_____________________________________________________________________ _____________________________________________________________________ ISSN 1080-3521 EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY and CRITICAL CARE MEDICINE - Italia - Il giornale italiano on line di anestesia Vol 1 No 2 Dicembre 1996 _____________________________________________________________________ _____________________________________________________________________ Pubblicato elettronicamente da: Vincenzo Lanza, MD Servizio di Anestesia e Rianimazione Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli Palermo, Italy E-mail: (lanza@mbox.unipa.it) Keith J Ruskin, MD Department of Anesthesiology Yale University School of Medicine 333 Cedar Street, New Haven, CT 06520 USA Office: 203-785-2802 E-mail: ruskin@gasnet.med.yale.edu Copyright (C) 1996 Educational Synopses in Anesthesiology and Critical Care Medicine. All rights reserved. Questo rivista on-line può essere copiata e distribuita liberamente, curando che venga distribuita integralmente, e che siano riportati fedelmente tutti gli autori ed il comitato editoriale. Informazioni sulla rivista sono riportate alla fine. _____________________________________________________________________ In questo numero: 1 Ecocardiografia transesofagea in pazienti critici 2 Utilizzazione di una formula nefrologica per nutrizione enterale nell'insufficienza renale: confronto con polimerica standard 3 L'intossicazione del mese:Sindrome sgombroidea. 4 MANUALI DI ANESTESIA:Anestesia per l'artroscopia del ginocchio ___________________________________________________________________ 1 Ecocardiografia transesofagea in pazienti critici ___________________________________________________________________ G. Andrea Contini, Daniela Albertini, Anna Maria Antonelli, Riccardo Campodonico Divisione e Cattedra di Cardiochirurgia - Azienda Ospedaliera di Parma Parma Per eventuale corrispondenza: Dott. R. Campodonico Divisione e Cattedra di Cardiochirurgia Azienda Ospedaliera di Parma Via Gramsci 14 43100 Parma E-Mail: ricrob@mbox.vol.it Summary Bedside transthoracic and transesophageal echocardiography is a powerful diagnostic tool, in our experience accurate diagnosis can lead to prompt surgical treatment of life threatening lesions like pericardial effusion and tamponade, intra atrial tumor masses, valvular and prosthetic endocarditis, aortic dissection.. Blunt chest trauma may cause many different lesions of the heart and blood vessels: myocardial contusion, traumatic pericarditis, occlusion of a coronary vessel, papillary muscle rupture, inter ventricular septum defect, tricuspid regurgitation, traumatic aortic transection. We describe our experience in emergency area, either in dedicated to cardiac surgery intensive care unit or operative room either in general emergency and intensive care unit. From 1994 we examined with bedside transthoracic and transesophageal echocardiography patients with blunt chest or thoracic-abdominal trauma and patients with head trauma possible transplant organ donors. Moreover, since ours is a regional reference Center, we received emergency patients with traumatic lesions from other Hospitals. From January 1st 1994 to October 31st 1996 we examined 158 patients in the General Intensive Care (37 with trauma, 45 transplant organ donors, 5 post cardiopulmonary resuscitation and 71 for miscellaneous); in the same time we accepted 11 patients (7 M) mean age 37 yr.. (12-73) for suspect traumatic lesion of the heart and great vessels. Ten patients were operated: two had pericardial effusion, six underwent aortic surgery with interposition of dacron prosthesis and in one instance repair of aorta-right atrium fistula. Type A aortic dissection patients are accepted on emergency and examined with TEE just after induction of anesthesia to confirm diagnosis and involvement of aortic valve to allow conservative surgery: the technique is useful but the possibility of pitfalls must be considered. Key Words: Echocardiography, Transesophageal, Critical Care, Trauma, Aortic Dissection Riassunto Viene illustrata l'esperienza degli autori nella diagnosi ecocardiografica in area d' emergenza, in sala operatoria ed in unità di cure intensive dedicata e generale di affezioni suscettibili di cura chirurgica d' emergenza quali la dissezione spontanea o traumatica dell' aorta, i tumori intracavitari cardiaci, il tamponamento pericardico, l' endocardite infettiva e le sue complicazioni sia su valvole native che su protesi. Vengono descritti i motivi di insuccesso dell' introduzione della sonda transesofagea in pazienti critici e viene richiamata l'attenzione sulla possibilità di errori di interpretazione che impone cautela e l'esecuzione di ulteriori accertamenti. Introduzione L' ecocardiografia doppler è un potente strumento che permette diagnosi accurate, in molti casi sufficienti al cardiochirurgo per programmare un intervento. In Unità di Cure Intensive (UCI) gli strumenti diagnostici tradizionali, anamnesi, esame obiettivo, elettrocardiogramma, radiografia del torace, sono spesso insufficienti a studiare la complessa realtà clinica del paziente sottoposto a ventilazione meccanica nè sempre, in tali malati, è opportuno l' impiego di strumenti invasivi come il catetere di Swan Ganz; in queste circostanze l' ecocardiografia può aiutare a formulare un giudizio clinico utile anche se occorre rimarcare che l' accuratezza diagnostica dipende strettamente dell' abilità tecnica dell' operatore. L' esame per via transtoracica (ETT) è il metodo di scelta nella pratica cardiologica; spesso, però, esso si rivela insoddisfacente in UCI a causa della concomitanza di ventilazione meccanica a pressione intermittente positiva che aumenta l' impedenza acustica della parete toracica e della presenza di ferite chirurgiche o di tubi di drenaggio che limitano la possibilità di spostamento del trasduttore. In queste circostanze è molto più utile il ricorso alla tecnica transesofagea (ETE); lo sviluppo tecnologico, inoltre, con l' introduzione nella pratica clinica di sonde bi e multiplane, ha ulteriormente migliorato la possibilità di esame delle strutture e della funzione cardiaca. Indicazioni all' ETT ed all' ETE L' ecocardiografia transtoracica permette lo studio delle disfunzioni valvolari, la valutazione della funzione sistolica dei ventricoli 1 e della funzione diastolica del ventricolo sinistro 2; se vi è rigurgito tricuspidale permette la stima della pressione sistolica del ventricolo destro e quindi della pressione in arteria polmonare; permette il calcolo della gettata cardiaca dalla velocimetria del flusso attraverso il tratto di efflusso del ventricolo sinistro 3. Ogni esame dovrebbe iniziare, come regola generale, con l' approccio transtoracico che spesso offre informazioni diagnostiche sufficienti con minore supporto logistico e minore invasività dell' esame transesofageo. Questo è particolarmente vero nello studio del versamento e nella diagnosi del tamponamento pericardico e nella definizione di masse atriali quali i tumori che causano tamponamento interno. L' ecocardiografia transesofagea, d' altra parte, permette di ottenere immagini adeguate in quasi tutti i pazienti in UCI. La tecnica è particolarmente utile quando si sospettano lesioni dell' aorta come la dissezione, spontanea 4,5,6,7,8,9,10 o traumatica sia in sala d' accettazione d'emergenza 11,12,13,14,15 che in sala operatoria durante laparatomia/sternotomia d' emergenza per trauma chiuso toraco-addominale associato a lesioni multiple 16. Non sempre in pazienti politraumatizzati, con fratture costali multiple, specialmente della prima costa, è possibile confermare il sospetto diagnostico di lacerazione traumatica dell' istmo aortico; sovente, infatti, è necessario eseguire altre indagini per arrivare ad una diagnosi sufficientemente attendibile. Materiali e metodi Presso la Divisione di Cardiochirurgia dell' Azienda Ospedaliera di Parma, tre operatori, specialisti in Cardiologia, eseguono circa 800 esami all' anno, 150-200 dei quali con tecnica transesofagea, impiegando un ultrasonografo ATL Apogée CX con trasduttore transtoracico settoriale, anular array da 3,5 MHz per immagini mono e bidimensionali e Doppler pulsato, continuo e pulsato a codice di colore e sonde transesofagee da 5 MHz mono e multiplana 2D,PW,CW e color. L' apparecchio è montato su carrello con ruote che assembla videoregistratore e stampanti e può essere spostato liberamente ove necessario: ambulatorio, degenza ordinaria, UCI dedicata, Sala Operatoria. L' esame transesofageo viene eseguito nei pazienti coscienti dopo un periodo