__________________________________________________________________ __________________________________________________________________ ISSN 1080-3521 EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY and CRITICAL CARE MEDICINE - Italia - Il giornale italiano on line di anestesia Vol 2 No 5 Maggio 1997 __________________________________________________________________ __________________________________________________________________ Pubblicato elettronicamente da: Vincenzo Lanza, MD Servizio di Anestesia e Rianimazione Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli Palermo, Italy E-mail: (lanza@mbox.unipa.it) Keith J Ruskin, MD Department of Anesthesiology Yale University School of Medicine 333 Cedar Street, New Haven, CT 06520 USA Office: 203-785-2802 E-mail: ruskin@gasnet.med.yale.edu Copyright (C) 1996 Educational Synopses in Anesthesiology and Critical Care Medicine. All rights reserved. Questo rivista on-line può essere copiata e distribuita liberamente, curando che venga distribuita integralmente, e che siano riportati fedelmente tutti gli autori ed il comitato editoriale. Informazioni sulla rivista sono riportate alla fine. __________________________________________________________________ In questo numero: Editoriale GLI ANTAGONISTI DEGLI OPPIODI - 1^parte GLI ANTAGONISTI DEGLI OPPIODI - 2^parte ________________________________________________________ editoriale GLI ANTAGONISTI DEGLI OPPIODI - 1^parte ________________________________________________________ Carlo Locatelli, Valeria Petrolini, Raffaella Butera, Concettina Varango, Cristiano Gandini, Luigi Manzo* Centro Nazionale di Informazione Tossicologica - Centro Antiveleni di Pavia, Fondazione Clinica del Lavoro I.R.C.C.S., Pavia, e *Dipartimento di Medicina Interna e Terapia Medica, Sezione di Farmacologia e Tossicologia, Università di Pavia INTRODUZIONE I recettori per gli oppioidi Gli antagonisti degli oppioidi nella pratica clinica NALOXONE Farmacocinetica Impiego clinico del naloxone in medicina d'urgenza e in anestesia Intossicazione da oppioidi (overdose) Intossicazioni da oppioidi a lunga emivita o ad alta affinità recettoriale Diagnostica differenziale delle cause di insufficienza cerebrale Sedazione e insufficienza respiratoria da oppioidi in anestesia e in analgesia Shock Indicazioni cliniche obsolete del naloxone Overdose da diazepam Intossicazione acuta da etanolo Indicazioni cliniche non accertate o sperimentali del naloxone Intossicazione da clonidina e da captopril Demenza di Alzheimer Anoressia nervosa Obesità Deficit neurologici ischemici Effetto del naloxone sulla risposta respiratoria nella broncopneumopatia cronica (BPCO) Stipsi Prurito Comportamento autolesivo Disassuefazione dalla tossicodipendenza Discinesia tardiva Encefalopatia nell'insufficienza renale Ipotermia Emicrania Disforia ed effetti psicotomimetici da oppioidi Altri usi del naloxone Controindicazioni, precauzioni, effetti collaterali e interazioni farmacologiche del naloxone Interazioni farmacologiche Efficacia del naloxone rispetto ad altri agenti terapeutici simili NALTREXONE Indicazioni Dosaggio Farmacocinetica Controindicazioni ed effetti avversi NALMEFENE TRATTAMENTO DEL PAZIENTE OPPIOIDO-DIPENDENTE IN CASO DI RICOVERO PER PROBLEMI MEDICI, CHIRURGICI OD OSTETRICI INTRODUZIONE Gli agonisti oppioidi (peptidi naturali o di sintesi con azione morfino-simile) svolgono il ruolo di modulatori nella trasmissione dell'informazione tra gli elementi del sistema nervoso centrale e periferico. Essi vengono ampiamente utilizzati nella pratica anestesiologica e medica, principalmente per le ben note proprietà analgesiche e sedative. Gli agonisti oppioidi determinano i caratteristici effetti farmaco-tossicologici per (a) interazione con specifici recettori presenti nel sistema nervoso e in altri organi ed apparati, e, quindi, mimando l'azione di una serie di peptidi endogeni, (b) attivazione dei sistemi endogeni di modulazione della percezione dolorifica. A fronte di un meccanismo d'azione comune, esistono notevoli differenze fra i vari agonisti per ciò che riguarda la diffusione tessutale, la potenza relativa, l'affinità per i vari tipi di recettori e la durata d'azione. L'uso di tali farmaci in medicina è gravato però da importanti effetti collaterali quali la depressione respiratoria, la tolleranza e la dipendenza fisica e psichica. Alcuni farmaci oppioidi e un derivato illegale della morfina (eroina), inoltre, vengono utilizzati anche a scopo voluttuario: la patologia che ne può conseguire è estremamente varia, ma l'aspetto di maggior interesse per le caratteristiche d'urgenza è rappresentato dalla sindrome nota come overdose. Gli antagonisti degli oppioidi utilizzati nella pratica clinica agiscono sugli stessi recettori degli agonisti, principalmente impedendo o bloccando l'azione di questi ultimi (antagonismo competitivo). I recettori per gli oppioidi L'esistenza di specifici siti recettoriali per gli oppioidi è stata proposta numerosi anni fa, ma la loro identificazione e caratterizzazione biochimica e farmacologica si è cominciata ad avere solo dall'inizio degli anni '70. Si definisce oppioide un recettore cui il naloxone si lega stereospecificamente e con alta affinità. Negli ultimi venti anni sono stati identificati numerosi tipi e sottotipi di recettori per gli oppioidi (tabella I), diversamente rappresentati nei vari tessuti e in grado di mediare effetti diversi. Nel sistema nervoso centrale (SNC) sono presenti tre principali tipi di recettori per gli oppioidi (recettori m, d e k), di ognuno dei quali sembrano esistere due sottopopolazioni. In particolare, i recettori m si suddividono a loro volta in due sottotipi, denominati m 1 e m 2, che presentano una diversa affinità per gli agonisti e mediano effetti diversi. Da un punto di vista evolutivo i recettori m 1 sono apparsi a uno stadio dello sviluppo più recente rispetto ai recettori m 2, d e k: la loro densità varia anche filogeneticamente, essendone state riscontrate concentrazioni più elevate nelle specie viventi più evolute. Altre classi di recettori non sono ancora state chiaramente caratterizzate (es. recettori e); sulla base di evidenze sperimentali, invece, i recettori s, non vengono più considerati recettori oppioidi a tutti gli effetti. In ogni caso, allo stato attuale delle conoscenze, non è sufficientemente chiarito se le tre principali classi di recettori (m, d e k) siano indipendenti e prive di reciproche interazioni, oppure se esistano interazioni allosteriche fra differenti recettori. In tabella I sono riportate, in modo schematico e alla luce delle attuali conoscenze, le azioni mediate dalle diverse classi di recettori oppioidi. L'analgesia indotta dagli oppioidi, ad esempio, è mediata da complesse interazioni tra gli effetti mediati dai recettori m, d e k. A livello sopraspinale i recettori m sembrano i più importanti nell'esplicare questa azione, mentre i k sembrano più coinvolti a livello spinale; il ruolo dei recettori d, invece, è ancora controverso. La caratterizzazione delle funzioni (tabella I) e delle proprietà delle singole classi di recettori oppioidi, tuttavia, è notevolmente complicata dal fatto che i differenti tipi di recettori e sottopopolazioni recettoriali possono coesistere nello stesso tessuto e persino su una stessa cellula, e dal fatto che sia i peptidi oppioidi endogeni sinora identificati che quelli di sintesi non sembrano avere una specificità farmacologica assoluta per una precisa classe di recettori. I farmaci oppioidi interagiscono con un numero variabile di tutti e tre i tipi di recettore, su ognuno dei quali possono avere effetto agonista, agonista parziale o antagonista. Tabella I. Principali funzioni dei vari tipi di recettori oppioidi. funzione recettori oppioidi effetto percez. dolore m1 analgesia sopraspinale d analgesia sopraspinale e spinale k analgesia spinale respirazione m2 - (d) depressione regolaz. cardiovasc. m2 - d bradicardia vasodilatazione (shock) bilancio idrico k stimolo della diuresi m inibizione