__________________________________________________________________ __________________________________________________________________ ISSN 1080-3521 EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY and CRITICAL CARE MEDICINE - Italia - Il giornale italiano on line di anestesia Vol 2 No 4 Aprile 1997 __________________________________________________________________ __________________________________________________________________ Pubblicato elettronicamente da: Vincenzo Lanza, MD Servizio di Anestesia e Rianimazione Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli Palermo, Italy E-mail: (lanza@mbox.unipa.it) Keith J Ruskin, MD Department of Anesthesiology Yale University School of Medicine 333 Cedar Street, New Haven, CT 06520 USA Office: 203-785-2802 E-mail: ruskin@gasnet.med.yale.edu Copyright (C) 1996 Educational Synopses in Anesthesiology and Critical Care Medicine. All rights reserved. Questo rivista on-line può essere copiata e distribuita liberamente, curando che venga distribuita integralmente, e che siano riportati fedelmente tutti gli autori ed il comitato editoriale. Informazioni sulla rivista sono riportate alla fine. ________________________________________________________________ In questo numero: 1 INSUFFICIENZA RENALE ACUTA IN TERAPIA INTENSIVA 2 L'INTOSSICAZIONE DEL MESE: INGESTIONE DI CAUSTICI 3 MANUALI DI ANESTESIA: BLOCCHI PERIFERICI - 1^ PARTE _______________________________________________________ 1 INSUFFICIENZA RENALE ACUTA IN TERAPIA INTENSIVA ________________________________________________________ Andrea De Gasperi II Servizio Anestesia e Rianimazione, Centro Trapianti Ospedale Niguarda Cà Grande - Milano Introduzione L'insufficienza renale acuta costituisce tuttora una delle complicanze di maggiore rilievo e di più rilevante impatto su morbilità e mortalità dei pazienti trattati in ambiente intensivo (Shaefer et al,1991). Tale condizione è peraltro presente, in vario grado, in circa il 5% di tutti i pazienti ospedalizzati, essendo complicanza di frequente riscontro sia in corso di patologia primaria cardiaca o respiratoria (40%) che nel primo postoperatorio di interventi di chirurgia maggiore (60%) (Anderson et al,1988). L'insufficienza renale costituisce inoltre una delle complicanze più temute in corso di sepsi, di cui è spesso una espressione iniziale che precede la sintomatologia clinica conclamatata (Muthers,1992). Nonostante i miglioramenti nel trattamento, che include, oltre al supporto farmacologico, tecniche sempre più sofisticate di depurazione extracorporea continua, l'insufficienza renale acuta presenta ancora oggi una mortalità elevatissima (40-60 %) (Rasmussen e Ibels, 1982; Corwin e Bonventre,1988; Shaefer et al,1991). Definizione Per insufficienza renale acuta (IRA) si intende una sindrome in cui la rapida compromissione della funzione renale (riduzione della filtrazione glomerulare) è associata sia alla perdita della capacità di regolazione dell'omeostasi idro-elettrolitica che alla incapacità ad eliminare cataboliti azotati (Corwin e Bonventre,1988). E' caratterizzata dall'aumento della creatininemia oltre i 2 mg dl-1 e dall'accumulo, a livello ematico, di prodotti di degradazione azotati (iperazotemia) (Lins et al,1988 ;Anderson et al,1988). La sindrome, di solito reversibile, può presentarsi come oligurica (diuresi giornaliera inferiore a 500 ml/die) oppure non-oligurica e riconoscere come cause (Anderson et al,1988; Corwin e Bonventre,1988;Lins et al,1988;Muthers et al,1992): 1. la temporanea riduzione della perfusione renale (insufficienza renale prerenale da ipoperfusione, IRP), secondaria a grave deplezione volemica o a riduzione critica del volume circolante 2. una patologia intrinseca a carico del parenchima renale (strutture glomerulari, tubulari, interstiziali, vascolari), oppure una alterazione della emodinamica intrarenale (insufficienza renale intrinseca). In questa categoria sono di solito incluse la tossicità da farmaci e le reazioni su base allergico-iperergica in grado di provocare un danno tubulare (necrosi tubulare acuta, NTA) 3. una ostruzione al flusso urinario (insufficienza renale postrenale da uropatia ostruttiva) Tralasciando il problema ostruttivo, certamente di minore rilievo in Terapia Intensiva, le condizioni elencate ai punti 1. e 2. costituiscono di gran lunga le cause più frequenti di IRA nel paziente critico. L'interpretazione della riduzione della filtrazione glomerulare che si osserva in corso di sofferenza ischemica o tossica presenta ancora aspetti non chiariti. Appaiono tuttavia rilevanti (Corwin e Bonventre,1988; Stevens et al,1990): 1. la ostruzione tubulare determinata dalla presenza di detriti cellulari in grado di aumentare la pressione intraluminale e di ridurre la pressione di filtrazione: questo meccanismo è importante nelle forme ischemiche 2. la presenza di diffusione per via retrograda di filtrato glomerulare (backleak filtrate theory), legate a discontinuazioni o danneggiamento dell'epitelio tubulare : tale teoria,ben dimostrata nel modello sperimentale animale,non sembra però avere rilevanza clinica nell'uomo 3. la riduzione della perfusione renale per alterazioni della emodinamica sistemica o locale: tale condizione, comune a tutte le forme di IRA, è responsabile della riduzione della pressione di filtrazione glomerulare per aumento della vasocostrizione delle arteriole renali afferenti e per concomitante vasodilatazione delle arteriole renali efferenti (situazione peraltro dimostrata in corso di sepsi e legata alla presenza di mediatori). Si ipotizza inoltre un ruolo del sistema renina-angiotensina e di mediatori quali prostaglandine e tromboxani e la formazione di edema a carico delle cellule endoteliali: quest'ultimo meccanismo è responsabile dell'aumento delle resistenze vascolari renali e della riduzione del flusso ematico 4. alterazione della permeabilità glomerulare, quale si può osservare ad esempio in corso di nefrotossicità da aminoglicosidi, condizione in grado di alterare il coefficiente di ultrafiltrazione (Kf) Appare dunque evidente come l'insulto ischemico (per alterazione intrinseca della emodinamica renale oppure secondario a ridotta perfusione) costituisca una causa comune a molte delle condizioni sopra ricordate ed in grado di portare a IRA. Le ipotensioni prolungate secondarie a grave ipovolemia (emorragie rapide ed imponenti), a deficit della funzione cardiaca (shock cardiogeno, shock settico), a manovre che interrompano o siano comunque in grado di interferire con la circolazione renale (manipolazione viscerale in corso di interventi di chirurgia generale, clampaggio aortico in corso di chirurgia cardica o vascolare maggiore) costituiscono le cause di più comune osservazione Oltre a tali condizioni, di solito definite come postischemiche, deve essere ricordata la possibile tossicità da sostanze o agenti nefrotossici quali aminoglicosidi, amfotericina B, ciclosporina, mezzi di contrasto iodato, anestetici volatili (metossifluorano ed in minore misura l'enflurano), in grado di determinare di per sè danni di tipo ischemico a carico del rene. Nel caso dei mezzi di contrasto radiografici, accanto a fattori predisponenti come la preesistente condizione di insufficienza renale, la disidratazione, la presenza di diabete mellito o di mieloma multiplo e/o di ipoalbuminemia (Muthers et al,1992) si deve pensare ad una genesi multifattoriale sostenuta da tossicità diretta, ostruzione tubulare, alterazione della emodinamica renale con vasodilatazione transitoria seguita da vasocostrizione prolungata. Quest'ultima condizione è probabilmente mediata da adenosina generata a livello tubulare e da aumento del calcio intracellulare (Muthers et al,1992). Gli aminoglicosidi sono responsabili del 5% di tutte le insufficienze renali intraospedaliere: questi antibiotici vengono eliminati per il 90% (Hou et al,1983 in Muthers,1992) per via renale per filtrazione glomerulare. Una volta filtrate, queste sostanze sono riassorbite e concentrate a livello lisosomiale nelle cellule tubulari prossimali. Sebbene il preciso meccanismo di tossicità non sia perfettamente conosciuto, si ritiene che danno mitocondriale, distruzione della membrana cellulare ed attivazione di enzimi lisosomiali