di digiuno di oltre quattro ore, previa anestesia topica con Xilocaina 4%, eventuale blanda sedazione con diazepam e, benché non strettamente necessario, con profilassi antibiotica nei pazienti portatori di protesi valvolari o vascolari. Nei pazienti intubati, invece, l' esame viene preceduto da sedazione con propofol 1-1,5 mg/Kg ed eventuale plegia con pancuronio mentre la sonda viene introdotta con tecnica cieca oppure in laringoscopia diretta. In sala operatoria la sonda viene introdotta in narcosi, di solito in laringoscopia diretta. Dall' inizio del 1994 viene svolta attività di consulenza presso il Centro di Rianimazione impiegando l' ecocardiografia transtoracica e transesofagea al letto del malato. Poiché tale attività risulta particolarmente onerosa, dovendo spostare l' apparecchio in un edificio limitrofo a quello della Cardiochirurgia, attraverso un percorso interno, si è convenuto di limitare il ricorso alla metodica solo quando le potenziali informazioni vengono giudicate indispensabili per un valido processo decisionale; di fatto essa è quindi riservata a pazienti con trauma chiuso toracico o toraco-addominale, a pazienti in difficili condizioni emodinamiche ed a pazienti con trauma cranico possibili donatori di organi a scopo di trapianto. Dal 1 gennaio 1994 al 31 ottobre 1996 sono stati esaminati presso il Centro di Rianimazione 155 pazienti (50 politraumatizzati, 45 possibili donatori di organi, 5 a seguito di assistenza avanzata dopo un arresto cardiaco e 55 per valutazione emodinamica o sospetto versamento pericardico o sospetta endocardite infettiva) (Tab. I). La maggior parte dei pazienti politraumatizzati, post arresto cardiaco e possibili donatori sono stati esaminati con tecnica combinata o comunque con approccio transesofageo mentre in tutti i pazienti con versamento pericardico e nella maggior parte di quelli esaminati con indicazione generica è stato sufficiente l' approccio transtoracico. Poiché il nostro è un centro di riferimento regionale abbiamo ricevuto pazienti con lesioni traumatiche dell' aorta anche da altri Ospedali. Abbiamo, dunque, accettato 11 pazienti (7 M) di età media 37 anni (12-73) per lesioni traumatiche del cuore o dei grossi vasi; dieci di essi sono stati operati: due avevano versamento pericardico post-traumatico, sette sono stati sottoposti a sostituzione di un tratto di aorta con interposizione di protesi in dacron, una paziente ammessa con diagnosi di dissezione dell' aorta ascendente circa dieci giorni dopo un incidente stradale grave, è stata sottoposta alla sostituzione dell' aorta ascendente con protesi ed alla chiusura di una fistola post-traumatica aorta-atrio destro, sospettata con l'esame ecocardiografico al tavolo operatorio. Quattro pazienti sono stati operati sulla scorta del solo accertamento ecocardiografico mentre negli altri pazienti é stato eseguito un più complesso iter diagnostico che ha comportato l' esecuzione di TAC con mezzo di contrasto o, in due casi, di aortoarteriografia. Fra i pazienti sottoposti ad esame ecocardiografico subito dopo la rianimazione cardiorespiratoria per arresto cardiaco, uno è stato rapidamente avviato all' intervento per insufficienza mitralica massiva da rottura del muscolo papillare. Nel sospetto di endocardite infettiva (EI) l' ETE è più sensibile e specifico dell' ETT nel visualizzare le vegetazioni; nei pazienti portatori di protesi valvolari è quasi sempre obbligatorio il ricorso alla tecnica transesofagea che permette di accertare l'endocardite come causa della disfunzione della protesi e di riconoscere una complicazione potenzialmente mortale e di difficile diagnosi come la formazione di un ascesso nella parete posterolaterale dell' aorta a livello dell' anello valvolare, in connessione con il lume aortico. Nei pazienti con dissezione aortica di tipo A di Stanford è importante non solo confermare la diagnosi, ma fornire al chirurgo informazioni sullo stato della valvola aortica, sulla estensione della dissezione e sulla presenza di fissurazioni intimali multiple. Nel nostro Centro abbiamo scelto di accettare direttamente i pazienti con dissezione aortica di tipo A che ci vengono inviati da una Divisione di Cardiologia, mentre i pazienti provenienti da altri reparti ospedalieri vengono prima inviati per l'accertamento diagnostico presso la Divisione di Cardiologia del nostro Ospedale. Abbiamo accettato direttamente 57 pazienti con sospetta dissezione aortica di tipo A, l' esame ecocardiografico transesofageo dei quali è stato eseguito sul tavolo operatorio, immediatamente dopo le manovre anestesiologiche e durante la preparazione dei chirurghi. In stretta collaborazione con l' operatore, oltre a confermare la presenza della dissezione, a precisarne i limiti ed a dimostrare eventuali fissurazioni intimali multiple, si è posta particolare attenzione al rilievo di rigurgito aortico ed alla sua possibile correzione con tecnica conservativa che permette di limitare l' intervento alla interposizione di protesi vascolare, senza fare ricorso a protesi valvolare. Il riscontro di versamento pericardico è stato interpretato come sfavorevole segno di imminente rottura dell' aorta ed ha indotto ad accelerare ulteriormente i tempi di intervento. In due pazienti, sottoposti ad esplorazione per via sternotomica, non è stata confermata la dissezione dell' aorta ascendente: uno aveva una dissezione esclusivamente di tipo B mentre nel secondo paziente non è stata dimostrata alcuna alterazione patologica. L' esame è stato generalmente ben tollerato, nè ha generato aritmie od effetti collaterali gravi; solo alcuni dei pazienti ambulatoriali più compromessi hanno manifestato transitoria dispnea mentre nei pazienti in terapia intensiva è piuttosto comune il rilievo di transitoria tachicardia durante l' esame. Non siamo riusciti ad introdurre la sonda transesofagea in 7 pazienti su circa 650 esami: fra i pazienti in UCI i fallimenti sono stati 3: due di questi pazienti erano portatori di cannula tracheostomica. Conclusioni Abbiamo descritto, senza la pretesa di esaurirne tutti gli aspetti, una parte della nostra attività ecocardiografica che consiste soprattutto nel controllo dei pazienti sottoposti ad intervento cardiochirugico ed anche, da alcuni anni, nella collaborazione con il Centro di Rianimazione del nostro Ospedale. La nostra esperienza, per quanto limitata ad un contesto abbastanza ristretto, dimostra come l'ecocardiografia transesofagea venga sempre più spesso impiegata per valutare pazienti critici nei quali si sospetti un evento cardiaco acuto alla base di problemi cardiovascolari minacciosi. La tecnica é particolarmente utile nelle unità di cure intensive e in quelle post-operatorie là dove l'approccio transtoracico diventa impossibile, se non si possono impiegare altri metodi diagnostici, poiché i pazienti sono sottoposti a ventilazione meccanica. Con l'impiego della tecnica transesofagea, infatti, la metodica é in grado di fornire immagini adeguate in quasi tutti i pazienti che necessitano di terapia intensiva; i vantaggi che essa può fornire dipendono dal fatto che non vi sono ostacoli al passaggio degli ultrasuoni da parte di strutture intracardiache, della parete toracica, del tessuto polmonare; piani di scansione differenti permettono di vedere strutture non esplorabili dal precordio; la più alta frequenza di emissione ultrasonora permette migliore risoluzione ed immagini più dettagliate con un miglior rapporto segnale/rumore. Con l' impiego di sonde monoplane alcune aree rimangono cieche: fra queste le porzioni apicale ed anteriore del setto interventricolare, e ciò spiega perché la tecnica non permette di esaminare accuratamente gli aneurismi antero-apicali, gli pseudoaneurismi e certi difetti del setto interventrcolare post-infartuali. Nella valutazione dei pazienti politraumatizzati l' esame ecocardiografico permette non soltanto la diagnosi delle lesioni dell' aorta toracica 17, 18 ma anche di dimostrare più rare evenienze quali la insufficienza tricuspidale da rottura di muscolo papillare 19. L' ecocardiografia transesofagea é una tecnica particolarmente promettente nell' impiego intraoperatorio, sia a scopo diagnostico che di monitoraggio della funzionalità del ventricolo sinistro e nella sorveglianza di anomalie della cinesi segmentale della parete ventricolare, marker precocissimo di ischemia, non soltanto in chirurgia cardiaca ma anche in chirurgia generale nei pazienti ad alto rischio. Occorre, però, prendere in considerazione la possibilità di errori di interpretazione che deve indurre a comportamenti improntati ad estrema cautela quando dalla diagnosi può derivare un gesto chirurgico, mentre occorre ricordare l' impossibilità di introdurre la sonda transesofagea in pazienti particolarmente difficili. L'ulteriore sviluppo tecnologico potrà fornire migliori immagini e maggiori informazioni in futuro; probabilmente alcuni impieghi di questa tecnologia, quali ad esempio il monitoraggio intraoperatorio, potranno anche essere attuati da personale privo di preparazione cardiologica specifica, ma la natura e la complessità dei problemi diagnostici che questo tipo di indagine propone rende, allo stato attuale, preferibile la sua esecuzione da parte di personale medico specializzato20. Bibliografia 1). Schiller N.B., Foster E. Analysis of left ventricular systolic function. Heart (Supplement 2) 1996; 75: 17-26 2). Yamamoto K., Redfield M.M., Nishimura R.A. Analysis of left ventricular diastolic function. Heart (Supplement 2) 1996; 75: 27-35 3). Nishimura R, MJ C, Schaff H, Ilstrup D, Miller F, Tajik A. Non invasive measurement of cardiac output by continuous wave doppler echocardiography: initial experience and rewiev of literature. Mayo Clin Proc 1984;59:484-9. 