__________________________________________________________________ __________________________________________________________________ ISSN 1080-3521 EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY and CRITICAL CARE MEDICINE - Italia - Il giornale italiano on line di anestesia Vol 3 No 02 FEBBRAIO 1998 __________________________________________________________________ __________________________________________________________________ Pubblicato elettronicamente da: Vincenzo Lanza, MD Servizio di Anestesia e Rianimazione Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli Palermo, Italy E-mail: (lanza@mbox.unipa.it) Keith J Ruskin, MD Department of Anesthesiology Yale University School of Medicine 333 Cedar Street, New Haven, CT 06520 USA Office: 203-785-2802 E-mail: ruskin@gasnet.med.yale.edu Copyright (C) 1996 Educational Synopses in Anesthesiology and Critical Care Medicine. All rights reserved. Questo rivista on-line può essere copiata e distribuita liberamente, curando che venga distribuita integralmente, e che siano riportati fedelmente tutti gli autori ed il comitato editoriale. Informazioni sulla rivista sono riportate alla fine. ________________________________________________________________ In questo numero: 1 ROTAZIONE DEGLI OPPIODI 2 INTOSSICAZIONE DIGITALICA AD ESITO FATALE: caso clinico 3 Valutazione delle variazioni emodinamiche in corso di laparoscopia ginecologica mediante la sonda doppler esofagea (ODM2) _______________________________________________________ 1 ROTAZIONE DEGLI OPPIODI _______________________________________________________ S. Mercadante Servizio di Anestesia e Rianimazione - Ospedale Buccheri La Ferla F.B.F. - Palermo, Italia e-mail:mercadsa@mbox.vol.it La maggior parte dei pazienti con cancro presentano sindromi dolorose che richiedono l' uso degli oppioidi. Il dolore da cancro può essere controllato con l' uso degli oppioidi somministrati per via orale, ad orari regolari e con dosi al bisogno per i picchi di dolore, secondo le linee guida dell' OMS. Alcuni pazienti però possono presentare effetti collaterali incontrollabili, come il mioclono generalizzato, stati confusionali, nausea e vomito, sonnolenza prima di raggiungere un' adeguata analgesia durante la fase di incremento di dose per raggiungere la dose efficace. Sono stati proposti differenti interventi terapeutici per limitare tali effetti collaterali, generalmente con l' uso di farmaci adiuvanti. Quando tali interventi non saranno sufficienti, si dovrebbe prendere in considerazione la rotazione degli oppioidi. La variabilità della risposta a diversi oppioidi presenta implicazioni cliniche rilevanti, poichè consente di identificare il farmaco con la risposta più favorevole. Il fenomeno della tolleranza crociata asimmetrica è probabilmente conseguente a differenze di selettività recettoriale. Vari oppioidi, come il metadone, il fentanyl ed il sufentanil presentano un' efficacia superiore a quella della morfina, per il minor indice di occupazione recettoriale. Inoltre il meccanismo del dolore può influenzare lo spettro di risposte prodotto da differenti oppioidi. Recentemente è stato dimostrato che l' iperalgesia e la tolleranza alla morfina presentano alcuni substrati fisiopatologici in comune, come l' attivazione dei recettori NMDA e la conseguente cascata di fenomeni endocellulari, simili a quelli osservati dopo lesioni delle strutture nervose. Metadone e ketobemidone svolgono un' attvità di tipo NMDA antagonista e potrebbero essere utili in presenza di stati di attivazione dei recettori NMDA, come il dolore neuropatico. La produzione di metaboliti della morfina può influenzare la risposta clinica. Mentre la M6G svolge un ruolo importante nell' analgesia, la M3G potrebbe svolgere un' attività di tipo antagonista, o addirittura eccitatoria. E' stata descritta una tossicità tardiva da oppioidi relazionata all' aumento nel tempo della concentrazione dei metaboliti durante trattamento cronico con morfina. Tale osservazione presenta importanti implicazioni cliniche, specialmente per trattamenti prolungati o in presenza di insuffcienza renale, in cui questi metaboliti tendono ad accumularsi. Le sindromi dolorose refrattarie al trattamento con effetti tossici, lo sviluppo rapido di tolleanza rappresentano le principali indicazioni alla rotazione degli oppioidi. La responsività agli oppioidi non dovrebbe essere così valutata sulla base di una risposta ad un singolo oppioide somministrato per via orale, ma dopo tentativi con oppioidi e vie di somministrazione alternativi. Le concentrazioni di metaboliti della morfina sono più elevate con la somministrazione orale rispetto alla via parenterale, per l' effetto di primo passaggio. La somministrazione parenterale potrebbe quindi ridurre la tossicità dovuta ad un incremento del rapporto metaboliti-morfina da accumulo di metaboliti durante somministrazione orale di morfina. D' altra parte la via parenterale può consentire un più rapido raggiungimento dell' analgesia, ed una volta ottenuto tale fine, può essere utilizzata una via meno invasiva. La via sottocunea e la vie epidurale risultano più efficaci in termini di bilancia analgesia-effetti avversi rispetto alla via orale, anche se la vie peridurale non offre ulteriori vantaggi rispetto alla via sottocutanea se non un