__________________________________________________________________ __________________________________________________________________ ISSN 1080-3521 EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY and CRITICAL CARE MEDICINE - Italia - Il giornale italiano on line di anestesia Vol 4 No 1 GENNAIO 1999 __________________________________________________________________ __________________________________________________________________ Pubblicato elettronicamente da: Vincenzo Lanza, MD Servizio di Anestesia e Rianimazione Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli Palermo, Italy E-mail: (lanza@mbox.unipa.it) Keith J Ruskin, MD Department of Anesthesiology Yale University School of Medicine 333 Cedar Street, New Haven, CT 06520 USA Office: 203-785-2802 E-mail: ruskin@gasnet.med.yale.edu Copyright (C) 1996 Educational Synopses in Anesthesiology and Critical Care Medicine. All rights reserved. Questo rivista on-line può essere copiata e distribuita liberamente, curando che venga distribuita integralmente, e che siano riportati fedelmente tutti gli autori ed il comitato editoriale. Informazioni sulla rivista sono riportate alla fine. ________________________________________________________________ In questo numero: 1 Rapporto TQM : nuove tecnologie applicabili alla Medicina 2 CRITERI DI INTERVENTO NEL SOCCORSO AL POLITRAUMATIZZATO (1^parte) _______________________________________________________ 1 Rapporto TQM : nuove tecnologie applicabili alla Medicina _______________________________________________________ Vittorio Pedroni Servizio di Anest/Rian., Osp. Bellaria AUSL città di Bologna. v.pedroni@fe.nettuno.it Un sottoprodotto della ricerca militare apre nuovi orizzonti in campi non solo militari, ma anche civili. Si tratta di in velivolo a decollo verticale : un perfetto incrocio fra aereo ed elicottero, in grado di atterrare dappertutto, senza bisogno di piste. Le possibilità di impiego sono illimitate. Denominazione: Convertiplano (V-22 Osprey nella versione per i Marines degli Stati Uniti) Nato dalla ricerca della Bell (elicotteri) e della Boeing (aerei) è un velivolo V/Stoll, cioè capace di decollare e di atterrare in verticale o su piste molto corte. Adottato dal marzo 1996 dai Marines degli Stati Uniti, è già in costruzione per usi civili. Caratteristiche tecniche: Costo tra i 14 e 18 miliardi di lire Lunghezza: 17.5 metri Larghezza: 25.8 metri Altezza: 6.7 metri (nella versione militare) Capacità di carico: 24 militari o 12 barelle di soccorso Velocità massima: 565 Km/h Raggio operativo: 1. Con minimo carico: 3892 Km 2. Con massimo carico: 954 Km Quota massima di volo: 8000 Km Sistema di pilotaggio: è il primo aereo della classe Affari con un sistema di pilotaggio interamente elettronico, basato su grandi schermi a colori a cristalli liquidi a matrice attiva, come quella dei computer portatili più avanzati. Per il decollo e l'atterraggio assume la configurazione di un elicottero, e può quindi partire da qualsiasi superficie ristretta, mentre una volta sollevatosi, si trasforma in aereo turboelica in grado di volare a 500 Km l'ora per un raggio di quasi 1400 Km con almeno una decina di passeggeri a bordo. Vantaggi operativi rispetto all'elicottero: L'elicottero ha capacità di carico, velocità (max 250 Km/h) ed autonomia (2 h) molto limitate. Il convertiplano è molto piu' sicuro ed affidabile dell'elicottero: i prototipi di questo velivolo esistevano fin dal 1956, ma soltanto ora è entrato in produzione, grazie ai progressi nell'elettronica e nell'informatica, per il controllo dell'assetto e dei materiali strutturali. Tutte le operazioni sono controllate da una batteria di computer e da sistemi di guida fly by wire, cioè di comunicazione telematica tra le diverse parti dell'aereo. Ogni componente, compreso i computer è triplicato per assicurare la massima sicurezza anche in caso di duplici avarie dello stesso elemento. Se un motore entra in avaria l'altro trasferisce metà della propria potenza alle eliche del propulsore in panne, permettendo di continuare il volo. Anche nel caso si guastino entrambi i motori, il convertiplano non precipita: grazie alla sua aerodinamica puo' scendere in volo planato come un aliante ed atterrare in questo modo o, in mancanza di un aeroporto, scendere in autorotazione usando le eliche per frenare. Usi civili: 1. Trasporto passeggeri 2. Trasporto materiali 3. Mezzo antincendio 4. Ambulanza volante 5. Trasporto organi da trapiantare 6. Operazioni di protezione civile: puo' diventare una sala operatoria volante, un mezzo per evacuare rapidamente le persone in caso di disastri o per salvare naufraghi. Usi Militari: 1. Operazioni di assalto di truppe speciali 2. Pattugliamento di zone impervie 3. Operazioni di ricerca e salvataggio in mare fuori dalla portata dei comuni elicotteri 4. Guerra antisommergibile 5. Intelligence (ossia spionaggio) 6. Trasporto di uomini e mezzi Conclusioni: L'elicottero, usato per la prima volta come mezzo di soccorso durante la guerra del Vietnam, entro 5 anni sarà un mezzo obsoleto tecnicamente, meno