__________________________________________________________________ __________________________________________________________________ ISSN 1080-3521 EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY and CRITICAL CARE MEDICINE - Italia - Il giornale italiano on line di anestesia Vol 2 No 6 Giugno 1997 __________________________________________________________________ __________________________________________________________________ Pubblicato elettronicamente da: Vincenzo Lanza, MD Servizio di Anestesia e Rianimazione Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli Palermo, Italy E-mail: (lanza@mbox.unipa.it) Keith J Ruskin, MD Department of Anesthesiology Yale University School of Medicine 333 Cedar Street, New Haven, CT 06520 USA Office: 203-785-2802 E-mail: ruskin@gasnet.med.yale.edu Copyright (C) 1996 Educational Synopses in Anesthesiology and Critical Care Medicine. All rights reserved. Questo rivista on-line può essere copiata e distribuita liberamente, curando che venga distribuita integralmente, e che siano riportati fedelmente tutti gli autori ed il comitato editoriale. Informazioni sulla rivista sono riportate alla fine. __________________________________________________________________ In questo numero: 1 IL TRATTAMENTO DELL'INSUFFICIENZA EPATICA SEVERA - 1^parte (Editoriale) 2 L'INTOSSICAZIONE DEL MESE: MORSO DI VIPERA 3 MANUALI DI ANESTESIA: BLOCCHI PERIFERICI - 2^ PARTE ________________________________________________________ 1 IL TRATTAMENTO DELL'INSUFFICIENZA EPATICA SEVERA - 1^parte (Editoriale) ________________________________________________________ Andrea De Gasperi - 2° Servizio Anestesia - Centro Trapianti di Fegato Ospedale Niguarda Ca' Granda - Milano Fino a pochi anni fa il ricovero di pazienti affetti da insufficienza epatica terminale in ambiente intensivo era poco frequente e per altro non sempre giustificato : in effetti mancava una forma risolutiva di trattamento e la cura di questi pazienti era per forza di cose spesso solo sintomatica (Carithers e Fairman,1989) Molto è cambiato da quando il trapianto di fegato si è imposto come riconosciuta forma di trattamento per la insufficienza epatica terminale acuta (epatite fulminante) o cronica (cirrosi postnecrotica,colangite sclerosante,cirrosi biliare primitiva) : la potenziale , completa reversibilità del quadro di insufficienza d'organo e delle conseguenze sistemiche da essa derivanti ha infatti modificato sostanzialmente la prognosi sia a breve che a lungo termine della insufficienza epatica severa (O'Grady et al,1989;Hawker,1993;Bismuth,1994). D'altra parte la sempre più ampia conoscenza delle alterazioni fisiopatologiche legate alla insufficienza epatica e l'accresciuta esperienza derivante dal trattamento intensivo di pazienti con insufficienza epatica terminale da sottoporre a trapianto di fegato oppure appena trapiantati hanno di molto migliorato la cura sia della insufficienza epatica severa (di qualsivoglia origine ) che di manifestazioni secondarie ad essa correlate (emorragie del tratto gastroenterico, gravi alterazioni della emostasi, sepsi, insufficienza renale, encefalopatia), facendo così del supporto intensivo una importante opzione terapeutica (Hawker,1993). Da ultimo non deve essere dimenticata la possibilità di un supporto artificiale del fegato, (opzione per ora solo temporanea e da considerarsi come ponte in attesa di trapianto), in caso di acuta e gravissima compromissione della funzione epatica (traumi,avvelenamenti,mancata ripresa funzionale di organi trapiantati). Le biotecnologie oggi a disposizione e le recenti acquisizioni in campo di tecniche di colture cellulari fanno prospettare supporti artificiali capaci di sostituire almeno in parte le complesse attività sintetiche e metaboliche svolte dal fegato : in effetti i sistemi artificiali di sostituzione già disponibili ma in grado di vicariare la sola funzione detossificante appaiono inefficaci poichè non risultano in grado di correggere le modificazioni biochimiche sintetiche e metaboliche (Dixit,1994;Gislason et al,1994)). Due sono le condizioni di grave insufficienza epatica che, in quanto tali o per le conseguenze a carico di organi ed apparati (alterazioni dello stato di coscienza, alterazione degli scambi respiratori, sanguinamenti del tratto gastroenterico, alterazioni dell'emostasi, insufficienza renale, sepsi) provocano il ricorso al trattamento intensivo : la epatite fulminante e lo stadio terminale della cirrosi epatica cronica (Carithers e Fairman,1989). Sebbene molti aspetti del quadro di insufficienza epatica grave e delle conseguenze da esso derivante siano sovrapponibili, le due condizioni si differenziano per eziologia, quadro clinico, complicanze e, per qualche verso, trattamento(Hawker,1993). Epatite fulminante (Fulminant hepatic failure,FHF) Per epatite fulminante si intende il quadro di encefalopatia associato a grave insufficienza epatica che si instaura entro 8 settimane dall'esordio di una patologia epatica acuta in soggetti che non presentavano in precedenza malattie a carico del fegato (Trey e Davidson,1970). La variabilità temporale della insorgenza del quadro encefalopatico (1-24 settimane) ha tuttavia fatto proporre prima una differenziazione tra epatite fulminante (insorgenza della encefalopatia entro 2 settimane dall'esordio dell'ittero, fulminante iperacuta se entro 7 giorni) ed epatite subfulminante (sviluppo del quadro encefalopatico tra la seconda e la quattordicesima settimana) (Bernuau et al,1986),poi,da parte del gruppo di Williams,la definizione di insufficienza epatica tardiva (late-onset hepatic failure,LOHF) se il quadro encefalopatico si instaura tra la 8° e la 24° settimana dall'inizio dell'ittero (Gimson et al,1986). La distinzione può avere importanza da un punto di vista prognostico, poichè rispetto al quadro fulminante, l'insufficienza tardiva si verifica in pazienti più anziani, porta più spesso alla formazione di ascite ed allo sviluppo di insufficienza renale, più raramente è associata ad edema cerebrale, ma presenta più elevata mortalità (Fagan e Williams,1990). La forma fulminante non presenta invece differenze rispetto all' età, è frequentemente associata ad edema cerebrale, più raramente ad ascite e la mortalità è strettamente correlata alla eziologia. ( Munoz,1993;Hawker,1993). Tra le cause più frequenti di epatite fulminante devono essere ricordate forme di epatite virale (A, B, B-delta, non-A, non-B, non-C , herpes), epatiti da farmaci (paracetamolo, frequentissima in Gran Bretagna; alotano), necrosi epatica da tossine (amanita) o da solventi industriali (tetracloruro di carbonio); altre cause includono morbo di Wilson, sindrome di Reye, sindrome di Budd-Chiari, steatosi acuta gravidica, ipertermia : in circa il 20% dei casi l'eziologia rimane sconosciuta (Hawker,1993 ;Munoz,1993) La sopravvivenza con il solo trattamento medico di supporto (non sempre necessariamente, ma assai frequentemente intensivo) appare migliore nei soggetti in cui la encefalopatia esordisce in forma iperacuta rispetto alle forme acuta o subacuta (50 vs 20%), nelle forme da Virus A (45-60%) , nella steatosi acuta gravidica e in caso di intossicazione da paracetamolo ( 50%). Prognosi sfavorevole si osserva invece più frequentemente nelle epatiti non-A non-B (sopravvivenza 9-20%), nelle forme tossiche da alotano (sopravvivenza 12%) e nelle forme associate a morbo di Wilson (mortalità vicina al 100%) o a epatiti autoimmuni (O'Grady et al,1988;Albert,1995). Il trapianto di fegato ha sostanzialmente modificato la storia naturale di questa patologia : in effetti in una metaanalisi su 2576 pazienti colpiti da epatite fulminante (erano state escluse quelle secondarie a intossicazione da paracetamolo), Bernuau e Benhamou riportavano una percentuale di guarigione spontanea compresa tra il 20 ed il 25%, mentre la sopravvivenza media nei soggetti sottoposti a trapianto di fegato era del 68% (Bernuau e Benhamou in Hawker,1993). Il substrato anatomopatologico responsabile del quadro di insufficienza epatica acuta è la necrosi epatocellulare massiva,con distruzione del parenchima lobulare e perdita pressochè totale degli epatociti. I meccanismi fisiopatologici attraverso cui l'insufficienza epatica acuta provoca a carico di organi ed apparati disfunzioni di vario grado, responsabili fra l'altro delle diverse manifestazioni cliniche che