rapporto di dosaggio 1:3. La sostituzione di un oppioide con un altro è raccomandata quando gli effeti collaterali prevalgono sull' analgesia, malgrado l' istituzione di misure adatte al loro controllo. e consente di identificare il farmaco più efficace in maniera individuale.Tale approccio consente di allargare la finestra terapeutica e ristabilire un rapporto analgesia-effetti collaterali più conveniente. L’ uso di farmaci di differente costituzione chimica, specie quelli con irrilevante attività da metaboliti attivi, può essre ancora più conveniente, come il fentanyl, il sufentanil, l’ alfentanyl ed il metadone. Il metadone è spesso adoperato per la rotazione, grazie ai suoi costi bassi, all’ assenza di metaboliti attivi, all’ampia biodisponibilità per via orale. La sua lunga ed imprevedibile emivita, le difficoltà relative all’equianalgesia con altri oppioidi ne ha sinora limitato l’uso a clinici particolarmente esperti. L’ insufficienza renale rappresenta inoltre una buona indicazione alla scelta del metadone, poichè le sua eliminazione è scarsamente influenzata dalla clearance renale. Il metadone inoltre offre un’ azione analgesica extra-oppioide per l’ attività antagonista nei confronti del sistema NMDA, fortemente implicato nel dolore neuropatico e nello sviluppo di tolleranza. Il metadone infine posssiede un’ elevata riserva recettoriale e quindi un basso potenziale tolerageno. Il beneficio clinico della rotazione dipenderà dal grado strettamente individuale di tolleranza asimmetrica esistente tra analgesia ed effetti collaterali. Poichè tale grado ti tolleranza è imprevedibile, è raccomandabile procedere con molta cautela, adoperando dosi più basse rispetto a quelle riportate dalle tabelle di equianalgesia, collaudate esclusivamente per singole somministrazioni, specialmente quando si adopera il metadone provenendo da elevati dosaggi di morfina. Per questo motivo viene da alcuni suggerita una rotazione graduale, riducendo progressivamente il dosaggio del precedente farmaco ed introducendo via via il farmaco scelto per la rotazione. Sono state proposte dosi di 1/10 della dose di morfina, non superiore a 30 mg al bisogno inizialmente da somministrare successivamente 2-3 volte al giorno dopo aver raggiunto le condizioni di equilibrio. Quando la morfina è somministrata precedentemente a basse dosi, un regime flessibile di metadone a dosi di 1/5 della dose di morfina in tre somministrazioni giornaliere per i primi tre giorni, ed eventualmente successivamente al bisogno mantenendo la dose serale fissa, risulta abbastanza sicuro, evitando il temuto rischio di un possibile accumulo. REFERENCES - Bruera E, et al. Opioid rotation in patients with cancer pain. A retrospective comparison of dose ratios between methadone, hydromorphone, and morphine. Cancer 1996;78:852-857. - Hanks GW, De Conno F, Ripamonti C, Hanna M, McQuay HJ, Mercadante S, Meynadier J, Polain P, Roca J Casas J, Sawe J, Twycross RG, Vainio A, Zech D. Morphine in cancer pain: modes of administration. Br Med J 1996;312:828-826.. - Mercadante S. Methadone in cancer pain. Eur J Pain 1997:1:77-85. - Mercadante S. et al. Predictive factors and opioid responsiveness in cancer pain . Eur J Cancer, in press. - Mercadante S. Patient-controlled analgesia with oral methadone in cancer pain: Preliminary report. Ann Oncol 1996;7:613-618. - Portenoy RK, et al. The nature of opioid responsiveness and its implications for neuropathic pain : new hypothesies derived from studies of opioid infusions. Pain 1990;43 :273-286. _______________________________________________________ 2 Intossicazione digitalica ad esito fatale: caso clinico _______________________________________________________ Angolo di tossicologia clinica: l'intossicazione del mese In questa sezione di ESIA - Italia curata dal dott. A.PIGNATARO sarà ospitata la descrizione ed il relativo commento di un caso di intossicazione acuta. A. Pignataro*, L. Calderone*, G. Burgio*, R. Butera** *Servizio di Anestesia e Rianimazione, Ospedale Buccheri La Ferla F.B.F. Palermo, Italia **Centro Nazionale di Informazione Tossicologica e Centro Antiveleni, Fondazione Maugeri, Pavia A. Pignataro e-mail: pignata@tin.it L'intossicazione digitalica è tra le più comuni e gravi reazioni avverse da farmaci. Gli effetti tossici prevalgono in alcune condizioni cliniche e nell'età avanzata. Nonostante la scoperta di farmaci sicuramente più efficaci e meno tossici della digitale, quest'ultima rimane una sostanza molto familiare al medico e pertanto ampiamente prescritta. Nel caso clinico di seguito riportato, descriviamo un quadro d'intossicazione acuta da digitale in una paziente in insufficienza renale. Caso clinico Alle ore 19.30 un'anziana donna (78 anni) veniva accompagnata al pronto soccorso dell'ospedale in preda ad intensa dispnea. La sintomatologia, a detta dei familiari della donna, risaliva a circa 24 ore prima e concideva con una brusca contrazione della diuresi. All'esame obiettivo la donna si rivelava sonnolenta (GCS 10) mostrava un'obesità grave (peso corporeo > 150 Kg), edemi declivi, cianosi periferica e tachipnea (FR>25/min); all'auscultazione polmonare era presente un reperto di rantoli basali bilaterali. La PAO era 120/80 mmHg e la frequenza cardiaca 40 bpm. L'anamnesi della paziente era positiva per