) 2 nessuna risposta 1 TOTALE 3 - 15 Glasgow Pediatric Coma Score (GPCS) Utilizza una scala simile alla precedente soltanto viene considerata diversamente, per ovvi motivi, la risposta verbale. (35) Glasgow Pediatric Coma Score (GPCS) OCCHI aperti spontaneamente 4 aperti al comando verbale 3 aperti allo stimolo doloroso 2 nessuna risposta 1 RISPOSTA VERBALE ride, segue i suoni, interagisce in maniera appropriata 5 piange ma e'consolabile, interagisce in maniera inappropriata 4 e' scarsamente consolabile, si lamenta 3 inconsolabile, si agita 2 nessuna risposta 1 RISPOSTA MOTORIA al comando verbale obbedisce 6 al dolore localizza 5 flessione-retrazione 4 flessione abnorme (rigidita' decorticata) 3 estensione (rigidita' decerebrata) 2 nessuna risposta 1 TOTALE 3 - 15 BIBLIOGRAFIA 1. Safar P Rianimazione cardio polmonare e cerebrale I Ed. Milano : Raffaello Cortina Editore, 1981 2. Padulsky, Efficacy of cervical spine immobilization J. Trauma 23 :461, 1983 3. Carter DC, Polk HC, Il paziente traumatizzato I Ed., Roma : Il pensiero Scientifico Ed., 1984 4. Cline JB A comparisation of methods of cervical immobilization used in patient, extrication and tra-sport Trauma 25 :649, 1985 5. Beretta L, Massei R Recenti acquisizioni in traumatologia cranica Milano : System Editoriale, 1986 6. Garetto G Medicina d'Urgenza I ed. Torino : CG Edizioni Medico Scientifiche, 1987 7. Lavaud J Rianimazione e trasporto d'urgenza in pediatria Milano : Masson, 1987 8. O'Leary JJ, Pollard BJ, Ryan MJ A method of detecting oesophageal intubation or confirming tracheal intubation Anaesthesia and Intensive Care 1988 ; 16 :299-301 9. Brain AIJ The Laryngeal Mask Airway. Prehosp & Disaster Med. 1989 ; 4.2 : 180 10. Sarna MC, Clapham MC Failed Tracheal Intubation Managed with Laryngeal Mask Airway. Ane-stesiology News (oct) 36 ; 1989. 11. Calder I, Ordman AJ et al. The Brain Laryngeal Mask Airway- An Alternative to Emergency Tra-cheal intubation. Anaesth. 1990 ;45 :137-139 12. Sarti A Rianimazione e terapia intensiva pediatrica I Corso di aggiornamento in rianimazione pe-diatrica, Firenze, 1992 13. Butterworth JF Atlante di tecniche di anestesia e terapia intensiva : I Ed. Roma : Verduci Editore, 1993 14. 7th International Trainig Course Repubblica S. Marino, 1993 15. 8th International Trainig Course Repubblica S. Marino, 1994 16. Vander Salm TJ, Bruce S. Cutler H. Breownell Wheeler Atlante di tecniche diagnostiche e terapeuti-che al letto del malato I Ed., Roma : Antonio Delfino Editore, 1994 17. Gullo A Aspetti di terapia Intensiva e Rianimazione Milano : Foglizza Editore, 1994 18. Fontanella JM, Carli P, Lamberg L et al. I materiali e le tecniche di rianimazione pre-ospedaliera Bologna : Ablet Image Ed. ,1995 19. Harvey D, Grant Robert H Murray Jr et al Pronto Soccorso e Interventi d'Emergenza I ed. italiana, Milano : Mc Graw Hill Italia, 1995 20. ESEM ( European Society For Emergency Medicine ) Concepts and Developments in Emergency Medicine Leuven (Belgium), May 29-June 6, 1996 21. Nardi R Cipolla D'Abruzzo C La responsabilita' del Medico in Medicina d'Urgenza e Pronto Soc-corso Torino : Centro Scientifico Editore, 1996 22. Troiso A. Salvini E., Barberio M. La Radiologia nell'Urgenza Origgio (VA), Arka s.r.l. 1998 : 229- 23. Albanese P, Cattarossi A, Diani A et Al : Prehospital Trauma Care Bologna : IRC, 1998 24. Moore EE, Shackford SR, Pachter HL, et al: Organ injury scaling - spleen, liver and kidney. J Trau-ma 29:1664, 1989. 25. Moore EE, Cogbill TH, Malangoni MA, et al: Organ injury scaling II: pancreas, duodenum, small bowel, colon and rectum. J Trauma 30:1427, 1990 26. Moore EE, Cognill TH, Jurkovich GJ, et al: Organ injury scaling III: chest wall, abdominal vascular, ureter, bladder and urethra. J trauma 33:337,1992 27. Moore EE, Malangoni MA, Cogbill TH, et al: Organ injury scaling IV: thoracic vascular, lung, car-diac and diaphragm. J Trauma 36:229, 1994 28. Moore EE, Cogbill TH, Jurkovich MD, et al: Organ injury scaling: spleen and liver (1994 revision). J Trauma 38:323, 1995 29. Copes WS, Sacco WJ, Champion HR, Bain LW, "Progress in Characterising Anatomic Injury", In Proceedings of the 33rd Annual Meeting of the Association for the Advancement of Automotive Me-dicine, Baltimore, MA, USA 205-218 30. Champion HR, SaccoWY, Denetta SH et al. Assesment of Injury Severity : The Triage Index. Criti-cal Care Medicine. 