si osservano nella epatite fulminante, sono tuttora poco noti, ma devono essere comunque fatti risalire alla perdita delle complesse funzioni di sintesi, deposito, biotrasformazione, detossificazione e secrezione normalmente svolte dagli epatociti (Hawker,1993; Munoz,1993; Albert,1995). L'insorgenza di modificazioni dello stato di coscienza a variabile distanza di tempo dalla comparsa di una sintomatologia epatica acuta costituisce la classica presentazione del quadro di epatite fulminante o subfulminante: a questo si associano iperbilirubinemia, alterazione dei parametri coagulativi (tempo di protrombina superiore a 50 secondi oppure con un INR di 3.5 , caduta dei livelli dei fattori V e VII al di sotto del 30%) e marcata elevazione delle transaminasi (AST/ALT superiori a 5 000 - 10 000 UI/L) : questo ultimo dato non è però costante, essendo possibile trovare valori di AST/ALT, che dopo una rapida ascesa, cadono rapidamente fino a raggiungere valori non lontani dalla norma.Tale reperto, indice di necrosi massiva già avvenuta, è prognosticamente sfavorevole, specie se associato a rapido aumento dell'ittero e a riduzione delle dimensioni del fegato (ben evidenziabile fra l'altro con controlli TAC seriati). Dal punto di vista biochimico un indice che sta acquistando grande interesse per quantificare il livello energetico e metabolico della cellula epatica è il rapporto tra i corpi ketonici (acetoacetato/bidrossibutirrato) arteriosi (arterial ketone body ratio, AKBR) (che riflettono strettamente a livello mitocondriale il potenziale della fosforilazione ossidativa). Il rapporto, normalmente attorno ad 1.5 ( 1-2), si abbassa in corso di grave ischemia epatica (< 0.6) ed il suo trend si è rivelato utile per predire l'evoluzione verso la epatite fulminante di pazienti affetti da insufficienza epatica acuta (Saibara et al,1992). All'evoluzione della epatite acuta verso il quadro fulminante o subfulminante si aggiungono, con incidenza variabile, edema cerebrale, alterazione del profilo cardiovascolare e degli scambi respiratori, modificazioni della funzione renale, del quadro metabolico e dell'equilibrio emostatico (Fagan e Williams,1990) : esiste infine un aumento delle complicanze infettive sostenute da batteri e funghi (Rolando,1991) .L'epatite fulminante si configura dunque come un tipico quadro di insufficienza multiorgano (Hawker,1993;Munoz,1993). Complicanze extraepatiche in corso di epatite fulminante Per encefalopatia epatica (EE) si intende una condizione in cui soggetti portatori di una rilevante disfunzione epatica presentino disturbi del comportamento ed alterazioni dello stato di coscienza legati alla insufficienza epatica (Mullen,1992;Hawker,1993;Munoz,1993). Si osserva obbligatoriamente nella epatite fulminante o subfulminante (per definizione ), mentre costituisce una complicanza possibile dell'epatopatia cronica di grado avanzato : patogenesi, fattori precipitanti, segni clinici, progressione della sindrome e, per certi versi, trattamento sono tuttavia differenti nella insufficienza epatica acuta rispetto a quella cronica. Si riserva infatti la definizione di encefalopatia portosistemica per il quadro osservabile nell'epatopatico cronico, in cui, in presenza di shunt portosistemico, eventi clinici quali sanguinamento del tratto gastroenterico, disidratazione, carico proteico eccessivo, sepsi, farmaci ad azione sedativa aggravano o precipitano il quadro encefalopatico : è rara,inoltre, la comparsa di edema cerebrale (Hawker,1993;Munoz,1993). La potenziale, completa reversibilità della encefalopatia epatica depone per una sindrome metabolica : tuttavia lo studio con risonanza magnetica ha recentemente dimostrato in epatopatici cronici la presenza di alterazioni strutturali a carico del sistema nervoso centrale (Mullen,1992). La patogenesi dell'EE in corso di epatite fulminante è tuttora poco nota e comunque complessa. Da una parte è possibile che la normale funzione cerebrale dipenda dalla rimozione da parte del fegato di sostanze che da sole o in combinazione, esercitino azione neurotossica (ammonio, mercaptani, acidi grassi a catena corta) (Mullen,1992), neuromodulatrice inibitoria (iperpolarizzazione da aumento della conduttanza del Cloro mediata dalla interazione GABA[acido gamma aminobutirrico] - complesso recettoriale GABAA/recettore benzodiazepinico) (Jones,1989), oppure analoga a quella delle benzodiazepine (potenziamento dell'azione GABAergica da parte di benzodiazepine endogene, teoria fra l'altro supportata dal miglioramento del quadro clinico ed elettroencefalografico dopo somministrazione di flumazenil) (Jones,1989;Mullen,1992). L'accumulo di queste sostanze secondario alla necrosi epatica massiva porterebbe alla comparsa della sindrome(Hawker,1993). encefalopatia epatica: concause ipo/ ipernatremia - ipofosfatemia - ipoglicemia -stato settico - sanguinemento GE - ipovolemia Il quadro di encefalopatia epatica nelle forme più gravi di epatite fulminante è d'altra parte frequentemente associato ad edema cerebrale (Fagan e Williams,1990) : i rapporti tra le due entità non sono ancora del tutto chiariti, ma probabilmente rappresentano due differenti complicanze con simile manifestazione clinica (l'alterazione della coscienza) del danno epatico acuto (Munoz,1993). La severità della sindrome encefalopatica (sia in corso di epatite fulminante che nel portatore di epatopatia cronica) è classificata secondo quattro stadi (dalla modesta alterazione del sensorio e dell'eloquio dello Stadio I , alla marcata depressione del sistema nervoso centrale con assenza dei riflessi allo stimolo doloroso dello Stadio IV, fino al quadro di morte cerebrale ,associato ad imponente edema cerebrale e perdita dei riflessi di tronco per incuneamento )(vedi tabella 1,da Trey e Davidson,1970). Tabella 1 Stadio Sintomi // Segni I Cambio di umore - Alterato pattern del sonno // Asterixis -Fetor -Alterata scrittura II Rallentamento - Alterato eloquio -Disorientamento - Modificazioni del comportamento // Asterixis - Atassia - Iporeflessia III Disorientamento - Stato stuporoso (ma risvegliabile) - Agitazione psicomotoria - Eloquio disarticolato // Iperreflessia - Clono Rigidità Hippus IV A Stato di incoscienza - Decorticazione - Decerebrazione // Ipotono muscolare - Iporeflessia IV B Non risposta a stimoli // Midriasi Le alterazioni EEG rivelano un passaggio progressivo da un ritmo alfa (8-12 cicli/secondo) fino ad un ritmo delta (3-4 cicli/secondo, di ampiezza elevata).Vengono segnalate frequentemente onde trifasiche di origine verosimilmente dismetabolica (fase D) .In caso di peggioramento della funzione epatica il tracciato presenta pseudoperiodismi o tratti spesso vicini alla isoelettrica. (Sherlock,1989; Hawker,1993) Meglio che con la sola classificazione di Trey e Davidson, il quadro clinico della encefalopatia epatica (soprattutto in corso di epatite fulminante) è seguito con i controlli seriati dei riflessi pupillari (iperreattività pupillare nello Stadio III, hippus [ritmica contrazione e dilatazione delle pupille per stimolazione luminosa] tra Stadio III e IV, midriasi allo Stadio IV ) ed oculocefalici ; del tono muscolare (aumento del tono negli Stadi I - III fino a opistotono e postura da decerebrazione all'inizio dell Stadio IV: il successivo peggioramento del quadro clinico si associa ad approfondimento del coma e a flaccidità diffusa); dei riflessi osteotendinei (iperreflessia negli Stadi I - III ; presenza di clono sostenuto fino all'inizio dello Stadio IV, quindi progressiva depressione dei riflessi fino alla mancata evocazione); della risposta a stimoli dolorosi; del pattern ventilatorio (iperventilazione con alcalosi respiratoria fino allo Stadio III, quindi progressiva depressione del drive respiratorio e necessità di intubazione tracheale e controllo artificiale della ventilazione ( Hawker,1993;Munoz,1993). Segni di lateralizzazione sono raramente presenti e devono fare porre in diagnosi differenziale emorragie intracraniche.Crisi convulsive generalizzate possono essere osservate negli stadi III e IV e sono di prognosi infausta. L'edema cerebrale, frequentemente associato ad ipertensione endocranica, è presente nella maggior parte dei pazienti in Stadio IV e costituisce una della cause di morte più frequente nei soggetti portatori di epatite fulminante (30-50%) (Gazzard,1975 in Hawker,1993): in effetti in pazienti