ipertensione arteriosa, fibrillazione atriale cronica, diabete, ipercolesterolemia, ulcera duodenale (con sanguinamento recente). Un pregresso ictus cerebrale era guarito senza alcun reliquato. Un precedente ricovero (febbraio 96) ospedaliero nella nostra struttura, in urgenza, era stato motivato da elevati livelli glicemici (>450 mg%), poliuria e polidipsia. Il trattamento farmacologico abituale della donna consisteva in lanoxin 0.25 1 cp/die , lasix 1 cp/die, zestril 5 mg 1 cp/die, norvasc 1 cp/die, glibomet e ranitidina. Il medico del pronto soccorso provvedeva immediatamente all'incannulamento di una vena periferica alla piega del gomito, alla somministrazione endovenosa di 0.5+0.5 mg di atropina solfato e all'infusione di ringer acetato (500 ml).Una puntura arteriosa dava esito alla seguente emogasanalisi: pO2 42 mmHg pCO2 52mmHg pH 7.18 BE -9.8 sat O2 64% L'ECG mostrava una fibrillazione atriale a bassa risposta ventricolare (fc 40 bpm) e un blocco di branca destra. La cateterizzazione vescicale non permetteva di collezionare urine. Veniva, inoltre, posizionato un sondino nasogastrico che rivelava la presenza di modesto materiale gastrico senza caratteristiche particolari. Gli esami di laboratorio eseguiti all'ingresso mostravano: iperkaliemia (K+ 8 mEq/l), ipercreatininemia (2 mg/dl) e iperazotemia (170 mg/dl); il valore della digossinemia era di 7.3 ng/ml (v.n. 0.5 - 2 ng/ml. Il cardiologo, chiamato in consulenza, sulla scorta del tracciato ECG e dei valori della digossinemia, formulava diagnosi di intossicazione digitalica e poneva indicazione al ricovero in ambiente cardiologico per l'osservazione e le cure del caso. Nonostante la somministrazione di ossigeno in maschera (5 l/min) non si verificava un miglioramento del quadro ipossico e, d'altro canto, persisteva il quadro di acidosi respiratoria e metabolica. h. 20.30 pO2=40 pCO2=63 pH=7.12 BE=-8 sat.O2=60 h. 22.00 pO2=46 pCO2=56 pH=7.18 BE=-9 sat.O2=70 Coinvolto l'anestesista di guardia (h. 22.00), questi procedeva all'intubazione oro-tracheale, alla ventilazione meccanica (FiO2=1) a pressione positiva e provvedeva al trasferimento della paziente in terapia intensiva. All'ingresso in rianimazione la paziente (h. 23.00) presentava un GCS invariato rispetto all'arrivo al PS, bradicardia (fc 45 bpm) e una PA di 100/60 mmHg. L'EAB mostrava un'ottima ossigenazione (paO2 >300 mmHg) che permetteva di ridurre la FiO2 a 0.5 e di adottare una modalità di ventilazione assistita. Si provvedeva all'incannulamento di una vena centrale (succlavia sn.), di un'arteria (radiale dx) e al monitoraggio continuo dell'elettrocardiograma (tramite derivazione bipolare), della pulsossimetria, della pressione arteriosa cruenta e della temperatura rettale. La persistenza della grave bradiaritmia richiedeva ripetuti boli di atropina, mentre la somministrazione di bicarbonato di sodio 1 M (150 mEq) e soluzione di glucosio al 10% (500 ml) non era sufficiente alla correzione dell'iperkaliemia (K+ 7.2 mEq/l). L'assenza di diuresi malgrado il riempimento vascolare e la somministrazione di diuretici, imponeva un trattamento depurativo extra-renale. Veniva pertanto incannulata una vena femorale con un catetere a doppio lume e intrapresa un'emofiltrazione veno-venosa continua (CVVH), ottenendo così una produzione di emofiltrato di 1 l/h, scambiato con un eguale volume di una soluzione idro-elettrolitica bilanciata per emofiltrazione. Un contatto telefonico con il Centro Antiveleni di riferimento, permetteva di reperire i frammenti anticorpali specifici (Fab) per la digossina (Digibind). Una staffetta della Polizia ed il coinvolgimento di un mezzo aereo della Protezione Civile, era in grado di far pervenire gli antidoti a destinazione nel giro di poche ore. I parametri cardiocircolatori prima dell'infusione dell'antidoto erano: PA 100/70 e fc 45 bpm. Dopo la somministrazione di 240 mg di Digibind (h. 06.00) avveniva un netto miglioramento dei regimi pressori (h. 08.00: PAO 158/70) e del ritmo cardiaco (FC 64). Il dosaggio ematico della digossina diventava a quel punto inattendibile, mentre non era possibile determinare digossina nel filtrato prodotto dalla CVVH. Alla fine della mattina, un nuovo rallentamento della frequenza cardiaca motivava l'uso di un inotropo (dobutamina 5 mcg/Kg/min) con ripercussioni positive sulla PA e sulla fc. La normalizzazione della kaliemia (K+ < 5.5 mEq/l) avveniva soltanto nel tardo pomeriggio, quando, un'instabilità emodinamica obbligava ad un graduale incremento del dosaggio della dobutamina (20 mcg/Kg/min). Persisteva l'anuria che richiedeva il proseguimento della CVVH. Nella notte si manifestavano alcuni gravi episodi di bradicardia e ipotensione, risoltisi con boli di atropina e ulteriore aumento della dobutamina (fino a 30 mcg/Kg/min). In seconda giornata una radiografia del torace mostrava "diffusa accentuazione del disegno vascolo-bronchiale. Mal valutabili le regioni basali. Ombra cardiace con prevalenza del 3° arco di sinistra". Veniva mantenuta la ventilazione meccanica assistia (FiO2 0.5), con un'ossigenazione soddisfacente. L'occlusione del circuito della CVVH, a causa dell'aggravamento del quadro emodinamico (PA < 80 mmHg) imponeva la sospensione della tecnica depurativa. La ricomparsa della bradiaritmia induceva l'impianto di un Pm temporaneo