sicuro e affidabile del convertiplano, con scarsa capacità di carico (2 barelle nella configurazione attuale*), che puo' essere aumentata solo a spese di una autonomia già limitata (circa 2 h di volo). [* Nella Regione Emilia Romagna vi sono 3 elicotteri, solo quello dislocato a Bologna può trasportare 2 feriti contemporaneamente, mentre quelli dislocati a Ravenna e a Parma possono trasportare un solo paziente, inoltre per essere più maneggevoli spesso volano senza aver fatto il pieno di carburante, ma con metà serbatoio, ciò oltre a ridurne l'autonomia aumenta i rischi per l'equipaggio e per il paziente] E' praticamente inutile quando i feriti sono piu' di 2 a causa della propria lentezza (max 250 Km/h): piuttosto che fare andata e ritorno è meglio utilizzare le ambulanze. A causa delle sue specifiche tecniche il raggio operativo è molto ridotto e quindi risulta inutilizzabile per trasporto degli organi e delle equipe nei trapianti, e per il trasporto di feriti in caso di megaincidenti, di disastri o di calamità naturali. Stessa cosa dicasi per il trasporto di materiali urgenti. L'utilizzo del Convertiplano consentirebbe di: 1. Trasportare fino a 12 feriti contemporaneamente 2. Trasportare equipe addette all'espianto di organi 3. Trasportare organi per trapianti in poco tempo a grandi distanze (es. Bologna-Taranto in meno di 2 h), con ovvie inplicazioni sull'esito del trapianto e sull'ampliamento dell'utilizzazione degli organi messi a disposizione da un singolo centro. 4. Trasportare materiali urgenti in maniera piu' efficiente in caso di calamità naturali (es. terremoti) o disastri (es. rottura di dighe, incidenti in impianti industriali chimici, incidenti in centrali termonucleari). Osservazioni: Sostituendo gli elicotteri con il convertiplano si otterranno ovvi vantaggi ad un costo uguale o inferiore (ne basterebbe solo uno nella Regione E.R.). In caso di disastri o di calamità naturali i convertiplani delle varie Regioni possono essere utilizzati contemporaneamente nella zona interessata, adibiti ad utilizzo di protezione civile, garantendo una notevole mole di lavoro e molteplici servizi sia nella fase acuta delle prime 24 h, che nell'arco di tutta la prima settimana, ( è una cosa ridicola che esista ancora il treno della Croce Rossa ). E' possibile superare il problema dei costi acquistandone uno solo per ogni Regione, sostitutivo degli elicotteri, oppure uno per piu' Regioni contemporaneamente (ad esempio uno per ogni Organizzazione Interregionale di Trapianto: in Italia vi sono 5 Centi Interregionali addetti all'organizzazione dei Trapianti d'Organo ), in questo caso integrativo degli elicotteri. Il costo potrebbe inoltre essere suddiviso nei budget del 118, delle Regioni interessate, e della Protezione Civile. Nel trasporto di organi per i Trapianti uno solo di questi velivoli sarebbe ad esempio in grado di trasportare con un solo volo un cuore da Bologna a Bari, ed al ritorno depositare un rene a Roma, un fegato a Firenze e l'altro rene a Pisa, con notevole semplificazione organizzativa, anche perché l'atterraggio avverrebbe direttamente nel plesso ospedaliero interessato. Note: Il V 22 Osprey è ufficialmente in dotazione ai Marines degli Stati Uniti dal marzo 1996, attualmente è in commercio come velivolo della classe Affari, la versione Ambulanza volante è già in produzione ed entro 3 anni diventerà lo standard a cui fare riferimento nei paesi industrializzati. Fra 5 anni sarà in dotazione all'Esercito Italiano. _______________________________________________________ 2 CRITERI DI INTERVENTO NEL SOCCORSO AL POLITRAUMATIZZATO (1^parte) _______________________________________________________ Corrado Cancellotti Aiuto Anestesia-Rianimazione - S. Agostino 8/h - 06024 Gubbio Cancellotti@infoservice.it Riassunto: il trattamento preospedaliero del politraumatizzato costituisce un momento cardine nel ridurre la morbidita’ e la mortalita’ di tale patologia complessa. La metodologia dell’approccio, rapida ma non per questo superficiale, l’aspetto valutativo tenuto sempre in primo piano, la capacita’ di interpretare in maniera critica l’evoluzione del quadro clinico, nonche’ quella di intervenire con manovre di emergenza essenziali al fine di ottenere una stabilizzazione, l’attenzione al particolare, costituiscono i caposaldi del trattamento "sul terreno". Il lavoro vuole essere una revisione metodologica sull’approccio al politrauma, cercando di identificare i momenti e le procedure critiche dell’intera fase extraospedaliera. Parole chiave : trattamento preospedaliero del trauma, procedure di emergenza, stabilizzazione del paziente Summary : the prehospital trauma care is very important to cut down the morbidity and mortality . The approach, rapid and absolutely no superficial, togheter the careful clinic evaluation and setting essential emergency manoeuvres are the basis of the treatment "on the field" to stabilize the patient. This review tries to make clear the rules and critical procedures in the prehospital trauma care. Key words : prehospital trauma care, emergency procedures, patient’s stabilization Introduzione Puo’ sembrare scontato ma e’ lecito definire il paziente politraumatizzato come il ferito con due o piu’ lesioni traumatiche gravi associate a deficit di circolo, respiratorio e/o di coscienza. Altrettanto scontato e’ ricordare che la patologia traumatica costituisce la prima causa di morte nella popolazione di eta’ inferiore ai 45 anni ; il 75% dei decessi si verifica in seguito ad incidenti stradali mentre il rimanente 35% accade in occasione di incidenti sportivi, domestici o sul lavoro. 