1980 ; 8 : 201-208. 31. Champion HR, Sacco J, Copes WG et al A revision of the Trauma Score J Trauma 1989 ; 29 :623-629 32. Backer CR, O'NeilB, Long WB The Injury Severity Score : A Method for Describing Patients with Multiple Injures and Evaluating Emergency Care. The Journal of Trauma, 1974 ; 14 : 187-196 33. Byal CR, Tolson MA, Cives WS Evaluating Trauma care : The TRISS Method. The journal of Trauma 1987 ; 27 ; 370-278. 34. Smith JS, Bartolomew MY, Trauma Index Revisisted : A Better Triage Tools. Critical care medicine 1990 ; 18 ; 174-180) 35. Tevas JY, Ramenohoky M, Mollih D. et al. The Pediatric Trauma Score as a Predictor of Injury Severity. The journal of Trauma ; 1988 ; 28 : 425-429. 36. Teasdale G, Jennet B, Assessment of Impaired Consciouness and Coma : A Practical Scale Lancet 1974 ; 2 :81-84. Informazioni sulla rivista ESIA-Italia EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY and CRITICAL CARE MEDICINE - Italia costituisce la parte Italiana della versione Americana, pubblicata su Internet da Keith J Ruskin, Professore di Anestesia alla Università di Yale. I lavori saranno accettati sia in lingua Italiana che Inglese. In quelli di lingua Italiana un corposo riassunto in Inglese verrà preparato dalla redazione, qualora l'autore non fosse in grado di fornirlo. A cura della redazione sarà inoltre la traduzione in Italiano dei manoscritti inviati in lingua Inglese. La rivista sarà inviata gratuitamente a tutti quelli che ne faranno richiesta, inviando il seguente messaggio "Desidero ricevere ESIA versione italiana" indirizzato a LANZA@MBOX.UNIPA.IT La rivista pubblica rewiews e lavori originali compiuti nei campi dell'anestesia e della medicina critica. I lavori originali riguardano ricerche cliniche, di laboratorio e la presentazione di casi clinici. Le reviews includono argomenti per l'Educazione Medica Continua (EMC), articoli di revisione generale o riguardanti le attrezzature tecniche. ESIA pubblica le lettere all'Editore contenenti commenti su articoli precedentemente publicati ed anche brevi comunicazioni. La guida per gli autori può essere consultata collegandosi al sito ANESTIT all'indirizzo: http://www.unipa.it/~lanza utilizzando la sezione riservata ad ESIA-Italia; oppure può essere richiesta inviando un messaggio a lanza@mbox.unipa.it EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY and CRITICAL CARE MEDICINE Sezione Italiana Il numero della rivista è anche ottenibile attraverso World-WideWeb WWW: l'URL per questo numero di ESIA è: http://www.unipa.it/~lanza/esiait/esit9902.txt Il nome della rivista è esitaamm, dove aa è l'anno ed mm il mese (per esempio questo numero è esit9902.txt) LA REDAZIONE DI ESIA ITALIA DIRETTORE: Vincenzo LANZA Primario del Servizio d'Anestesia e Rianimazione Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli Palermo LANZA@MBOX.UNIPA.IT Terapia Intensiva Antonio Braschi Primario del Servizio d'Anestesia e Rianimazione 1 - Policlinico S. Matteo - IRCCS Pavia Anestesia Cardiovascolare Riccardo Campodonico Responsabile dell'Unità di Terapia Intensiva Cardiochirurgica - Azienda Ospedaliera di Parma ricrob@mbox.vol.it Anestesia e malattie epatiche Andrea De Gasperi Gruppo trapianti epatici / CCM - Ospedale Niguarda - Milano Medicina critica e dell'emergenza Antonio Gullo Professore di Terapia Intensiva - Direttore del Dipartimento di Anestesia e Terapia Intensiva -Università di Trieste Anestesia ed informatica Vincenzo Lanza Primario del Servizio d'Anestesia e Rianimazione - Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli - Palermo Tossicologia Carlo Locatelli Direttore del Centro di Informazione Tossicologica Centro antiveleni di Pavia - Fondazione Scientifica "Salvatore Maugeri Clinica del Lavoro e della Riabilitazione"- Pavia Terapia Antalgica e Cure Palliative Sebastiano Mercadante Aiuto del Servizio d'Anestesia e Rianimazione - Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli - Palermo mercadsa@mbox.vol.it