della diuresi controllo appetito m2 - k - (d) aumentata assunzione di cibo comportamento motorio m aumentata attività k inibizione psicomotoria comportamento psichico m - d euforia k sedazione,disforia, disorientamento (e) effetto psicotomimetico termoregolazione m1 ipotermia d ipertermia tono vescicale m - d inibizione comportamento gratificante m - d gratificazione k effetto avversivo motilità gastrointestinale m2 antipropulsione (sovraspinale e spinale) d antipropulsione (spinale) risposte endocrine effetto stimolatorio m2 - d ormone della crescita m - k ACTH m1 - k prolattina effetto inibitorio m - (d) ormone luteinizzante k vasopressina m - k ossitocina neurotrasmissione m1 turnover dell'acetilcolina m2 turnover della dopamina e interferenza con recettori per il N-metil-D- aspartato Il profilo delle interazioni dei farmaci oppioidi con i recettori nell'uomo viene dedotto sia dall'osservazione clinica che dall'estrapolazione delle proprietà farmacologiche rilevate negli studi sperimentali (tabella II). Tabella II. Azioni dei principali agonisti, antagonisti e agonisti antagonisti sui recettori oppioidi composto tipo di recettore m d k morfina ++ + + fentanyl +++ + + pentazocina - n ++ butorfanolo - n ++ nalbufina - n ++ buprenorfina P n - naltrexone - - - naloxone - - - nalmefene - - - nalorfina* - n + + = agonista - = antagonista P = agonista parziale n = dati inadeguati o non disponibili * = produce effetti disforici o psicotomimetici a dosi relativamente elevate che vengono scarsamente antagonizzate dal naloxone Attraverso studi di tipo radiorecettoriale è stato possibile caratterizzare la capacità di legame di singole sostanze con una o più classi specifiche di recettori (tabella III); in particolare si è osservato che la morfina è dotata di una notevole affinità per i recettori m mentre meno specifici, ma comunque dotati di affinità maggiore per i m, sono il metadone e la meperidina. Le encefaline e le dinorfine, invece, si legano rispettivamente e in maniera prevalente ai recettori d e k . Fra gli agonisti non peptidi l'etorfina è il prototipo ligando generale dei recettori oppioidi dato che possiede un'alta affinità per tutti e tre i tipi di recettori. Tra gli agonisti parziali, la buprenorfina è dotata di attività simile sui tre tipi di recettori; nalorfina e pentazocina sono invece tipici agonisti parziali dei m, ma sono dotati di attività simile anche per i k. Tra gli antagonisti puri, il naloxone e il naltrexone interagiscono con tutti e tre i tipi di recettore, ma hanno affinità circa 10 volte superiore per i m rispetto ai k e ai d. Le differenti affinità degli agonisti e antagonisti per i vari tipi d i recettori possono spiegare la variabilità degli effetti farmacologici riscontrabili nella pratica clinica utilizzando alte o basse dosi di uno stesso farmaco. Lo sviluppo di altri antagonisti reversibili e selettivi per singolo tipo di recettore è oggi ad uno stadio meno avanzato di quello degli agonisti e degli antagonisti irreversibili (sostanze in grado di alchilare il sito di riconoscimento del recettore oppioide) utilizzabili nella ricerca sperimentale. Tabella III Affinità dei principali ligandi per i recettori oppioidi m d k Agonisti generici etorfina 1 2 3,2 metadone 1 2 40 meperidina 1 2 13 Agonisti m morfina 1 125 1025 fentanyl 1 660 560 DAGO 1 190 1380 PLO17 1 1800 3600 Agonisti d DADLE* 4,2 1 6400 DPDPE** 780 1 1000 Agonisti k dinorfina A 1-13 5 10 1 dinorfina A 1-17 6,7 27 1 Agonisti parziali nalorfina 1 4 4 (±) pentazocina 1 12 2,5 buprenorfina 1 1,2 1,2 Antagonisti naloxone 1 15 11 naltrexone 1 6 8 nalmefene ? ? ? Il valore riportato (calcolato sulla base dei dati riportati da: Chang, 1984; Magnan et al, 1982; Goldstein e James, 1984; Tam, 1985) indica il rapporto tra costante di dissociazione (Kd) del ligando per cisacun tipo di recettore e la Kd per il recettore preferito (recettore per il quale la Kd è minore): i valori riportati sono stati ricalcolati). La Kd è il reciproco dell'affinità (es. la mofina ha per i recettori d un'affinità 125 volte minore di quella per i recettori m). * DADLE: (D-Ala2-D-Leu5) enkefalina ** DPDPE: (D-Pen2-D-Pen5) enkefalina Gli antagonisti degli oppioidi nella pratica clinica Numerose sostanze esercitano effetto antagonista sui recettori oppioidi. Fra queste, sono oggi utilizzati nella pratica clinica tre peptidi che agiscono con meccanismo competitivo e che determinano un effetto antagonista puro: il naloxone, il naltrexone e, ancora in fase sperimentale e non in commercio in Italia, il nalmefene. In normali condizioni questi farmaci hanno effetti scarsi o nulli se non sono stati precedentemente somministrati degli agonisti. Quando invece il sistema degli oppioidi endogeni è abnormemente attivato, come nello shock o in alcune forme di stress, la somministrazione di un antagonista oppioide può determinare la comparsa di effetti. Questi agenti trovano il loro massimo utilizzo nel trattamento dell'overdose da oppioidi, nel trattamento della tossicodipendenza e, in campo anestesiologico e rianimatorio, per l'antagonismo della sedazione e depressione respiratoria indotta da oppioidi. Le crescenti evidenze e ipotesi sul ruolo dell'aumentato tono del sistema dei peptidi oppioidi endogeni in numerosi stati patologici, inoltre, ha portato in tempi recenti alla sperimentazione di questi farmaci in altre patologie. Vengono trattati in questo capitolo gli antagonisti puri di attuale uso clinico. Non vengono trattati, invece, i farmaci ad azione mista agonista-antagonista (es. nalorfina, pentazocina), gli antagonisti non competitivi e gli antagonisti selettivi per singoli recettori (es. cypridime, m-selettivo; naltrindole, d-selettivo; nor-binaltorphimine, k-selettivo) o sottopopolazioni recettoriali (es. naloxonazina, m1-selettivo) utilizzati nella ricerca di base ma non utilizzabili in campo clinico in quanto irreversibili o con effetti non ancora noti sull'uomo. NALOXONE Il naloxone, N-allil-derivato dell'ossimorfone, è un antagonista puro che, pur con affinità diversa, si lega a tutti i recettori oppioidi (tabella II). Il suo peso molecolare è di 327,37 daltons, è solubile in acqua sotto forma di cloridrato ed è altamente liposolibile, con un coefficiente di partizione ottanolo/acqua più elevato di quello della morfina. Il naloxone viene commercializzato in Italia sotto forma di cloridrato in fiale da 0,4 mg in 1 mL (Narcan®, Crinos) e in fiale da 0,04 mg in 2 mL (Narcan Neonatal®, Crinos). Esso può essere diluito in soluzione glucosata al 5% o di cloruro di sodio allo 0,9% fino a concentrazioni di 4 mg/L (diluizione 1:100); la soluzione è stabile per un range di pH compreso tra 2,5 e 5. Tale preparazione può essere conservata per 24 ore se protetta dalla luce (Trissel, 1990; Prod Info Narcan®, 1991). Nella preparazione delle soluzioni, il naloxone non deve essere miscelato con soluzioni alcaline, bisolfito, metabisolfito, anioni ad elevato peso molecolare o a lunga catena (Prod Info Narcan®, 1991). Farmacocinetica Il naloxone, molto liposolubile, attraversa rapidamente la barriera ematoencefalica, e mostra una farmacocinetica di tipo bicompartimentale. I parametri cinetici non differiscono nei bambini e negli adulti, mentre si osservano differenze nei nenonati, prevalentemente per immaturità dei processi metabolici. Il farmaco può essere somministrato sia per os che per via parenterale. Benché assorbito rapidamente attraverso il tratto gastroenterico, la biodisponibilità risulta scarsa a causa della rapida e pressoché completa inattivazione metabolica al primo passaggio epatico; ciò determina la necessità di somministrare dosi molto più elevate per raggiungere gli stessi effetti ottenibili per via parenterale con dosi molto più basse. Il volume di distribuzione è di 2,9-3,5 L/Kg, pari a circa 200 litri negli adulti e di 1,8-3,5 L/Kg nei neonati e nei bambini prematuri. La percentuale di legame con le proteine plasmatiche è del 54% circa. La comparsa dell'effetto si ha a 2-3 minuti dalla somministrazione endovenosa (Prod Info Narcan®, 1991) e dopo circa 15 minuti dalla somministrazione per via intramuscolare o sottocutanea (Anon, 1972). Per somministrazione parenterale, la durata dell'effetto è in genere di circa 45 minuti, con un massimo di 3-4 ore in alcuni casi). Negli adulti l'emivita di distribuzione è in media di 4,7 minuti (Ngai et al, 1976), mentre quella di eliminazione è di 30-100 minuti con un valore medio di 65 minuti. Nei neonati, invece, l'immaturità dei sistemi metabolici di glucuronizzazione e N-dealchilazione è responsabile di un prolungamento dell'emivita del farmaco fino a 2,5-3,5 ore. Nei prematuri è stata osservata un'emivita media di 70,5 minuti con una clearance sistemica di 39,13 mL/Kg/minuto, contro un valore di 14-30 mL/Kg/minuto negli adulti. Il naloxone viene rapidamente metabolizzato a livello epatico, prevalentemente per N-dealchilazione e glucuronoconiugazione. I metaboliti urinari principali sono il naloxone-3-glucuronide, il N-allil-7,8-diidro-14-idrossinormorfina (naloxone ridotto), e il 7,8-diidro-14-idrossinormorfinone (naloxone dealchilato). Il 65% di una dose somministrata per via endovenosa viene escreta come metabolita coniugato con le urine in 48-72 ore e una dose di 1 g di naloxone per os viene quasi completamente metabolizzata nell'arco di 24 ore. Non sono noti dati su possibili modificazioni della farmacocinetica del naloxone nell'insufficienza epatica. In caso di insufficienza renale non sono necessari aggiustamenti dei dosaggi. È invece possibile una comparsa ritardata dell'effetto in pazienti ipotesi o con diminuita circolazione periferica, così come è possibile un ritardo di molte ore nell'eliminazione del farmaco in pazienti in shock settico. Impiego clinico del naloxone in medicina d'urgenza e in anestesia Il farmaco è privo di attività intrinseca e quindi non causa effetti morfino-simili o effetti collaterali se somministrato in assenza di agonisti: esso non produce depressione respiratoria anche per somministrazioni endovenose di 30 mg in soggetti sani. Il naloxone è efficace nell'antagonizzare non solo la depressione respiratoria, l'analgesia e gli effetti euforici, ma nache la disforia, le allucinazioni e gli effetti delusionali caratteristici degli oppioidi di sintesi. Esso rappresenta oggi il trattamento farmacologico di scelta per tutte le overdose da oppioidi, specie se associate a depressione respiratoria, coma e/o convulsioni (tabella IV). Tabella IV. SINTOMI E SEGNI DI SOVRADOSAGGIO (OVERDOSE) S. NEUROLOGICI - miosi - insufficienza cerebrale grave (coma, areattivo flaccido) - convulsioni (morfina, meperidina, propossifene) S. RESPIRATORI - bradipnea grave fino all'apnea - - corredo sintomatologico dell'edema polmonare acuto (ipossia, dispnea, tachipnea, cianosi, ecc.) S. CARDIOCIRCOLATORI - bradicardia fino ad arresto cardio circolatorio - ipotensione - shock ALTERAZIONE TERMOREGOLAZIONE - ipotermia S. URINARI - oliguria - globo vescicale Oltre che per via endovenosa, il naloxone può essere somministrato per altre vie, specie quando si abbiano difficoltà nel reperire un accesso venoso adeguato come in caso di shock. La via intramuscolare può risultare efficace se non è presente ipoperfusione. Tuttavia, in caso di paziente ipoteso e di impossibilità di incannulare rapidamente una vena centrale, l'iniezione sottolinguale risulta la via preferenziale e salvavita. Nel caso di somministrazione endotracheale si raggiungono livelli serici e una cinetica del farmaco sovrapponibili a quelle ottenibili per via endovenosa. La somministrazione per via endonasale determina un assorbimento livemente più lento rispetto a quella endovenosa ma più rapido di quella intramuscolare. La somministrazione endonasale e quella sublinguale vengono utilizzate a scopo diagnostico, essendo in grado di scatenare una sindrome di astinenza (tabella V) in soggetti tossicodipendenti, ma può risultare utile anche in urgenza nel trattamento dell'overdose. Nella diagnosi di tossicodipendenza il naloxone viene utilizzato sia per somministrazione intramuscolare che per instillazione congiuntivale: questa permette di distinguere il consumatore occasionale dal tossicodipendente, in quanto provoca midriasi solo in questi ultimi. La mancanza di effetti del naloxone lo rende un farmaco di grande utilità nella diagnosi ex adjuvantibus di overdose pura o mista da oppiodi . Tabella V. SINDROME DA ASTINENZA Sintomi e segni precoci:- lacrimazione - rinorrea - sbadigli - midriasi - anoressia - piloerezione Sintomatologia conclamata: s. neuromuscolari- midriasi - agitazione - irritabilità - insonnia s. neuropsichici - movimenti a scatto - mioclonie - anoressia s. respiratori- tachipnea s. cardiocircolatori - tachicardia - ipertensione s. cutanei - sudorazione - brividi alternati a vampate di calore - piloerezione s. gastroenterici - vomito - diarrea s. metabolici - disidratazione - ketosi - alterazione eq. acido base Test di laboratorio: - leucocitosi - aumento 17 chetosteroidi urinari Intossicazione da oppioidi (overdose) Benché il trattamento antidotico non sostituisca le manovre rianimatorie indicate nel singolo caso e le manovre di decontaminazione del tratto gastroenterico nelle intossicazioni per ingestione, il naloxone rappresenta oggi il trattamento farmacologico di scelta per la terapia delle overdose da oppioidi. La somministrazione di dosi elevate (singole o ripetute) non causa effetti tossici, dato che il farmaco è privo di attività intrinseca. Singole dosi di 24 mg per via sottocutanea in volontari sani e in tossicodipendenti da eroina, oppure di 2,4-3 grammi/die per os nel trattamento della dipendenza da oppioidi, infatti, non hanno determinato la comparsa di effetti tossici o avversi. Indipendentemente dalla via di somministrazione, il naloxone deve essere somministrato in dose sufficiente per ottenere una risposta clinica efficace che consiste nell'antagonismo completo sia del coma che della depressione cardiorespiratoria. La dose efficace di naloxone è funzione della quantità dell'oppioide coinvolto e della sua affinità recettoriale: nelle intossicazioni da propoxifene, pentazocina e farmaci correlati sono necessarie dosi più elevate che non nelle overdose da morfina o eroina. Per il trattamento delle overdose da oppioidi è consigliabile utilizzare una dose bolo per via endovenosa di 0,4-2 mg seguita, se necessario, da sucessive somministrazioni di 2 mg ogni 2-3 minuti fino al miglioramento della funzionalità respiratoria oppure fino ad un massimo di 10 mg; la mancata risposta clinica dopo tale dose totale rende dubbia la diagnosi di overdose da oppioidi e dovrebbe far prendere in considerazione altre cause di malattia. La breve emivita del naloxone, tuttavia, è causa di possibili rebound dei sintomi di overdose che si possono ripresentare in modo drammatico a distanza di 20-60 minuti dalla somministrazione dell'antagonista. La durata dell'effetto del farmaco per somministrazione endovenosa non è dose-dipendente: per ottenere un prolungamento dell'effetto nel tempo è possibile somministrare boli ripetuti a brevi intervalli di tempo, associare la somministrazione intramuscolare a quella del bolo per via endovenosa, oppure somministrare il naloxone per via endovenosa continua. La contemporanea somministrazione per via endovenosa e intramuscolare consente di prolungare l'effetto del naloxone a circa 3 ore, e risulta particolarmente indicata per prevenire ricadute nei pazienti che non possono essere mantenuti sotto controllo in ambienti ad assistenza diretta e continua. Nei casi di intossicazione grave con ricomparsa di insufficienza cerebrale e/o respiratoria dopo breve tempo dalla dose bolo efficace, occorre ripetere la somministrazione dell'antagonista a boli ogni 20-60 minuti. La somministrazione per infusione endovenosa continua deve essere iniziata immediatamente dopo il bolo, a una dose/ora pari a 2/3 della dose bolo risultata efficace. Nella maggior parte dei casi sono necessarie dosi comprese fra 0,4 e 4 mg/ora. Dopo 15 minuti dall'inizio dell'infusione