deceduti per epatite fulminante da virus B o non-A non-B e per i quali era disponibile l'esame autoptico, edema cerebrale era presente nel 50 - 80% dei casi (Ede e Williams,1986). La difficoltà di identificare i segni di edema cerebrale e di ipertensione endocranica in corso di encefalopatia epatica e di utilizzarli per il controllo della progressione del quadro clinico, ha spinto alla utilizzazione sempre più frequente del monitoraggio invasivo della pressione endocranica allo stadio III, oppure al passaggio tra lo Stadio III e IV (Munoz,1993): mentre l'impatto del monitoraggio routinario della ICP sull'outcome dei soggeti colpiti da EE non ha ancora ricevuto una rigorosa valutazione, deve essere ricordato come in mani esperte e con opportuna correzione dei difetti coagulativi, sia presente una ridotta incidenza di complicanze emorragiche ed infettive associata al posizionamento di trasduttori subaracnoidei o subdurali (Munoz,1993). In effetti ipertensione endocranica (definita come pressione intracranica superiore a 30 mm Hg per periodi superiori a 60 min), è stata osservata in più del 50% di pazienti con encefalopatia di grado III e IV ed è stata associata a numerose condizioni quali : febbre, agitazione psicomotoria, ipertensionearteriosa, ipossia, ipercapnia, tosse, vomito, brividi, utilizzo di farmaci ad azione vasodilatatrice, aspirazione tracheale, cambi posturali. L'origine dell'edema, sebbene ancora poco chiarita, sembra debba essere fatta risalire a cause sia vasogene (aumento della permeabilità della barriera ematoencefalica ) che citotossiche (inibizione della pompa Na-K ATPasi dipendente a livello di membrana neuronale) (Ede e Williams,1986). Dati recenti relativi alla presenza di sostanze digossina-simili (in grado pertanto di agire bloccando la pompa Na-K ATPasi dipendente) in corso di epatite fulminate e correlabili con il grado di encefalopatia non hanno ancora ricevuto conferma (Yang,1988;Hawker,1993). Alterazioni del profilo cardiovascolare Il profilo cardiocircolatorio del paziente con insufficienza epatica acuta è caratterizzato da sindrome ipercinetica, con elevato indice cardiaco (spesso superiore a 5 l min-1 m-2 ), pressione arteriosa media ai limiti inferiori di norma, basse resistenze vascolari sistemiche (inferiori a 600 - 800 dynes secondo-1cm-5) e polmonari, pressioni di riempimento medio -basse: l'aumento di portata è sostenuto sia da un aumento del volume sistolico che da un (non sempre presente ) aumento della frequenza cardiaca.(Harrison et al ,1991) Il quadro emodinamico è simile nel portatore di epatopatia cronica di grado avanzato, anche se l'indice cardiaco appare più elevato e le resistenze sistemiche più basse nei soggetti portatori di epatite fulminante (Gunning et al,1991). La funzione di pompa è pressochè sempre mantenuta e segni di insufficienza cardiaca sono osservabili solo nelle fasi terminali e verosimilmente legati a prolungata ipotensione (Harrison,1991). Modificazioni del ritmo cardiaco (bradiaritmie, blocchi di vario grado, battiti ectopici e forme di tachiaritmia sopraventricolare) o alterazioni del tratto ST appaiono essere legate a ipossia, ipovolemia o edema cerebrale e non a patologia cardiaca intrinseca o alla insufficienza epatica (Rosenbloom,1991). La imponente vasodilatazione sistemica, carattere distintivo del profilo emodinamico nella insufficienza epatica avanzata, determina frequentemente ipovolemia relativa e costituisce la causa più frequente della ipotensione osservabile in corso di insufficienza epatica acuta. In effetti il rimpiazzo volemico guidato dalle pressioni di riempimento e dal monitoraggio emodinamico invasivo consente il mantenimento di una soddisfacente pressione arteriosa media quando non siano presenti quadri di sepsi o conseguenze di edema cerebrale ed ipertensione endocranica (incuneamento del tronco cerebrale). Sebbene le cause della sindrome ipercinetica in corso di epatite fulminate siano ancora oggetto di studio, sembra di poter individuare l'evento primario in una anomala condizione di vasodilatazione sostenuta da una alterazione del controllo del tono vasomotore : l'aumento di indice cardiaco sarebbe pertanto un meccanismo compensatorio e la caduta di resistenze proporzionale alla gravità del quadro. E' possibile che elevati livelli di endotossine circolanti (da perdita di funzione del sistema reticoloistiocitario) oppure di prostaglandine, peptidi intestinali ad azione vasoattiva, ferritina e glucagone (per mancata inattivazione da parte del fegato) concorrano per azione diretta o mediata (nel caso della endotossina, rilascio di ossido nitrico[NO] dall'endotelio) a mantenere alterata la regolazione del microcircolo (Hawker,1993).Un eventuale effetto della ipertensione portale nella genesi della vasodilatazione, in analogia a quanto dimostrato nell'epatopatico cronico (Blendis,1993), è stato ipotizzata ma non confermata, essendo l'aumento di pressione nel territorio portale evento non comune nella epatite fulminante (Lebrec,1983). E' infine da ricordare come, nonostante la presenza di una attivazione ortosimpatica (aumento delle catecolamine circolanti ed aumento della attività del sistema renina -angiotensina-aldosterone), la risposta alle catecolamine (endogene o esogene) sia fortemente ridotta (Panos,1991) Nonostante l'elevato indice cardiaco e la aumentata disponibilità di ossigeno (DO2), la quantità di ossigeno utilizzato in periferia è ridotta (ridotta estrazione per la anomala vasodilatazione e la conseguente maldistribuzione del flusso ematico) e sioserva ipossia tissutale (Wendon et al,1992). E' inoltre stato dimostrata l'esistenza di una dipendenza anomala del consumo di O2 (VO2) dalla DO2, (pathological O2 supply dependency) . L'utilizzo di prostaglandine o di N acetil cisteina per aumentare la portata cardiaca e, attraverso vari meccanismi, migliorare la funzione del fegato, determinava l'aumento del consumo di O2 in risposta all'aumento del DO2, svelando così una condizione di ipossia tissutale (Harrison,1991). L' aumento del livello dei lattati che si riconosce in questo contesto ha una una duplice causa : da una parte la inadeguata perfusione periferica, dall'altra la ridotta capacità di clearance epatica, essendo circa il 60-70% dei lattati metabolizzati a livello epatico (Kruse et al,1987;Hawker,1993) La insufficienza epatica acuta, analogamente alle forme di insufficienza epatica cronica terminale, è accompagnata da una elevata percentuale di compromissione della funzione renale (sindrome epatorenale) : nelle forme fulminanti o subfulminati non sostenute da paracetamolo la incidenza varia dal 15 (Sheil et al,1991 in Hawker,1993) al 30% (O'Grady et al,1988) e la sua osservazione è frequente allo stadio IV della encefalopatia . La insufficienza renale in corso di insufficienza epatica severa appare essere di tipo funzionale (Amend,1993) ed è caratterizzata dalla progressiva riduzione del flusso ematico renale e della filtrazione glomerulare, dal progressivo aumento della creatinina e dalla ridotta eliminazione urinaria di sodio. Il valore della azotemia, abnormemente basso in questi pazienti per la alterazione della sintesi epatica di urea, non costituisce invece un parametro attendibile di valutazione funzionale (Herman e McIntyre,1991). Un ruolo primario nella genesi appare essere giocato dalle modificazioni della emodinamica generale e splancnica (vasodilatazione sistemica) ed in particolare dallo stato di ipovolemia (riduzione del volume ematico centrale e di conseguenza del flusso ematico renale) (Amend,1993). Alla vasodilatazione generalizzata si opporrebbe una vasocostrizione renale compensatoria mediata sia da un aumento del tono ortosimpatico che da un aumento della attività del sistema renina-angiotensina - aldosterone (Panos,1991). A questo si aggiungerebbe, per la condizione di insufficienza epatica, uno squilibrio tra vasocostrittori endogeni non metabolizzati oppure attivati dall'aumento di endotossine circolanti (tromboxano A2, leucotrieni, endoteline) e sostanze ad azione vasodilatatrice non prodotte (prostaglandina E2, prostaciclina, ossido nitrico, ormone natriuretico atriale) (Lenz,1994; Amend,1993) Si deve comunque ancora sottolineare come in questa specifica condizione la ipovolemia (e quindi lo stato di riempimento del circolo), giochi un ruolo chiave nella genesi della insufficienza