svolgano comunque un ruolo rilevante: vasocostrizione e riduzione del gradiente di ultrafiltrazione contribuiscono a mantenere la tossicità. La forma di solito si presenta come non-oligurica o poliurica, si associa a trattamenti di 7 - 10 giorni, necessita di 1-2 settimane per la guarigione che di solito è completa (Muthers,1992) Sebbene di per sè non direttamente nefrotossiche, rilevanti quantità di mioglobina derivanti da rabdomiolisi secondaria a trauma (crash syndrome), ischemia (insufficienza arteriosa acuta), agenti fisici (colpo di calore, esercizio fisico violento, ipertermia maligna o secondaria a neurolettici) o alterazioni metaboliche (ipopotassemia, ipofosfatemia) possono depositarsi per precipitazione a livello tubulare, determinare la formazione di cilindri e provocare la ostruzione tubulare acuta. Analogo meccanismo è ipotizzato per la insufficienza renale acuta secondaria a emolisi intravascolare (reazione da trasfusione eterologa), in cui responsabile della ipoperfusione renale è la precipitazione di sostanze tossiche derivanti dallo stroma dei globuli rossi ( Muthers,1992). Come già ricordato, la sepsi costituisce una delle cause più frequenti di insufficienza renale acuta e di MODS (Multiple organs disfunction) in Terapia Intensiva e comunque nel paziente critico: la riduzione del flusso plasmatico renale e della filtrazione glomerulare dipendono in questo caso dalla simultanea alterazione della emodinamica sistemica (vasodilatazione da caduta di resistenze sistemiche) ed intrarenale (aumento delle resistenze vascolari renali). Le modificazioni emodinamiche appaiono legate alla presenza di endotossine, esotossine, o mediatori quali interleuchina 1 (IL1) , tumor necrosis factor (aTNF) o tromboxano A2.(Rayner et al,1990). Queste sostanze sono fra l'altro responsabili delle alterazioni che, in assenza di sepsi franca (febbre, tachicardia, ipotensione), possono essere presenti in questi pazienti (trombocitopenia, alterazione dello stato di coscienza, alterazione dei tests di funzione epatica, acidosi metabolica) L'insulto ischemico a carico del rene, in cui la formazione di radicali liberi gioca certamente un ruolo importante, colpisce in particolare la zona midollare più esterna, dove la sofferenza ipossica è maggiore. In effetti, importante sofferenza è rilevabile a carico del tratto ascendente dell'ansa di Henle, responsabile del riassorbimento di sodio e cloro, la cui perdita costituisce un segno riconosciuto di sofferenza tubulare. Il flusso renale, inizialmente ridotto, riprende di solito entro 24 ore dall'insulto acuto, mentre più prolungata è la riduzione del filtrato glomerulare: fattori che certamente contribuiscono al mantenimento della depressa filtrazione sono la vasocostrizione preglomerulare, la riduzione di Kf e la perdita per via retrograda di ultrafiltrato. In effetti nella fase di ripristino funzionale un ruolo importante è giocato da prostaglandine, fattori di crescita e free radicals scavengers. Diagnosi e diagnostica differenziale La diagnostica differenziale deve prevedere come primo passo la differenziazione tra cause prenali, intrarenali od ostruttive: all'interno delle varie sindromi si delineerà poi la specifica eziologia. Storia clinica ed esame obbiettivo Appare fondamentale disporre di una anamnesi patologica che comprenda, oltre alla definizione di preesistenti malattie a carico dell'apparato renale, precedenti patologie cardiovascolari (ipertensione arteriosa, insufficienza cardiaca congestizia, pericarditi, vasculiti), tumorali o sistemiche (concomitante patologia epatica) e l'eventuale uso di farmaci . La definizione dello stato volemico del paziente e dell'effettivo volume circolante appare di fondamentale importanza e richiede in molti casi, oltre all'esame obbiettivo, anche il supporto di indagini invasive (incannulamento di vena centrale e misura della pressione venosa centrale o addirittura cateterismo cardiaco destro con catetere di Swan Ganz e misurazione della pressione polmonare di incuneamento ). Tali parametri, che consentono una corretta definizione del precarico, appaiono giustificate da una parte dalla necessità di differenziare le forme di IRP da quelle intraparenchimali (NTA), dall'altra di eseguire un trattamento in qualche caso eziologico e non solo sintomatico (Corwin e Bonventre,1988) . Esame delle urine Dati fondamentali da ricercare per la diagnostica differenziale sono la presenza di ematuria e di proteinuria: la proteinura è di solito associata a danno glomerulare. Ad un test semiquantitativo positivo (dipstick), deve seguire un dosaggio della proteinuria giornaliera. La perdita superiore a 3 gr/die è in effetti di solito legata ad un danno glomerulare. L'esame microscopico del sedimento può costituire un importante mezzo di orientamento diagnostico. In effetti la NTA è frequentemente associata alla presenza nel sedimento urinario di cilindri granulari o granulo epiteliali pigmentati, di cellule dell'epitelio tubulare, di conglomerati di detriti cellulari . Cilindri composti da conglomerati di globuli rossi o la presenza di un elevato numero di globuli rossi depone di solito per lesioni glomerulari, mentre cilindri composti da globuli bianchi oppure la elevata presenza di elementi cellulari della serie bianca depongono per un danno renale interstiziale (Corwin e Bonventre,1988). Concentrazione elettrolitica nelle urine ed indici diagnostici Sodio - La eliminazione renale del sodio, governata dal sistema renina -angiotensina -aldosterone e probabilmente dall'ormone natriuretico atriale, è regolata in modo da mantenere un volume circolante efficace (Rose,1989). La sua concentrazione urinaria può pertanto essere utilizzata per quantificare lo stato volemico del paziente, ritenendosi una concentrazione inferiore a 15 mEq/l indice di un grave stato ipovolemico. La concentrazione urinaria di sodio, normalmente riassorbito per circa il 90% a livello di tubulo prossimale e distale, riflette pertanto la capacità di riassorbimento del sodio filtrato. In presenza di ipoperfusione renale e con mantenuta funzione tubulare (come in caso di IRP) si osserva una marcata contrazione della eliminazione urinaria di sodio ( in assenza di diuretico anche al di sotto dei 20 mEq/l). Al contrario in presenza di NTA si osserva una eliminazione urinaria di sodio superiore a 30 - 40 mEq/l. Valori di sodio urinario compresi fra 20 e 30 mEq/l presenti sia in caso di IRP che in corso di NTA rendono necessari per la diagnosi differenziale il calcolo della escrezione frazionale del sodio (percentuale del sodio filtrato escreto nelle urine, FENa%) utilizzando la formula [Conc U Na] x [ Conc P Creat ] FE Na % = ------------------------------------------------------- x 100 [Conc P Na] x [Conc U Creat] In corso di IRP a funzione tubulare conservata, quindi con un importante stimolo a riassorbire sodio, la FE Na è di solito compresa tra 1 e 2%, mentre in presenza di NTA il valore è superiore a 3-4%. Il test, se applicato correttamente, può contribuire alla diagnosi differenziale nel 90% dei casi (Rose,1989). Esistono però alcune eccezioni che devono tenute presenti quando si interpreti questo test. In corso di trattamento diuretico (furosemide o mannitolo) o di diuresi osmotica anche in presenza di IRP la FE Na può essere superiore a 3%; condizioni di solito associate ad aumento del riassorbimento del sodio (insufficienza cardiaca congestizia, ascite) possono determinare FE Na erroneamente molto basse in caso di NTA (Corwin e Bonventre,1988;Muthers,1992). Sepsi, NTA da mezzo di contrasto o da rabdomiolisi possono essere associate a bassa FE Na. Deve infine essere ricordato come pazienti portatori di NTA non oligurica abbiano frequentemente valori di FE Na intermedi tra quelli osservati in corso di IRP e NTA oligurica (Diamond et al,1982 in Muthers,1992). Cloro - La escrezione urinaria di cloro è di solito simile a quella del sodio. Tuttavia in condizioni di ipovolemia è frequente osservare una riduzione della eliminazione del cloro ed una differenza tra sodio e cloro urinario di più di 15 mEq/l (Sherman e Eisinger,1982) : questo è comune in casi di alcalosi metabolica secondaria ad ipovolemia, condizione nella quale l'equilibrio acido base tende ad essere