14 Solo in Italia nel biennio 1990-91 sono stati registrati 339.647 incidenti stradali, per un totale di 453.805 feriti e 13.925 morti. 17 Schematicamente la mortalita’ per patologia traumatica presenta 3 picchi di incidenza : decessi immediati : si verificano nella prima ora di evoluzione ; le cause principali sono di tipo neurologico ( trauma cranico e midollare ) ed emorragico ( lesioni cardiache e dei grossi vasi ). decessi precoci : si osservano nei primi giorni di evoluzione per edema cerebrale, emorragie ed ipossia ( emopneumotorace con contusione polmonare in particolare ) ; decessi tardivi : si verificano dopo la prima settimana di ospedalizzazione principalmente a causa di problemi infettivi e di insufficienza multiorgano Morbilita’ e mortalita’ post-traumatiche possono essere influenzate da un trattamento finalizzato all’eliminazione delle cause dei decessi precoci, in particolare esse risultano influenzate da almeno due fattori, quali la qualita’ delle cure prestate direttamente sul luogo dell’incidente ed il tempo intercorso tra l’evento e le cure definitive in un centro idoneo. Quindi occorre elaborare e rendere operativo un sistema in grado di garantire : l’invio in tempi brevi sul luogo dell’incidente del mezzo piu’ idoneo in relazione alla gravita’ presenta dell’evento stesso, con personale addestrato e operante secondo sperimentati protocolli ; trasporto protetto del paziente stabilizzato al centro identificato come piu’ idoneo al trattamento delle patologie presumibilmente in atto (non necessariamente il piu’ vicino) ; organizzazione dei servizi di pronto soccorso secondo un modello dipartimentale, in grado di fornire un approccio mutidisciplinare con percorsi diagnostico-terapeutici prestabiliti. Il dipartimento costituisce l’anello di congiunzione ideale tra territorio e ospedale. MODELLI OPERATIVI NEL SOCCORSO EXTRAOSPEDALIERO L’ estricazione L’ asportazione del casco Valutazione primaria L’ immobilizzazione precoce L’ estricazione Le manovre di estricazione possono rendersi necessarie o per una condizione di non collaborazione del paziente (estricazione propriamente detta) o per una evidente lesione cervicale o anche semplicemente un sospetto di lesione (estricazione di protezione). Inoltre le condizioni del paziente possono deteriorarsi per l’incarcerazione di arti nel veicolo, per emorragie evidenti o meno, per l’impossibilita’ di accesso, di monitorizzazione, di soccorso. Infatti l’air-bag e/o cinture di sicurezza limitano il danno da contatto (dovuto al brusco incremento della velocita’ di impatto) non quello da intrusione (derivante dalla forza d’urto esercitata sulla struttura del veicolo) responsabile dei fenomeni di incarceramento. In queste condizioni dunque, fino a quando non si e’ effettuata l’estricazione, solo misure semplici e diverse da situazione a situazione, possono essere intraprese al fine di evitare il danno secondario derivante da ipossia, ipovolemia, ipercapnia, ipotermia, lesioni midollari. Da aggiungere anche, che in situazioni particolari si pone l’indicazione ad una estricazione rapida come in caso di arresto cardio-circolatorio, grave rischio ambientale, traumi penetranti emodinamicamente instabili. In queste circostanze e’ consigliata la manovra di Reutek che puo’ presentare un approccio laterale o posteriore. E’ effettuata da un unico soccorritore che si pone, nel primo caso, a lato del ferito facendo passare il proprio arto superiore destro dietro le spalle dell’infortunato, sotto l’ascella destra del medesimo ad afferrare la mano sinistra. L’altro braccio, fatto passare al di sotto dell’ascella sinistra va ad afferrare ed immobilizzare la branca mandibolare. L’estrazione avviene facendo compiere preventivamente una rotazione sul sedile cosi’ da presentare il paziente con le spalle alla portiera. Nel secondo caso il soccorritore si pone dietro al ferito facendo sempre passare il proprio arto superiore destro sotto l’ascella destra dell’infortunato ad afferrare la mandibola. L’arto superiore sinistro del soccorritore viene posto sotto l’ascella sinistra della vittima e va ad afferrare il polso destro che sostiene anche l’avambraccio sinistro della vittima. L’estricazione avviene trazionando verso l’alto il paziente, mantenendo sempre la testa e il torace ben aderente al corpo del soccorritore. In situazioni particolari infine e’ opportuno il ricorso al roll-over, caratterizzato da una serie combinata di manovre da attuarsi per ottenere l’allineamento della vittima , allorche’ venga reperita in posizione diversa da quella supina. Necessita la tecnica di quattro soccorritori:  un team leader che si posiziona alla testa e la immobilizza, un primo soccorritore che si posiziona a contatto con il dorso del paziente e pone una mano a contatto della spalla e l’altra a contatto del bacino, un secondo soccorritore che si porta a fianco dell’ultimo con una mano a livello del bacino e l’altra sulla cosscia. Infine l’ultimo soccorritore si pone a livello dei piedi e li mantiene allineati, effettuando una modica trazione. La rotazione avviene su comando del team leader, il fulcro e’ costituito dallo stesso e dall’ultimo soccorritore, il "motore" dai soccorritori rimanenti. L’ asportazione del casco Un soccorritore esegue immediatamente la stabilizzazione manuale del rachide facendo presa sul casco stesso, mentre un altro rimuove la visiera e slaccia il sottogola, quindi inserendo una mano sotto il collo e l’altra sul viso con il pollice e l’indice sulle arcate zigomatiche e il mignolo che sorregge la branca orizzontale della mandibola sostituisce il collega nella stabilizzazione del rachide. Il collega a questo punto puo’ rimuovere il casco, prima lo allarga, quindi lo sfila all’altezza dei padiglioni auricolari, eseguendo poi una rotazione verso l’avanti, lo rimuove ; nel caso di un casco integrale la stabilizzazione del rachide viene eseguita posizionando la mano in corrispondenza delle due branche orizzontali della mandibola, il cassco deve quindi essere sfilato fino al naso per farlo ruotare anteriore per evitare che il naso possa incastrarsi sulla parte inferiore del casco quindi si procede come precedentemente descritto. Rimosso il casco il soccorritore che esegue l’immobilizzazione sposta la mano inferiore dal collo alla nuca ; tale spostamento deve essere eseguito appena la nuca viene liberata dal casco. Il soccorritore che ha rimosso il casco va quindi a sostituire il collega, eseguendo un’immobilizzazione bimanuale del rachide permettendogli di posizionare il collare cervicale. Valutazione primaria L’aspetto principale e’ quello ricognitivo, ovvero di controllo primario del paziente al fine di approntare le terapie rianimatorie piu’ idonee. In ogni caso la finalita’ e’ quella di perfondere al meglio i tessuti con sangue ben ossigenato. In caso di arresto cardio-respiratorio vanno intraprese le manovre rianimatorie consuetudinarie soltanto se l’infortunato non presenta trauma gravi evidenti. Particolare attenzione merita la colonna cervicale la cui lesione va sospettata in tutti i traumi maggiori con il soggetto in stato di incoscienza. E’ buona norma comportarsi in queste situazioni come se l’infortunato fosse portatore di lesione cervicale e quindi usaretutte le precauzioni e cure del caso. L’ immobilizzazione precoce La posizione neutra L’assunzione della posizione neutra a livello cervicale, e’ essenziale nel soccorso e basilare per le procedure di immobilizzazione. E’ possibile verificarla considerando i seguenti punti : sguardo rivolto in avanti meato uditivo ed acromion allineati linea ideale passante per gli occhi e linea ideale passante a livello del torace perpendicolari In generale, l’immobilizzazione del rachide viene eseguita con il soccorritore che si pone posteriormente al paziente stesso, quando questo non e’ possibile si inserisce una mano posteriormente alla testa e si immobilizza la nuca, quindi si pone l’altra mano sul volto del paziente il pollice e l’indice in sede zigomatica il medio in corrispondenza della branca orizzontale della mandibola, tale manovra permette una buona immobilizzazione del rachide, nel corso di tale manovra bisogna non appoggiare il gomito della mano che cinge la testa sul torace del paziente. Con il paziente in posizione supina e’ necessario che l’immobilizzazione avvenga con il soccorritore sdraiato alle spalle del paziente con entrambe le mani che immobilizzano il collo con i pollici in corrispondenza dello zigomo. (la posizione sdraiata e’ quella che affatica meno il soccorritore e permette di eseguire e mantenere una posizione piu’ stabile, tale manovra non deve essere particolarmente violenta in quanto in corrispondenza della porzione laterale del collo passa il fascio vascolonervoso). Il collare cervicale funzione e posizionamento Il posizionamento del collare cervicale deve essere preceduto da una valutazione della zona in cui questo verra’ posto. Il collare serve ad evitare la compressione del rachide cervicale ricordando che ogni movimento del paziente puo’ ripercuotersi sulla stabilita’ di tutto il rachide. I collari cervicali a seconda del tipo poggiano inferiormente sulle spalle o sulle spalle e il dorso. I collari superiormente poggiano sulla porzione inferiore del ramo orizzontale della mandibola. La funzione principale e’ quella di ridurre il carico del rachide. La funzione secondaria e’ quella di impedire i movimenti del rachide (si evitano le lesioni da scomposizione di fratture o sezione del midollo da dislocazione vertebrale) Posizionato il collare cervicale e’ necessario