renale (Carithers e Fairman,1989). Complicanze a carico dell'apparato respiratorio ed alterazione degli scambi gassosi La progressione della encefalopatia epatica allo Stadio III e IV comporta la perdita dei riflessi di difesa delle vie aeree, il rischio di inalazione di contenuto gastrico ed il conseguente sviluppo di patologia respiratoria con quadri di edema alveolo - interstiziale tipo ARDS ed aumento del gradiente alveolo-arterioso di O2. La possibilità di sviluppo di complicanze primarie a carico dell'apparato respiratorio è comunque elevata : un terzo dei pazienti circa necessita di intubazione ed assistenza respiratoria meccanica (Bihari,1986), mentre in circa il 50% dei soggetti con epatite fulminante si osserva una infezione acuta broncopolmonare (Rolando et al ,1990). Intubazione e ventilazione meccanica in questi pazienti sono peraltro spesso indicate dalla necessità di controllare la PaCO2 nell'ambito dei provvedimenti finalizzati a ridurre il flusso ematico cerebrale e controllare così l'aumento di pressione endocranica (Munoz,1993). Cause del quadro di edema alveolointerstiziale, riconoscibile in più del 20% dei pazienti (Bihari,1986 ,in Hawker,1993), possono essere ascritte al basso livello ematico di albumina, alle conseguenze della aspirazione di contenuto gastrico, alla sepsi, da considerarsi secondo Rolando (1990), fattore di rischio primario per lo sviluppo di ARDS : in tale caso il quadro di edema può riconoscere le sua origine nella azione di mediatori della risposta infiammatoria rilasciati per gli elevati livelli di endotossina circolante, la cui clearance da parte del sistema reticoloistiocitario e delle cellule del Kupffer è, in questa condizione, fortemente compromessa (Matushack e Rinaldo,1988). Sporadicamente condizioni di grave ipossia in assenza di infezioni o edema sono state riportate anche in corso di epatite fulminante.Una possibile spiegazione potrebbe risiedere nella apertura di shunt polmonari arterovenosi in analogia a quanto osservabile nella epatopatia cronica : tale ipotesi tuttavia non ha ricevuto sufficienti conferme (Hawker,1993). Il problema delle infezioni Infezioni e sepsi sono frequenti complicanze associate alla epatite fulminante, peggiorano il quadro della encefalopatia e le alterazioni della emostasi associate alla insufficienza epatica acuta , incidono in maniera importante sulla mortalità (25% dei decessi associati ad infezione)(Rolando et al,1990;Rolando et al,1993;Hawker,1993). Le infezioni che si sviluppano durante i primi 4-7 giorni sono batteriche e colpiscono circa l'80% dei pazienti: nel 50% sono a carico delle vie respiratorie, nel 25% delle vie urinarie. Batteriemia è presente nel 25% dei pazienti: in circa metà dei casi appare essere primaria e a due-tre giorni di distanza dalla insorgenza della encefalopatia (Rolando,1990). La comparsa di insufficienza renale è frequentemente associata a infezione delle vie urinarie e batteriemia (Munoz,1993). Le infezioni sono sostenute per il 30-40% da germi Gram negativi, probabilmente di derivazione intestinale e responsabili di parte delle batteriemie primarie (Munoz,1993), per il 60-70% da microorganismi Gram positivi (Stafilococco aureus, Stafilococco epidermidis, Streptococchi spp ) : le ragioni della prevalenza dei Gram positivi non sono chiare, ma possono essere ipotizzate una rapida diffusione di germi comunitari in soggetti a scarsa capacità di difesa, utilizzo di antibiotici, uso di accessi vascolari plurimi, infezioni contratte dall'ambiente (Hawker,1993; Munoz,1993). Le infezioni fungine sono invece più frequenti dalla seconda settimana, si sovrappongono alle infezioni batteriche e costituiscono una importante (con)causa di morte (Rolando,1991). La elevata incidenza di infezioni batteriche e fungine nella EF riconosce forzatamente una genesi multifattoriale. Oltre a quanto già osservato, deve essere sottolineato il ruolo centrale giocato dalla riduzione delle funzioni del sistema reticoloistiocitario e delle cellule di Kupffer, la cui capacità fagocitica è marcatamente ridotta dalla necrosi epatica massiva : questo può spiegare sia la diffusione sistemica di batteri a provenienza intestinale che gli elevati livelli di endotossina circolante. La ridotta capacità fagocitica delle cellule di Kupffer può essere correlata al deficit di fibronectina (una glicoproteina a capacità opsonizzanti) osservato in queste condizioni (Anand,1989; Hawker,1993), mentre a carico dei leucociti neutrofili si osservano ridotta adesività, ridotta chemiotassi, ridotta fagocitosi : la non adeguata funzione dei neutrofili è fatta risalire a deficit delle frazioni 3 e 5 del Complemento e probabilmente legata a incapacità del fegato necrotico a sintetizzare questi fattori (Hawker,1993;Munoz,1993).Sono invece ancora da definire i ruoli della immunità cellulomediata e delle citochine. Modificazioni della emostasi e della coagulazione Il fegato svolge un ruolo centrale nel mantenimento della bilancia emostatica .(Bick,1985; Adcock e Marlar,1992;Hawker,1993). La maggior parte dei fattori coagulativi (fibrinogeno, i fattori II,V,VII,IX,X,XI,XII,della famiglia delle serinproteasi), gli anticoagulanti fisiologici (Antitrombina III, Proteina C e Proteina S), il plasminogeno (precursore della plasmina, enzima fibrinolitico) e la a2antiplasmina (inattivatore della plasmina circolante, antifibrinolitico) sono di sintesi epatica : il solo fattore VIII è per lo più di sintesi endoteliale e comunque extraepatica. Il sistema reticoloendoteliale del fegato gioca inoltre un ruolo fondamentale nella clearance di fattori procoagulanti attivati e delle sostanze profibrinolitiche (Adcock e Marlar,1992). Come è noto la normale emostasi è il frutto di una complessa interazione tra formazione e dissoluzione del coagulo Si riconoscono didatticamente emostasi primaria, secondaria e fase fibrinolitica. La emostasi primaria comprende fase vascolare (vasocostrizione ) e fase piastrinica: all'interno di quest'ultima si riconoscono a) una prima interazione vasale-piastrinica per lesione dell'endotelio, esposizione di strutture sottoendoteliali (collagene) che determinano la adesione del fattore di vonWillebrand (vW) e la espressione da parte di quest ultimo di siti di legame specifici per il fattore GP1b piastrinico (la mancanza del legame GP1b-vW per ipopiastrinemia o per difetto o mancata funzione del GP1 b recettore determina deficit emostatico ) b) una successiva interazione tra piastrina e piastrina, che porta alla formazione del coagulo piastrinico (aggregazione, attivazione, liberazione di sostanze ad azione vasocostrittrice, procoagulativa e fibrinolitica). Parametri di laboratorio indicativi di alterazione della emostasi primaria sono, oltre alla conta piastrinica e ad alcuni test di adesione, il tempo di sanguinamento (Adcock e Marlar,1992) L'emostasi secondaria ha come finalità la generazione di trombina e la formazione del coagulo di fibrina. Alla formazione di fibrina si giunge sia attraverso l'attivazione di una via intrinseca (fattore XII) che di una estrinseca, attivata dal fattore VII: entrambe convergono in una via ultima comune: la riduzione di fattori della coagulazione è associata a diatesi emorragica, la riduzione di anticoagulanti fisiologici determina invece uno stato di ipercoagulabilità. Legata alla disponibilità di vitamina K è la produzione dei fattori II,VII, IX, X , di Proteina C (PC) e di Proteina S (PS): la vitamina K è responsabile della g carbossilazione dei precursori di questi fattori e determina la loro immissione in circolo in forma funzionalmente efficace. Parametri di laboratorio che consentano una valutazione della emostasi secondaria sono il tempo di protrombina (espresso in secondi o come attività percentuale e normalizzato utilizzando la International Normalized Ratio,INR), che valuta la via estrinseca ; il tempo di tromboplastina parziale attivato (espresso in secondi e normalizzato utilizzando la INR), che valuta la via intrinseca ; il tempo di trombina,(espresso in secondi e normalizzato),che valuta la via ultima comune e che risente di modificazioni quantitative (ipofibrinogenemia) o qualitative (disfibrinogenemia) del fibrinogeno. Valori normali di questi parametri presuppongono livelli di fattori superiori al 35-40% (normali compresi tra 40 e 100%) (Adcock e Marlar,1992) Il sistema fibrinolitico è responsabile della