4). Nienaber CA, Spielman RP, von Kodolitsch Y, Siglow V, Piepho A, Nicolas V, Weber P, Triebel HJ, Bleifeld W. Diagnosis of thoracic aortic dissection. Magnetic resonance imaging versus transesophageal echocardiography. Circulation 1992;85:434-447. 5). Ballal RS, Nanda NC, Gatewood R, D'Arcy B, Samdarshi TE, Holman WL, Kirklin JK, Pacifico AD. Usefulness of transesophageal echocardiography in assessment of aortic dissection. Circulation 1991;84:1903-1914. 6). Cigarroa JE, Isselbacher EM, DeSanctis RW, Eagle KA. Diagnostic imaging in the evaluation of suspected aortic dissection. Old standards and new directions. New England Journal of Medicine 1993;328(1):35-43. 7). Lourié JK, Appelbe A, Martin RP. Detection of complex intimal flaps in aortic dissection by transesofageal echocardiography. American Journal of Cardiology 1992;69:1361-1363. 8). Nienaber CA, von Kodolitsch Y, Nocolas V, Siglow V, Piepho A, Brockhoff C, Koschyk DH, Spielmann RP. The diagnosis of thoracic aortic dissection by noninvasive imaging procedures. New England Journal of Medicine 1993;328(1):1-9. 9). Simon P, Owen AN, Havel M, Moidl R, Hiesmar M, Wolner E, Mohl W. Transesophageal echocardiography in the emergency surgical management of patients with aortic dissection. Journal of Thoracic and Cardiovascular Surgery 1992;103:1113-8. 10). Wilansky S. Transesophageal echocardiography in aortic dissection. Texas Heart Institute Journal 1990;17(4):257-260. 11). Brooks S, Cmolik B, Young J, Townsend R, Diamond D. Transesophageal echocardiographic examination of a patient with traumatic aortic transection from blunt chest trauma: a case report. J. Trauma 1991;31:841-840. 12). Shapiro M, Yanofsky S, Trapp J, Durham R, Labovitz A, Sear J, Barth C, Pearson A. Cardiovascular evaluation in blunt thoracic trauma using transesophageal echocardiography. J. Trauma 1991;31:835-840. 13). Soarks M, Burchard K, Marrin C, Bean C, Nugent WJ, Plehn J. 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Erbel et al.; Springer-Verlag Berlin Heidelberg 1989; 341-346 -------------------------------------------------------------------------- Tabella I: Diagnostica ecocardiografica in area d' emergenza dal 1.1.1994 al 31.10.1996 AnnoMotivo: 1994 1995 1996* Totale Prelievo organi 9 20 16 45 Politrauma 11 15 11 37 Arresto cardiaco - - 5 5 ValutazioneUCI 10 31 30 71 Totale 30 66 62 158 *fino al 31.10.1996 __________________________________________________________________ 2 Utilizzazione di una formula nefrologica per nutrizione enterale nell'insufficienza renale: confronto con polimerica standard ___________________________________________________________________ E. Fiaccadori, M. Lombardi, S. Leonardi, C.F. Rotelli, P. Zambrelli, G. Tortorella Terapia Intensiva Medica Dipartimento di Medicina Interna & Nefrologia Universita' degli Studi di Parma Indirizzo per corrispondenza: Dr. Enrico Fiaccadori Terapia Intensiva Medica Dipartimento di Medicina Interna & Nefrologia Universita' degli Studi di Parma Via Gramsci 14 - 43100 Parma tel. 0521 - 991015 fax 0521 - 292627 (Nota della redazione :Le tabelle di queto lavoro non sono state incluse in questa versione formato testo a causa della loro complessità.Tuttavia sono presenti nel lavoro in HTM presente su ANESTIT) RIASSUNTO Obbiettivo: Si e' inteso valutare l'adeguatezza degli apporti di nutrienti, l'efficacia nutrizionale, e l'incidenza di complicanze della nutrizione enterale nei pazienti con insufficienza renale, confrontando una formula nefrologica di recente introduzione con una formula polimerica standard. Disegno dello studio: Studio retrospettivo in un Reparto di Terapia Intensiva Medica Intermedia a carattere nefrologico. Soggetti: Sono stati considerati 68 periodi di nutrizione enterale (984 giorni di nutrizione artificiale, durata media 14.4 giorni + 2, range 3-53 giorni) in 66 pazienti (46 m, 20 f, eta' 69 anni + 2, range 38-89), con insufficienza renale (creatininemia 6.2 mg + 3.4), acuta (54 pazienti) o cronica (12 pazienti); 53 pazienti erano sottoposti a trattamento sostitutivo (emodialisi con bicarbonato). L'APACHE II score era 23.1 + 8.4 (range 11-52); la mortalita' ospedaliera osservata era 33% (22/66). Metodi: Per la nutrizione enterale veniva utilizzata in 29 casi una formula nefrologica (Dialycare, Abbott SpA, Latina), in 39 casi una formula polimerica (Osmolite, Abbott), da sola (13 casi) o associata a polimeri liquidi di glucosio (Polycose, Abbott)(26 casi). Sono stati analizzati l'adeguatezza dell'apporto di nutrienti in rapporto ai fabbisogni calcolati di calorie e proteine, lo stato nutrizionale all'inizio ed al termine del periodo di enterale, l'incidenza di complicanze meccaniche gastroenteriche e metaboliche. I dati sono presentati come media + SEM. Risultati: Gli apporti medi di nutrienti sono risultati pari a 1932 Kcal/die (+ 45), e 63.4 g/die di proteine, corrispondenti rispettivamente all'87% (+ 2) ed al 91% (+ 3) dei fabbisogni calcolati; sono stati ottenuti apporti adeguati (> 80% del fabbisogno calcolato), in una percentuale superiore di pazienti con la formula nefrologica rispetto alla formula (83% vs 51%, p <.05 per le calorie; 86% vs 61%, p <.05 nel caso delle proteine), con velocita' di somministrazione inferiori (44 ml + 1 vs 65 + 2, p <.001). Incrementi statisticamente significativi, anche se quantitativamente modesti, dei valori di plica tricipitale, albumina, transferrina, linfociti, IgG, ed IgA sono stati documentati al termine della nutrizione enterale. L'interruzione del supporto nutrizionale artificiale per complicanze e' stat piu' di frequente con la formula polimerica (soprattutto se associata ai polimeri di glucosio), rispetto alla formula nefrologica (11/39, 28% vs 2/29, 7%, p <.05). Conclusioni: La nutrizione enterale ha consentito di ottenere apporti adeguati di nutrienti in una elevata percentuale di pazienti con insufficienza renale, associandosi ad effetti positivi sullo stato nutrizionale; in questi casi, l'utilizzazione di una formula nefrologica potrebbe essere piu' vantaggiosa, sia in termini di maggiore adeguatezza dell'apporto energetico ed azotato, che di minore incidenza di complicanze. Parole chiave: alimentazione enterale, complicanze, insufficienza renale, malnutrizione ABSTRACT Aim: To compare a specialized renal formula to a polimeric formula in terms of adequacy of nutrient intakes, nutritional effects and complications, in patients with renal failure. Study design: Retrospective, non randomized study. Setting: Intermediate Care Unit of the Internal Medicine and Nephrology Department. Patients and Methods: 68 periods of enteral nutrition (984 days, mean duration 14.4 days + 2, range 3-53 days) were studied in 66 patients (46 males, 20 females, mean age 69 years + 2, range 38-89 years), with acute (54 patients) or chronic (12 patients) renal failure (serum creatinine 6.2 mg + 3.4); 53 patients were on bicarbonate hemodialysis; Apache II score 23.1 + 8.4 (range 11-52); inhospital mortality 22/66 (33%). Enteral nutrition (24 hours a day) was started in 29 cases with a renal formula (Dialycare, Abbott, Italy), in 39 cases with a polimeric formula (Osmolite, Abbott). Energy and protein needs (respectively 35 Kcal/Kg and 1.2 g/Kg) were calculated; daily energy and nitrogen intakes were obtained from review of the nutritional prescription, actual volume of enteral formulas administered and product information. Nutritional status was evaluated by anthropometric, biochemical and immunologic indexes at the