controllare che non si sia venuta a creare una compressione tracheale, inoltre e’ necessario avere sempre a disposizione un aspiratore (per proteggere le vie aeree da eventuali episodi di vomito o per prevenire un’insufficienza respiratoria da ostruzione secondaria alla presenza di secrezioni o sangue). Molto importante e’ la valutazione delle dimensione del collare. E’ corretto misurare la distanza tra la sommita’ delle spalle (muscolo trapezio) e la porzione inferiore del mento. Questa costituisce la key dimension che va trasferita al collare posizionando le dita lateralmente, a livello delle finestre di dimensionamento, con la parte inferiore delle medesime sul margine inferiore del collare cosi’ da identificare il limite superiore a livello della finestra adatta. Si aggiusta il supporto del mento sino alla dimensione corretta e si fissano entrambe le parti del collare. Nel caso di impossibilita’ al posizionamento del collare cervicale e’ necessario eseguire un’immobilizzazione nelle condizioni in cui si e’ trovato il paziente. Un soccorritore blocca il rachide cervicale, un secondo blocca il rachide toracico (una mano sul torace ed una sulla schiena ) sposta in avanti, leggermente il paziente. Si inserisce l’asse spinale, quindi si blocca il torace, l’addome per ultima la testa. La testa viene bloccata posizionando lateralmente due cuscini, o rotoli, un soccorritore esegue il blocco anteriore del rachide cervicale ; il soccorritore che in un primo tempo ha eseguito il blocco posteriore adesso esegue il fissaggio della testa sull’asse spinale. In relazione alla posizione assunta dal paziente si possono usare cuscini di diverse dimensioni per effettuare una migliore immobilizzazione. Utilizzo dell’asse rigido di sostegno lungo Un’adeguata immobilizzazione del rachide impedisce ogni movimento della testa in qualsiasi direzione. Il collare cervicale non e’ sufficiente alla immobilizzazione in toto del rachide cervicale, per cui deve essere impiegato in associazione a dispositivi; l’impiego di tali attrezzature e’ anche legato alle condizioni in cui il paziente si trova al momento del soccorso : in linea di massima se sdraiato si impieghera’ l’asse spinale, se seduto il KED o altre attrezzature similari. Per impedire il movimento del rachide in toto verso il basso si bloccano le spalle del paziente, per evitare movimenti verso l’alto si deve bloccare il paziente sotto le ascelle e/o a livello dell’inguine, per evitare i movimenti di lateralita’ bisogna bloccare il torace trasversalmente e la zona iliaca. L’immmobilizzazione del torace avviene tramite cinture che passano traversalmente sul torace o che si incrociano sul torace o tramite spallacci. Le cinture che bloccano il torace non devono mai essere utilizzate per bloccare gli arti superiori. Il malposizionamento delle cinture in sede toracica e addominale oltre a rendere inefficace l’immobilizzazione puo’ causare difficolta’ respiratoria. In caso di frattura della clavicola e’ necessario utilizzare le cinture incrociate in quanto altri tipi di cinture potrebbero disingranare la frattura stessa con rischio di lesione della pleura e del polmone sottostante. Quando si posizionano le cinture addominali queste devono essere poste trasversalmente sopra le creste iliache e mai in corrispondenza dell’addome superiore. Le cinture toraciche impediscono prevalentemente i movimenti in senso verticale, le addominali i movimenti di lateralita’. E’ possibile il ricorso a un sistema di cinture costituite da una cinta longitudinale ancorata all’estremita’ dell’asse spinale da altre due , su cui si inseriscono quattro cinte trasversali, garantendo una maggiore immobilizzazione del paziente. Allo stesso scopo e’ ritenuto valido anche un sistema di imbragatura per le spalle che si adatta all’asse spinale e che permette una ottima stabilizzazione longitudinale del paziente, riservando quella trasversale all’uso consuetudinario di normali cinte. Alcuni propongono un sistema di ancoraggio con due cinte "a spirale". Eseguita la stabilizzazione del rachide dorsale e lombare si esegue la stabilizzazione della testa. Durante tutto il periodo di stabilizzazione il soccorritore che regge il capo non abbandona mai la sua posizione, anche dopo avere posizionato il collare cervicale. Una volta posizionato sull’asse spinale tra la nuca del paziente e la superficie dell’asse si viene a creare uno spazio che deve essere colmato con un cuscino basso o con dei teli ripiegati. Tali teli o cuscini devono essere posti sempre dietro la nuca, mai sotto al collo. Nei bambini, in cui esiste una sproporzione tra le dimensioni della testa ed il corpo questo rialzo deve essere posto dietro le spalle. L’impiego delle sole cinture non permettte un’adeguata immobilizzazione della testa, in quanto potrebbero scivolare, questo anche per la conformazione anatomica della testa stessa. Per eseguire l’immobilizzazione della testa si utilizzano le zone temporo-parietali della testa stessa in quanto formano unitamente alla mandibola e agli zigomi una superficie relativamente