lisi del coagulo e della riabitazione del vaso: ruolo centrale è svolto dalla plasmina, generata dal plasminogeno per azione di attivatori endogeni (tPA, attivatore tissutale del plasminogeno, di produzione endoteliale, ed urokinasi). Antifibrinolitici fisiologici sono il PAI (Plasminogen Activator Inhibitor) e la a2 antiplasmina (enzima bloccante la plasmina circolante). La carenza di plasminogeno e/o di attivatori predispone ad uno stato trombofilico, la carenza di inibitori, al contrario, ad una diatesi emorragica . Parametri di laboratorio disponibili per il monitoraggio sono il tempo di lisi della euglobulina (impreciso e non molto utilizzato), la determinazione dei prodotti di degradazione di fibrina e fibrinogeno (FDP), del D-Dimero (specifico della lisi di fibrina e pertanto diagnostico nella coagulazione intravascolare disseminata), il dosaggio della attività di a2antiplasmina,tPA,PAI (Adcock e Marlar,1992) Un test semiquantitativo che consente di disporre di utili informazioni relative alle proprietà viscoelastiche del coagulo e alla interazione tra le varie fasi emostatiche (piastrinica, coagulativa, fibrinolitica) è la tromboelastografia, sviluppata da Hartert nel 1948 e scarsamente usata in campo clinico, ma rivalutata nel monitoraggio della emostasi in corso di trapianto di fegato per merito di Kang (1985). Un pistone di acciaio, collegato da una parte ad un pennino scrivente su carta termica, e dall'altro ad una barra di torsione, è immerso in una cuvetta di acciaio contenente 0.35 ml di sangue : la cuvetta, mantenuta a 37° di temperatura,oscilla secondo un angolo di 4° 45" Fintanto che il sangue rimane fluido, il movimento della cuvetta non inflenza il pistone. La formazione di strands di fibrina ed il loro progressivo rafforzarsi determina, al contrario, un legame tra pistone e cuvetta : le proprietà viscoelastiche del coagulo consentono la trasmissione del movimento della cuvetta al pistone e la registrazione su carta termica. Oltre alla formazione del coagulo, vengono indicati dal grafico la retrazione del coagulo e la fibrinolisi anomala. I parametri fondamentali misurati sono la formazione di fibrina (r,reaction time,normale 6-8 min,che rifletta la funzione della via intrinseca della coagulazione); il tempo di coagulazione ( r+k,coagulation time,normale 10-12 min,che riflette la funzione della la via intrinseca,la funzione piastrinica e quella del fibrinogeno); la formazione del coagulo ( angolo a,normale >50°, dipendente dalla velocità di formazione del coagulo e legato alla qualità di funzione di piastrine e fibrinogeno);la ampiezza MA (massima ampiezza del tromboelastogramma ,normale 50-70 mm,legata alla elasticità del coagulo). Il rapporto tra la ampiezza a 60 minuti da MA (A60) ed MA (Clot lysis index,CLI,normale > 85%, lisi severa per rapporto inferiore a 40%) rappresenta la attività fibrinolitica. Nel portatore di insufficienza epatica terminale lo spettro delle alterazioni emostatiche comprende tutte le fasi della emostasi (Munoz,1993). Fase primaria. Alterazioni della conta e della funzione piastrinica sono presenti pressochè sempre nella epatopatia cronica, molto più raramente nella epatite fulminante. La trombocitopenia in effetti è secondaria per lo più a sequestro splenico (per splenomegalia ed ipersplenismo), ad aumentato consumo in presenza di attivazione della coagulazione, a ridotta sopravvivenza (Adcock e Marler,1992) Fase secondaria. Le modificazioni sono legate alla entità della necrosi epatica che provoca sia la riduzione di sintesi di procoagulanti e di anticoagulanti fisiologici (ATIII , PC, PS) che la ridotta clearance di fattori attivati .Nell'epatopatico cronico (ma anche in corso di epatite fulminante) può essere presente una alterazione del fibrinogeno (disfibrinogenemia). Indice precoce e sensibile della alterata funzione epatica è il livello di fattore VII, vitamina K-dipendente e dotato di breve emivita ( 4-6 ore) : la sua riduzione al di sotto del 30% è correlata con la riduzione del tempo di Protrombina, parametro universalmente accettato come test attendibile di capacità sintetica del fegato. La modificazione del tempo di trombina è invece legata, quando presente, alla disfibrinogenemia. La ridotta sintesi di ATIII è correlata con la tendenza alla attivazione della coagulazione (low grade coagulation activation), segnalata dalla presenza di complessi Trombina-Antitrombina (TAT) e quindi associata a consumo costante di fattori. Deve essere invece ricordato come il fattoreVIII, proteina di fase acuta e sintetizzato a livello endoteliale, splenico e renale, è elevato di solito nell'insufficiente epatico ed in particolare nella epatite fulminante (Adcock e Marler,1992; Hawker,1993) Fase fibrinolitica. In corso di insufficienza epatica acuta e cronica è frequente osservare una tendenza alla iperfibrinolisi, che può essere secondaria alla attivazione della coagulazione oppure primaria. In quest caso la iperfibrinolisi dipende da una parte dalla aumentata produzione di profibrinolitici (tPA), dall'altra da ridotta clearance epatica degli attivatori e da ridotta sintesi di inibitori (a2antiplasmina) (Adcock e Marlar,1992) In corso di epatite fulminante si osservano una caduta critica dei livelli di fattori V (inferiore 30%) e VII (inferiore 20%), che determinano un marcato allungamento del tempo di protrombina (attività protrombinica inferiore a 25%,con INR tra 4 e 5), ed una riduzione di ATIII (inferiore al 40%), responsabile quest'ultima sia dell'aumento del consumo di fattori per attivazione della coagulazione che del possibile consumo piastrinico.Tali parametri, ed in particolare tempo di protrombina, livelli di fattore V e VII, rapporto Fattore V/Fattore VIII costituiscono parametri guida attendibili per seguire il decorso clinico di una epatite fulminante e vengono utilizzati per la indicazione a trapianto di fegato in questa patologia (O'Grady,1989;Pereira,1992). La riduzione di fattori della coagulazione non si correla di per sè con il rischio di sanguinamento: la diatesi emorragica è in effetti legata soprattutto a riduzione del numero e della funzione delle piastrine ed ad attivazione di DIC. Sedi frequenti di sanguinamento spontaneo o per minimi traumatismi sono le mucose nasale e gengivale, il tratto gastroenterico, le vie urinarie ed i punti di inserzione di accessi vascolari. Emorragie cerebrali non costituiscono invece un reperto frequente (Munoz,1993) Alterazioni del profilo metabolico Sono di frequente osservazione ipoglicemia, ipo/ipernatremia, ipokaliemia ed alterazioni del profilo acido-base. La ipoglicemia è legata ad aumento dei livelli circolanti di insulina, ridotta gluconeogenesi e ridotti depositi di glicogeno (Hawker,1993). La ipoglicemia deve essere posta in diagnosi differenziale ogni qualvolta si osservino alterazioni dello stato di coscienza. Le modificazioni dei livelli del sodio sono in grado di determinare alterazioni importanti dello stato di coscienza. La ipernatremia, che concorre a determinare aumento della osmolarità plasmatica, può essere determinata da sovraccarico di sodio (trasfusioni massive, utilizzo di derivati ematici, eccessiva correzione) in presenza di ridotta capacità di escrezione urinaria oppure da disidratazione secondaria a trattamento antiedema cerebrale con mannitolo. Brusche variazioni della natriemia (ipo-iper) sono associate in questi pazienti a gravissime mielinolisi pontine con tetraparesi e coma (Hawker,1993). La iponatremia è di solito secondaria a diluizione per eccessiva ritenzione idrica e per aumento della attività dell'ormone antidiuretico e per ridotta capacità escretiva (Trewby,1978; Hawker,1993) La ipokaliemia è di solito presente nel 50% dei soggetti con epatite fulminante, si associa ad alcalosi metabolica e può esserne sia causa che conseguenza. Può essere osservata una caduta dei livelli di Ca ionizzato in caso di importante supplementazione con derivati ematici (plasma) per intossicazione da citrati (chelazione del calcio) in presenza di ridotta metabolizzazione epatica. Alcalosi respiratoria è di frequente osservazione e si associa ad un aumento del driving respiratorio; può essere anche osservata alcalosi metabolica, correlata a perdita di potassio e forse a ridotta sintesi di urea. Acidosi metabolica si osserva invece frequentemente in corso di epatite fulminante da paracetamolo e costituisce