mantenuto grazie all'aumento della eliminazione di HCO3 - come NaHCO3 -. Una grave ipovolemia manterrà però lo stimolo alla ritenzione sodica e pertanto la persistenza della alcalosi per ridotta eliminazione di Na e HCO3-. Pertanto in caso di IRP (a cui è di solito associata alcalosi metabolica per la presenza di ipovolemia) sarà costante la presenza di cloro urinario basso (20 - 30 mEq/l): Anderson indica in effetti la cloruria come un parametro più specifico e sensibile del sodio urinario per la differenziazione tra IRP e NTA (Anderson e Schrier,1988;Rose,1989). Unica possibilità di alterare questo profilo è l'utilizzo di diuretici : in tal caso la concentrazione urinaria assoluta del cloro sarà più elevata, ma sarà sempre presente una differenza importante con il sodio. Potassio - L'escrezione di potassio varia con l'assunzione giornaliera e tale risposta è regolata dalla concentrazione plasmatica di K+ e dall'aldosterone: la escrezione abituale è di circa 20 mEq/l, ritenendosi una perdita superiore a 25 mEq/l legata a perdita tubulare. Una condizione di iperkaliemia è costante in caso di insufficienza renale ed è determinata dalla inappropriata eliminazione renale. Osmolarità urinaria - I soluti contenuti all'interno di una soluzione generano una pressione (pressione osmotica) proporzionale al numero di particelle per unità di volume di solvente (ed indipendente da valenza o peso): unità di misura della pressione osmotica è la osmole (pari al peso molecolare della sostanza espresso in grammi) .Per osmolalità si intende quindi il numero di osmoli per kilogrammo di acqua (mosmol/Kg): il volume totale sarà pertanto composto da un litro di acqua più il piccolo volume occupato dai soluti. Il termine è spesso confuso con osmolarità (osmoli per litro di soluzione), peraltro con differenza trascurabile. La concentrazione di soluti in una soluzione può anche essere valutata con la misura della gravità specifica (peso della soluzione confrontato con quello di un volume uguale di acqua distillata). La gravità specifica è proporzionale al peso delle molecole di soluto: con urina normale ad esempio, il valore della gravità specifica rappresenta in maniera soddisfacente la osmolalità: in presenza invece di grosse molecole in elevata concentrazione (glucosio, mannitolo, mezzi di contrasto radiologici), si osserverà un grosso aumento della gravità specifica rispetto alla osmolalità. L'osmolalità urinaria (n = 400 - 1100 mosm/kg) gioca un ruolo chiave nella regolazione della osmolalità plasmatica (n= 280 - 310 mosm/kg), e della concentrazione ematica del sodio. Questa risposta è mediata dagli osmorecettori ipotalamici che influenzano sete e secrezione di ADH e comportano complesse interrelazioni sia con la funzione tubulare a vari livelli del nefrone, che con il flusso ematico renale. La capacità di produrre urina concentrata richiede pertanto capacità di concentrazione urinaria conservata e funzione tubulare intatta. In questo senso il monitoraggio della osmolalità urinaria (misurata direttamente) , in aggiunta al calcolo della frazione di escrezione del sodio, può essere utile nella diagnosi differenziale tra IRP e NTA postischemica come causa di IRA. In effetti in entrambe le condizioni può essere presente stimolazione alla produzione di ADH per la presenza di ipovolemia relativa. Tuttavia per la presenza di danno tubulare, in corso di NTA si avrà la escrezione di urine con osmolarità inferiore a 400 mosm/kg, mentre in caso di IRP determinata da ipovolemia ed in assenza di danno tubulare, si osserverà osmolalità superiore a 600 mosm/kg. La elevata osmolalità porta quindi alla diagnosi di esclusione di NTA: il riscontro di urina isoosmotica invece è di solito legato a patologia intraparenchimale, ma non permette di escludere una componente ipovolemica in soggetti anziani, in pazienti con grave riduzione della filtrazione glomerulare, in presenza di compromissione della capacità di concentrazione, come si osserva in soggetti trattati con diuretici (Rose,1989). Indici e parametri calcolati (Corwin e Bonventre,1988) Dati diretti ed indici sono di estremo interesse nella diagnosi differenziale delle varie condizioni di insufficienza. Deve tuttavia esserne ricordato il limite, costituito da precedente patologia renale o da concomitante utilizzo di diuretici, condizioni entrambe in grado di alterare escrezione urinaria degli elettroliti e capacità di concentrazione renale. 1) Uosm/Posm Un parametro calcolato utile per differenziare la NTA da IRP è il rapporto Uosm/Posm , in corso di NTA vicino a 1, superiore a 1.2 in caso di IRP . 2) Ucreat / Pcreat La concentrazione della creatinina urinaria riflette la quantità di acqua riassorbita a livello tubulare : rapporti elevati (superiori a 40) sono correlati a IRP, mentre un rapporto inferiore a 20 è di solito correlato ad un difetto di riassorbimento di acqua a livello tubulare (Miller TJ et al,Ann Int Med,1978 in Corwin e Bonventre,1988) 3) Uurea/Purea In presenza di ipovolemia reni normalmente funzionanti sono in grado di eliminare in piccoli volumi di urina elevate quantità di urea, al contrario di quanto invece si osserva in presenza di danno tubulare. In caso di IRP il rapporto è superiore a 8, mentre in presenza di NTA il rapporto è inferiore a 3 (Miller TJ et al,Ann Int Med,1978 in Corwin e Bonventre,1988) 4) P BUN/ Pcreat Un rapporto superiore a 20 è di solito presente in caso di IRP, mentre la NTA è associata a valori inferiori a 10. Tali valori sono tuttavia spesso alterati da fattori di ordine metabolico in grado di aumentare il valore di BUN (terapia steroidea, catabolismo, sanguinamento del tratto GE) o di ridurre il valore di creatininemia (età, massa muscolare) in assenza di modificazioni effettive del volume circolante . 5) Renal failure Index (RFI) Costituisce una formula che ingloba il sodio urinario ed il rapporto creatinina urinaria/creatinina sierica : valori inferiori all'1% sono suggestivi di insufficienza renale prerenale. Conc U Na RFI % = ---------------------------------------- x 100 [Conc U Creat ] / [Conc P Creat] Altre procedure diagnostiche Indagini radiologiche L'interesse principale di queste metodiche risiede nella possibilità di definire lesioni renali traumatiche (accertate o sospette) od ostruttive: poichè l'utilizzo del mezzo di contrasto introduce la possibilità di indurre o peggiorare la insufficienza renale, il rischio potenziale deve essere controbilanciato dalla utilità delle informazioni ottenibili. L'urografia per via endovenosa , se normale, esclude lesioni traumatiche renali, ma in caso di reperto patologico devono necessariamente essere eseguite TAC (utile oltre che per traumi per la definizione di masse renali e spesso preferita alla arteriografia ) o arteriografia (di cui oggi si utilizza sempre più frequentemente la tecnica con sottrazione digitale) . Tecniche ultrasonografiche E' di sempre maggiore utilizzo la tecnica ultrasonografica, in grado di fornire, con tecnica non invasiva e priva di rischi, informazioni di tipo morfologico e pertanto fondamentali nella definizione di fenomeni ostruttivi (Corwin e Bonventre,1988). Di recente è stato proposto l'uso dell'ecodoppler per studiare in modo attendibile, riproducibile e non invasivo le caratteristiche del flusso ematico a livello dell'arteria renale interlobare in soggetti con insufficienza renale acuta (Stevens et Coll,1990): la morfologia dello spettro Doppler in questi soggetti subisce una importante modificazione rispetto allo spettro normale (riduzione o perdita della fase diastolica) e diviene pertanto diagnostica nella IRA. Nello studio proposto da Stevens e Coll (1990) tali modificazioni erano particolarmente evidenti in IRA in corso di sepsi , consentivano la valutazioni della appropriatezza e della efficacia degli interventi terapeutici (farmacologici e non) e permettevano la previsione del recupero funzionale . Radionefrogramma Questa tecnica è utilizzata per documentare la perfusione vascolare e trova importanti applicazioni in campo trapiantologico. Ha invece limitate indicazioni in caso di IRA o di NTA (dove fra l'altro per la semplicità di esecuzione sta per esseer soppiantata dall'EcoDoppler) (Stevens et Coll,1990) La prevenzione ed il trattamento