piatta. Le cinghie che bloccano la testa devono permettere sempre l’apertura della bocca e non devono comprimere il collo. La cintura che immobilizza la fronte per essere correttamente posizionata deve passare sopra le arcate sopraciliari, la cintura inferiore invece deve passare in corrispondenza del bordo inferiore del collare cervicale. A questo punto si procede al blocco degli arti inferiori. Tale blocco si inizia fissando i piedi tra loro, si prosegue bloccando le ginocchia e posizionando le cinghie 10 cm sopra l’articolazione. Per rendere ancora piu’ stabile il blocco del paziente e’ possibile utilizzare una terza cintura che viene posta sulle ganbe a circa 20 cm sotto l’articolazione del ginocchio. Eseguito il fissaggio e’ necessario controllare la circolazione degli arti onde prevenire disturbi alla circolazione stessa legati alla presenza di cinghie troppo strette. Si possono anche porre lateralmente alla gambe due lenzuoli arrotolati. Per evitare poi lo scivolamento in avanti del paziente che talvolta si verifica, e’ necessario bloccare anche le mani, fissando i polsi all’asse uno per lato, oppure utilizzando una cintura che passando trasveralmente sull’addome li blocchi entrambi. Prima di eseguire il posizionamento del paziente sull’asse spinale bisogna assicurarsi che non vi siano frattue agli arti. Il materassino a depressione o "materassino conchiglia" e’ concepito per l’immobilizzazione e la contenzione dell’intero corpo, realizzando in modo semplice e rapido un blocco unico tra materasso e paziente. E’ costituito da un sacco impermeabile in tela vulcanizzata o in tessuto sintetico, che misura all’incirca 1 m di larghezza e 2 m di lunghezza. Contiene all’interno delle biglie di polistirolo ripartite in scomparti da un sistema di distribuzione che assicura uno spessore omogeneo del materassino. Una valvola permette di creare, grazie all’uso di una pompa o di un aspiratore , il vuoto necessario per l’indurimento del materassino, che avviene per compattamento delle biglie. Otto impugnature laterali facilitano la presa durante gli spostamenti anche se e’ considerato un sistema migliore effettuare il trasferimento con il materassino posto su di un asse spinale. Grazie all’applicazione del vuoto e alla compattazione del materiale e’ possibile immobilizzare, fissare, sollevare, trasportare il paziente in qualsiasi posizione : supina, semiseduta, seduta mantenendo l’allineamento della testa, del collo, del tronco. La barella a cucchiaio e’ costuita da una struttura metallica tubulare che puo’ essere allungata da 168 a 291 cm ed e’ scomponibile longitudinalmente in due parti che vengono fatte scivolare, di lato, sotto al ferito. Una volta che entrambe le componenti vengono agganciate tra loro, si puo’ sollevare il paziente senza averlo spostato. La manovra in assoluta sicurezza puo’ essere fatta da un numero minimo di soccorritori (due). La barella, aperta, viene disposta con le due meta’ lateralmente al paziente con la parte piu’ larga a livello del capo. Queste vengono fatte scorrere sotto al paziente per essere poi riagganciate. Si consiglia l’uso di cinte di fissaggio durante il trasporto (almeno tre).Tuttavia e’ conveniente, per maggior sicurezza, trasferire il ferito su una tavola spinale e con questa operare il trasporto. Utilizzo dell’asse rigido di sostegno corto e dei dispositivi di estricazione flessibili In alcune situazioni un paziente con una possibile lesione spinale non puo’ essere immediatamente assicurato a un’asse lunga di sostegno spinale. Ad esempio il paziente potrebbe essere seduto su un veicolo, oppure se disteso, potrebbe essere necessario farlo sedere, per liberarlo o ancora l’infortunato potrebbe semplicemennte trovarsi in uno spazio troppo angusto per utilizzare una tavola spinale. In queste situazioni il paziente potra essere assicurato a un’asse corta di sostegno o a un dispositivo di estricazione fino a quando non potra’ essere trasferito su un’asse spinale o dispositivo analogo.Un’asse corta di sostegno non e’ altro che una versione ridotta di una tavola spinale. E’ caduto in disuso l’uso della medesima in relazione alla struttura dei sedili delle auto attuali "a panca" o "a poltrona" i cui schienali arrotondati permettono un uso difficoltoso di un’asse piatta. Piu’ utilizzati sono dispositivi a corpetto costituiti da una attrezzatura flessibile che ben si adatta alla immobilizzazione di pazienti con possibili lesioni alla colonna cervicale. Sia che si utilizzi un'asse corta di sostegno che un dispositivo flessibile di estricazione e’ necessario che le operazioni vengano eseguite secondo un ordine ben preciso, assicurando in genere prima il tronco e per ultimo la testa. Questo approccio consente di mantenere una maggiore stabilita’ durante tutto il processo di immobilizzazione e contribuisce a prevenire una possibile compressione della colonna cervicale.Prima di posizionare ogni dispositivo e’ necessario valutare la schiena, le scapole le braccia e le clavicole e verificare eventuali lesioni. In caso di utilizzo di cinghie con