attraverso una vena giugulare interna. Il posizionamento del Pm non era seguito da un parallelo incremento delle performances emodinamiche. La PVC in quell'occasione era elevata (>15 cmH2O). Un esame ecocardiografico per via trantoracica rivelava " ventricolo sn. di normali dimensioni con cinesi parietale normale. Atrio sn ai limiti superiori della norma. Modesta dilatazione del ventricolo dx con ipocinesia della parete libera ventricolare dx. Lieve insufficienza tricuspidale con Vmax di 2-3- m/sec." Il ricorso ad un vasocostrittore (norepinefrina) non era sufficiente ad elevare i valori tensivi che continuavano ad abbassarsi nonostante l'uso di colloidi e di farmaci cardiaci. L'anuria determinava rapidamente l'incremento del potassio (K+ 6.5 mEq/l) e si assisteva ad un progressivo quanto inesorabile quadro ipotensivo che portava alle h. 15.00 al decesso della paziente. Discussione La digitale è un farmaco utilizzato da secoli nella pratica clinica per il trattamento dello scompenso cardiaco congestizio e delle tachiaritmie sopraventricolari. I suoi effetti tossici, cardiaci, neurologici, gastroenterici, sono altrettanto noti (1). La digitale viene considerata il farmaco con indice terapeutico/tossico più basso tra quelli comunemente impiegati. Le due forme più utilizzate sono la digossina e la digitossina. Effetti clinici della digitale: diretti azione inotropa positiva dromotropa negativa sul nodo AV > del periodo refrattario nodo AV inibizione generazione impulso nodo SA > eccitabilità, automatismo t. miocardico indiretti aumento tono vagale aumento sensibilità del nodo SA all'Ach < tono simpatico Una volta ingerita, l'assorbimento della digossina avviene per il 60-85%, raggiunge il suo picco ematico dopo 1-1.5 ora e possiede un'emivita (a dosi terapeutiche) di circa 36 ore. La digitale possiede un elevato volume di distribuzione (5.6 l/Kg). Viene scarsamente metabolizzata ed escreta per via renale. Il range terapeutico è 0.5-2 ng/ml. La digitossina posiede un'assorbimento pressocchè completo, ha un onset lungo (30-120 min.) ed un'emivita di 5-7 giorni. Viene metabolizzata a livello epatico (in metaboliti inattivi) ed eliminata a lungo (fino a 3 sett.) dal rene. A livelli tossici la digitale determina un'incremento dell'automatismo di tutte le cellule cardiache ed un rallentamento della propagazione di tali impulsi, con la comparsa di turbe del ritmo di ogni tipo, caratteristiche della tossicità cardiaca della digitale. L'intossicazione digitalica può essere acuta o cronica: in quest'ultino caso si presenta in modo insidioso, spesso conseguente all''accumulo cronico della sostanza in soggetti in trattamento prolungato e con alterazioni delle capacità metabolico/escretorie. Si tratta in questi casi di pazienti cardiopatici, spesso anziani, con gradi medio-elevati d'insufficienza renale. La diagnosi di un'intossicazione digitalica può essere difficile per l'aspecificità dei segni e sintomi clinici (fatica, debolezza, nausea e anoressia) e per l'assenza di segni ECG caratteristici. La determinazione del tasso plasmatico della digossina ha permesso di ottimizzare la terapia digitalica e di ridurre i quadri d'intossicazione, ma la coesistenza di altre patologie rende variabile la correlazione tra tossicità e livello sierico della digossina. I fattori che alterano il margine di sicurezza tra dose terapeutica e dose tossica sono riassunti in tabella (2): allergia/ipersensibilità alla digitale fattori fisiologici che modificano la tolleranza alla digitale fattori che modificano la quantità di digitale nell'organismo fattori nervosi e metabolici che modificano la tolleranza modificaz. tolleranza per lo stato del tessuto miocardico modificaz. tolleranza per malattie di altri organi Malattie cardiache, insufficienza renale, ipokaliemia e ipotiroidismo sono le condizioni che contribuiscono ad accrescre la tossicità della digitale. L'esatto ruolo di altre patologie (malattie epatiche, BPCO, disturbi acido-base) non è ancora ben chiaro. La purificazione e la framentazione degli anticorpi specifici per la digitale (Fab) ha condotto ad un netto miglioramento della prognosi dell'intossicazione digitalica. Il meccanismo d'azione dei Fab è il seguente (3): legame alla digossina libera subito dopo l'iniezione endovenosa diffusione nello spazio interstiziale e legame alla digossina libera creazione di un gradiente di concentrazione che richiama digossina intracellulare libera e digossina disaccoppiata dai recettori di membrana nell'interstizio e nel settore vascolare aumento considerevole della concentrazione dei complessi digossina-Fab eliminazione renale dei complessi digossina-Fab Le indicazioni all'uso dei Fab variano a seconda che si tratti di un'intossicazione acuta in un cuore normale o che si tratti piuttosto di un'intossicazione cronica in una malattia cardiaca. intox. acute in adulto sano: -Blocco AV di grado elevato -Fibrillazione/tachicardia ventr.