è opportuno, secondo alcuni Autori, somministrare una seconda dose bolo, pari a metà della prima, per prevenire una diminuzione dei livelli ematici di naloxone, mantenendoli a valori uguali o superiori a quelli ottenibili 30 minuti dopo la somministrazione del bolo. Questo trattamento può essere utilizzato in tutte le overdose, ma è particolarmente indicato nelle intossicazioni da oppioidi a lunga emivita (es. metadone) e nei casi di assorbimento prolungato (es. concrezioni di compresse nell'intestino, diminuzione della peristalsi, farmaci a rilascio prolungato e pacchetti intestinali nei "body-packers"). Durante la somministrazione per via endovenosa continua si possono verificare effetti collaterali (es. sindrome di astinenza) o situazioni di ipodosaggio che richiedono stretta osservazione del paziente e continui aggiustamenti dell'infusione (vedi diagramma di flusso). Dopo 10 ore di infusione, il trattamento deve essere interrotto per la valutazione della funzionalità respiratoria, che va effettuata un'ora dopo la sospensione del farmaco: nel caso di intossicazioni da farmaci a rilascio ritardato è in genere necessario proseguire l'infusione anche oltre la decima ora. Nelle overdose da oppiodi in età pediatrica, la dose di naloxone da somministrare per via endovenosa o endotracheale è di 0,1 mg/Kg/dose nei neonati, anche prematuri, e nei bambini fino all'età di 5 anni o al peso di 20 Kg, oppure di 2 mg/dose nei bambini con più di 5 anni o di peso superiore a 20 Kg (Committee on Drugs of the American Association of Pediatrics). Le dosi possono essere ripetute al bisogno per mantenere un adeguato effetto antagonista. In caso di overdose da sostanze a lunga emivita è consigliabile utilizzare la somministrazione endovenosa continua alla dose di 0,01 mg/Kg/ora Tutti i pazienti che sono stati trattati con naloxone per contrastare líinsufficienza cerebrale e/o respiratoria, i casi di tentativo di suicidio da oppioidi e i bambini vittime di abuso devono essere ricoverati in ambiente ospedaliero. Il naloxone antagonizza gli effetti acuti dellíoverdose ma non ha effetti sulle patologie di accompagnamento che frequentemente sono riscontrabili nel paziente tossicodipendente, né tanto meno sulle possibili patologie che possono complicare líepisodio dellíoverdose (es. rabdomiolisi, edema polmonare, polmoniti). Intossicazioni da oppioidi a lunga emivita o ad alta affinità recettoriale Nelle overdose da oppioidi a lunga emivita o ad alta affinità recettoriale quali metadone, propossifene, codeina, pentazocina, buprenorfina, fentanyl e derivati, difenossilato, butorfanolo, destrometorfano, (tabella VI), così come nelle intossicazioni molto gravi (es. i body-packers), possono essere necessarie dosi di naloxone particolarmente elevate o di infusione continua protratta nel tempo. Come dose bolo si somminsitrano, sia nei bambini che negli adulti, 2 mg di naloxone per via endovenosa seguiti, in caso di mancata risposta clinica, da ulteriori dosi di 2-4 mg fino alla dose totale di 10-20 mg. La dose efficace deve poi essere risomministrata ogni 20-60 minuti se causa dellíoverdose è un oppioide a lunga emivita, oppure seguita dallíinfusione continua anche per alcuni giorni. Il naloxone ad alti dosaggi (5-10 mg o più) per via endovenosa è in grado di antagonizzare la depressione respiratoria indotta da buprenorfina, ma con una latenza maggiore che per gli altri oppioidi (3 ore): ciò è probabilmente dovuto all'elevata affinità recettoriale di questo farmaco . Tabella VI. Emivita e durata d’azione dei princiapli oppioidi agonisti, agonisti-antagonisti e antagonisti Dose**(mg) Emivita(ore) Durata d’azione(ore) AGONISTI morfina 10 1,9-2,6 (ev) 4-5 (sc) codeina 120 2,7 (os) 2,9 (im) 4-5 (sc) eroina 2-8 3 min (ev) 3-4 idromorfone 1,5 2-4 4-5 ossimorfone 1,1 2-3 (im, sc) 4-5 ossicodone 10-15 - 4-5 meperidina 75-100 2,4-4 2-4 metadone 10 18-97 3-5 levorfanolo 2,3 12-16 4-5 difenossilato 40-60° 2,5 (difenossilato) 4,4 (ac difenossilico) 2 (os) fentanyl 0,125 2,4 1 propossifene 180-240° 14,6 (propossifene) 22,9 (norpropossifene per os) 2-4 25-26 (norpropossifene ev) AGONISTI-ANTAGONISTI nalorfina 5-10 1-4 levallorfano 5-10 12-16 1-4 ciclazocina - > 24 pentazocina 30-60 2 2-3 butorfanolo 2 2,5-3,5 3-4 nalbufina 10 5 3-6 buprenorfina 0,4 1,2-7,2 4-6 ANTAGONISTI naloxone 0,4-10 1/2-1 20-60 min naltrexone 50 10,3 (naltrexone, iniziale) 12,6 (6-ß-naltrexolo) 96 (eliminazione) 24 ore* nalmefene 8-9 (ev) 11 (os) 60-120 min ** dose con effetto analgesico equivalente a 10 mg di morfina (esclusi naloxone, naltrexone, nalmefene) per somministrazione parenterale ° per os * dose-dipendente ________________________________________________________ editoriale GLI ANTAGONISTI DEGLI OPPIODI - 2^parte ________________________________________________________ GLI ANTAGONISTI DEGLI OPPIODI - 2^parte ________________________________________________________ Diagnostica differenziale delle cause di insufficienza cerebrale L'assenza di attività intrinseca e di effetti collaterali per somministrazione in pazienti che non abbiano assunto oppioidi, ad esclusione di possibile miosi, rendono il naloxone estremamente utile nella diagnosi differenziale delle cause di insufficienza cerebrale, così come delle overdose miste da farmaci.. Per tale ragione alcuni protocolli prevedono la somministrazione routinaria di naloxone anche nel soccorso preospedaliero ove sia presente una condizione di depressione dello stato di coscienza, riportando un'efficacia del farmaco nel 7,4% degli 813 pazienti trattati. Sedazione e insufficienza respiratoria da oppioidi in anestesia e in analgesia Studi controllati hanno dimostrato che il naloxone è in grado di diminuire gli effetti collaterali indotti dalla morfina (es. prurito) così come di migliorare la performance respiratoria , ma al tempo stesso antagonizza anche l'effetto analgesico di tale sostanza. Basandosi su studi animali, Hensel et al (1983) hanno postulato che la depressione respiratoria sia mediata dall'interazione con i recettori ad alta affinità m2 e l'analgesia da quella con i recettori a bassa affinità k; così, il naloxone a basse dosi può anatgonizzare i recettori ad alta affinità e non quelli a bassa affinità, neutralizzando l'azione di depressione respiratoria e non l'analgesia. L'impiego del naloxone nell'immediato post-operatorio per ottenere un rapido risveglio e una soppressione della depressione respiratoria può tuttavia portare anche a una non desiderata soppressione dell'effetto analgesico. Numerosi Autori riferiscono dosi e modalità di somministrazione con le quali è possibile ottenere il rapido risveglio e una buona funzionalità respiratoria con persistenza dell'effetto analgesico. Una dose iniziale di 0,1-0,2 mg per via endovenosa può essere ripetuta a distanza di 2-3 minuti fino al raggiungimento di un adeguato grado di ventilazione e stato di vigilanza; in alcuni casi possono essere necessarie ulteriori somministrazioni a 1-2 ore di intervallo (Prod Info Narcan®, 1991; USPDI, 1989). La somministrazione troppo rapida può causare nausea, vomito, sudorazione o tachicardia, mentre dosi più elevate possono provocare scomparsa dell'effetto analgesico e aumento della pressione arteriosa. Poiché tali effetti sono stati riscontrati anche per dosi di 0,1), per ottenere un buon antagonismo degli effetti depressivi degli oppioidi senza interrompere l'effetto analgesico sembra preferibile utilizzare dosi ancora inferiori (1 /Kg oppure 0,05 mg come dose totale). Il naloxone risulta efficace anche nell'antagonizzare la depressione circolatoria e respiratoria indotta da neuroleptoanalgesia con fentanyl da solo o con fentanyl e droperidolo. In letteratura vengono riportate sporadiche segnalazioni di singoli casi di gravi reazioni avverse associate all'utilizzo di naloxone per antagonizzare gli effetti degli oppioidi nel post-operatorio: edema polmonare acuto, fibrillazione ventricolare, aumento della pressione arteriosa, ipertensione grave associata a tachicardia parossistica, a battiti