fibbie, queste non dovrebbero esser posizionate al centro dello sterno, in quanto potrebbero interferire con un corretto posizionamento delle mani qualora si renda necessaria una rianimazione cardio-polmonare. Altra accortezza: non devono mai essere applicati sottogola dato che possono impedire al paziente l’apertura della bocca in caso di vomito. E’ buona norma fissare secondo una sequenza prestabilita le cinghie, prima in genere si allaccia la cinghia centrale del corpetto, poi quella inferiore, quindi quelle delle gambe, per ultima la cinghia superiore. Si procede poi al fissagio del capo alle alette del dispositivo. Controllo delle vie aeree Se si rende necessaria l'intubazione, questa puo' essere effettuata per via oro o naso tracheale ; nei gravi traumi cranio-facciali va preferenzialmente scelta la via orotracheale, dato che l'altra via puo' facilitare l'entrata in fossa cranica posteriore (qualora vi sia lesione a questo livello, che puo' essere so-spettata dalla presenza di otorragia o otoliquorrea). Per confermare il corretto posizionamento del tubo si ricorre alla valutazione ascultatoria che puo' essere integrata da particolari device : EDD (Esophageal Detector Device) e EASY CAP (rilevatore colorimetrico di CO2). Il primo ( costituito da una siringa dotata di un adattatore da 15 mm per tubo endotracheale (AMBU Tube Check) o da un bulbo di rilevazione, sempre dotato di connettore da 15 mm per il collegamento al tubo endotracheale (AMBU Tube-check-B) sfrutta le differenze anatomiche presenti a livello esofageo e tracheale. Nel primo caso le pareti esofagee essendo molli, collabiscono allorche si aspira con la siringa e si crea il vuoto. Non cosi' succede se il tubo e' posto in trachea e cio' e' dovuto alle pareti tracheali che, presentando l'impalctura cartilaginea, non collabiscono. L'EASY CAP e' invece un dispositivo monouso che fornisce una misurazione semiquantitativa della CO2 . Un indicatore chimico reagisce istantaneamente con la ETCO2 variando il proprio colore durante la fase espiratoria. Il colore appare nella parete centrale del dispositivo, viene comparato a una scala colorimetrica di riferimento presente all'intorno della camera di lettura e composta da tre settori con valori di ETCO2 inferiori a 4 mmHg, compresi tra 4 e 15 mmHg e tra 15 e 38 mmHg. Puo' essere utile l'uso di PTL (Pharingeal lumen airway) in condizioni di emergenza e di intubazione difficoltosa. E' costituito da un tubo lungo simil-tracheale di diametro collocato all'interno di un altro tubo piu' corto e di maggior diametro; la parte distale del tubo lungo una volta posizionato puo' aprirsi in trachea o in esofago, mentre la parte distale del tubo breve si apre in retrofaringe sopra l'epiglottide. Se il tubo lungo e' posizionato in trachea esso funziona come un comune tubo endotracheale, viceversa se posizionato in esofago come un comune otturatore esofageo evitando il rigurgito di materiale gastrico e permettendo, attraverso il tubo breve un'ossigenazione piu' efficace rispetto alla tradizionale AMBU e maschera. Attualmente sono disponibili anche maschere laringee (LMA Laringeal Mask Airway) [LMA Web Page] che sono dispositivi che si pongono con la punta a contatto con l'apertura esofagea superiore, con i lati a livello delle fosse piriformi e con il margine superiore aderente alla base della lingua. Queste possono essere inserite sia nel paziente sveglio o in coma. Certamente la maschera laringea non puo' prevenire uno spasmo laringeo, e va utilizzata in condizioni di emergenza quando sono falliti altri tentativi di gestione delle vie aeree. La maschera, anche se ben posizionata, non previene l'eventuale inalazione di rigurgito gastrico nelle vie aeree. In caso che si renda necessaria un'assistenza respiratoria e' possibile utilizzare un nuovo dispositivo COPA (Cuffed Orofapharingeal Airway) costituito da una cannula di Guedel con all'estremita' una cuffia. ampia ed appiattita posteriormente e piu' piccola e stretta anteriormente. Una volta posizionata, l'insufflazione fa aderire la cuffia alla base della lingua e al faringe elevando contemporaneamente, ed in maniera passiva l'epiglottide rendendo cosi' pervie le vie aeree. L'estremita' prossimale del dispositivo presenta un connettore standard di 15 mm e un adattatore che ha la funzione di salvadenti e di stabilizzatore del device tramite apposite cinghie. Anche la COPA va utilizzata nei pazienti con depressione dei riflessi faringei in situazioni di emergenza quando sono falliti altri tentativi di gestione delle vie aeree; non previene l'eventuale inalazione di materiale gastrico nelle vie aeree. Tipologia delle lesioni Importanza prioritaria e' assunta dalla valutazione della funzione polmonare gia' sul luogo dell'incidente. Se ignorate, le lesioni toraciche possono essere fonte di gravi conseguenze specie se si rivelano in tempi successivi, magari durante un intervento chirurgico per un trauma cranico o addominale. In queste circostanze e' fondamentale ricostruire la dinamica dell'incidente, e definire la tipologia probabile