-Tachicardia atriale parossistica con blocco -Bradicardia sinusale grave -Elevati dosaggi sierici di digossina -IperK -Ingestione orale > 6mg intox. croniche con cardiopatia: -Blocco AV di grado elevato -Fibrillazione/tachicardia ventr. -Ritmo giunzionale -Bradicardia sinusale grave/arresto -Moderati dosaggi sierici -Ipok (funz. renale normale) -IperK (insuff. renale) La dose di Fab da somministrare dipende daIla modalità dell'intossicazione (acuta o cronica) e dalla conoscenza o meno della quota di digossina ingerita. Il dosaggio dei Fab, pertanto, può essere calcolato moltiplicando la quota totale ingerita di digossina per un fattore di biodisponibilità dell'80% (mg X 0.8), o se non si conosce la dose ingerita ma è nota la digossinemia: dose in numero di fiale di Digibind (40 mg) = conc. sierica digossina (ng/ml) x peso corporeo (Kg)/100 Un'altro metodo empirico viene indicato in tabella: acuto: adulti 10-15 fiale; bambini 10-15 fiale cronico: adulti 2-3 fiale; bambini 1/4-1/2 fiala Il trattamento aspecifico, ovverossia il sostegno delle funzioni vitali, è in ogni caso prioritario: in caso di bradicardia estrema, l'iniezione di atropina a dosi ripetute, può essere efficace. L'iperkaliemia è un'emergenza medica e va trattata immediatamente con le misure abituali: glucosio+insulina e bicarbonato di Na, dal momento che l'elevazione del K è abitualmente dovuta alla fuoriuscita cellulare delo ione. L'ipokaliemia accresce la tossicità della digitale e va rapidamente corretta. La aritmie ventricolari possono essere trattate con lidocaina e fenitoina. Il posizionamento di un pace-maker temporaneo può essere preso in considerazione, ma in presenza di un miocardio irritabile potrebbe peggiorare la situazione. Se coesiste iperK, la sua efficacia è limitata (4). Nel caso clinico qui descritto, l'intossicazione digitalica si era determinata progressivamente per la coesistenza di diversi fattori: l'età avanzata della paziente, la patologia cardiovascolare e metabolica preesistente (ipertensione, malattia aterosclerotica, diabete), che insieme alla terapia plurifarmacologica avevano realizzato un quadro d'insufficienza cardiaca e renale. Sin dall'inizio era contemporaneamente presente un'insufficienza respiratoria ipossico/ipercapnica e severa acidosi metabolica. L'iperkaliemia e la bradicardia spiccata erano certamente interdipendenti e l'impossibilità della correzione della prima (con glucosio e bicarbonato di Na) contribuiva alla persistenza della seconda. Un fattore aggravante che avrebbe condizionato la cattiva prognosi era l'insufficienza renale acuta: la paziente, nonostante il riempimento vascolare, l'impiego di inotropi e la correzione dell'acidosi metabolica, sarebbe rimasta anurica per tutta la degenza. Una tecnica di depurazione extrarenale continua come la CVVH rappresentava il trattamento migliore per correggere l'iperkaliemia, vista l'instabilità emodinamica della paziente. L'emofiltrazione, tuttavia, non possiede l'efficienza dell'emodialisi per la rimozione delle piccole molecole come K, Na, Creat. e Azot. Era stato necessario pertanto attendere il pomeriggio del giorno seguente il ricovero per ottenere una kaliemia normale. La CVVH, non è in grado, inoltre, di rimuovere i complessi digitale-anticorpo, come testimoniato dai rilievi del nostro laboratorio e da altre segnalazioni in letteratura (5). La somministrazione dei Fab antidigitale, era avvenuta, non senza difficoltà di reperimento, dopo 6 ore circa dal ricovero in rianimazione. L'effetto positivo dei Fab persisteva per poche tempo, tanto che a distanza di 12 ore dalla loro infusione, la paziente andava incontro a ripetuti episodi di bradicardia e ipotensione. La possibilità di allontanare con la diuresi i complessi Fab-digitale è, verosimilmente, molto più importante della somministrazione dei Fab. Nel nostro caso, infatti, ha prevalso l'insufficienza cardiaca e quella renale: nel momento in cui, il circuito della CVVH ha smesso di funzionare e, l'instabilità pressoria ha impedito di riattivare la metodica emofiltrativa, l'iperkaliemia e la bassa gittata hanno reso vano ogni tentativo terapeutico. Conclusione L'intossicazione cronica da digitale è estremamente insidiosa dal punto di vista diagnostico e terapeutico. Nonostante il sensibile miglioramento della mortalità dopo l'avvento dei Fab antiigitale, le patologie, con l'insufficienza renale in testa, che contribuiscono alla tossicità della digitale, devono richiedere estrema tempestività diagnostica e aggressività nel trattamento. Bibliografia Fisch C; Knoebel SB. Digitalis cardiotoxicity J Am Coll Cardiol 5(5 Suppl A):91A-98A, 1985 Surawicz B. Factors affecting tolerance to digitalis. J Am Coll Cardiol 5(5 Suppl A):69A-81A,1985 Hoffman R. S. Goldfrank L. R. Critical Care Toxicology. Churchill Livingstone, 1991 Bayer MJ. Recognition and management of digitalis intoxication: implications for emergency medicine. Am J Emerg Med 9(2 Suppl 1):29-32, 1991 Smith T.W., Antman E.M., Friedman P.L et al. Digitalis glycisides: mechanism and manifestations of toxicity. Prog Cardiovasc Dis 27:21, 1984 ______________________________________________________ 3 Valutazione delle variazioni emodinamiche in corso di laparoscopia ginecologica mediante la sonda doppler esofagea (ODM2). _______________________________________________________ Guglielmo L., Passafiume M., Lanza V. Servizio di Anestesia e Rianimazione, Ospedale Buccheri La Ferla, FBF, Palermo L. Guglielmo e-mail: leliobuc@tin.it La chirurgia laparoscopica , grazie alla sua minore invasività rispetto a quella laparotomica, riduce lo stress perioperatorio, favorisce una più rapida mobilizzazione e determina normalmente