farmacologico della insufficienza renale acuta In modelli sperimentali i danni determinati da insulti ischemici erano limitati o addirittura prevenuti dal pretrattamento con mannitolo (Burke et al,1980). L'effetto protettivo è certamente legato a più di un fattore, essendo stati proposti come possibili meccanismi il free radicals scavenging, la produzione di prostaglandine ad azione vasodilatatrice, la riduzione dell'edema cellulare, la prevenzione della ostruzione tubulare (Brezis et al,1991). Da un punto di vista clinico i risultati sono stati tuttavia contrastanti e comunque non consentono conclusioni definitive. Appare probabile un effetto positivo in presenza di emoglobinuria o di mioglobinuria, in caso di IRA da mezzo di contrasto o di nefrotossicità da amfotericina B o da cisplatino (Corwin e Bonventre,1988). Non confermati da studi sufficientemente ampi e soprattutto prospettici sono i risultati positivi ottenuti in presenza di clampaggio della arteria renale o della aorta sottorenale, in corso di chirurgia epatica maggiore o di interventi di chirurgia cardiaca (Brezis et al,1991). L'utilizzazione di diuretici dell'ansa ad alte dosi (2-3 grammi/die) nella insufficienza renale acuta nell'uomo è tuttora oggetto di controversie (Brezis et al,1991). Nella insufficienza renale terminale la risposta alla somministrazione di furosemide ad alte dosi appare legata alla possibilità di escrezione della sostanza a livello tubulare, meccanismo che consente il blocco del riassorbimento elettrolitico (prima del Cl e quindi del Na e dell'acqua) a livello dell'ansa di Henle e la conseguente risposta diuretica (Van Olden et Coll,1995). E' verosimile ottenere una riduzione del dosaggio totale a parità di risposta diuretica utilizzando la furosemide in infusione continua (0.25-0.75 mg kg-1 ora-1 )(Krasna et Coll,1986). Se è probabile che si ottenga un maggiore volume urinario, è però verosimile che non si modifichi il FG. Non ha ricevuto invece conferme l'effetto di vasodilatazione renale in presenza di dopamina a dosi comprese tra 1 e 3 g kg-1 min-1: l'aumento significativo della diuresi si otteneva in effetti solo in associazione a furosemide. Conferme in questo senso sono venute anche da Gunning in corso di trapianto di fegato. La terapia sostitutiva per insufficienza renale acuta in ambiente intensivo Le indicazioni al trattamento sostitutivo sono costituite dalla insufficienza renale acuta, dai pazienti in trattamento dialitico cronico (emodialisi, dialisi peritoneale) che necessitino ricovero in TI, dalla correzione di sovraccarichi idrici (in ambito internistico oppure chirurgico sia nel periodo pre che postoperatorio), dalla correzione di particolari condizioni metaboliche (iperkaliemia, iponatremia), da alcune intossicazioni (Bartok e Hilton,1993). La terapia dialitica convenzionale (emodialisi intermittente o dialisi peritoneale) trova sempre meno frequentemente indicazione in ambiente intensivo: le tecniche di sostituzione continua (emofiltrazione continua arterovenosa o venovenosa, quest'ultima con utilizzo di pompa peristaltica) offrono al contrario consistenti vantaggi sia per la rimozione di cataboliti azotati che per la gestione del bilancio fluidico e nutrizionale in pazienti spesso instabili dal punto di vista emodinamico e che possono male tollerare la emodialisi intermittente (Baudouin et Coll,1993). In effetti sebbene simili, le due tecniche (emodialisi ed emofiltrazione) sono assai differenti. Nella tecnica emodialitica intermittente (emodialisi convenzionale) sangue e soluzione dialitica fluiscono in opposte direzioni nel rene artificiale, separati da una membrana semipermeabile: la rimozione dei soluti avviene per diffusione secondo gradiente di concentrazione tra sangue e dialisato (meccanismo diffusivo). Si ottiene facilmente il passaggio di molecole di piccole dimensioni (200 Daltons) a seconda della velocità del flusso ematico o del dialisato. Il passaggio di molecole di maggiori dimensioni è invece regolato dal peso molecolare e dalle caratteristiche delle membrane. Nella emofiltrazione il sangue è pompato attraverso una membrana ad elevata permeabilità ed il gradiente di pressione attraverso la membrana determina il passaggio di acqua e di molecole fino a 20 kDa con meccanismo analogo alla filtrazione glomerulare (meccanismo convettivo): l'ultrafiltrato cosi' prodotto è rimpiazzato con soluzioni isotoniche La frazione di plasma filtrato (di solito compresa tra 10 e 30%) dipende dalla pressione osmotica, dalla pressione idrostatica transmembrana e dalla superficie e dalla permeabilità della membrana. Una buona efficienza della filtrazione si raggiunge di solito con elevati flussi (150 ml/min) pur con frazioni di filtrazioni comprese tra il 15 ed 20%: questo evita la eccessiva emoconcentrazione e la possibilità di coagulazione dei filtri (Barton e Hilton,1993). Il meccanismo convettivo offre inoltre la possibilità di rimozione dal circolo di antibiotici (vancomicina), sostanze ad elevato peso molecolare (mediomolecole), mediatori dello stato settico (citokine proinfiammatorie quali TNF, IL1) che non vengono rimossi con le metodiche convenzionali intermittenti basate sulla diffusione, e potrebbe aggiungere nuove ed interessanti possibilità terapeutiche nel paziente settico con insufficienza multipla di organo : sebbene siano già dimostrati effetti positivi sulla funzione ventricolare destra e sinistra e sulla funzione polmonare (Bellomo,1994), deve tuttavia essere sottolineato come nessun studio controllato o prospettico abbia dimostrato un effetto significativo della emofiltrazione nella rimozione di citokine proinfiammatorie (Schetz e Coll,1995;a) Le prime metodiche di emofiltrazione continua (Continuous Arterovenous Hemofiltration,CAVH) (fig.1) prevedevano l'utilizzo di due accessi vascolari (arterioso e venoso centrale) ed il flusso ematico attraverso il filtro era determinato dalla pressione arteriosa del paziente: la resa era di circa 400-600ml/h, e la capacità di clearance pari a circa 10 ml/min. Figura 1 - Circuito utilizzato per la Continuous Arterovenous Hemofiltration,CAVH Dalla metà degli anni '80, anche per il miglioramento dei materiali e della geometria dei filtri, si è passati all'incannulamento di un unico vaso venoso centrale con un catetere a doppio lume di grosso calibro per emodialisi o plasmaferesi (oppure, per una resa ancora maggiore, all'incannulamento di due vasi centrali ed all'utilizzo di due cateteri monolume di grosso calibro) ed all'uso di una pompa peristaltica che, aspirando e reimmettendo il sangue in circolo, consente elevati flussi attraverso il filtro: in questo modo si è potuto ottenere un aumento consistente della capacità depurativa (20 ml/min) grazie all' aumento dell'ultrafiltrato (da 1000 a 1500 ml/ora) (Continuous Venovenous Hemofiltration, CVVH) (fig.2,3). Un ulteriore aumento della capacità depurativa, con minori volumi di scambio e quindi con una più semplice gestione della metodica, è stato ottenuto con l'aggiunta della componente dialitica (Continuous Venovenous Hemodiafiltration, CVVHD), realizzata con il passaggio di una soluzione dialitica in controcorrente attraverso il filtro in ragione di 1 litro/ora: in tale modo si ottiene una clearance pari a 25 ml/min.