delle lesioni. In caso di impatto a bassa velocita' sono frequenti fratture costali, sternali, contusione polmonare o cardiaca con associate lesioni epatiche o spleniche dovute a fratture dalla 6 alla 12 costa. Viceversa in caso di impatto ad alta velocita' sono prevalenti le lesioni dovute a decelerazione per cui la gabbia toracica puo' presentarsi intatta, oppure si puo' verificare frattura sternale con o senza volet costale anteriore. E' possibile la rottura aortica, quella delle vie aeree, la rottura diaframmatica. Frequentemente si presentano associate la lacerazione epatica o splenica, trauma cranico e fratture delle ossa lunghe. In caso di schiacciamento prevalgono le fratture costali bilaterali antero-posteriori con o senza voilet costale, oltre alla lesioni precedentemente ricordate. Non sempre comunque l'assenza di lesioni visibili della gabbia toracica si associa all'assenza di lesioni intratoraciche gravi. Altrettanto importante e' ricordare che lacerazioni cardiache o dei grossi vasi con emorragie interrotte dal tamponamento possono divenire rapidamente fatali dopo la risalita della pressione arteriosa. Oltre alla dinamica dell'incidente sono da tenere in considerazione alcune lesioni evocatrici di lesione toracica maggiore: l'associazione di lesione craniche ed addominali segni di shock ipovolemico con distensione delle vene del collo in assenza di rigonfiamento addomi-nale o di lesione delle ossa lunghe asimmetria nell'espansione della gabbia toracica, deviazione della trachea dall'asse mediano, distress respiratorio, enfisema sottocutaneo In ogni caso vanno sempre e rapidamente attuate misure di supporto ventilatorio tramite somministrazione di ossigeno in maschera e di reintegro volemico. L'entita' delle perdite puo' venire sottovalutata specie qualora coesistano piu' fratture ( femore, gamba, pelvi ). ________________________________________________________________________ Informazioni sulla rivista ESIA-Italia EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY and CRITICAL CARE MEDICINE - Italia costituisce la parte Italiana della versione Americana, pubblicata su Internet da Keith J Ruskin, Professore di Anestesia alla Università di Yale. I lavori saranno accettati sia in lingua Italiana che Inglese. In quelli di lingua Italiana un corposo riassunto in Inglese verrà preparato dalla redazione, qualora l'autore non fosse in grado di fornirlo. A cura della redazione sarà inoltre la traduzione in Italiano dei manoscritti inviati in lingua Inglese. La rivista sarà inviata gratuitamente a tutti quelli che ne faranno richiesta, inviando il seguente messaggio "Desidero ricevere ESIA versione italiana" indirizzato a LANZA@MBOX.UNIPA.IT La rivista pubblica rewiews e lavori originali compiuti nei campi dell'anestesia e della medicina critica. I lavori originali riguardano ricerche cliniche, di laboratorio e la presentazione di casi clinici. Le reviews includono argomenti per l'Educazione Medica Continua (EMC), articoli di revisione generale o riguardanti le attrezzature tecniche. ESIA pubblica le lettere all'Editore contenenti commenti su articoli precedentemente publicati ed anche brevi comunicazioni. La guida per gli autori può essere consultata collegandosi al sito ANESTIT all'indirizzo: http://www.unipa.it/~lanza utilizzando la sezione riservata ad ESIA-Italia; oppure può essere richiesta inviando un messaggio a lanza@mbox.unipa.it EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY and CRITICAL CARE MEDICINE Sezione Italiana Il numero della rivista è anche ottenibile attraverso World-WideWeb WWW: l'URL per questo numero di ESIA è: http://www.unipa.it/~lanza/esiait/esit9901.txt Il nome della rivista è esitaamm, dove aa è l'anno ed mm il mese (per esempio questo numero è esit9901.txt) LA REDAZIONE DI ESIA ITALIA DIRETTORE: Vincenzo LANZA Primario del Servizio d'Anestesia e Rianimazione Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli Palermo LANZA@MBOX.UNIPA.IT Terapia Intensiva Antonio Braschi Primario del Servizio d'Anestesia e Rianimazione 1 - Policlinico S. Matteo - IRCCS Pavia Anestesia Cardiovascolare Riccardo Campodonico Responsabile dell'Unità di Terapia Intensiva Cardiochirurgica - Azienda Ospedaliera di Parma ricrob@mbox.vol.it Anestesia e malattie epatiche Andrea De Gasperi Gruppo trapianti epatici / CCM - Ospedale Niguarda - Milano Medicina critica e dell'emergenza Antonio Gullo Professore di Terapia Intensiva - Direttore del Dipartimento di Anestesia e Terapia Intensiva -Università di Trieste Anestesia ed informatica Vincenzo Lanza Primario del Servizio d'Anestesia e Rianimazione - Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli - Palermo Tossicologia Carlo Locatelli Direttore del Centro di Informazione Tossicologica Centro antiveleni di Pavia - Fondazione Scientifica "Salvatore Maugeri Clinica del Lavoro e della Riabilitazione"- Pavia Terapia Antalgica e Cure Palliative Sebastiano Mercadante Aiuto del Servizio d'Anestesia e Rianimazione - Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli - Palermo mercadsa@mbox.vol.it