beginning and at the end of the enteral nutrition periods Monitoring of nutritional support, with particular regard to mechanical, gastroenteric and metabolic complications, was performed according to institutional protocols and literature recommendations. Data are presented as mean + SEM. Results: Mean energy and protein intakes were 2219 Kcal/day + 44 and 69.8 g/day + 1.9 (respectively 87% + 2 and 91% + 3 of estimated needs); adequate nutrient intakes (> 80% of estimated needs) were obtained more frequently with the renal formula than with the polimeric formula (83% vs 51%, p< .05 for calories, 86% vs 61%, p< .05, for proteins); infusion rates were lower with the renal formula (44 ml/hour + 1 vs 65 ml/hour + 1, p <.001). Nutritional indexes were improved at the end of the nutritional support period. Enteral nutrition was discontinued for complications related to nutritional support in 2/29 cases with the renal formula, in 11/39 with the polimeric formula (7% vs 28%, p <.05). Conclusion: Enteral nutrition with renal formulas is well-tolerated and nutritionally effective in patients with renal failure; it is probably more advantageous as compared to polymeric formulas in terms of adequacy of nutrient intakes and incidence of severe complications. Key words: complications, enteral nutrition, malnutrition, renal failure (Nota della redazione:Le tabelle citate nel testo a causa della loro complessità non sono state accluse.Esse sono consultabili sul documento in HTM presente in ANESTIT) INTRODUZIONE La presenza di malnutrizione si associa a complesse alterazioni strutturali e funzionali a carico di numerosi organi ed apparati, e puo' determinare effetti negativi di rilievo sulla funzione respiratoria, cardiaca, gastrointestinale oltre che sulle difese immunitarie (1): per tali motivi un alterato stato nutrizionale rappresenta un importante fattore di morbilita' e mortalita' nel paziente ospedalizzato (2). Obbiettivo primario della nutrizione artificiale, della quale recenti linee guida hanno definito in dettaglio aspetti quantitativi, qualitativi e tecnici e' quindi rappresentato dalla correzione e/o dalla prevenzione della malnutrizione (1, 3). Il ruolo della malnutrizione come fattore prognostico negativo è stato confermato anche nei pazienti con insufficienza renale cronica (4) o insufficienza renale acuta (5), per i quali e' frequente l'indicazione alla nutrizione artificiale. In tali condizioni cliniche l'approccio nutrizionale e' reso piu' complesso da fattori peculiari del paziente nefropatico (6), e tradizionalmente viene previlegiata la via parenterale (7). Nella maggior parte dei casi non vi sono tuttavia alterazioni strutturali e/o funzionali a carico del tratto gastroenterico tali da impedirne l'utilizzazione, per cui la nutrizione enterale (NE), come avviene ormai da tempo nel paziente critico di area medica, chirurgica o intensivistica, dovrebbe rappresentare la metodica di scelta (8-9). La NE non e' ancora particolarmente diffusa in ambito nefrologico, anche se i dati disponibili in letteratura, seppur limitati, sembrano individuare numerosi aspetti positivi di tale metodica quando sia utilizzata nel paziente nefropatico (10-11). In questo studio si e' inteso quindi approfondire alcune problematiche generali della NE (adeguatezza degli apporti di nutrienti, efficacia nutrizionale, complicanze) in una casistica sufficientemente numerosa e rappresentativa di pazienti con insufficienza renale acuta o cronica, in trattamento sostitutivo e non. A tale scopo sono stati confrontati retrospettivamente 29 periodi di NE, nei quali è stata utilizzata una formula nefrologica di recente introduzione, con 39 periodi di NE eseguiti in periodi precedenti con una formula polimerica. Gli obbiettivi specifici dello studio sono stati i seguenti: 1) definire la capacita' della NE, ed in particolare delle differenti formule utilizzate, di assicurare apporti di nutrienti adeguati in rapporto ai fabbisogni calorici e proteici stimati; 2) valutare gli effetti nutrizionali della NE; 3) analizzare dal punto di vista epidemiologico, oltre che della prevenzione, le possibili complicanze, differenziandole in base al tipo di formula per NE. PAZIENTI E METODI a) Pazienti Sono stati studiati 66 pazienti (46 m, 20 f, eta' media 69 anni + 2, range 38-89 anni) ricoverati nell'arco di cinque anni (luglio 1991-giugno 1996) presso il reparto di Terapia Intensiva Medica del Dipartimento di Medicina Interna e Nefrologia dell'Universita' di Parma per insufficienza renale (creatininemia 6.2 mg + 3.4, range 1.7-14.2) acuta (54 pazienti, 41 dei quali in trattamento sostitutivo mediante bicarbonato emodialisi) o cronica (12 pazienti gia' in trattamento sostitutivo). L'APACHE II medio era 23.1 + 8.4 (range 1.7-14.2 ); la mortalita' ospedaliera nella popolazione studiata e' stata pari al 33% (22/66). Complessivamente sono stati considerati 68 periodi di NE (2 periodi di NE in due pazienti in ricoveri differenti) per complessivi 984 giorni di nutrizione artificiale. In 39 casi (37 pazienti, creatininemia 6.4 mg + 3.2, APACHE II 23.4 + 8.6, mortalita' ospedaliera 12/39, 31%) e' stata utilizzata una formula polimerica (Osmolite, Abbott, Latina) da sola o associata a polimeri liquidi di glucosio (Polycose, Abbott); in 29 casi (29 pazienti, creatininemia 5.9 mg + 3.6, APACHE II 22.6 + 9.2, mortalita' ospedaliera 10/29, 34%) una formula nefrologica (Dialycare, Abbott)(Tab. 1). Il consenso informato alla nutrizione artificiale era richiesto a ciascun paziente e/o ai familiari. b) Materiali e procedure La NE veniva attuata in base a protocolli di Reparto che seguivano le linee guida della Societa' Italiana di Nutrizione Parenterale ed Enterale (1) e dell'American Society for Parenteral and Enteral Nutrition (3). La NE prevedeva il posizionamento di un sondino nasogastrico in poliuretano, di calibro 10 o 12 Fr (Flexiflo II Abbott SpA, Latina), la somministrazione in continuo mediante nutripompe (Flexiflo II o Flexiflo Companion, Abbott), e sacche da enterale (Flexiflo, Abbott), con velocita' iniziale di 20 ml/h, in seguito aumentata di 10 ml/h ogni 12-24 ore fino a raggiungere le quantita' di nutrienti previste in base ai fabbisogni calcolati. L'insulina, quando necessaria, veniva somministrata in infusione continua, mediante micropompa a siringa. La gestione pratica della NE prevedeva inoltre: posizione della testa e del tronco del paziente a 30-45° sul bacino, controllo del ristagno gastrico e lavaggio del sondino nasogastrico ogni 8 ore, sostituzione ogni 24 ore della sacca e dell'apparato di somministrazione, astensione dalla somministrazione di farmaci attraverso il sondino nasogastrico. In caso di diarrea, definita come l'emissione di almeno tre scariche liquide/die per piu' di 24 ore (12-13), venivano eseguiti esami coprocolturali, coltura del liquido della sacca, e ricerca nelle feci della tossina del Clostridium difficile. c) Fabbisogno di macronutrienti e adeguatezza degli apporti Il fabbisogno di proteine e calorie era calcolato in base alle indicazioni della letteratura, rispettivamente in 0.6 g/Kg e 35 Kcal/Kg (calorie totali) per i pazienti in terapia conservativa con filtrato glomerulare (FG) < 30 ml/min, in 0.8 g/Kg e 35 Kcal/Kg se FG > 30, almeno in 1.2 g/Kg e 35 Kcal/Kg nei pazienti in emodialisi (1, 6-8). L'adeguatezza degli apporti ottenuti era calcolata dal rapporto tra nutrienti effettivamente somministrati (basandosi sui valori a regime di velocita' di somministrazione ricavati dalle schede di monitoraggio), ed il fabbisogno calcolato. d) Monitoraggio delle complicanze Il monitoraggio delle complicanze era attuato mediante la raccolta dei dati su di una scheda compilata al momento del posizionamento del sondino nasogastrico, ed aggiornata quotidianamente dal personale medico ed infermieristico in base alle procedure previste dal protocollo di gestione della NE, alla sintomatologia (nausea, vomito, diarrea etc.), ed ai parametri clinici (diuresi, peso corporeo su letto bilancia, temperatura etc.). Venivano inoltre registrati numero, durata (in ore), e motivi delle eventuali interruzioni temporanee nella somministrazione della NE, oltre alle cause di interruzione, con passaggio alla NP. Ogni 24 ore, e se necessario anche piu' di frequente, venivano determinati elettroliti plasmatici, bicarbonatemia, creatininemia, azotemia; ogni 3-4 giorni veniva eseguito un profilo multiesame, comprendente protidemia ed albuminemia. Il compenso glicemico era valutato mediante esecuzione di glicemie o sticks glicemici ogni 6-8 ore nella fase di induzione della NE, e successivamente ogni 12-24 ore, adattando