una più rapida guarigione. Numerosi studi hanno però dimostrato che il pneumoperitoneo prodotto dalla CO2 insufflata in addome e la posizione di Trendelenburg possono produrre significative variazioni emodinamiche e respiratorie (1). Queste alterazioni sarebbero più consistenti nei pazienti anziani ed in quelli portatori di patologie cardiache e/o respiratorie. É stato infatti da alcuni autori consigliato un monitoraggio emodinamico invasivo accurato nel caso di procedure laparoscopiche praticate su pazienti ad alto rischio (2). Nei pazienti sani ed in buone condizioni gli studi sono invece contrastanti . I risultati sarebbero infatti dipendenti dalle metodiche (invasive e non) utilizzate per valutare i parametri emodinamici. Lo scopo di questo studio è stato di valutare le variazioni emodinamiche di un gruppo di giovani pazienti sottoposte a laparoscopia ginecologica diagnostica ,utilizzando una tecnica non-invasiva di monitoraggio emodinamico costituita da una sonda Doppler esofagea (ODM2). L'apparecchio al quale la sonda è connessa fornisce un immagine visiva dell'analisi spettrale delle diverse frequenze Doppler riflesse dal flusso sanguigno dell'aorta discendente e produce delle misure di gittata cardiaca e di altri indici emodinamici (fig.1). Pazienti e metodi Abbiamo studiato un gruppo di 16 pazienti ginecologiche di classe ASA I, sottoposte, in elezione, ad intervento di laparoscopia diagnostica. In sala operatoria, venivano premedicate con diazepam 0.07mg.kg1 ,fentanile 0.7mcg.kg1 e deidrobenzoperidolo 0.03 mg.kg1. Dopo induzione eseguita con propofol 2.5mg.kg-1 e succinilcolina 1mg.kg-1 la paziente veniva intubata. Il mantenimento dell’anestesia veniva realizzata con propofol in infusione a 6mg.kg.hr1 . Le pazienti erano ventilate meccanicamente con un volume minuto di 80 ml.kg di una miscela N2O/O2 al 40 %di O2 , al fine di mantenere, nella fase preinsufflativa, una petCO2 di 3.4-4.2 %. Venivano somministrati 100mcg di fentanile 10 minuti prima dell’inizio della procedura laparoscopica. Durante l’intervento le pazienti ricevevano 500-1000 ml di una soluzione poliettrolitica con G al 5%. Il mantenimento del blocco neuromuscolare veniva realizzato con vecuronium. Dopo l’intubazione tracheale veniva inserita, dalla bocca, una sonda esofagea Doppler (ODM II) che era posizionata in esofago a circa 35-40 cm dall’arcata dentaria, cercando di ottenere il miglior segnale di flusso aortico possibile. Venivano eseguite registrazioni di : COe (gittata cadiaca stimata), SV (gittata sistolica) PV (velocità di picco), FTC (tempo di flusso corretto), FC (frequenza cardiaca) ,PAM (pressione arteriosa media) e etCO2. Le misurazioni venivano eseguite secondo lo schema riportato in Tab.1. TAB.1 Tempo Descrizione T5 5min.dopo il posizionamento della ODM T10 10 min.dopo il posizionamento della ODM Tins dopo insufflazione max di CO2 Tins5 dopo 5 dall’insufflazione max di CO2 Ttrend dopo posizionamento in Trendelenburg Ttrend5 5’ dopo Trendelenburg Ttrend10 10’ dopo Trendelenburg Tdefl dopo deflazione dell’addome Tsup dopo riposizionamento in pos.supina. Alla fine dell’intervento l’infusione di propofol veniva interrotta, il blocco neuromuscolare era antagonizzato con neostigmina ed atropina e la paziente veniva estubata. Tutti gli interventi in laparoscopia erano effettuati dalla stessa équipe chirurgo-anestesiologica. Lo pneumoperitoneo veniva realizzato, tramite introduzione ombelicale di un ago di Verres ed insufflazione di CO2 sino al raggiungimento di una pressione intraddominale di 15mmHg. I dati , espressi come medie ± ds venivano sottoposti ad analisi statistica mediante l’analisi di varianza (ANOVA) per misure ripetute. E’ stata posto a p<0.05 il livello minimo di significatività. Risultati L’età media delle pazienti era di a.36,8 ± 8.5. La durata della procedura laparoscopica era in media di 30 ± 7.8 min. In nessuna delle pazienti venivano modificati, durante l’intervento, i parametri ventilatori né la velocità dell’infusione di liquidi . La COe si riduceva a Tins, passando da 5.3 ± 1.07 lmin -1 a 4.01 ± 0.75 lmin -1 (p< 0.05) . Questa riduzione significativa si manteneva costante sino a T trend 10 (fig.2 e 3). La PV si riduceva analogamente alla COe. Essa si riduceva infatti già a Tins, passando da 81.37 ± 17.56 cmsec-1 a 72.82 ± 15.14 cmsec-1 (p<0.05)(fig.4). Anche per questo parametro la riduzione significativa rimaneva costante sino a Ttrend 10. Lo SV invece subiva una riduzione significativa a Tins, passando da 75,5± 24.04 ml a 65,31± 22.38 ml (p<0.05) , ed a Tins 5 (66,94 ± 21.41ml) (p<0.05) (fig.5). Il TFc mostra una riduzione significativa a Tins, passando da 0,42 ± 0.05 sec a 0,37 ± 0.03 sec, ed a T5 (0,38 ± 0.02 sec) (fig.6). La PAM aumentava in modo significativo a Tins passando da 73,9± 11.81 mmHg a 95,63± 11.07 mmHg (p< 0.05) e rimaneva costantemente elevata in maniera significativa per tutta la procedura , dunque sino a Tsup.(fig.7 e 8). La etCO2 aumentava in maniera significativa a Trend 10, passando da 3.91± 0.3 % a 4.27± 0.68% (p< 0.05) e questa elevazione significativa permaneva sino alla fine (fig.9).  