(Bellomo,1994). Esistono tuttavia controversie sulla necessità di utilizzare la CVVHD per migliorare la resa depurativa (Barton e Hilton,1993). Figura 2 - Continuous Venovenous Hemofiltration, CVVH Figura 3 - Filtro utilizzato nella CVVH In caso di utilizzo di tecnica non dialitica, l'ultrafiltrato sarà identico al siero e la soluzione sostitutiva dovrà prevedere una composizione adeguata in sodio, calcio e potassio; in caso di utilizzo di dialisi devono invece essere previsti supplementi di fosfato. Una delle maggiori difficoltà nelle terapie sostitutive protratte appare essere la gestione del bilancio fluidico, essendo gli obbiettivi del trattamento da una parte la sottrazione di liquidi in eccesso (edemi), dall'altro la depurazione. La resa giornaliera del filtro può variare da 20 a 30 litri /die: in tale caso occorre da una parte il controllo orario della quantità dell'ultrafiltrato, dall'altro la programmazione della quantità e della qualità del rimpiazzo volemico e la definizione dei valori delle pressioni di riempimento da ottenere o mantenere (Baudouin et Coll,1993). La realizzazione, quando necessario, di un bilancio negativo (che deve tenere presente tutte le perdite, compresa la diuresi se questa riprende) non deve superare i 100/200 ml/ora, pena la possibilità di importanti squilibri emodinamici e metabolici (non ultime le gravissime deidratazioni). A questo proposito, per evitare un aggravio del lavoro di assitenza e per ottenere un bilancio fluidico di estrema precisione, sono in corso di valutazione sistemi automatizzati, computerizzati o addirittura basati su un servo controllo computerizzato a circuito chiuso in cui la reinfusione viene regolata rispettivamente sul valore dell'ultrafiltrato, dell'ultrafilttrato e della eventuale diuresi, su ultrafiltrato, diuresi e variabili emodinamiche (pressioni di riempimento) (Bellomo,1994). Deve essere infine ricordata la possibilità di induzione di ipotermia (auspicabile in corso di ipertermia) specie nelle emofiltrazioni ad elevato flusso in pazienti paralizzati con curari: questo comporta, per il mantenimento dell'equilibrio termico, l'utilizzo di tecniche di riscaldamento del paziente o dei fluidi di sostituzione (Matamis et Coll, 1994). Un ruolo importante nel funzionamento e nella resa di queste metodiche di sostituzione continua è certamente giocato dal tipo di filtri .Le due conformazioni principali attualmente utilizzate per le membrane sono quella a fibre cave (hollow fiber) e quella a flussi paralleli (parallel plate) (Bellomo,1994): sebbene non vi siano studi in vivo, le membrane in poliacrilonitrile con configurazione che consenta flussi paralleli (parallel plate) appaiono essere quelli a resa migliore ed a maggiore biocompatibilità in vitro (Yohai,1992) . Un problema rilevante nel paziente critico può essere legato alla necessità di mantenere una condizione di anticoagulazione per la resa ottimale dei filtri. Il farmaco di scelta appare essere l'eparina, somministrata prima del filtro: a seconda delle condizioni dei pazienti possono essere utilizzati dosaggi che vanno dalle 300 alle 700 UI/ora, con controllo del tempo di coagulazione (mantenuto tra 8 e 12 minuti) o dell'aPTT (mantenuto con una R di 1.5-2). Tali regimi hanno consentito una vita media del filtro superiore alle 24 ore. L'uso di anticoagulazione regionale (eparina (E) prima del filtro, solfato di protamina (P) dopo il filtro in rapporto E/P 100/1) è stato da alcuni utilizzato, ma richiede monitoraggio frequente ed offre sopravvivenza del filtro analoga alla somministrazione convenzionale di eparina (prima del filtro) (Bellomo et al,1993). La CVVH(D) realizzata con i filtri della ultima generazione (poliacrilonitrile, parallel plate membrane) nei pazienti a rischio emorragico (ipopiastrinemici, postoperati, con DIC) ha consentito ottima resa e sopravvivenza prolungata dei filtri anche senza anticoagulazione (Bellomo,1994). Resta da definire invece il possibile ruolo di eparine a basso peso molecolare, prostaciclina o inibitori delle proteasi (gabesato mesilato, nafamostat mesilato) nella anticoagulazione in corso di CVVH. Nuove prospettive sembrano invece aperte dall'uso di filtri con eparina legata alle membrane (Heparin - bonded membranes). La somministrazione di farmaci e di nutrienti durante sostituzione continua Antibiotici Rispetto alle tecniche convenzionali di depurazione intermittente, l'utilizzo di tecniche di depurazione continua (CVVH) determina una importante modificazione degli schemi di somministrazione di antibiotici . Esempi eclatanti vengono dall'uso di vancomicina, che, non eliminata con la emodialisi convenzionale, viene attivamente sottratta dal circolo con CVVH o CVVHD e può richiedere la somministrazione di 1gr/die anzichè di un grammo /settimana (Bellomo,1994), oppure dagli aminoglicosidi, la cui clearance può variare a seconda delle tecniche da 5 a 25 ml/min (Davies,1992;Bellomo,1994). La capacità di una sostanza di passare attaverso la membrana di un emofiltro è espressa dal sieving coefficient (S), determinato dal rapporto tra la concentrazione della sostanza nell'ultrafiltrato e nel plasma e variante da 0 per sostanze che non passano a 1 per sostanze che passano liberamente (Schetz et Coll,1995). In effetti il fattore a cui è principalmente legata la estrazione della sostanza, e quindi il suo profilo cinetico, in corso di sostituzione continua è il legame proteico; in presenza di dialisi convenzionale (meccanismo diffusivo) intervengono invece, oltre al legame proteico, il peso molecolare, la permeabilità di membrana, il flusso del dialisato (Bellomo, 1994; Schetz et Coll,1995). In corso di CVVH pertanto esiste la necessità di ricorrere ai dosaggi ematici dei vari antibiotici o chemioterapici dopo la somministrazione (picco), prima della successiva somministrazione (valle), nel periodo tra le due somministrazioni (dosaggi intermedi), per costruire una curva cinetica che consenta di personalizzare il dosaggio ed ottenere concentrazioni ematiche ottimal (Schetz et Coll,1995), ricordando che le variabili cinetiche nel paziente critico non consentono spesso sufficiente prevedibilità. Non appaiono invece modificati i livelli ematici di ormoni, catecolamine, calcioantagonisti, vasodilatatori ( Bellomo,1994;Schetz et Coll,1995)). Si rimanda comunque per un inquadramento completo dell'argomento ad un recentissimo articolo di Schetz e Coll (1995). Nutrienti La possibilità di attuare una corretta nutrizione sia per carico calorico che per apporto di azoto è stata fino a pochi anni fa limitata nell'insufficiente renale acuto da una parte dalla necessità di somministrare elevati quantitativi di fluidi, dall'altra dalla impossibilità di fornire aminoacidi: l'importanza della somministrazione di aminoacidi in questi pazienti era tuttavia già stata evidenziata. L'avvento delle tecniche di sostituzione extrarenale continua ha consentito in pazienti gravemente catabolici e con insufficienza renale oligoanurica da una parte il controllo della iperazotemia, dall'altro il corretto apporto calorico e la supplementazione ottimale di azoto. In uno studio recente (Bellomo,1991) è stata dimostrata la possibilità di ottenere in pazienti gravemente catabolici una positivizzazione del bilancio azotato con un corretto carico calorico (25-30 kCal kg-1 die-1 ), supplementazione di azoto in ragione di 250-300 mg kg-1 die-1. Il problema della eventuale perdita di amonoacidi attraverso il filtro, valutata in vari studi (Bellomo,1994) è risultata essere attorno al 10% e pertanto trascurabile. L'apporto vitaminico deve essere completo ed eventualmente supplementata la quantità di folato e vitamina C. I pochi dati disponibili sugli oligoelementi non depongono per perdite clinicamente rilevanti. BIBLIOGRAFIA 1) JH Shaefer,F Jochimsen,K Wegsheider,,A Distler. Outcome prediction of acute renal failure in medical intensive care.Intensive Care Medicine,1991;17:19-24 2) HL Corwin,JL Bonventre . Acute renal failure in the Intensive care unit.Intensive Care Medicine,1988;14:10-16. 3) HH Rasmussen,LS Ibels. Acute renal failure: multivariate analysis of causes and risk factors.Am J Med,1982;73:211 4) RL Lins, M Coutenye, ME De Broe .Value of diagnostic investigations in acute renal failure.In JL Vincent Update in Intensive Care and Emergency Medicine 1988 : 668 . 