la velocita' dell'eventuale infusione di insulina per mantenere valori glicemici < 180 mg% (iperglicemia definita in base al riscontro di valori > 200 mg%). e) Valutazione dello stato nutrizionale Lo stato nutrizionale era valutato all'inizio ed al termine di ciascun periodo di NE, utilizzando parametri antropometrici (plica tricipitale, circonferenza muscolare del braccio), biochimici (albumina e transferrina) ed immunologici (linfociti totali ed immunoglobuline), come in descritto in precedenza (10, 14). f) Statistica Per il confronto fra le medie e' stato utilizzato il test " t " di Student per dati non appaiati; per il confronto fra proporzioni il test di Fisher; i dati sono presentati come medie e\o mediane + errore standard della media (SEM). RISULTATI Sono stati attuati in totale 68 periodi di NE, per un totale di 984 giorni di NE, e con una durata media pari a 14.4 giorni + 2 (mediana 13, range 3-53). Il periodo di induzione necessario a raggiungere i fabbisogni calcolati di nutrienti (e quindi la velocita' di somministrazione a regime), e' stato in media di 3.2 giorni + (0.3, mediana 3, range 2-5); in circa la meta' dei casi (35/68) durante il periodo di induzione e' stata proseguita per breve tempo (in media 2.4 giorni) la nutrizione parenterale precedentemente in atto. In 26 casi e' stata utilizzata una miscela tra formula polimerica e polimeri liquidi di glucosio in proporzioni variabili (4:1 in 18 casi, 2:1 in 8 casi); in 13 periodi su 68 e' stata impiegata la formula polimerica da sola, nei rimanenti 29 periodi di NE la formula nefrologica. Non sono risultate differenze statisticamente significative tra i due gruppi di pazienti (formula nefrologica o polimerica), dal punto di vista dei valori di creatininemia, necessita' di trattamento sostitutivo, punteggio APACHE II. La velocita' di somministrazione media a regime e' risultata pari a 56 ml/h (+ 2); l'apporto calorico medio e' stato di 1932 Kcal/24 ore (+ 45), pari in media all'87% del fabbisogno calorico calcolato (Tab.II); anche per quanto riguarda l'apporto proteico, la quantita' effettivamente somministrata e' risultata in media pari al 91% del fabbisogno calcolato. Rispetto ai risultati ottenuti con la formula polimerica, l'utilizzazione della formula nefrologica ha consentito di raggiungere almeno l'80% dei valori di fabbisogno calorico e proteico preventivati in una percentuale piu' elevata di periodi di NE (Tab II): in 24 su 29 (83%) rispetto a 20 su 39 (51%, p<.05) nel caso delle calorie, in 25 su 29 (86%) rispetto a 24/39 (61%)(p<.05) nel caso delle proteine, con apporti di liquidi significativamente inferiori (44 ml/h + 1 vs 65 ml/h + 2, p < .001). Gli effetti della NE sugli indici nutrizionali antropometrici, biochimici ed immunologici sono illustrati nella tabella III: al termine della NE sono stati osservati aumenti statisticamente significativi, pur se quantitativamente modesti, dei valori di plica tricipitale, albumina, trasferrina, linfociti, IgG ed IgA. Le complicanze meccaniche piu' frequenti (tab. IV) sono state rappresentate rispettivamente dalla rimozione del sondino nasogastrico non legata ad esigenze cliniche, e dall'ostruzione; quest'ultima e' stata osservata piu' di frequente durante l'utilizzazione della formula nefrologica. Tra le complicanze gastroenteriche (Tab. V), la piu' frequente nel gruppo trattato con la formula polimerica, e' stata la diarrea (p<.001 polimerica vs nefrologica); l'incidenza complessiva dei giorni di diarrea sul totale dei giorni di NE e' stata tuttavia estremamente ridotta, cosi' come il numero di episodi di diarrea (circa 1-2 episodi/100 giorni di NE). La complicanza più frequente nel gruppo trattato con la formula nefrologica è stata la stipsi. In nessun caso la presenza di ristagno gastrico, nausea o vomito ha comportato il passaggio alla nutrizione parenterale. Le complicanze metaboliche sono illustrate nella tabella VI: complessivamente, l'incidenza di alterazioni dell'assetto elettrolitico e dell'equilibrio acido-base appare estremamente bassa se riferita al totale dei giorni di NE, con valori che in genere si sono mantenuti al di sotto la soglia del 10% dei giorni monitorati. Valori glicemici superiori a 200 mg% sono stati osservati di frequente in entrambi i gruppi soprattutto nelle fasi di induzione della NE nei pazienti diabetici, ma comunque con incidenza piu' ridotta nel caso della nefrologica rispetto alla polimerica in termini di giorni di iperglicemia (p < .01 ). Una interruzione precoce della NE (prima di 7 giorni) dovuta a problemi ad essa attribuibili, si e' resa necessaria solamente in 5 casi; la tabella VII riassume i casi di interruzione della NE, suddivisi in base alla presenza o meno di complicanze: complessivamente, la NE e' stata interrotta per la presenza di problemi clinici ad essa correlati in 13 periodi su 68 (19%), in media dopo 9 giorni (range 3-17). Complicanze attribuibili alla NE e tali da determinarne l'interruzione si sono osservate piu' di frequente nel gruppo nel quale e' stata utilizzata la formula polimerica (28% vs 7%, p <.05); causa piu' frequente di interruzione della NE in quest'ultimo gruppo e' stata rappresentata dalla diarrea. Non si sono osservati decessi direttamente attribuibili alla metodica di nutrizione artificiale. . DISCUSSIONE L'approccio nutrizionale al paziente con insufficienza renale e' reso complesso dalla presenza di numerosi fattori legati alle peculiari caratteristiche fisiopatologiche della sindrome (6). Da una parte infatti, la notevole disomogeneita' clinica delle nefropatie con insufficienza renale fa si che, a parita' di riduzione della funzione renale, si possano configurare quadri clinici differenti per patogenesi, rapidita' di comparsa dell'insufficienza renale, entita' del catabolismo, probabilita' di ripresa della funzione renale, necessita' e modalita' del trattamento sostitutivo. Inoltre, per la centralita' del problema nutrizionale nell'insufficienza renale, la presenza di segni e sintomi di tossicita' uremica puo' dipendere anche da alterazioni quantitative e qualitative dell'apporto di alcuni nutrienti, la limitazione dei quali puo' tradursi in un miglioramento della sindrome uremica stessa. A loro volta, l'uremia e gli squilibri metabolici ed endocrini caratteristici del paziente nefropatico, condizionando alterazioni a carico dell'apparato gastroenterico, possono influenzare la digestione e l'assorbimento dei nutrienti. Infine, la compromissione o la perdita delle funzioni omeostatiche renali rendono necessario il costante monitoraggio del supporto nutrizionale, sia in rapporto alla presenza di alterazioni del bilancio dei fluidi, dell'equilibrio elettrolitico ed acido-base, sia in relazione alla necessita' di stretta integrazione tra nutrizione artificiale e terapia sostitutiva. Fattori culturali (scarsa conoscenza del razionale della NE e scarsa dimestichezza con le tecniche di gestione), logistici (presenza di cateteri venosi centrali per emodialisi), l'apparente minor complessita' della parenterale e la maggiore accettabilita' di quest'ultima da parte del paziente hanno tradizionalmente favorito in ambito nefrologico una piu' ampia utilizzazione della nutrizione parenterale. A tale scelta puo' infine aver contribuito l'indisponibilita', fino ai primi del 1994, di formule per NE specifiche per l'insufficienza renale. Negli ultimi anni si e' assistito ad una importante rivalutazione della NE, alla quale e' attualmente riconosciuto il ruolo di metodica di nutrizione artificiale di prima scelta in presenza di conservata funzionalita' del tratto gastroenterico. Tale indicazione appare supportata non solo da concetti di recente sviluppo sul razionale della NE (15) ma anche da elementi, peraltro da tempo noti, quali la piu' completa disponibilita' di nutrienti, la minore incidenza di complicanze e la maggiore economicita' rispetto alla NP (16). Nel caso particolare dei pazienti con insufficienza renale la NE potrebbe presentare importanti vantaggi, in quanto non solo consentirebbe di evitare alcune delle complicanze meccaniche e settiche comunemente osservate in seguito all'utilizzazione del catetere venoso centrale (17-19), ma potrebbe portare altresì ad una riduzione delle complicanze metaboliche, limitando al tempo stesso i costi della nutrizione artificiale. Infine, la scelta della via piu' fisiologica di apporto dei nutrienti, attraverso il mantenimento di un adeguato trofismo della barriera gastroenterica, contribuirebbe a ridurre in misura rilevante la traslocazione batterica, considerata un importante fattore patogenetico di sepsi, catabolismo e sindrome da