un importante indicatore di prognosi infausta. (O'Grady ,1989) Quando presente, la acidosi metabolica è associata ad acidosi lattica, la cui origine è dovuta sia ad aumento di produzione per deficit di perfusione periferica che a ridotta capacità di clearance epatica (Bihari,1986 in Hawker,1993) Insufficienza epatica acuta in corso di epatopatia cronica Molte delle conseguenze a carico di organi ed apparati legati al quadro terminale della insufficienza epatica sono simili a quelli già descritti per l'epatite fulminante. Verranno quindi evidenziate le differenze nella eziopatogenesi, nelle manifestazioni cliniche e nel trattamento. La cirrosi costituisce di gran lunga la causa più frequente di malattia epatica cronica che può portare a insufficienza acuta e a grandi linee può essere classificata in portale e biliare. Al danno epatocitario segue rigenerazione e degenerazione fibrotica, con aumento del tessuto connettivo, sovvertimento delle strutture vascolari da parte del tessuto nodulare rigenerativo ed aumento delle resistenze intraepatiche. L'aumento compensatorio del flusso epatico determina un ulteriore aumento di pressione portale e lo sviluppo di circoli collaterali. Un aumento eccessivoi della pressione nei circoli collaterali esofageo ed emorroidario provoca il sanguinamento spontaneo a livello del tratto GE (rottura di varici). L'aumento del flusso linfatico intraepatico concorre alla produzione di ascite. Le manifestazioni patologiche sono legate sia al danno epatocellulare che alla condizione di ipertensione portale. La necrosi epatocitaria determina la perdita delle capacità sintetiche, metaboliche, di deposito e di depurazione ed è associata a ittero, alterazioni della coagulazione, ipoalbuminemia. INSUFFICIENZA EPATICA CRONICA patologia epatocellulare cirrosi B, B - Delta, C cirrosi alcoolica patologia colestatica colangite sclerosante cirrosi biliare primitiva patologia vascolare venoocclusiva Budd Chiari patologia tumorale non altrimenti trattabile patologie metaboliche congenite Encefalopatia portosistemica Differenze importanti con il quadro encefalopatico osservabile nella EF sono la costante associazione con la presenza di shunts porto sistemici, la connessione con emorragie del tratto GE, sanguinamento, disidratazione, sepsi, farmaci sedativi, carichi proteici, la quasi totale mancanza di edema cerebrale (che è comunque a prognosi infausta quando presente), la non sempre costante associazione con ittero. Il quadro appare funzionale essendo completamente reversibile.Tuttavia esistono recenti documentazioni di modificazioni a livello di cellule della glia. Manifestazioni specifiche del'epatopatico cronico posso essere quelle a carico della mielina come la mielite trasversa oppure la mielinolisi pontina. Infezioni nell'epatopatico cronico Quasi il 50% dei pazienti affetti da IEC è colpito da infezione; il 25% delle morti è associato ad infezioni che aggravano o precipitano encefalopatia, emorragie TGE, insufficienza renale. Infezioni frequenti sono a carico delle vie urinarie o si presentano come peritoniti spontanee. Le infezioni delle vie aeree sono rappresenta in misura minore (ma si deve tenere conto di uno stato infiammatorio aspecifico frequente). Nel 20% dei casi è presente diffusione ematica. I batteri maggiormente rappresentati sono Gram neg. (origine enterica o comunque esogena), la cui diffusione sistemica appare facilitata sia dal fenomeno della traslocazione batterica, legata a fenomeni ischemici viscerali in grado di aumentare la permeabilità di parete (vasocostrizione, ipovolemia) che dalla ridotta clearance operata dalle cellulke di Kupffer e del sistema RI (la cui capacità fagocitica è ridotta sia per difetti intrinseci di fagocitosi che per presenza di shunt porto-sistemici o intraepatici). Alterazioni degli scambi respiratori Cause complesse stanno alla base della modufucazione della ventilazione d e degli scambi respiratori nell'epatopatico cronico (Hanley,1992).Possono essere osservate ortideoxia (diminuzione della pressione parziale di ossigeno nel sangue arterioso (PaO2) quando venga assunta la posizione ortopnoica) e platipnea (ventilazione facilitata in decubito supino e non, come abitualmente accade, in posizione seduta).Le cause di ipossia possono essere ipoventilazione alveolare, maldistribuzione del flusso rispetto alla ventilazione (effetto shunt), shunts veri . 1) ipoventilazione alveolare associata a versamenti pleurici, ascite e/o sopraelevazione del diaframma (componente restrittiva). Il versamento pleurico è spesso dipendente dal passaggio di liquido ascitico dalla cavità peritoneale alla cavità pleurica attraverso il diaframma. Deve tuttavia essere ricordato che il soggetto cirrotico tende ad una moderata iperventilazione con associata alcalosi respiratoria (con o senza ipossia). 2) alterazione del rapporto ventilazione-perfusione. La vasodilatazione presente nel cirrotico ed in particolare la perdita del riflesso di vasocostrizione ipossica da parte dei vasi polmonari in presenza di ipossia alveolare determinano un aumento della perfusione nelle zone malventilate. Nei soggetti cirrotici sono infatti presenti: a) aumento del volume di chiusura b) ridotta differenza tra capacità funzionale residua (FRC) e capacità di chiusura (CC). In pratica nelle regioni basali vengono osservate aree di sovradistensione, a bassa ventilazione, in cui la perfusione non è ridotta tanto quanto la ventilazione. Questo meccanismo è certamente importante nel determinare ipossia nel cirrotico: un aumento della frazione inspiratoria di ossigeno(FiO2) sarebbe in grado in tale caso di migliorare la PaO2 (effetto shunt).E' tuttavia importante segnalare come tale correzione non sempre migliori la ossigenazione nel cirrotico, rivelando la presenza di altri meccanismi responsabili dela ipossia 3) presenza di shunts arterovenosi (intrapolmonari, portopolmonari) destro-sinistri .Si traducono in una riduzione di PaO2 per mancato passaggio di una quota di sangue da ossigenare attraverso il circolo polmonare. In questo caso un aumento della FiO2 (100%) non aumenta la PaO2 (shunt vero). Sede degli shunts possono essere il circolo intrapolmonare (dilatazioni del microcircolo a livello delle basi polmonari, responsabili di trama reticolonodulare,sono di occasionale riscontro all'Rx del torace),connessioni portopolmonari oppure il circolo pleurico. 4) ridotta diffusione dell'ossigeno attraverso la membrana alveolo capillare E' infine da ricordare come in una percentuale inferiore all'1% alla cirrosi sia associata ipertensione polmonare, istologicamente caratterizzata da proliferazione endoteliale e fibrosi intimale. La patogenesi è sconosciuta (si ipotizzano microtromboembolie portopolmonari o esposizione a sostanze di derivazione intestinale, ad azione vasocostrittrice polmonare, non metabolizzate dal fegato cirrotico).Il trattamento è sempre complesso. Alterazioni cardiovascolari L'assetto iperdinamico è caratterizzato da elevata portata cardiaca, basse resistenze sistemiche , ipotensione, aumento di frequenza cardiaca e resistenza alla azione delle catecolamine: le modificazioni sono tanto più marcate quanto più grave è il quadro di insuff. epatica ed è stata per questi pazienti dimostrata una dipendenza patologica del consumo di O2 dalla disponibilità (pathological supply dependency). Esiste,nonostante un aumento dell'acqua corporea totale, una riduzione del volume effettivo circolante, probabilmente legato alla vasodilatazione: questo determina una condizione di iperaldosteronismo secondario. Il primum movens del profilo ipercinetico è la vasodilatazione, che appare legata alla condizione di ipertensione portale, alla presenza di shunts av aperti, alla presenza di sostanze vasodilatatrici la cui clearance risulti deficitaria. ------- fine 1^ parte. IL TRATTAMENTO DELL'INSUFFICIENZA EPATICA SEVERA - continua nel prossimo numero. ________________________________________________________ 2 L'INTOSSICAZIONE DEL MESE: MORSO DI VIPERA ________________________________________________________ ANGOLO DI TOSSICOLOGIA CLINICA In questa sezione di ESIA - Italia curata dal dott. A.PIGNATARO sarà ospitata la descrizione ed il relativo commento di un caso di intossicazione acuta. Morso di vipera: caso clinico A.Pignataro, S. Mercadante, P. Villari Servizio di Anestesia e Rianimazione, Ospedale Buccheri La Ferla