La FC non subiva nessuna modificazione significativa durante tutto il periodo di osservazione (fig.10). Durante gli interventi non si verificarono complicanze che determinarono una variazione della condotta anestesiologica. Discussione La creazione dello pneumoperitoneo si accompagna, soprattutto nella fase di massima insufflazione (14 mmHg di pressione endoaddominale), ad una riduzione significativa della gittata cardiaca (COe) , del volume di eiezione sistolico (SV) , del tempo di flusso corretto e della velocità di picco (PV). La pressione arteriosa media (PAM) subisce invece un incremento significativo. La caduta della gittata cardiaca sarebbe dunque causata, in questa fase, dalla combinazione di 2 eventi sfavorevoli : 1) una riduzione brusca del ritorno venoso ( riduz. TFc, riduz. SV) ; 2) un aumento delle resistenze periferiche. L'aumento della PAM, coincidente con una brusca riduzione della portata cardiaca del ventricolo sinistro, è legato evidentemente ad un aumento del postcarico. Queste modificazioni circolatorie comportebbero inoltre una riduzione di contrattilità del ventricolo sinistro ( riduz. PV). Durante il posizionamento e mantenimento della paziente in Trendelenburg la gittata cardiaca si mantiene su valori significativamente ridotti sino a deflazione completa dell’addome  e successivamente riposizionamento in posizione supina. Anche il parametro della PV segue lo stesso andamento. Il TFc e lo SV ritornano verso i valori normali sin dal posizionamento della paziente in Trendelenburg probabilmente grazie ad un maggiore ritorno venoso relativo alla postura. La PAM si mantiene invece elevata durante tutta la durata della procedura. La condizione di bassa gittata che si registra durante la fase di Trendelenburg sarebbe dunque sostenuta, dall’analisi di questi risultati, da una riduzione di contrattilità causata probabilmente dall’afterload determinato dalla persistenza di alte resistenze periferiche. La etCO2 subisce un aumento significativo solo alla fine della procedura raggiungendo il massimo valore quando la paziente è posta in posizione supina. Questo coinciderebbe con il recupero di una condizione normale di COe favorente l’eliminazione della CO2 accumulata precedentemente. Non abbiamo comunque dati relativi alle variazioni di PaCO2 durante il corso dell’intervento. Altri autori, servendosi di metodiche invasive e non-invasive, hanno descritto l’esistenza di variazioni emodinamiche e respiratorie durante laparoscopia. Joris e al.(3) utilizzando un catetere in a.polmonare sono stati tra i primi ad evidenziare, in un gruppo di pazienti sane, durante la fase di pneumoperitoneo, una riduzione del 50% dell’indice cardiaco e un aumento consistente delle resistenze vascolari periferiche sistemiche e polmonari. Risultati similari sono stati riportati anche da altri autori che hanno utilizzato metodiche non invasive come la cardiografia ad impedenza e l’ecocardiografia transesofagea (TEE)(4). Cunningham e al. (5), studiando con la TEE un gruppo di pazienti sani sottoposti a colecistectomia , osservano invece un sostanziale mantenimento della frazione di eiezione del ventricolo sinistro sia durante l’insufflazione di CO2 che i cambi di posizione, ma osservano comunque una riduzione della compliance ventricolare in concomitanza con l’aumento delle pressione arteriosa sistemica. Safran e al. (6) riportano una significativa riduzione della gittata cardiaca ed un aumento delle resistenze periferiche in un gruppo di pazienti affetti da malattie cardiache, sottoposte ad intervento ginecologico. Le ripercussioni emodinamiche delle procedure laparoscopiche avrebbero una origine multifattoriale che include la riduzione del ritorno venoso, l’aumento delle resistenze periferiche, la compressione dell'aorta addominale e l’azione di vari fattori umorali tra cui le catecolamine, le prostaglandine e soprattutto la renina (7). L’aumento delle resistenze periferiche (legato fortemente all’aumento della pressione addominale) permane infatti anche dopo la deflazione dell’addome. La CO2 determina inoltre di per sè effetti emodinamici diretti di depressione della contrattilità cardiaca e di dilatazione delle arteriole periferiche ed indiretti di attivazione simpato-adrenergica con incremento delle resistenze periferiche. Gli organi intraddominali sono particolarmente sensibili a queste variazioni emodinamiche. La riduzione di flusso sanguigno a livello mesenterico e renale sarebbe infatti , in proporzione, maggiore rispetto alla caduta di gittata cardiaca misurata (8). Per questo studio abbiamo utilizzato una metodica non invasiva di monitoraggio emodinamico rappresentata dalla sonda esofagea doppler ODM II. Il fascio ultrasonico inviato dalla sonda viene riflesso dai globuli rossi che attraversano l’aorta discendente e la risultante variazione di frequenza (effetto doppler) viene raccolta dalla sonda e trasferita al monitor che calcola la velocità del sangue (fig.11). Una volta che quest’ultima è stata misurata è possibile ricavare la distanza-minuto che rappresenta la distanza percorsa dal sangue in un minuto. L’onda di flusso dà una indicazione di movimento lineare del sangue nell’aorta. Per ottenere dei dati volumetrici il computer utilizza un algoritmo interno basato sull’età, sesso e peso del paziente per produrre un fattore di conversione (K) . Questo moltiplicato la distanza minuto (MD) determina la gittata cardiaca (CO) in litri min-1 E’ dunque fondamentale ricercare il "best signal" , normalmente