insufficienza multipla d'organo nel paziente critico (20-21). In effetti, i vantaggi teorici e pratici della NE dimostrati nel paziente critico di area medica o chirurgica avrebbero dovuto rappresentare un valido presupposto ed uno stimolo ad una piu' ampia diffusione di tale metodica di nutrizione artificiale anche nell'insufficienza renale. In realta', l'utilizzazione della NE in ambiente nefrologico e' ancora scarsa, e la letteratura sull'argomento e' assai limitata, dato che gli studi disponibili hanno valutato casistiche scarsamente numerose di pazienti in terapia conservativa (22), o di soggetti in eta' pediatrica (23-24). Il nostro studio ha quindi rappresentato occasione per l'analisi di alcuni aspetti pratici della NE (capacita' di assicurare apporti di nutrienti adeguati ai fabbisogni, efficacia nutrizionale, e complicanze) in una casistica sufficientemente numerosa e rappresentativa di pazienti con insufficienza renale, ed ha inoltre permesso un primo confronto tra formule nefrologiche e formule polimeriche. La nutrizione enterale ha consentito in media apporti di nutrienti adeguati in una percentuale elevata dei pazienti da noi considerati; apporti di calorie e proteine pari all'80% dei fabbisogni stimati sono stati infatti ottenuti nel 70% dei casi. Sotto questo punto di vista tuttavia, l'utilizzazione della formula nefrologica ha permesso di ottenere i risultati migliori, con un apporto di liquidi inferiore del 50% circa rispetto alla polimerica. Una possibile limitazione del nostro studio e' legata alle caratteristiche di valutazione retrospettiva, nella quale il confronto avviene tra pazienti considerati in periodi differenti (prima e dopo il gennaio 1994). Se i due gruppi di pazienti possono essere considerati sovrapponibili da un punto di vista clinico, differenze potrebbero derivare invece anche da una diversa filosofia di approccio nutrizionale all'insufficienza renale in trattamento sostitutivo (tendenza in anni recenti all'aumento degli apporti proteici con riduzione del rapporto calorie/azoto)(25). La durata media della NE nei pazienti considerati e' risultata simile a quella osservata in casistiche paragonabili di pazienti alimentati mediante NP (19); allo stesso modo, i tempi impiegati per raggiungere velocita' di somministrazione tali da assicurare gli apporti previsti di nutrienti, sono risultati pienamente accettabili in rapporto alla durata complessiva dei periodi di NE. L'analisi di alcuni indici nutrizionali valutati all'inizio ed al termine dei periodi di NE, ha evidenziato un miglioramento statisticamente significativo di essi, anche se quantitativamente modesto. Sono noti i limiti ed i problemi interpretativi derivanti sia dall'applicazione di tali indici nutrizionali a pazienti critici, in particolare con insufficienza renale, sia dallo studio di periodi relativamente brevi di supplementazione nutrizionale (26-29). Il dato complessivo degli indici nutrizionali, associato alla dimostrazione di apporti quantitativamente adeguati di nutrienti, depone tuttavia per un effetto positivo della NE sullo stato nutrizionale dei pazienti da noi considerati. Sotto questo aspetto, utili indicazioni derivano da recenti studi su pazienti con insufficienza renale acuta trattati con una formula nefrologica, nei quali la NE ha consentito di migliorare il bilancio azotato in un numero elevato di casi (11). Anche se la NE e' considerata una metodica nutrizionale piu' fisiologica rispetto alla parenterale, possono verificarsi complicanze classificabili in tre categorie (meccaniche, gastroenteriche e metaboliche) (13); gli aspetti epidemiologici di esse sono stati approfonditi quasi esclusivamente in casistiche mediche o chirurgiche di pazienti con funzione renale normale (30-32), mentre i dati sull'insufficienza renale sono limitati (10). Le complicanze osservate nei pazienti considerati in questo studio si sono mantenute in genere su livelli accettabili, indipendentemente dalla formula utilizzata. La NE e' stata interrotta per esigenze cliniche (passaggio ad alimentazione per os, trasferimento ad altri Reparti etc.) in piu' dell'80% dei casi; nel gruppo trattato con la formula nefrologica e' stata documentata una incidenza significativamente minore di complicanze gravi, e tali da richiedere l'interruzione della NE con passaggio alla parenterale. Le complicanze meccaniche piu' frequenti sono state rappresentate dalla rimozione del sondino nasogastrico non legata ad esigenze cliniche (osservata con frequenze inferiori a quelle segnalate in letteratura, che si assestano intorno al 60%) (30-32), e dall'ostruzione del sondino. Quest'ultima e' frequente in corso di NE, e puo' essere prevenuta da una stretta aderenza ai protocolli di gestione della NE (33). Nel caso specifico della formula nefrologica, che presenta una maggiore viscosita' rispetto alla polimerica, il rischio di ostruzione risulta comunque aumentato, e quindi puo' essere indicata l'utilizzazione di sondini di calibro maggiore. Tra le complicanze gastroenteriche, la piu' frequente nel gruppo trattato con la formula polimerica standard e' stata la diarrea, con incidenza sovrapponibile a quella riportata in letteratura (12-13); nel caso della formula nefrologica, che ha tra l'altro una osmolarita' piu' elevata, la diarrea e' stata osservata piu' raramente. E' anche da sottolineare il fatto che la comparsa di complicanze gastroenteriche in un paziente sottoposto ad alimentazione enterale non e' da ricondurre acriticamente alla metodica di nutrizione artificiale in se': nel caso della diarrea per esempio, se da una parte vi sono cause da mettersi in rapporto diretto con la NE (somministrazione impropria della formula anche in rapporto a preesistenti stati di malnutrizione e/o prolungati periodi di parenterale, carico osmotico eccessivo, malassorbimento etc.)(12-13), in realta' tali fattori spesso rivestono un ruolo marginale nella patogenesi delle complicanze. Studi recenti dimostrano infatti che solamente nel 21% dei casi la diarrea in corso di NE puo' essere attribuita a cause riconducibili alla NE stessa (34), mentre maggiore importanza possono rivestire fattori quali effetti di farmaci e/o eccipienti sulla motilita' e funzione gastrointestinale, e soprattutto il dismicrobismo legato all'uso di antibiotici ad ampio spettro. Nel nostro studio, in due pazienti con diarrea e che erano da tempo in trattamento con cefalosporine, e' risultata positiva la ricerca della tossina del Clostridium difficile nelle feci, e la diarrea si e' risolta senza interrompere l'alimentazione enterale, dopo terapia con vancomicina attraverso il sondino. In caso di vomito e/o diarrea, e' da tenere infine in considerazione la possibilita' di una contaminazione avvenuta durante le manovre legate alla gestione della NE (35-36). Anche se il confronto con la letteratura non e' agevole, per le differenze nei criteri di definizione, nelle modalita' di quantificazione delle complicanze, e nelle casistiche considerate (di solito costituite da pazienti con funzione renale normale); non si sono osservate differenze di rilievo tra l'incidenza di complicanze metaboliche osservata nel nostro studio e quanto riportato in letteratura (13, 37-38). Un problema non secondario che complica tale valutazione, e' rappresentato dal fatto che numerose complicanze metaboliche (ad es. l'iperpotassiemia o l'iperfosfatemia, etc.), che nei pazienti con funzione renale normale possono essere attribuite alla nutrizione artificiale nell'insufficienza renale, costituiscono parte integrante del quadro clinico della sindrome. Nei nostri pazienti le complicanze metaboliche osservate piu' di frequente sono state l'iperpotassiemia, l'iperfosfatemia e l'iperglicemia. L'incidenza espressa come percentuale di giorni di complicanza sul totale dei giorni di NE si e' mantenuta su valori pari al 5-10% circa dei giorni monitorati, con una durata media di ciascun episodio di complicanza assai ridotta, in cio' riflettendosi sia l'efficacia del monitoraggio che quella delle misure di correzione attuate. I valori osservati si confrontano infine in maniera assai favorevole con quelli documentati in una casistica sovrapponibile di pazienti in insufficienza renale in nutrizione parenterale centrale presso la stessa Istituzione (19). In conclusione, a) la NE è in grado di assicurare apporti di nutrienti adeguati in gran parte dei pazienti con insufficienza renale (acuta o cronica); b) in tale condizione clinica periodi anche relativamente brevi di NE consentono di evitare il peggioramento dello stato nutrizionale; c) se la gestione e il monitoraggio della NE sono attuati correttamente, le complicanze di tale metodica di nutrizione artificiale in corso di insufficienza renale possono essere mantenuti a livelli sovrapponibili, o inferiori rispetto a quanto osservato sia in casistiche di pazienti in NE con funzione renale normale, sia in pazienti con insufficienza renale alimentati per via parenterale; d) l'utilizzazione di formule nefrologiche puo' consentire importanti vantaggi in termini di maggiore adeguatezza degli apporti di nutrienti e di minore incidenza di complicanze gravi. Ringraziamenti Si ringrazia il personale infermieristico del Reparto Terapia Intensiva Medica del Dipartimento di Medicina Interna e Nefrologia per l'assidua e costruttiva collaborazione dimostrata nella gestione della nutrizione artificiale nei pazienti con insufficienza renale. BIBLIOGRAFIA 1) Societa' Italiana di Nutrizione Parenterale ed Enterale: Linee Guida della Societa' di Nutrizione Parenterale ed Enterale per l'impiego della nutrizione parenterale ed enterale nel paziente adulto ed ospedalizzato. Riv It Nutr Parent Ent 1995; 13:(S2):1-65. 