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Barresi Servizio di Anestesia e Rianimazione, Ospedale Buccheri La Ferla F.B.F., Palermo °Servizio di Endoscopia digestiva, Ospedale Buccheri La Ferla F.B.F., Palermo Numerose sostanze, tra le quali, gli acidi, gli alcali, gli agenti ossidanti e riducenti, indicate come caustici, a contatto con la cute e/o le mucose provocano lesioni di estensione e gravità variabili. Di larghissimo uso in ambiente domestico, industriale, agricolo, costituiscono una classe tossicologica rilevante. Nel seguente caso clinico, gli autori descrivono il tentato suicidio di una giovane donna per l'ingestione d una grossa quantità di acido cloridrico. Caso clinico Una donna di anni 37 veniva accolta in terapia intensiva, proveniente da altro ospedale, in seguito all'assunzione volontaria di una quantità rilevante di acido muriatico. La donna, sofferente di uno stato ansioso-depressivo, da alcuni anni in trattamento farmacologico con benzodiazepine, aveva verosimilmente ingerito a scopo suicida una quantità stimabile in circa 250 ml di acido cloridrico al 10%. Immediatamente trasportata dai familiari in ospedale la donna aveva manifestato ripetuti episodi di vomito, ematemesi, disfagia e dolore addominale con ipotensione e tachicardia. In pronto soccorso il trattamento si era basato sulla somministrazione endovenosa di cristalloidi, di anti-H2 e corticosteroidi. Il quadro clinico d'esordio, la necessità di accertamenti diagnostici e di sorveglianza in ambiente intensivo motivavano il trasferimento presso il nostro centro. All'arrivo in rianimazione la donna si presentava vigile, molto sofferente ma collaborante. L'esame obiettivo della paziente rilevava ipotensione arteriosa (90/60 mmHg), bradicardia sinusale (45 bpm), una temperatura cutanea di 35 °C e tachipnea (35 atti minuto). All'auscultazione del torace non era presente alcun dato patologico (se si esclude l'iperventilazione) ; non erano udibili stridori laringei ; l'addome si presentava trattabile, non dolente alla palpazione, anche se erano assenti i rumori intestinali. L'esame del cavo orale evidenziava scialorrea e un'estesa ulcerazione sanguinante del palato molle. La donna lamentava disfagia e dolore retrosternale. Subito dopo l'arrivo, la donna andava incontro ad un altro episodio di ematemesi di modesta entità (2 episodi analoghi si erano verificati durante il trasporto in ambulanza). La bradicardia veniva immediatamente trattata con la somministrazione di atropina 0,5 mg endovena, e, posizionato un catetere lungo in vena cava superiore dalla vena basilica, intrapresa una terapia infusionale con colloidi. L'emogasanalisi, ottenuta dall'incannulamento dell'arteria radiale, presentava ipocapnia e alcalosi respiratoria a compenso di un deficit di basi elevato (tab.1). I dati di laboratorio mostravano una leucocitosi neutrofila, un tasso emoglobinico ai limiti inferiori della norma e un'ipoalbuminemia marcata ; Tab.1 pH 7,56 pO2 260 mmHg (O2 in maschera 5l/min) pCO2 12 mmHg BE -10 SO2 100% Era inoltre presente ipokaliemia (3,3 mEq/l). L'infusione di colloidi (1500 ml) e di soluzione glucosata al 10% (500 ml) con l'aggiunta di KCl e di 150 mEq di sodio bicarbonato ottenevano la stabilizzazione dell'equilibrio idroelettrolitico e dei parametri emodinamici. Una radiografia del torace e una dell'addome in bianco eseguite in urgenza permettevano di escludere eventuali perforazioni in mediastino e/o la presenza di falce d'aria sottodiaframmatica. La necessità di valutare con esattezza l'entità delle lesioni del tratto gastroenterico superiore, imponeva un'endoscopia digestiva che veniva eseguita dal medico internista. Nelle figure 1e 2 sono mostrate le immagini ottenute durante la procedura, e il referto formulato dall'operatore. figura 1 - 2 Presenza di lesioni ulcerate su tutta la mucosa dell'esofago che si presenta edematoso, con mucosa rilevata biancastra a evoluzione necrotica. Abbondanrte sangue nello stomaco. La mucosa gastrica appare ampiamente erosa con in molti tratti evoluzione in escara necrotica, più accentuata sul fondo e sul corpo meno all'antro. Presenza di vaste ulcere superficiali a livello del bulbo e della seconda porzione del duodeno. Conclusioni : severe lesioni da caustici dal faringe alla 2a porzione del duodeno ad evoluzione necrotica con segni di sanguinamento. Durante la procedura, e quindi sotto visione diretta, veniva posizionato un sondino naso-gastrico (CH 14) a due vie . Veniva quindi intrapresa una terapia antibiotica a largo spettro con l'associazione di ceftriaxone (2g/die) e di tobramicina (150 mg/die) entrambi in mono-somministrazione giornaliera. Non veniva somministrato nulla per os e veniva iniziata l'infusione continua di un farmaco anti-H2 (nizatidina). Una nutrizione parenterale totale garantiva il fabbisogno giornaliero di calorie, azoto, vitamine e oligoelementi . Il dolore e la disfagia venivano trattate con oppioidi (meperidina 25 mg ogni 4 ore). Non si verificavano altri episodi di vomito e dal SNG si collezionavano circa 300 ml di sangue misto a materiale gastrico nelle prime 12 ore. Il tasso di emoglobina risentiva soltanto di minime variazioni, attestandosi nelle 24 ore a 11 g/dl, tanto da non necessitare di emotrasfusioni. La stabilità emodinamica e dei parametri bio-umorali persisteva nei giorni successivi, mentre il sanguinamento gastrico (drenato dal SNG) si riduceva progressivamente fino ad arrestarsi in 3a giornata. La ripetizione giornaliera della radiografia del torace non manifestava dati patologici né a carico del parenchima polmonare né degli organi mediastinici ; l'addome rimaneva trattabile con una peristalsi intestinale presente dalla 2a giornata, mentre la canalizzazione riprendeva in 4a giornata con l'emissione di 3 scariche di melena. Previo accordo con i colleghi si programmava una seconda endoscopia digestiva dopo circa 15 giorni e in 8a giornata la paziente, in buone condizioni generali, veniva trasferita presso il reparto di medicina del nostro ospedale. La seconda gastroscopia, eseguita dopo 15 giorni dalla prima, mostrava un netto miglioramento delle condizioni locali (fig. 3, 4) : figura 3 - 4 Netto miglioramento delle lesioni lesioni esofagee, dove esistono solo piccole aree di iperemia focale. Stomaco con aree di iperemia focale e grossa ulcerazione, con alcune erosioni longitudinali che si congiungono dal corpo gastrico alle lesione suddescritta. Conclusioni : aree di iperemia focale in esofago e stomaco con presenza di grossa ulcerazione ed erosione nel corpo e nell'antro gastrico. La paziente riprendeva l'alimentazione orale (dieta semiliquida) dopo 16 giorni dall'ingestione del caustico, senza disturbi del transito. Dimessa dopo 30 giorni dal ricovero, la donna ritornava una settimana dopo all'osservazione dei colleghi internisti per la comparsa di vomito post-prandiale : l'esecuzione di un pasto baritato evidenziava una stenosi pilorica serrata ! ! Discussione I caustici sono contenuti in moltissimi prodotti casalinghi (detergenti per bagni, piscine), ma anche in prodotti industriali (batterie), agricoli, così come sono presenti in coloranti, profumi (1). Vengono pertanto largamente utilizzati e tra le diverse sostanze, gli acidi e gli alcali, rappresentano per frequenza ed entità i composti più importanti dal punto di vista clinico. I bambini molto piccoli, da 1 a 4 anni (2), in modo accidentale, gli adulti a scopo suicida, ma anche i soggetti esposti professionalmente, sono le categorie più colpite. Le lesioni che si determinano sono diverse e dipendono dalla natura chimica del prodotto, dalla sua concentrazione, dalla quantità e dalla forma in cui vengono commercializzati. Il pH, anzitutto, per cui se superiore a 12 (basi forti) o inferiore a 2 (acidi forti) è causa di lesioni significative. Una grossa quantità (generalmente superiore a 100-150 ml), di solito ingerita volontariamente, è certamente responsabile di gravi danni rispetto alle piccole quantità ingerite per errore dai bambini. Le forme liquide sono più pericolose a livello esofageo e gastrico di quelle in polvere, di difficile deglutizione. Il tempo di contatto del caustico con le mucose, che dipende dalla natura del composto, ma anche dalla presenza o meno di cibo nello stomaco, è un altro fattore importante da considerare. L'azione chimica lesiva di acidi e basi sulla cute e sulle mucose è diversa : * le basi producono, per effetto di saponificazione di grassi e proteine, una necrosi colliquativa, responsabile di gravi danni ai tessuti superficiali e profondi ; fenomeni trombotici tendono ad aggravare le lesioni. Le aree più colpite sono l'esofago e i restringimenti anatomici : cricofaringe, arco aortico e iato diaframmatico. * gli acidi causano una necrosi coagulativa che, determinando un'escara protettiva tende a risparmiare i tessuti profondi. Le zone maggiormente danneggiate sono lo stomaco e il piloro, mentre l'orofaringe e l'esofago subiscono abitualmente danni minori. La presentazione clinica è estremamente variabile e l'assenza di lesioni visibili in presenza di un'anamnesi certa d'ingestione di caustici, non esclude danni alle mucose