ectopici sopraventricolari oppure a rottura di aneurisma cerebrale (Estilo e Cottrell, 1981). Questi effetti potrebbero essere correlabili a un rilascio sistemico di catecolamine e all'iperattività simpatica risultante dalla brusca sospensione dell'analgesia e dal risveglio brutale indotti dal naloxone. L'arresto cardiaco, la tachicardia e la fibrillazione ventricolare si sono sviluppati in pazienti con malattie cardiache preesistenti e sottoposti a by-pass coronarico e non sono stati riscontrati in studi su animali. I pazienti più predisposti a sviluppare aumenti pressori risultano quelli con preesistente ipertensione e, tra questi, quelli in terapia con beta2-stimolanti: un rischio molto aumentato è possibile per i pazienti in trattamento con clonidina o metildopa. Tali osservazioni sporadiche non supportano in modo inequivocabile un ruolo scatenante del naloxone, e contrastano con le evidenze di studi su larga scala sulla somministrazione di naloxone ad alte dosi in pazienti con shock ipovolemico o settico, lesioni midollari, nonché in volontari sani e in pazienti ricoverati per overdose massiva (body-packers). In uno studio randomizzato e controllato non sono state riscontrate differenze endocrinologiche (aumenti di adrenalina, noradrenalina, ormone antidiuretico, ormone adrenocorticotropo, cortisolo, glucosio e lattato) né emodinamiche (pressione arteriosa, frequenza cardiaca, saturazione arteriosa di ossigeno), fra gruppo trattato con naloxone e gruppo controllo, dopo neuroleptoanestesia modificata. Gli autori concludono che dopo neuroleptoanalgesia piccole dosi di naloxone non alterano la risposta endocrina ed emodinamica allo stress. Il naloxone è il farmaco di scelta anche nel trattamento della depressione respiratoria da oppiodi nei neonati alla dose di 0,01 mg/Kg, ripetibile ogni 2-3 minuti fino al raggiungimento dell'effetto desiderato. In alcuni casi, tuttavia, si sono resi necessari dosaggi superiori (da 0,03 a 0,065 mg/Kg) per riuscire a neutralizzare gli effetti degli oppioidi somministrati alla madre durante il travaglio. La somministrazione può essere fatta per via endovenosa, sottocutanea, intramuscolare, attraverso il tubo endotracheale o nella vena ombelicale, e, se non sono necessari grandi volumi di liquidi, è preferibile utilizzare la più concentrata preparazione per adulti, opportunamente dosata, anziché la preparazione "neonatale" . Shock Il naloxone antagonizza líeffetto ipotensivo degli oppioidi endogeni, le endorfine, e numerosi lavori preliminari hanno riportato rilevanti aumenti pressori dopo somministrazione dellíantagonista in pazienti con shock settico o ipovolemico. Eí stato ipotizzato che nello shock settico e cardiogeno líipotalamo stimoli il rilascio da parte dellíipofisi di pro-opiocortina con formazione di ACTH e ß-endorfine. Tali sostanze sostanze sarebbero coinvolte nel determinismo delle complicanze emodinamiche dello shock quali ipotensione e vasodilatazione attraverso líinibizione dell'azione delle prostaglandine e delle catecolamine sulla circolazione. Studi su animali hanno inoltre evidenziato come uno dei siti díazione delle ß-endorfine a livello del sistema nervoso nello shock settico sia il recettore d; non è tuttavia noto se nello shock settico le ß-endorfine agiscano a livello centrale, periferico o ad entrambi i livelli. I corticosteroidi potrebbero avere un effetto a feedback negativo inibendo l'ulteriore rilascio di pro-opiocortina. Il naloxone, mediante legame con i recettori d a livello di sistema nervoso centrale, miocardio, rene, piccolo intestino e fegato, sarebbe in grado di antagonizzare l'effetto delle beta endorfine ristabilendo l'effetto di controllo sulla circolazione delle prostaglandine e catecolamine, e determinando quindi sia aumento della pressione arteriosa che miglioramento della contrattilità miocardica. Benché alcuni autori abbiano osservato una mancanza di efficacia del naloxone nellíaumentare la pressione arteriosa, numerosi studi clinici indicano una temporanea risposta pressoria dopo somministrazione di naloxone nello shock settico e cardiogeno. Le dosi di naloxone per ottenere tale effetto nello shock settico sembrano più elevate di quelle che vengono di norma utilizzate nellíoverdose da oppioidi (superiori a 1,2 mg), e la somministrazione più idonea sembra quella in infusione continua, talvolta associata a metiprednisolone. La contemporanea somministrazione dei due farmaci, infatti, sembra potenziarne l'effetto, che appare invece attenuato in caso di somministrazione di metilprednisolone o desametasone 30 minuti prima del naloxone. I risultati dei trials clinici condotti per valutare il possibile ruolo del naloxone nello shock hanno fornito fin'ora risultati non conclusivi, principalmente a causa delle numerose variabili confondenti che devono essere prese in considerazione (condizioni cliniche preesistenti, le terapie concomitanti quali i corticosteroidi, il tempo intercorso prima dell'inizio del trattamento, lo stadio della malattia, la dose) e della mancanza di criteri univoci e omogenei di definizione dello shock settico. Aumenti della pressione arteriosa dopo somministrazione di naloxone sono stati segnalati anche in caso di shock anafilattico. In un caso di overdose da diidrocodeina con reazione anafilattoide, inoltre, il naloxone è risultato efficace nel ridurre il flushing vasomotorio, il prurito e l'edema facciale; tali effetti sono stati messi in correlazione con il blocco della degranulazione delle mastcellule causata dagli oppioidi circolanti. Indicazioni cliniche obsolete del naloxone Overdose da diazepam Prima dell'immissione in commercio del flumazenil, alcune osservazioni sull'uomo e su animali avevano suggerito che il naloxone potesse essere efficace nel trattamento della depressione respiratoria indotta da diazepam. Tali dati non sono stati confermati da uno studio controllato in doppio cieco e da osservazioni sporadiche. L'attuale disponibilità di un antidoto specifico per le benzodiazepine priva di razionale tale indicazione terapeutica. Intossicazione acuta da etanolo Sulla base di diverse ipotesi, il naloxone ad alte dosi è stato in passato utilizzato per il trattamento dell'insufficienza cerebrale nell'intossicazione etanolica acuta. I dati clinici al riguardo sono molto contrastanti. La descrizione di casi sporadici, uno studio controllato e la dimostrazione che una dose di almeno 1,2 mg di naloxone è in grado di rendere reversibile il coma da intossicazione etilica se somministrata entro 10 minuti dall'ingestione di alcool, sembrano indicarne l'efficacia in tale intossicazione. Questi dati, tuttavia, non sono stati confermati o sono stati confutati in altri lavori clinici, in studi controllati su soggetti sani e su pazienti con intossicazione acuta e nella sperimentazione su ratti. Pertanto allo stato attuale delle conoscenze, pur se in presenza di dati controversi, si ritiene che l'uso del naloxone non sia di utilità clinica nel coma da intossicazione etanolica . Indicazioni cliniche non accertate o sperimentali del naloxone Intossicazione da clonidina e da captopril La clonidina viene utilizzata per il controllo dei sintomi da astinenza nei pazienti tossicodipendenti in terapia con metadone. Non si conoscono al riguardo, tuttavia, effetti del farmaco sulla liberazione di oppioidi endogeni o sull'interazione con i loro recettori. Per contro, il naloxone è in grado di antagonizzare, sia nel ratto che nell'uomo, gli effetti antiipertensivi della clonidina e l'intossicazione da clonidina è in parte caratterizzata da sintomi osservabili anche nell'overdose da oppioidi (compromissione della coscienza e coma, depressione respiratoria e apnea, ipotensione, ipotermia, miosi puntiforme, ipotonia, assenza dei riflessi osteo-tendinei, blocco atrio-ventricolare, convulsioni) . Questi dati hanno suggerito che un antagonista degli oppioidi come il naloxone potesse essere efficace nel trattamento delle overdose da clonidina. A tale riguardo esistono segnalazioni contrastanti: in alcuni (quattro pazienti adulti) il naloxone si è rivelato efficace nel risolvere il quadro dell'overdose da clonidina, mentre in casi di intossicazione da clonidina in età pediatrica (52 casi) è stato riportato l'utilizzo senza successo del naloxone . In un solo caso il naloxone si è dimostrato efficace nel risolvere l'ipotensione correlata ad un'overdose da captopril . Demenza di Alzheimer Il naloxone è stato utilizzato (a dosi comprese fra 1 e 10 mg per via endovenosa in singola somministrazione) nel trattamento della demenza senile e della demenza su base degenerativa associata a malattia di Alzheimer. Ciò si basa sull'ipotesi, verificata in studi su animali, che gli oppioidi endogeni giochino un ruolo nell'immagazzinamento della memoria. I risultati clinici riportati per somministrazione endovenosa appaiono insufficienti per verificare l'efficacia degli antagonisti oppioidi in tali patologie.Effetti più sostanziali e duraturi di quelli ottenuti con il naloxone per unica somministrazione endovenosa potrebbero, tuttavia, essere ottenibili utilizzando antagonisti più potenti, somministrabili per os e per periodi di tempo prolungati (es. naltrexone). Anoressia nervosa In uno studio su pazienti affetti da anoressia nervosa, l'infusione endovenosa continua di naloxone a dosi di 1-3,2 mg/12 ore per alcuni giorni ha determinato un aumento ponderale significativamente maggiore rispetto al periodo precedente e sucessivo all'infusione; gli autori ipotizzano che ciò possa essere dovuto all'effetto antilipolitico del naloxone e al rallentamento del metabolismo indotto dal farmaco. Obesità Il sistema degli oppioidi endogeni sembra coinvolto nel controllo dell'assunzione del cibo sia nell'animale che nell'uomo. Benché nel plasma dei soggetti studiati non risulti presente un livello di endorfine abnormemente elevato, sia il naloxone che il naltrexone si sono dimostrati efficaci nel determinare la riduzione dell'apporto di cibo negli obesi, e il naloxone ha mostrato una durata dell'effetto più lunga della propria emivita. In altri studi il naltrexone ha mostrato scarsa efficacia, maggiore nelle donne che non negli uomini. Deficit neurologici ischemici Studi su animali hanno segnalato una diminuzione della mortalità per trattamento con naloxone dopo ictus indotto sperimentalmente. Segnalazioni aneddottiche hanno riportato miglioramento dei deficit neurologici da incidente ischemico dopo somministrazione di naloxone; studi controllati su campioni più ampi riportano invece un'efficacia limitata o del tutto assente in questo tipo di pazienti. Altri studi suggeriscono che la somministrazione di naloxone possa essere utile per discriminare fra pazienti con ischemia cerebrale reversibile o irreversibile, presentando i primi un drammatico miglioramento. Effetto del naloxone sulla risposta respiratoria nella broncopneumopatia cronica (BPCO) Alcuni Autori hanno postulato che gli oppioidi endogeni giochino un ruolo nel diminuire la risposta ventilatoria dei pazienti affetti da BPCO e che il naloxone possa antagonizzare tali effetti. Miglioramenti della performance respiratoria sono stati osservati dopo somministrazione di naloxone o di naltrexone : tali effetti sono stati ottenuti con elevate dosi di naloxone (2 mg/ora) per alcuni giorni, seguiti dalla somministrazione di naltrexone per os (50-200 mg/die). In alcuni casi i miglioramenti della funzionalità respiratoria sono stati osservati solo in caso di episodi acuti di riacutizzazione della pneumopatia cronica o di insufficienza respiratoria acuta. Per contro altri studi non hanno riscontrato alcuna differenza dei parametri respiratori in seguito a somministrazione di naloxone . L'uso del naloxone nella BPCO rimane ancora controverso, ma l'interpretazione dei dati risulta difficile per lo scarso numero di pazienti trattati: appare verosimile che esistano sottogruppi di pazienti affetti da BPCO che possono trarre beneficio dal trattamento con naloxone. Stipsi I pazienti sottoposti a terapia cronica con analgesici morfinici sviluppano spesso una stipsi resistente ai lassativi . Tale effetto è mediato localmente dai recettori e del plesso mioenterico, anche se esistono evidenze sperimentali del coinvolgimento di cellule neuronali ed endocrine e di una modulazionre a livello centrale.. La somministrazione di naloxone per via endovenosa determina l'antagonismo sia della costipazione che dell'analgesia. Migliori risultati sono ottenibili con la somministrazione per os. E' stato infatti dimostrato che il naloxone per os è in grado di antagonizzare il rallentamento del transito oro-cecale da loperamide (agonista oppioide periferico) e può provocare sintomi da astinenza a livello gastrointestinale nei tossicodipendenti in terapia con metadone. Nonostante la rilevante inattivazione metabolica al primo passaggio epatico, la somministrazione di naloxone per os ad una dose corrispondente al 10% dell'oppioide agonista, ha dato buoni risultati nel controllo della stipsi senza neutralizzare gli effetti analgesici. Il livello plasmatico efficace in tale senso risulta pari a 3-6 ng/mL allo steady-state e la somministrazione di dosaggi ripetuti risulta più efficace della somministrazione singola, data la breve emivita del farmaco. Il naloxone si è rivelato efficace anche nei casi di costipazione cronica idiopatica, sia somministrato per os che per via endovenosa. Prurito L'attività degli agonisti oppioidi può contribuire alla genesi del prurito nella colestasi e il naloxone può risultare efficace nel controllo di tale sintomo, benché esistano al riguardo dati contrastanti. Il naloxone si è mostrato efficace anche nel controllo del prurito presente in altre patologie e di quello indotto da somministrazione epidurale di morfina (con la medesima efficacia del propofol) Comportamento autolesivo Il razionale dell'uso degli antagonisti degli oppioidi endogeni (naloxone e naltrexone) si basa sulle ipotesi di un'insensibilità al dolore causata da una maggiore attività basale di oppioidi endogeni, oppure di un'aumentata produzione e rilascio di tali peptidi. I dati clinici sull'uso del naloxone o del naltrexone in tale patologia sono contrastanti e basati su singoli casi. Disassuefazione dalla tossicodipendenza La prevenzione dell'effetto euforizzante conseguente all'assunzione di eroina può ridurre i rischi di dipendenza o attirare i soggetti ad un programma di riabilitazione. La somministrazione di naloxone per os abolisce gli effetti euforizzanti dell'eroina e, in combinazione con il trattamento metadonico non precipita la sindrome d'astinenza. La somministrazione di 400 mg, 800-1200 mg, e di 1500 mg di naloxone per os dopo assunzione di 25-50 mg di eroina determina assenza degli effetti dell'agonista rispettivamente per più di 6 ore, 18 ore e 24 ore Il naloxone è stato utilizzato anche per la rapida disassuefazione di pazienti tossicodipendenti: la rapida precipatazione dei sintomi di astinenza viene poi fatta seguire da una terapia terapia di mantenimento con naltrexone. Non è noto per quale meccanismo il methohexitone possa bloccare l'insorgenza acuta dei sintomi di astinenza dopo somministrazione di naloxone . La Food and Drug Administration (FDA) ha recentemente (15.06.1993 e 27.10.1994) designato come "orphan drug" l'uso della buprenorfina o della buprenorfina più naloxone per il trattamento della dipendenza da oppioidi. Discinesia tardiva L'uso di naloxone ha migliorato, in alcuni casi, i sintomi da discinesia tardiva (forma abitualmente provocata negli anziani dall'uso protratto di neurolettici). Questo effetto potrebbe essere correlato all'interazione tra l'attività dopaminergica cerebrale e il sistema degli oppioidi endogeni. Encefalopatia nell'insufficienza renale È riportato un solo caso che documenta l'efficacia del naloxone (infusione endovenosa continua) nel trattamento dell'encefalopatia insorta in una paziente diabetica e in trattamento dialitico per insufficienza renale cronica. Ipotermia La somministrazione di naloxone ha ridotto la gravità dell'ipotermia