2) Gallagher-Allred CR, Coble-Voss A, Fin SC, McCamish MA. Malnutrition and clinical outcomes: the case for medical nutrition therapy. J Am Diet Ass 1996; 96:361-6. 3) American Society for Parenteral and Enteral Nutrition Board of Directors. Guidelines for the use of Enteral Nutrition in the Adult Patient .J Parent Ent Nutr 1987; 11:435-9. 4) Bersgtrom J. Nutrition and mortality in hemodialysis. 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Butera** Servizio di Anestesia e Terapia Intensiva ,Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli, Palermo, Italia Centro Nazionale di Informazione Tossicologica , Pavia, Italia La "sindrome sgombroidea" è considerata negli USA una delle più comuni forme d'intossicazione per ingestione di pesce. I casi riportati in Europa e in Italia, invece, sono pochi e scarsamente documentati. La confusione con i sintomi di altre malattie e la scarsa conoscenza di una parte del personale medico rende difficile il riconoscimento di quest'intossicazione. Caratterizzata da un'evoluzione benigna e da una sintomatologia in genere di lieve entità, tale intossicazione raramente richiede l'ospedalizzazione. In questo lavoro riportiamo due casi clinici che hanno richiesto il ricovero in terapia intensiva ed in unità coronarica del nostro ospedale. Caso clinico n. 1 Alle ore 14.30 del giorno 24 luglio, una donna di 23 anni veniva trasportata dai familiari al pronto soccorso dell'ospedale con cardiopalmo, astenia intensa, dolore toracico e vertigini a circa 3 ore dall'assunzione di tonno arrosto. All'esame obbiettivo la donna presentava: ipotensione (80/60mmHg), sudorazione profusa, cute calda e arrossata; l'ECG mostrava tachicardia sinusale (150 bpm) e anomalie della fase terminale. * L'anamnesi della paziente era negativa per malattie cardiovascolari, respiratorie e allergiche. La paziente, trattata con corticosteroidi (betametasone 4 mg ev) e antistaminici (prometazina 50 mg ev) manifestava una parziale remissione della sintomatologia e veniva, quindi, ricoverata alle ore 17 nel reparto di medicina. Dopo un'ora circa dal ricovero, la paziente presentava nausea, vomito ed un quadro di ipotensione ingravescente fino allo shock (PAO 70/40mmHg). Trasferita in unità coronarica, un secondo ECG rivelava un peggioramento della fase terminale ventricolare (sottoslivellamento ST diffuso). Una consultazione telefonica con un centro antiveleni orientava la diagnosi verso una probabile sindrome sgombroidea. La paziente veniva sottoposta a "energico" riempimento vascolare con colloidi e a terapia inotropa (dobutamina 5 mcg/Kg/min) e corticosteroidea (metilprednisolone 1 g ev). Una emogasanalisi eseguita nel contempo svelava un quadro di acidosi metabolica e ipossiemia arteriosa (pH 7.34, pO2 50 mmHg, pCO2 30 mmHg, BE -9). Nonostante un modesto rialzo pressorio (PAO 90/70 mmHg), le condizioni respiratorie della paziente peggioravano con comparsa di dispnea e rantoli diffusi. * Alle ore 19, consultato l'anestesista-rianimatore, veniva concordato il trasferimento d'urgenza della donna in terapia intensiva, dove la diagnosi clinica di edema polmonare acuto era confermata dal quadro radiologico del torace. Veniva quindi, instaurato monitoraggio emodinamico e respiratorio (ecg, pressione arteriosa cruenta, pulsossimetria) e intrapresa terapia con : * ossigeno in maschera 8 l/min colloidi 1500 ml dobutamina 5-10 mcg/Kg/min anti-H2 ranitidina 150 mg anti-H1 clorfeniramina 10 mg Il trattamento praticato permetteva un rapido miglioramento dei parametri emodinamici e ventilatori con remissione del quadro clinico in circa 12 ore. In data 26 luglio, ossia 2 giorni dopo l'arrivo in terapia intensiva, la paziente veniva riportata nel reparto di medicina e da qui dimessa il giorno seguente in ottime condizioni generali. Caso clinico n. 2 Il 28 luglio alle ore 22, un uomo di 75 anni, giungeva al pronto soccorso accompagnato dalla moglie: entrambi erano stati colti da malore (nausea, vomito, vertigini) nella loro abitazione dopo aver mangiato tonno fresco cucinato. Le condizioni dell'uomo apparivano più gravi di quelle della donna ; questi infatti presentava dispnea, agitazione e lamentava crampi addominali; l'esame obbiettivo evidenziava assenza dei polsi periferici (PAO 60/40 mmHg), tachicardia sinusale (FC ~130 bpm) sudorazione fredda e broncospasmo. L'anamnesi del paziente era positiva per broncopatia cronica ostruttiva, cardiopatia ischemica con pregresso infarto postero-inferiore e ipertrofia prostatica. La terapia abituale consisteva in nitroderivati e antiaggreganti piastrinici. L'emogasanalisi eseguito in urgenza era il seguente : * pH 7.26 pCO2 54 mmHg pO2 (ossigeno 5 l/min) 150 mmHg Sat. 99% HCO3 23 mEq/l BE -3.5 Il riempimento vascolare con colloidi e cristalloidi e il trattamento con corticosteroidi, (metilprednisolone 1 g ev), broncodilatatori (salbutamolo) e amine simpaticomimetiche (adrenalina 1f sc) produceva un parziale miglioramento delle condizioni emodinamiche e respiratorie del paziente; il quadro clinico veniva poco dopo complicato dalla comparsa di dolore precordiale con evidenza all'ECG di un sottoslivellamento del tratto ST in sede anteriore. Ricoverato alle ore 24 in Unità coronarica, il paziente si presentava nuovamente ipoteso (PAO 80/40 mmHg) e tachicardico (FC 120 bpm); un secondo ECG mostrava un'aritmia totale da fibrillazione atriale e una lesione subendocardica. Il profilo enzimatico tracciato nelle prime 20 ore dal ricovero era il seguente : * 02.00 08.00 11.00 13.00 22.00 CPK 30 166 289 368 435 MB 0,1 11,9 32 43 39 LDH 122 214 207 251 304 Il trattamento con nitroglicerina, eparina e amiodarone in infusione continua permetteva la regressione della sintomatologia e delle alterazioni ECGrafiche in 12 ore. La dimissione del paziente in soddisfacenti condizioni cliniche avveniva dopo 15 giorni dal ricovero. La segnalazione dei sanitari all'Ufficio d'Igiene cittadino avvenuta circa 12 ore dopo il ricovero del paziente permetteva a 24 ore il sequestro del pesce incriminato presso le attività commerciali della zona. Discussione La sindrome sgombroidea è causata dall'ingestione di pesce che contiene elevate quantità di istamina e di altre amine vasoattive. Queste sostanze si formano post-mortem nel tessuto muscolare di alcuni pesci (tonni, sgombri, pesci serra) per azione di alcuni germi di comune riscontro nei pesci. Tali batteri sono in grado, tramite un enzima, istidina decarbossilasi, di trasformare l'istidina presente in alcune specie ittiche, in istamina. Elevati livelli di istamina vengono considerati, pertanto come un indicatore precoce di contaminazione in pesci del genere sgombroideo o in altre specie che contengano elevate quantità di istidina (concentrazioni di istamina superiori a 50 mg per 100 g di cibo sono considerate pericolose). Il pesce azzurro, le acciughe, le aringhe, sono state all'origine d'intossicazioni da istamina in diversi paesi (USA, Gran Bretagna, Giappone). Altre sostanze sono probabilmente coinvolte nella sindrome con effetto sinergico all'istamina. Le manifestazioni cliniche dell'intossicazione riguardano l'apparato gastrointestinale (nausea, vomito, diarrea) il sistema nervoso centrale (vertigini, cefalea), la cute (rush) ; raramente si osservano disturbi respiratori e ipotensione. L'inizio della sintomatologia è rapido e i disturbi, abitualmente di lieve entità, si risolvono generalmente in poche ore; non è necessaria quindi l'ospedalizzazione. La sindrome, sebbene frequente, viene spesso diagnosticata come reazione allergica alimentare ; la presentazione