profonde e conseguentemente agli organi interni. Il dolore faringeo, la disfagia, sono sintomi estremamente comuni ; vomito, ematemesi, dolore toracico e/o addominale testimoniano lesioni più gravi. Il decorso clinico delle lesioni si può suddividere in quattro fasi (tab. 2) (3) : Stadio infiammatorio Si verifica nei primi 4-7 giorni. E' caratterizzato da edema, eritema, trombosi vascolare e necrosi (picco a 48 h.). Tale sequenza coincide con l'imperativo di eseguire la gastroscopia nelle prime 48 h. Stadio di granulazione Dal 4° al 7°giorno. Inizio della proliferazione dei fibroblasti e sintesi di collagene Perforazione Dal 7° al 21° giorno. I tessuti sono estremamente sottili e il rischio di perforazione elevato Stadio cicatriziale Da 3 settimane ad anni. Formazione di tessuto fibroso a epoche diverse con formazione di stenosi. L'esatta e precoce valutazione delle lesioni da caustici è estremamente importante per la prognosi e l'atteggiamento terapeutico. L'endoscopia digestiva e la fibro/broncoscopia sono di fondamentale importanza e devono essere eseguite entro il limite massimo di 12-24 ore nei pazienti che hanno ingerito alcali e immediatamente in caso d'ingestione di acidi. L'esame va realizzato da un endoscopista esperto e il rischio di perforazione è minimo se eseguito precocemente. Le lesioni da acidi possono essere così classificate (4): * Stadio 0 = assenza di lesioni * Stadio 1 = presenza di edema ed eritema con mucosa intatta * Stadio 2a = presenza di ulcere superficiali, localizzate, friabilità della mucosa. * Stadio 2b = stadio 2a più lesioni circonferenziali * Stadio 3 = presenza di multiple ulcere transmurali, distruzione totale della mucosa Lo stadio 0 ha una prognosi eccellente ; lo stadio 1e 2a generalmente guariscono, mentre lo stadio 2b ha un rischio di stenosi elevato ; lo stadio 3 presenta un'elevata percentuale di perforazione ed evolve frequentemente in stenosi estese. L'endoscopia va ripetuta per il follow-up delle lesioni. Un'analoga classificazione è stata proposta per le lesioni da alcali. Il trattamento è chirurgico in presenza di segni di perforazione (mediastinite, peritonite) e generalmente in presenza di lesioni di 3° stadio a tutto spessore dello stomaco e/o dell'esofago ; medico, di supporto delle funzioni vitali, negli altri casi. Nel caso clinico descritto, l'acido muriatico, sinonimo corrente dell'acido cloridrico (acido forte) si trovava a una concentrazione elevata (10%) e la quantità ingerita dalla paziente (>200 ml) era tale da determinare lesioni gravi. Il quadro clinico all'arrivo in rianimazione era dominato dall'instabilità emodinamica e dal grave deficit di basi che imponeva alla donna un'iperventilazione intensa, come testimoniato dall'ipocapnia severa. I ripetuti episodi di vomito e ematemesi, l'intenso dolore epigastrico, inoltre, indicavano la gravità dell'intossicazione. L'approccio intensivo (incannulamento di una vena centrale, arterioso, il rapido riempimento vascolare con colloidi e cristalloidi) ci permetteva, in assenza di nuovi episodi emorragici, di dominare il quadro clinico e di programmare, a stabilizzazione cardio-respiratoria avvenuta, l'endoscopia digestiva. Questa veniva eseguita dal collega endoscopista già poche ore dopo l'ingresso della paziente in rianimazione. Nonostante la gravità dei reperti endoscopici riscontrati, la negatività dell'esame clinico (assenza di stridore e spasmi respiratori, obbiettività addominale normale) e di quelli strumentali (Rx torace e addome in posizione eretta), permettevano un atteggiamento conservativo. Il monitoraggio costante dei parametri vitali, il mantenimento di un bilancio idroelettrolitico e nutrizionale adeguati sono caratteristiche fondamentali delle cure intensive. Alcuni aspetti del trattamento, tuttora controversi, sono rappresentati dalla terapia steroidea : secondo alcuni autori (5) l'uso precoce di steroidi potrebbe essere utile nel ridurre l'entità delle stenosi cicatriziali ; in questo caso sono stati utilizzati soltanto al pronto soccorso dell'ospedale di periferia prima del trasferimento in rianimazione. Il posizionamento di un SNG di piccolo calibro in visione diretta, a nostro avviso, potrebbe funzionare da stent in caso di stenosi serrate dell'esofago e rappresentare una valida via d'alimentazione. Il trasferimento della paziente in 8a giornata in altro reparto, forse precocemente rispetto agli stadi delle lesioni, è stato motivato dalla stabilità del quadro clinico e bioumorale (Hb stabile senza trasusioni) e dalla necessità di restituire la paziente all'affetto dei familiari, il cui ingresso non è consentito nella nostra rianimazione. La comparsa di vomito post-prandiale a 30 giorni dall'incidente testimonia in modo inequivocabile il progredire delle lesioni verso la stenosi cicatriziale e pone degli interrogativi sul recupero funzionale della paziente ad oggi ancora irrisolti. Conclusioni L'ingestione da caustici è un'evenienza che pone il medico di fronte al dilemma dell'esecuzione della gastroscopia, dell'intervento chirurgico precoce e di quello riparativo in caso di stenosi cicatriziale. L'endoscopia digestiva va eseguita precocemente per la valutazione delle lesioni. La terapia sarà medica in presenza di lesioni medio-gravi, mentre una laparotomia esplorativa s'impone in caso di segni di perforazione. Le sequele stenotiche sono in ogni caso possibili. Bibliografia 1) V. Danel, P. Barriot. Les intoxications aigues. p. 315-324, ed. Arnette, 1993 2) A. Einhorn, C. Horton, M. Altier. Serious respiratory consequences of detergent ingestion in children. Pediatrics, 1989, 84, 472-474 3) P. Viccellio. 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E' evidente altresì che l'applicazione delle procedure descritte va valutata criticamente in relazione al proprio ambiente di lavoro. La parte riguardante le considerazioni chirurgiche è stata realizzata in collaborazione con i chirurghi delle varie specialità, operanti nel nostro ospedale. Qualsiasi commento o critica è bene accetta e deve essere inviata a leliobuc@mbox.vol.it. oppure alla redazione LANZA@mbox.unipa.it BLOCCHI PERIFERICI - 1^ PARTE ALCUNE REGOLE DI SICUREZZA * Il paziente deve essere sempre informato sul tipo di tecnica utilizzata * l'anestesista deve avere conoscenze complete sul piano anatomico, farmacologico e fisiopatologico. L'anestesista poco esperto dovrà essere sempre affiancato da un supervisore. * Il blocco periferico deve essere sempre eseguito in ambiente dotato di materiale di rianimazione cardio-respiratoria. * E' di rigore l'installazione di una perfusione e di un sistema di monitoraggio (ECG,sfigmo) prima di eseguire il blocco. * Il digiuno preanestetico deve essere osservato in tutte le anestesie periferiche di elezione. * L'asepsi della sede della puntura deve essere rigorosa. * Le dosi dei farmaci utilizzati nel corso dell'anestesia periferica non devono in nessun caso eccedere la dose tossica nota. * L'impiego di uno stimolatore elettrico per la ricerca dei tronchi nervosi riduce l'incidenza di lesioni nervose causate da traumi meccanici e dunque rappresenta una ulteriore misura di sicurezza. * La ripetizione di un blocco periferico, nel caso di insuccesso, sarà effettuato ad una distanza di tempo non inferiore ad 1 ora. NEUROSTIMOLAZIONE Principi L'invio di impulsi elettrici di opportuna durata ed ampiezza (0,3ms,0.5-1.5 mA,1-2MHz) da parte di un ago-elettrodo posizionato in prossimità del nervo o del plesso nervoso da anestetizzare, induce la depolarizzazione della fibra nervosa motoria con il conseguente effetto di contrazione muscolare. Dalla clonia così indotta si risale all'esatta localizzazione dell'innervazione tributaria. Questo consente di iniettare l'anestetico locale in prossimità del nervo senza necessariamente toccarlo. Normalmente vengono utilizzati degli aghi isolati che facilitano la trasmissione dell'impulso elettrico dallo stimolatore al nervo senza dispersioni elettriche e che creano un campo elettrico omogeneo e circolare in prossimità della punta. Vantaggi Non è necessaria alcuna cooperazione del paziente perchè non si devono elicitare parestesie Il paziente può essere sedato durante l'esecuzione del blocco Aumenta la probabilità di riuscita del blocco Si riduce