rappresentato da una curva con un’onda sistolica con la massima velocità di picco ed una piccola o assente onda diastolica (fig.12). PV= velocità di picco - indice di contrattilità ventr. sn; SV= stroke volume - indice della gittata sistolica (parametro derivato dalla Sd stroke distance); FTc= tempo di flusso corretto - indice di riempimento ventr. sn. Sono possibili variazioni di questo segnale, prodotte dallo spostamento della sonda, che producono artefatti (normalmente riconoscibili) e dunque falsi indici emodinamici. Le misure emodinamiche che essa fornisce si fondano dunque su alcuni supposizioni implicite : che il flusso sanguigno nell’aorta discendente rimanga in proporzione fissa rispetto al volume di eiezione del ventricolo sinistro anche in condizione di variazioni di flusso, pressione e temperatura. che l’angolo di incidenza del fascio ultrasonico inviato dalla sonda in direzione del flusso sanguigno sia lo stesso di quello formato dalla sonda con l’asse dello strumento. che il diametro aortico non subisca variazioni durante le sistoli. La sonda è comunque facile da inserire e si ottengono delle immagini beat-by-beat eccellenti , riproducenti il flusso sanguigno nella aorta discendente, che sono di facile interpretazione anche senza un training specifico (fig.13 e 14). Le forme di queste curve di flusso, danno importanti informazioni sulle condizioni volemiche e miocardiocinetiche del paziente e forniscono un tempestivo preavviso di deterioramento dell’emodinamica del paziente. Il Doppler esofageo offre inoltre il vantaggio di un monitoraggio grafico continuo, particolarmente opportuno in condizioni di improvvise variazioni emodinamiche. Gli svantaggi di questa tecnica sono rappresentati dalla necessità che il paziente sia in anestesia o comunque sedato e di riposizionare seppur non frequentemente la sonda, soggetta in esofago a piccoli spostamenti. Essa viene utilizzata da alcuni anni per monitorizzare la gittata cardiaca ed altri variabili emodinamiche sia in pazienti sottoposti che in quelli ricoverati in terapia intensiva (9), anche se non sempre i risultati che si ricavano da questa metodica sarebbero sovrapponibili a quelle ottenute con le tecniche invasive di termodiluizione che permetterebbero calcoli più precisi di precarico, post- carico e di perfusione periferica. Il catetere può essere inserito prima dell’induzione dell’anestesia e permette un monitoraggio anche dopo il risveglio del paziente. Questi vantaggi sono però bilanciati da una maggiore morbidità che non ne giustifica il suo impiego se non in casi rari in cui trova indicazione. Va inoltre ricordato che mentre le metodiche di termodiluizione stimano la portata cardiaca del ventricolo destro , nel quale è inserito il catetere di Swan Ganz, nel caso della sonda doppler esofagea , posizionata a circa 1 cm dall'aorta discendente, si ottengono misurazioni flussimetriche dirette del ventricolo sinistro. La compromissione della gittata cardiaca durante laparoscopia ,evidenziata dalla metodica doppler assume dunque un rilievo maggiore rispetto alle misurazioni delle sezioni destre ottenute con la metodica della termodiluizione proprio perchè con la ODM II si ottiene un monitoraggio continuo delle performances del ventricolo sinistro. In conclusione, il pneumoperitoneo ed il posizionamento in Trendelemburg determinano importanti variazioni emodinamiche e respiratorie anche in pazienti giovani e sane come nel gruppo da noi studiato. Queste modificazioni erano da esse probabilmente ben tollerate anche a causa della brevità di durata degli interventi. I pazienti anziani e/o con una ridotta riserva cardiaca sono certamente più esposti a complicanze. E’ dunque necessario durante l’esecuzione di interventi in laparoscopia un attento monitoraggio emodinamico continuo, soprattutto nel caso di pazienti a più alto rischio di complicanze cardiovascolari, al fine di prevenire una brusca caduta della portata cardiaca e della perfusione periferica e verificare i risultati degli eventuali trattamenti praticati. . La sorveglianza dei parametri cardiocircolatori può essere eseguita con accuratezza anche con una metodica semplice e non invasiva come quella doppler da noi utilizzata per l’esecuzione di questo studio. BIBLIOGRAFIA Safran DB, al.: Physiologic effects of pneumoperitoneum. American Journal of Surgery. 1994;167:281-286 Feig BW, al: Haemodynamic effects of CO2 abdominal insufflation during laparoscopy in high risk patients. .Anesthesia and Analgesia 1994;78:S 109. Joris J, al.: Hemodinamic changes during laparoscopic cholecystectomy. Anesth Analg 1993, 76:1067-1071 Mc Laughling JG,al.: The adverse Hemodynamic effects related to laparoscopic cholecystectomy. Anesthesiology 1992,77 (suppl 3A):a7 Cunningham AJ,al.: Transoesophageal echocardiographic assessment of haemodynamic function during laparoscopic cholecistectomy. Br J Anaest 1993,70:621-625. Safran D,al.: Laparoscopy in high-risk cardiac patients. Surg Gynecol Obstet 1993, 176: 548-554. Joris J,al.: Neuroendocrine changes during pneumoperitoneum for laparoscopic cholecystectomy. Br J Anest 1993, 70 (suppl 1 ):A33. Diebel LN,al.: Effect of increased intra-abdominal pressure on mesenteric arterial and intestinal mucosal blood flow. 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