da shock spinale, probabilmente per azione sui recettori centrali per gli oppioidi. Emicrania L'efficacia della somministrazione cronica del naloxone nell'emicrania senza aura in pazienti refrattari alle terapie convenzionali sembra correlabile ad una ipersensibilizzazione ad opera del naloxone dei recettori per gli oppioidi . Disforia ed effetti psicotomimetici da oppioidi Gli effetti disforici e psitomimetici dell'eroina, di alcuni benzomorfinani e specialmente della pentazocina non sono antagonizzabili dal naloxone e sembrano determinati dalla loro interazione con almeno due distinti siti recettoriali nel sistema nervoso centrale. Il primo (chiamato PCP- o fenciclidina-recettore) ha grande affinità per la fenciclidina e determina inibizione del rilascio di glutammato e aspartato, mentre il secondo è un recettore s che lega numerose sostanze quali fenilpiperidine e piperazine. Altri usi del naloxone Il naloxone è stato utilizzato senza successo o con peggioramento della sintomatologia in pazienti affetti da depressione, schizofrenia, sindromi maniacali, lesioni del midollo spinale, sindrome di Tourette e asfissia neonatale. Controindicazioni, precauzioni, effetti collaterali e interazioni farmacologiche del naloxone Non esistono reali controindicazioni allíuso del naloxone. L'iniezione intamuscolare o sottocutanea in pazienti ipotesi o con diminuita circolazione periferica comporta una diminuzione dell'assorbimento e un ritardo nella comparsa dell'effetto. La sindrome da astinenza (vomito, agitazione, sudorazione, dolori addominali, piloerezione, tachicardia, ecc.) rappresenta il più frequente effetto collaterale dopo somministrazione di naloxone nei pazienti tossicodipendenti da oppioidi, ivi compresa la buprenorfina. In rari casi può comparire comportamento violento. Essa si può presentare anche nei neonati di madri tossicodipendenti. Negli adulti tale sindrome è di breve durata e non è mai pericolosa per la vita, mentre nei neonati può portare a convulsioni anche letali. Tale evenienza, tuttavia, appare estremamente rara e non limita líindicazione allíuso del naloxone nelle overdose nei neonati . Alcune segnalazioni isolate descrivono "reazioni avverse" al naloxone che includono edema polmonare, ipertensione, ipotensione, disritmie e arresto cardiaco. Tali effetti si sono generalmente verificati in pazienti sottoposti ad anestesie con agenti multipli, trattati con altri farmaci potenzialmente cardiotossici, nonché portatori di patologie che di per se stesse possono favorirne la comparsa, e sono in disaccordo con gli ampi studi in cui alte dosi di naloxone sono state somministrate a pazienti con shock ipovolemico, shock settico, lesioni spinali, nonché nei numerosi casi di overdose nei "body-packers". Elevate dosi di naloxone sono state inoltre somministrate a volontari sani senza significativi effetti collaterali acuti, benché alle dosi più alte siano stati notati alcuni effetti comportamentali, ormonali e fisiologici. La formulazione commerciale di naloxone contiene un conservante, il metilparaben (p-idrossibenzoato di metile) che, in studi in vitro ma non in vivo, ha mostrato la capacità di spiazzare la bilirubina dall'albumina. Nei neonati e nei prematuri ciò potrebbe aumentare la quota di bilirubina libera, aggravare l'ittero e costituire un fattore di rischio per l'ittero nucleare. La segnalazione di un allungamento del tempo di tromboplastina parziale dopo somministrazione di dosi elevate di naloxone per più giorni consecutivi non ha trovato conferma in altri studi. Attualmente non esistono evidenze conclusive che indicano un rapporto causa-effetto tra naloxone e alterazione di test ematologici. Una singola dose di naloxone (0,03 mg/Kg) determina un un decremento della conta dei T-linfociti e della proliferazione linfocitaria senza influenzare l'espressione dell'interleuchina-2. Le cellule natural killer e l'interleuchina 2 aumentano lentamente dopo l'iniezione di naloxone, mentre la maggior parte dei parametri alterati ritornarono ai valori basali dopo 150 minuti. Con l'utilizzo di naloxone nel decorso postoperatorio sono stati associati rari effetti collaterali a carico del sistema cardivascolare ed edema polmonare (vedi paragrafo: Sedazione e insufficienza respiratoria da oppioidi in anestesia e analgesia). Un caso di convulsioni da grande male si è avuto 30 secondi dopo la somministrazione di 0,8 mg di naloxone per via endovenosa in paziente affetto da linfoma non-Hodgkin per antagonizzare gli effetti della morfina somministrata a scopo antalgico. Il solo episodio di laringospasmo dopo estubazione è stato descritto dopo somministrazione di 0,4 mg di naloxone nel postoperatorio in una paziente che aveva già avuto precedenti episodi di laringospasmo. L'uso del naloxone in gravidanza non sembra correlabile, alla luce delle attuali conoscenze, a rischi per il feto. Interazioni farmacologiche Il naloxone può bloccare gli effetti antiipertensivi del captopril. Un possibile blocco temporaneo degli effetti ipotensivi e della bradicardia osservabili per assunzione cronica di clonidina non è stato confermato da altri studi. Nelle overdose da clonidina, invece, la somministrazione di naloxone può provocare un aumento della pressione arteriosa. La concomitante assunzione di eroina e cocaina riduce, sia nell'animale che nell'uomo, la gravità dei sintomi di astinenza indotti da naloxone. Efficacia del naloxone rispetto ad altri agenti terapeutici simili Nalorfina e levallorfano sono oppidi ad azione mista agonista-antagonista che hanno significative proprietà agoniste se somministrati in assenza di altri oppioidi agonisti, e possono provocare una sindrome di astinenza dopo sospensione improvvisa. La nalorfina, inoltre, produce acidosi respiratoria nella madre e acidosi metabolica nel feto quando somministrata a madri non tossicodipendenti a termine. Pertanto il naloxone risulta il farmaco di scelta anche per neutralizzare la depressione respiratoria del neonato. In uno studio in doppio cieco, il naloxone ha mostrato la stessa efficacia della nalbufina nell'antagonizzare la depressione respiratoria indotta da oppioidi nel post-operatorio. La nalbufina può pertanto rappresentare alternativa al naloxone per antagonizzare la depressione respiratoria da oppioidi, e sembra da preferirsi nei pazienti che hanno ricevuto elevate dosi di oppioidi durante l'inetrevnto e nei quali è prevedibile la comparsa di dolore nel decorso post-operatorio. La nalbufina, inoltre, si è rivelata più efficace del naloxone nel ridurre gli effetti collaterali della morfina (nausea, prurito, sedazione) somministrata per via epidurale in pazienti sottoposte a taglio cesareo. NALTREXONE Il naltrexone è un antagonista oppioide semisintetico (17-N-(ciclopropilmetil)-4,5-a-epoxy-3,14-diidrossimorfinian-6-one cloridrato), N-ciclopropilmetil-congenere del naloxone. Agisce come antagonista a lunga emivita degli oppoidi, sia spiazzandoli, sia impedendone l'accesso ai recettori . Dati che necessitano di ulteriori conferme suggeriscono una modesta azione agonista del naltrexone somministrato a soggetti sani . Viene commercializzato in Italia con il nome di Antaxone - Zambon (flaconcini da 50 mg e 100 mg, capsule da 10 e 50 mg) o Nalorex - Boehringer Manh (capsule da 50 mg) ed è somministrabile solo per os. Indicazioni La disassuefazione dei tossicodipendenti costituisce la più importante indicazione all'uso del naltrexone, che viene impiegato anche nella sindrome da astinenza da metadone e come terapia aggiuntiva nella dipendenza da alcool. Il farmaco si è dimostrato in alcuni casi efficace anche in altre patologie quali l'amnorrea di origine ipotalamica, le crisi di apnea nei pazienti in età pediatrica, nella terapia della impotenza e del trauma cranico, e come anoressizzante: tali applicazioni necessitano ulteriore approfondimento. Dosaggio Dosi di 50 o 100 mg di naltrexone per os inibiscono gli effetti di 25 mg di eroina rispettivamente per 24 e 48 ore. La dose consigliata è di 50 mg per os/die e 100 mg il