F.B.F., Palermo Il morso di serpenti velenosi, contrariamente a quanto avviene negli Stati Uniti (1)e nei paesi tropicali, non è un'evenienza comune in Europa. Tra gli incidenti che si verificano, soltanto i più gravi vengono registrati. Nel caso clinico seguente, gli autori descrivono le modalità e le conseguenze di un morso di vipera in una donna alla ricerca di piante selvatiche.. Caso clinico Nel mese di marzo dell'anno in corso, una donna di 61 anni veniva trasportata al pronto soccorso dell'ospedale in seguito al morso di un serpente. La donna, residente in un comune montano, si era recata poche ore prima dell'incidente in un bosco vicino per la raccolta di una pianta aromatica selvatica. Un improvviso dolore trafittivo alla gamba sinistra costringeva la donna ad interrompere la marcia e a scrutare tra i cespugli: la vista di un serpente che si allontanava, induceva la donna, pur dolorante, ad inseguire il rettile e raggiuntolo a colpirlo mortalmente con la scarpa. Sprovvista di un mezzo di locomozione, la donna si era poi recata a piedi presso l'abitazione del proprio medico per le cure del caso, portando con sé il serpente privo di vita (fig. 1). Accompagnata al più vicino pronto soccorso, la donna veniva infine inviata (dopo 4 ore dall'incidente!) presso in nostro ospedale. All'arrivo in pronto soccorso la donna si presentava sonnolenta e in preda a conati di vomito. La pressione arteriosa era di 90/50 mmHg e la frequenza cardiaca di 120 bpm. La paziente era eupnoica; la temperatura corporea di 37 C°. L'esame obiettivo locale mostrava in corrispondenza della caviglia sinistra due segni di puntura ravvicinati sanguinanti con ecchimosi circostante e presenza di edema duro esteso fino al piede (fig. 2). La donna lamentava intenso dolore all'arto colpito e parestesie alle dita del piede. Il medico di turno, riconosciuto nel serpente condotto dalla paziente una vipera, aveva praticato 2 fiale di siero antiofidico tetravalente: una sottocute in vicinanza del morso del serpente e un'altra per via intramuscolare. Nello stesso tempo veniva effettuata una sieroterapia antitetanica. All'incannulamento venoso seguiva l'infusione di colloidi (1000 ml). Contattato l'anestesista-rianimatore, la paziente veniva trasferita in terapia intensiva. In rianimazione la paziente veniva sottoposta a monitoraggio elettrocardiografico, della pressione arteriosa cruenta e della pulsossimetria. Le condizioni cliniche della donna permanevano analoghe a quelle dell'arrivo in P.S.: sonnolenza, nausea, dolore all'arto offeso. Persisteva ipotensione (90/40 mmHg) e una frequenza cardiaca di 100 bpm, mentre l'emogasanalisi mostrava una ipocapnia lieve (paCO2 30 mmHg). Gli esami di laboratorio mostravano una fibrinolisi moderata (FDP +++), aumento del fibrinogeno (4550 mg/dl) e dei globuli bianchi (16 x 103/ml). Una terapia infusionale con mannitolo al 2.5% (200 ml/h) veniva intrapresa dopo avere ottenuto la stabilizzazione dei parametri emodinamici con l'impiego di cristalloidi. Nel giro di circa 12 ore si assisteva ad un sensibile miglioramento delle condizioni generali della donna, mentre localmente l'edema e l'ecchimosi, dapprima circoscritti al piede e alla caviglia, si estendevano fino alla radice dell'arto con conseguente aumento del dolore e delle parestesie alle dita del piede. L'uso parenterale di analgesici (paracetamolo, meperidina) e locale di una pomata anestetica permetteva il sollievo del dolore. La terapia antibiotica prevedeva l'impiego di ceftriaxone e tobramicina. La stabilita' dei parametri vitali e la normalizzazione dei parametri coagulativi, consentivano, in 3a giornata, pur in presenza di imponenti fenomeni edematosi locali, di trasferire la paziente nel reparto di medicina dell'ospedale per il proseguimento delle cure del caso. Discussione Gli avvelenamenti da morso di serpente sono un'evenienza poco frequente in Italia. Le uniche specie di serpenti velenosi esistenti nel nostro paese appartengono alla famiglia dei viperidi; delle quattro specie conosciute (vipera aspis, v. berus, v. ammodytes e v. ursinii), la vipera aspis (vipera comune) è la più diffusa e responsabile di avvelenamento (fig. 3 ). La coesistenza di altri serpenti non velenosi pone il problema, non sempre facile, dell'identificazione del rettile, momento di fondamentale importanza per la terapia. FIG.3VIPERA COMUNE: Vipera aspis:Identificazione: Caratteristica è la punta del muso rivolta all'insù; testa larga e triangolare, occhi piccoli e pupilla verticale, corpo slanciato; il disegno caratteristico consiste in una larga striscia ondulata sul dorso, in genere marrone intenso con bordi scuri, che può anche essere spezzettata in macchie ovali. Lunghezza: 60 - 75 cm. Habitat e comportamento: In ambienti aridi, in montagna anche in ambienti umidi, fino ai 3000 m. Il suo morso è velenoso, ma in genere non è aggressiva. Le cosiddette serpi innocue (appartenenti alla famiglia dei colubridi) presentano caratteristiche morfologiche differenti, che non è facile cogliere, soprattutto se non ci si vuole avvicinare troppo al serpente (tab.1 ).  Il miglior criterio di riconoscimento della vipera è la presenza di una coda appuntita ben distinta dal corpo cilindrico. Il morso della vipera è caratterizzato dall'impronta dei due denti ad uncino del rettile, mentre il morso della serpe lascia il segno di diversi denti disposti a semicerchio. Non sempre il morso di una vipera è seguito dall'inoculazione del veleno. Il veleno delle vipere, secreto da ghiandole specializzate, è composto da tossine, enzimi e altre sostanze non proteiche, responsabili di necrosi locale a livello della pelle, dei muscoli e del tessuto connettivo. L'iniezione del veleno (in media 5-40 mg) è seguita dopo 30 minuti dalla comparsa di edema ed intenso dolore nella zona colpita (segni locali). L'assenza di tali manifestazioni dopo2-3 ore dal morso indica che non vi è stata inoculazione del veleno. Ai segni locali, in relazione alla dose, alla zona interessata e alla taglia del soggetto, si aggiungono i segni generali con turbe emodinamiche, digestive, coagulative e renali. Le turbe emodinamiche sono determinate da una fuga massiva di liquidi verso l'interstizio con vasoplegia; le turbe digestive per iperattività della muscolatura liscia consistono in vomito e diarrea. Le alterazioni della coagulazione possono variare da una fibrinolisi , ad una trombopenia, ad una emolisi o ad una coagulazione intravascolare disseminata. Le turbe renali sono per lo più la conseguenza dell'ipovolemia acuta. In relazione alla gravità dei morsi di vipera è nata una classificazione per gradi (2): Grado 0 Assenza di avvelenamento Tracce di morso, assenza di segni locali Grado 1 Avvelenamento minimo Edema localizzato alla zona del morso, assenza di segni generali Grado 2 Avvelenamento moderato Edema regionale esteso a parte dell'arto colpito, ipotensione senza shock, vomito, diarrea Grado 3 Avvelenamento severo Edema esteso fino al tronco, ipotensione prolungata o stato di shock, sanguinamento Il comportamento di fronte ad un morso di vipera è: sul posto - immobilizzare l'arto colpito, al pari di un arto fratturato; evitare incisioni, nel tentativo di drenare il veleno, e di succhiare il sangue direttamente con la bocca; non applicare lacci emostatici; utili semmai, bande elastiche che esercitando una pressione locale moderata, ritardano la diffusione del veleno. In ospedale - Vanno ospedalizzati tutti i bambini (<15 a.), gli adulti ai quali è stato somministrato il siero antiofidico e, ovviamente, i pazienti gravi. Trattamento sintomatico: disinfezione della zona colpita, sieroterapia antitetanica, antibioticoprofilassi. Il trattamento specifico con il siero antivipera va riservato alle forme più gravi (avvelenamento severo). Trattandosi di un siero eterologo (ricavato da cavalli iperimmunizzati) esiste la possibilità di reazioni anafilattiche immediate o ritardate (malattia da siero). Segnalazioni di incidenti, talvolta mortali (3), conseguenti al suo uso e, la benignità della maggior parte dei morsi di serpente hanno indotto ad un impiego estremamente prudente del siero antiviera. D'altro canto, forme gravi, soprattutto nei bambini (4), impongono il trattamento specifico precoce. La dose e la via di somministrazione del siero è controversa: si possono utilizzare 2 fiale per via endovenosa (diluite in 100 cc.) in 30 