il rischio neuro-lesivo Si possono realizzare dei blocchi super selettivi Il blocco può essere realizzato durante un'anestesia generale o rachidea Si possono eseguire dei blocchi nei pazienti pediatrici Utilizzazione Può essere usato per localizzare qualsiasi nervo che abbia una componente motoria. La stimolazione si ottiene con l'elettrodo di polarità negativa (nero), mentre quello positivo è collegato, mediante placchetta conduttrice, al paziente. Dopo avere infisso l'ago stimolatore si avvia lo stimolatore e si imposta su 1-1.5 mA o (nel caso di apparecchi che evidenziano sul display la carica erogata in nanoCoulomb ->nC) 300-360nC allo scopo di "ricercare" il nervo. Una volta elicitata la risposta muscolare si riduce l'intensità della stimolazione sino a 0.5-0.2 mA o 150 nC . La persistenza di una buona risposta a queste basse correnti significa che la punta dell'ago si trova in prossimità del nervo. Quando si raggiunge questo "target", si iniettano 2 ml di anestetico locale. La stimolazione condotta con gli stessi mA non produrrà più la contrazione. La maggior parte dei blocchi necessita di grossi volumi di anestetico locale (30-40ml) in unico in unico bolo. In alternativa è possibile procedere alla ricerca di tutte le clonie relative alla stimolazione di ogni singolo nervo o componente del plesso iniettando per ognuno di essi piccoli boli di 3-7 ml di anestetico locale (teoria delle componenti). REQUISITI DI UNO STIMOLATORE ELETTRICO avere dimensioni contenute ed essere alimentato da una batteria erogare corrente costante per stimolazioni da 0.1 a 10 mA e darne indicazione digitale su un display erogare impulsi brevi, normalmente di 0,3ms a 1-2 Hz alcuni stimolatori evidenziano non l'intensità della corrente (in mA) ma la carica erogata (in nC=nano Coulomb) l'ago che riceve gli impulsi deve essere isolato alla sua estremità distale e non deve essere tagliente (ago di Galindo). TABELLA DEI PRINCIPALI A.LOCALI FARMACO CONCENTRAZ.(%) DOSE MAX ONSET (min) DURATA (hr)** CLORPROCAINA 3 600mg 5-10 1 - 1.5 LIDOCAINA 1.50 300mg (4mg/kg) 15-20 1.5 - 2 MEPIVACAINA 1.5 500mg (5mg/kg) 15-20 1.5 - 2 BUPIVACAINA 0.25 - 0.50 200mg (3mg/kg) 20-25 3-5 ETIDOCAINA 0.5 - 1 300mg (4mg/kg) 10-20 2-4 ROPIVACAINA 0.5 200mg (3mg/kg) 15-30 7-12 ** per blocchi periferici l'aggiunta di adrenalina aumenta la durata d'azione ed aumenta la dose max BLOCCO DEL PLESSO BRACHIALE - VIA ASCELLARE Indicazioni interventi sulla mano e sull'avambraccio Posizionamento del paziente supino con il braccio in abduzione a 90° con l'avambraccio esteso o flesso dietro la nuca Reperi essenziali -arteria ascellare - inserzione del m.gran pettorale tecnica dopo aver realizzato un ponfo di a.locale cutaneo, si introduce l'ago-elettrodo in prossimità dell'a.ascellare, al di sotto del m.coraco brachiale avanzando l'ago verso l'apice dell'ascella secondo un angolo di 10-20° sul piano cutaneo, seguendo la direzione del fascio neurovascolare. Dopo aver elicitato le clonie ricercate (n.radiale o n.mediano o n.ulnare) si iniettano 40 ml di anestetico locale con adrenalina 1/200000. blocco del n. intercosto-brachiale La parte superioro-mediale del braccio e quella laterale dell'avambraccio sono innervate rispettivamente dal n.intercosto-brachiale e dal n. muscolo cutaneo che normalmente non vengono raggiunte dall'anestetico infiltrato dentro la guaina neuro-vascolare. Essi devono essere dunque bloccati a parte (3ml di AL per ciascuno) nel caso di applicazione di tourniquet. Controindicazioni: -impossibilità ad abdurre il braccio -adenopatia ascellare Complicanze: -ematoma per puntura arteriosa -spasmo arterioso (raro) -pneumotorace (rarissimo) BLOCCO DEL PLESSO BRACHIALE - VIA INTERSCALENICA Indicazioni interventi sul braccio e sulla spalla Posizionamento del paziente supino con la testa ruotata dal lato opposto Reperi essenziali margine posteriore del m.sternocleido-mastoideo(SCM) solco interscalenico, v.giugulare esterna, cartilagine cricoidea tecnica dopo aver realizzato un ponfo di a.locale cutaneo, si introduce l'ago-elettrodo dietro il margine posteriore dello m. SCM, nel solco interscalenico, all'altezza della cartilagine cricoidea, dirigendolo verso il basso con un angolo di 10-20 °rispetto al piano cutaneo. Dopo aver elicitato la clonia ricercata (abduzione spalla) si iniettano 40 ml di anestetico locale con adrenalina 1/200000 . blocco n. muscolo-cutaneo La parte superioro-mediale del braccio e quella laterale dell'avambraccio sono innervate rispettivamente dal n.intercosto-brachiale e dal n. muscolo cutaneo che normalmente non vengono raggiunte dall'anestetico infiltrato dentro la guaina neuro-vascolare. Essi devono essere dunque bloccati a parte (3ml di AL per ciascuno) nel caso di applicazione di tourniquet. Controindicazioni: quelle comuni alle a.loco-regionali Complicanze: -rachianestesia (raro) -anestesia peridurale (raro) -pneumotorace (rarissimo) -blocco del n.ricorrente (raro) -blocco del n.frenico (costante ma poco significativo clinicamente in paz.sani) -------------------------------------------------------------------------------------------------- Informazioni sulla rivista EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY and CRITICAL CARE MEDICINE-Italia- Educational Synopses in Anesthesia and Critical Care Medicine-Italia costituisce la parte Italiana della versione Americana, pubblicata su Internet da Keith J Ruskin, Professore di Anestesia alla Università di Yale. I lavori saranno accettati sia in lingua Italiana che Inglese. In quelli di lingua Italiana un corposo riassunto in Inglese verrà preparato dalla redazione, qualora l'autore non fosse in grado di fornirlo. A cura della redazione sarà inoltre la traduzione in Italiano dei manoscritti inviati in lingua Inglese.La rivista sarà inviata gratuitamente a tutti quelli che ne faranno richiesta inviando il seguente messaggio "Desidero ricevere ESIA versione italiana" indirizzato a LANZA@MBOX.UNIPA.IT La rivista pubblica rewiews e lavori originali compiuti nei campi dell'anestesia e della medicina critica. I lavori originali riguardano ricerche cliniche, di laboratorio e la presentazione di casi clinici. Le reviews includono argomenti per l' Educazione Medica Continua (EMC), articoli di revisione generale o riguardanti le attrezzature tecniche. ESIA pubblica le lettere all'Editore contenenti commenti su articoli precedentemente publicati ed anche brevi comunicazioni.La guida per gli autori pu• essere consultata collegandosi al sito ANESTIT all'indirizzo: http://mbox.unipa.it/~lanza utilizzando la sezione riservata ad ESIA-Italia Oppure può essere richiesta inviando un messaggio a lanza@mbox.unipa.it EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY and CRITICAL CARE MEDICINE Sezione Italiana E' anche ottenibile attraverso World-Wide Web WWW: L' URL per questo numero di ESIA è: http://mbox.unipa.it/~lanza/esiait/esit9704.txt Il nome della rivista è esitaamm, dove aa è l'anno ed mm il mese (per esempio questo numero è esit9704.txt) LA REDAZIONE DI ESIA ITALIA DIRETTORE Vincenzo LANZA Primario del Servizio d'Anestesia e Rianimazione Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli Palermo LANZA@MBOX.UNIPA.IT Terapia Intensiva Antonio Braschi Primario del Servizio d'Anestesia e Rianimazione 1 Policlinico S. Matteo - IRCCS Pavia Anestesia Cadiovascolare Riccardo Campodonico Responsabile dell'Unità di Terapia Intensiva Cardiochirurgica Azienda Ospedaliera di Parma ricrob@mbox.vol.it Anestesia e malattie epatiche Andrea De Gasperi Gruppo trapianti epatici / CCM Ospedale Niguarda - Milano Medicina critica e dell'emergenza Antonio Gullo Professore di Terapia Intensiva Direttore del Dipartimento di Anestesia e Terapia Intensiva-Università di Trieste Anestesia ed informatica Vincenzo Lanza Primario del Servizio d'Anestesia e Rianimazione Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli Palermo Tosssicologia Carlo Locatelli Direttore del Centro di Informazione Tossicologica Centro antiveleni di Pavia Fondazione Scientifica "Salvatore Maugeri Clinica del Lavoro e della Riabilitazione" Pavia Terapia Antalgica e Cure Palliative Sebastiano Mercadante Aiuto del Servizio d'Anestesia e Rianimazione Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli Palermo