sabato, oppure 100 mg il lunedì , 100 mg il mercoledì e 150 mg il venerdì. Farmacocinetica Dopo assunzione per os, il picco plasmatico si ha a distanza di un'ora. L'assorbimento nel tratto gastroenterico è completo, e il farmaco viene metabolizzato a livello epatico con un importante effetto di primo passaggio. Il volume apparente di distribuzione è 1350 litri (Prod Info ReVia®, 1995). Il principale metabolita è il 6-b-naltrexolo, dotato di un ridotto effetto terapeutico. Il naltrexone è scarsamente legato alle proteine plasmatiche (20,7%). Viene eliminato quasi completamente attraverso le urine; l'emivita di eliminazione di una dose singola è di circa 10,3 ore e quella del metabolita attivo 6-b-naltrexolo di 12,7 ore. Controindicazioni ed effetti avversi L'uso del naltrexone è controindicato in pazienti in terapia con analgesici oppioidi o negli epatopatici ed in soggetti in stato di astinenza. Negli eroinomani esistono precise linee guida per l'utilizzo del farmaco; l'uso del naltrexone può essere iniziato, a dosi progressivamente crescenti, solo in soggetti che non abbiano utilizzato oppioidi per almeno 7 - 10 giorni, nelle cui urine non siano presenti derivati morfinici e in cui la somministrazione di naloxone non provochi la comparsa di sindrome astinenziale. Il farmaco può provocare confusione, depressione, affaticamento, irritabilità, anoressia, perdita di peso e inappetenza. Ansia ed insonnia e mialgia si verificano nel 10% dei pazienti. Possono verificarsi inoltre nausea, dolore addominale, diarrea o costipazione. In pazienti che assumevano elevate dosi giornaliere di naltrexone (uguali o superiori a 300 mg) è stato rilevato l'aumento transitorio degli enzimi indicativi di necrosi epatica con normalizzazione del quadro alla sospensione del trattamento; lo stesso effetto è stato notato per uso protratto. Il naltrexone somministrato acutamente aumenta i livelli serici di gonadotropine, ACTH, cortisolo e catecolamine; tale effetto non si verifica per somminstrazione cronica. L'ingestione accidentale di naltrexone ha scatenato la sindrome da astinenza in tre tossicodipendenti 5 minuti dopo l'ingestione del farmaco. NALMEFENE Il nalmefene è un antagonista oppioide derivato dal naltrexone, con azione simile, ma la durata dell'effetto è più prolungata rispetto a quella del naloxone. Il nome chimico è 17-(ciclopropilmetil)-4,5 alfa-epossi-6-metilenmorfinian-3,14 diolo. L'emivita di eliminazione è di 8-9 ore dopo somministrazione endovenosa e di 11 ore circa dopo somministrazione orale. Il nalmefene non provoca effetti simili a quelli dei morfinici quando somministrato a tossicodipendenti. E' in grado di contrastare la depressione respiratoria e l'effetto sedativo dei morfinici con una potenza che, in uno studio, è risultata maggiore rispetto a quella del naloxone. La somministrazione endovenosa di 1 mg di nalmefene si è rivelata più efficace della somministrazione di 1 mg di naloxone nel neutralizzare gli effetti sedativi della meperidina somministrata nel corso di procedure rianimatorie. Inoltre la durata d'azione è risultata più lunga e gli effetti collaterali simili. La dose efficace per contrastare gli effetti sedativi del fentanyl (somministrato per via endovenosa fino a raggiungere una concentrazione ematica stabile di 1,5 ng/mL) è pari a 1g/Kg; a questa dosaggio la durata dell'effetto è di 105 minuti, ma dosi superiori sono risultate equipotenti. Il farmaco inoltre si è rivelato efficace nel 60 % dei casi nel combattere il prurito quando somministrato a pazienti affetti da orticaria cronica o dermatite atpica. Il nalmefene ha dimostrato una buona tollerabilità alle dosi testate (10-20 mg); gli effetti collaterali rilevati sono stati nausea, affaticabilità e vertigini. TRATTAMENTO DEL PAZIENTE OPPIOIDO-DIPENDENTE IN CASO DI RICOVERO PER PROBLEMI MEDICI, CHIRURGICI OD OSTETRICI Quando un paziente tossicodipendente, sia esso in trattamento metadonico o no, viene ricoverato a causa di gravi patologie è opportuno effetture un dosaggio urinario di morfina e metadone prima della somministrazione di qualsiasi farmaco: in nessun paziente in gravi condizioni, inoltre, dovranno essere effettuati tentativi di disassuefazione. Il paziente in trattamento metadonico dovrà continuare ad assumere la dose di mantenimento, possibilmente suddivisa in due somministrazioni/die. In caso non sia possibile somministrare farmaci per os, il metadone dovrà essere somministrato per via intramuscolare, bis in die, a una dose totale pari a metà di quella abituale di mantenimento. Il paziente tossicodipendente non in trattamento metadonico dovrà essere messo in trattamento metadonico per os o per via intramuscolare non appena compaioni i primi sintomi della sindrome di astinenza e dopo che questi saranno stati controllati con un oppioide a breve durata di azione. ___________________________________________________________________ Informazioni sulla rivista EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY and CRITICAL CARE MEDICINE-Italia- Educational Synopses in Anesthesia and Critical Care Medicine-Italia costituisce la parte Italiana della versione Americana, pubblicata su Internet da Keith J Ruskin, Professore di Anestesia alla Università di Yale. I lavori saranno accettati sia in lingua Italiana che Inglese. In quelli di lingua Italiana un corposo riassunto in Inglese verrà preparato dalla redazione,qualora l'autore non fosse in grado di fornirlo.A cura della redazione sarà inoltre la traduzione in Italiano dei manoscritti inviati in lingua Inglese.La rivista sarà inviata gratuitamente a tutti quelli che ne faranno richiesta inviando il seguente messaggio "Desidero ricevere ESIA versione italiana" indirizzato a LANZA@MBOX.UNIPA.IT La rivista pubblica rewiews e lavori originali compiuti nei campi dell'anestesia e della medicina critica. I lavori originali riguardano ricerche cliniche, di laboratorio e la presentazione di casi clinici. Le reviews includono argomenti per l' Educazione Medica Continua (EMC), articoli di revisione generale o riguardanti le attrezzature tecniche. ESIA pubblica le lettere all'Editore contenenti commenti su articoli precedentemente publicati ed anche brevi comunicazioni.La guida per gli autori può essere consultata collegandosi al sito ANESTIT all'indirizzo: http://mbox.unipa.it/~lanza utilizzando la sezione riservata ad ESIA-Italia Oppure può essere richiesta inviando un messaggio a lanza@mbox.unipa.it EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY and CRITICAL CARE MEDICINE Sezione Italiana E' anche ottenibile attraverso World-Wide Web WWW: L' URL per questo numero di ESIA è: http://mbox.unipa.it/~lanza/esiait/esit9705.txt Il nome della rivista è esitaamm, dove aa è l'anno ed mm il mese (per esempio questo numero è esit9705.txt) LA REDAZIONE DI ESIA ITALIA DIRETTORE Vincenzo LANZA Primario del Servizio d'Anestesia e Rianimazione Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli Palermo LANZA@MBOX.UNIPA.IT Terapia Intensiva Antonio Braschi Primario del Servizio d'Anestesia e Rianimazione 1 Policlinico S. Matteo - IRCCS Pavia Anestesia Cadiovascolare Riccardo Campodonico Responsabile dell'Unità di Terapia Intensiva Cardiochirurgica Azienda Ospedaliera di Parma ricrob@mbox.vol.it Anestesia e malattie epatiche Andrea De Gasperi Gruppo trapianti epatici / CCM Ospedale Niguarda - Milano Medicina critica e dell'emergenza Antonio Gullo Professore di Terapia Intensiva Direttore del Dipartimento di Anestesia e Terapia Intensiva-Università di Trieste Anestesia ed informatica Vincenzo Lanza Primario del Servizio d'Anestesia e Rianimazione Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli Palermo Tossicologia Carlo Locatelli Direttore del Centro di Informazione Tossicologica Centro antiveleni di Pavia Fondazione Scientifica "Salvatore Maugeri Clinica del Lavoro e della Riabilitazione" Pavia Terapia Antalgica e Cure Palliative Sebastiano Mercadante Aiuto del Servizio d'Anestesia e Rianimazione Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli Palermo