min. La somministrazione sottocutanea di una dose test non è utile a smascherare le possibile reazioni anafilattiche al siero e rischia di ritardare la terapia. L'impiego del siero è, in ogni caso, legato alla gravità dell'avvelenamento: l'assetto coagulativo può essere utilizzato per dosare il siero antivipera (5). Nel caso clinico descritto, il serpente catturato dalla donna e la comparsa dei segni locali non ponevano dubbi dell'avvelenamento da vipera; l'arrivo al pronto soccorso della donna dopo diverse ore dall'accaduto, la sua marcia prolungata dopo il morso della vipera e la presenza di segni generali d'avvelenamento, avevano indotto il medico di guardia alla somministrazione del siero antiofidico. Secondo la classificazione per gradi sopra riportata, si trattava di un avvelenamento moderato nei confronti del quale la sola terapia sintomatica sarebbe stata sufficiente. Se è relativamente semplice evitare l'uso del siero specifico in assenza di segni di tossicità generale, l'atteggiamento terapeutico non è altrettanto certo, a nostro parere, nei casi di diffusione sistemica del veleno, in assenza di segni di shock e di danno a distanza. Pur essendo la terapia sintomatica importante e spesso sufficiente da sola a controllare l'avvelenamento, il ritardo della sieroterapia rischia di provocare gravi complicazioni. Conclusioni La sieroterapia specifica è ancor oggi utilizzata in modo "disinvolto" in presenza di un morso di serpente senza chiari segni di avvelenamento. Se è inutile e dannoso ricorrere al siero antiofidico in simili evenienze, la sua efficacia è indiscutibile nei gravi avvelenamenti; nei quadri intermedi, l'osservazione clinica guiderà la terapia. Bibliografia I. Russell F.E., Carlson R.W., Wainschel et coll. Snake venom poisoning in the United States. Experience with 550 cases. JAMA 1975, 233, 341-344 II. Audelbert F., Sorkine M., Bon C. Envenoming by viper bites in France: clinical gradation and biological quantification by ELISA. Toxicon, 1992 III. Reid H.A. Antivenom reactions and efficacy. Lancet, 1980, ii, 1024-1025 IV. Rousselot J.M., Berthier J.C., Roze J.C., Floret D., Vidaihet M. Envenimation viperine grave. A propos de 7 observations pédiatriques. Arch. Fr. Pediatr. 1991, 48, 591-592 V. Curry S.C., Kunkel D.B. Death from a rattlesnake bite. Am.J.Emerg.Med. 1985, 300:227 _______________________________________________________ 3 MANUALI DI ANESTESIA: BLOCCHI PERIFERICI - 2^ PARTE ________________________________________________________ Questa rubrica, curata dal dott.Lelio Guglielmo, presenta i protocolli anestesiologici adottati ,nelle varie specialità chirurgiche , dal Servizio di Anestesia e Rianimazione dell' Ospedale Buccheri La Ferla. Questi manuali che sono il frutto di studi e dell'esperienza di oltre 15 anni di attività anestesiologica non pretendono ovviamente di avere un carattere "universale" . E' evidente altresì che l'applicazione delle procedure descritte va valutata criticamente in relazione al proprio ambiente di lavoro. La parte riguardante le considerazioni chirurgiche è stata realizzata in collaborazione con i chirurghi delle varie specialità, operanti nel nostro ospedale. Qualsiasi commento o critica è bene accetta e deve essere inviata a leliobuc@mbox.vol.it. oppure alla redazione LANZA@mbox.unipa.it Blocchi Periferici - IIa parte B. Inguinale Paravascolare "3 in 1" Indicazioni interventi sull'arto inferiore nel territorio innervato dai nn.femorali,otturatore e femoro cutaneo. Posizionamento del paziente supino Reperi essenziali arcata crurale-a.femorale Tecnica dopo aver realizzato un ponfo di a.locale cutaneo, si introduce l'ago-elettrodo 1-2 cm esternamente all'a. femorale, avanzando l'ago verso l'arcata crurale secondo un angolo di 20-30° sul piano cutaneo. Dopo aver elicitato le clonie ricercate (quadricipite femorale) si iniettano 40 ml di anestetico locale con adrenalina 1/200000. Alcune considerazioni: In alcuni casi è necessario infiltrare separatamente il n.femoro-cutaneo per ottenere per ottenere una anestesia completa della parte anteriore della coscia Controindicazioni infezione cutanea in sede inguinale adenopatia inguinale Complicanze ematoma per puntura arteriosa Blocco sciatico-ppopliteo Indicazioni interventi sulla superficio latero-esterno della gamba sulla caviglia e sul piede Posizionamento del paziente prono con un piccolo cuscino posto sotto il collo del piede Reperi essenziali cavo popliteo Tecnica:dopo aver realizzato un ponfo di a.locale cutaneo,centralmente, a circa 10 cm dalla piega poplitea, tra il m.bicipite femorale ed il m.semitendinoso si introduce l'ago-elettrodo secondo un angolo di 45° sul piano cutaneo, avanzandolo in direzione anteriore e cefalica. Dopo aver elicitato le clonie ricercate (estensione o lateralizzazione del piede) si iniettano 30 ml di anestetico locale con adrenalina 1/200000. Alcune considerazioni per interventi sulla caviglia è consigliabile associare un blocco femorale Controindicazioni quelle comuni alle a.locoregionali Blocco intrapleurico Indicazioni analgesia postoperatoria in interventi su : vie biliari, torace, rene, mammella, addome superiore Posizionamento del paziente decubito laterale con il lato da operare rivolto verso l'alto Reperi essenziali VIII-IX spazio intercostale tecnica:dopo aver realizzato un ponfo di a.locale cutaneo a 7-10 cm dalla linea interapofisaria, si introduce l'ago di thuoy sopra il bordo superiore della VIIIa costa e si deposita una goccia di soluzione fisiologica sul cono dell'ago. Esso viene avanzato lentamente secondo un angolo di 30-40 ° rispetto al piano cutaneo. L'avvenuta perforazione della pleura parietale determinerà l'aspirazione della goccia. A quel punto si iniettano 20 ml di Bupivacaina 0.25-0.50% con adrenalina e/o si inserisce un cateterino per l'infusione continua. Alcune considerazioni L'analgesia intrapleurica è molto efficace nei pazienti con multiple fratture costali o affetti da neuralgia post-erpetica Controindicazioni quelle comuni alle a.locoregionali Complicanze pneumotorace 1-2%, pleurite 0.4%, S.di Horner 0.5% ___________________________________________________________________ Informazioni sulla rivista EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY and CRITICAL CARE MEDICINE-Italia- Educational Synopses in Anesthesia and Critical Care Medicine-Italia costituisce la parte Italiana della versione Americana, pubblicata su Internet da Keith J Ruskin, Professore di Anestesia alla Università di Yale. I lavori saranno accettati sia in lingua Italiana che Inglese. In quelli di lingua Italiana un corposo riassunto in Inglese verrà preparato dalla redazione,qualora l'autore non fosse in grado di fornirlo.A cura della redazione sarà inoltre la traduzione in Italiano dei manoscritti inviati in lingua Inglese.La rivista sarà inviata gratuitamente a tutti quelli che ne faranno richiesta inviando il seguente messaggio "Desidero ricevere ESIA versione italiana" indirizzato a LANZA@MBOX.UNIPA.IT La rivista pubblica rewiews e lavori originali compiuti nei campi dell'anestesia e della medicina critica. I lavori originali riguardano ricerche cliniche, di laboratorio e la presentazione di casi clinici. Le reviews includono argomenti per l' Educazione Medica Continua (EMC), articoli di revisione generale o riguardanti le attrezzature tecniche. ESIA pubblica le lettere all'Editore contenenti commenti su articoli precedentemente publicati ed anche brevi comunicazioni.La guida per gli autori può essere consultata collegandosi al sito ANESTIT all'indirizzo: http://mbox.unipa.it/~lanza utilizzando la sezione riservata ad ESIA-Italia Oppure può essere richiesta inviando un messaggio a lanza@mbox.unipa.it EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY and CRITICAL CARE MEDICINE Sezione Italiana E' anche ottenibile attraverso World-Wide Web WWW: L' URL per questo numero di ESIA è: http://mbox.unipa.it/~lanza/esiait/esit9706.txt Il nome della rivista è esitaamm, dove aa è l'anno ed mm il mese (per esempio questo numero è esit9706.txt) LA REDAZIONE DI ESIA ITALIA DIRETTORE Vincenzo LANZA Primario del Servizio d'Anestesia e Rianimazione Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli Palermo LANZA@MBOX.UNIPA.IT Terapia Intensiva Antonio Braschi Primario del Servizio d'Anestesia e Rianimazione 1 Policlinico S. 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