clinica in effetti è simile, così come è efficace l'uso dei cortisonici nella sindrome sgombroidea e nelle allergie alimentari. La mancanza di precedenti reazioni allergiche al cibo implicato dovrebbe escludere l'allergia, mentre il riscontro di analoghe manifestazioni in più commensali è tipico dell'intossicazione. La clinica, se ben valutata, è in grado di indirizzare verso la diagnosi : la certezza tuttavia è ottenuta con l'analisi chimico-fisica del cibo contaminato ; questo va in ogni caso congelato in attesa dell'indagine. L'analisi di materiale biologico (vomito, sangue, urine) degli intossicati è invece difficilmente ottenibile e di dubbia interpretazione (rapido metabolismo, diverse origini dell'istamina). La terapia della sindrome sgombroidea è basata sull'impiego di antistaminici (anti- H1 e anti-H2), che sarebbero in grado di minimizzare la sintomatologia. Una buona igiene e la refrigerazione sono fondamentali accorgimenti per il controllo degli episodi di intossicazione. Una volta pescato il pesce infatti va immediatamente congelato o immerso in acqua fredda a -1 C° e mantenuto continuamente a bassa temperatura. Non è chiaro se la contaminazione batterica avvenga dopo la pesca o se la produzione di istamina in certi pesci sia il risultato di ceppi batterici abituali della flora intestinale. A temperature più elevate, invece il pesce può andare incontro all'inquinamento con formazione di istamina a livelli elevati prima che si manifestino i tipici segni della decomposizione. Il pesce inscatolato può presentare quantità di istamina a volte più elevate di quello fresco per via della manipolazioni che subisce durante i processi di lavorazione. La cottura non degrada l'istamina una volta formatasi nei tessuti del pesce, anche se distrugge i batteri che formano l'istamina. In entrambi i casi occorsi alla nostra osservazione la diagnosi di "scombroid sindrome" si è basata sulla sintomatologia, e sulla storia di recente assunzione di tonno fresco. L'analisi del tonno sequestrato presso i rivenditori dalle autorità competenti (Nucleo Antisofisticazioni) non ha riscontrato livelli d'istamina superiori a quelli considerati pericolosi. La contaminazione del pesce, tuttavia, non può essere esclusa se si considera il tempo intercorso tra i casi clinici osservati e il sequestro del pesce (24 ore). La contemporanea segnalazione in altri ospedali cittadini di altre dieci persone coinvolte nello stesso tipo d'intossicazione, d'altra parte, depone a favore della sindrome da istamina. In considerazione delle abitudini alimentari regionali e nazionali sul consumo di prodotti ittici, la sindrome sgombroidea si colloca tra le più frequenti intossicazioni alimentari con un impatto importante sulla salute pubblica. Al pari di altri paesi, nei quali gli organismi deputati al controllo e alla prevenzione degli effetti nocivi dei prodotti alimentari sull'uomo hanno varato disposizioni restrittive sulla conservazione, manipolazione e consumo di pesce potenzialmente responsabile della sindrome sgombroidea, le autorità competenti in materia del nostro paese dovrebbero prestare maggiore attenzione nella prevenzione dell'inquinamento batterico e nel controllo della qualità del pesce durante tutte le fasi di manipolazione e di distribuzione dello stesso. Bibliografia 1. Taylor, J. E. Stratton, J.A. Nordlee. Histamine poisoning (scombroid fish poisoning): an allergy-like intoxication. Clin. Toxicology, 27, 225-240 (1989) 2. J.D.Morrow, G. R. Margolies, J. Rowland, L.J.Roberts. Evidence that histamine is the causative toxin of scombroid-fish poisoning. N.Eng.J.Med. Vol. 324, No II, 1991 3. Food and Drud Administration, HHS. Decomposition and Histamine-Raw, Frozen Tuna and Mahi-Mahi; Canned Tuna and Realted Species; Revised Compliance Policy Guide; Availability. ___________________________________________________________________________ 4 MANUALI DI ANESTESIA:Anestesia per l'artroscopia del ginocchio ___________________________________________________________________________ Questa rubrica, curata dal dott. Lelio Guglielmo, presenta i protocolli anestesiologici adottati ,nelle varie specialità chirurgiche , dal Servizio di Anestesia e Rianimazione dell' Ospedale Buccheri La Ferla. Questi manuali che sono il frutto di studi e dell'esperienza di oltre 15 anni di attività anestesiologica non pretendono ovviamente di avere un carattere "universale" . E' evidente altresì che l'applicazione delle procedure descritte va valutata criticamente in relazione al proprio ambiente di lavoro. La parte riguardante le considerazioni chirurgiche è stata realizzata in collaborazione con i chirurghi delle varie specialità, operanti nel nostro ospedale. Qualsiasi commento o critica è bene accetta e deve essere inviata a leliobuc@mbox.vol.it. oppure alla redazione LANZA@mbox.unipa.it * ARTROSCOPIA DEL GINOCCHIO Considerazioni chirurgiche * L'artroscopia viene realizzata per diagnosticare e trattare problemi intrarticolari come rotture meniscali , lesioni legamentose, fratture osteocondrali, corpi estranei, artriti e infezioni. Generalmente si praticano due aperture, anteromediale ed anterolaterale, adiacenti al legamento patellare per consentire l'introduzione dell'artroscopio e di un "palpatore" per manipolare i tessuti intrarticolari o eventualmente di uno strumento per resecare o riparare le strutture danneggiate (meniscectomia e/o riparazione del legamento crociato). * SOMMARIO DELLE PROCEDURE Posizione Supina Strum.speciali Sistema di Videoscopia Consider.speciali Tourniquet T.chirurgico 0.5-1 h Perdite ematiche minime Morbidità Emartrosi 5-20% Tromboflebite <2% Infezione 0.1% Pain score 3 CARATTERISTICHE DELLA POPOLAZIONE DEI PAZIENTI Età 15-60 a. Maschi/Femmine 2:1 Eziologia Trauma: 85% Artrite: 10% Infezione: 5% Considerazioni generali sull'uso del tourniquet Teoricamente la pressione di insufflazione non dovrebbe superare la pressione sistolica del paziente di 100 mmHg nel caso dell'a.inferiore e di 50 mmHg nel caso dell'a.superiore; in realtà le pressioni utilizzate sono maggiori anche se esse non comportano in genere conseguenze per il paziente. Il tempo massimo di compressione non dovrebbe superare le 2 ore. Variazioni di pressione sistemica possono verificarsi durante le manovre di compressione e decompressione del tourniquet (> 5-10 mmHg post-compressione e <10-15 dopo decompressione). Un'anomala compressione del manicotto che occluda le vene ma non le arterie può determinare una sindrome post-operatoria grave "sindrome compartimentale" con ischemia grave dell'arto inferiore che richiede un'immediato intervento chirurgico di decompressione. Compressioni eccessive o prolungate possono determinare: - edema post-operatorio per iperemia reattiva,ematoma, anossia - paralisi (++ se paz.aterosclerotici) - dolore - embolia polmonare - aumento T° (0.5°/hr) dopo compressione e dimuzione T° dopo decompressione (soprattutto bambini) - aumento CO2 e acidosi metabolica dopo decompressione (2-3 min.dopo max) - emorragia Controindicazioni - Infezioni - Tumori - Anemia falciforme (l'acidosi può favorire la falcizzazione) Considerazioni anestesiologiche PREOPERATORIO Si tratta in genere di pazienti giovani in buone condizioni cliniche che spesso vengono ricoverati il pomeriggio prima dell'intervento. Premedicazione della veglia: standard INTRAOPERATORIO Premedicazione standard Anestesia AS E' sufficiente un'anestesia tra T12 e S5. Si iniettono normalmente 1-1.2 ml di Marcaina 1% iperbarica a L3-4. Tourniquet In genere la pressione di insufflazione è > di 100mmHg alla PA. Il tempo massimo di sicurezza è di 1.5-2h Complicanze Lesione n.peroneale POSTOPERATORIO Complicanze Sindrome post-tourniquet ( arto pallido,edematoso, astenico) Lesione n.peroneale Analgesia postop. Diclofenac 75mg.IM Informazioni sulla rivista -------------------------------------------------------------------------------------------------------- EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY and CRITICAL CARE MEDICINE-Italia- Educational Synopses in Anesthesia and Critical Care Medicine-Italia costituisce la parte Italiana della versione Americana, pubblicata su Internet da Keith J Ruskin, Professore di Anestesia alla Università di Yale. I lavori saranno accettati sia in lingua Italiana che Inglese. In quelli di lingua Italiana un corposo riassunto in Inglese verrà preparato dalla redazione,qualora l'autore non fosse in grado di fornirlo.A cura della redazione sarà inoltre la traduzione in Italiano dei manoscritti inviati in lingua Inglese.La rivista sarà inviata gratuitamente a tutti quelli che ne faranno richiesta inviando il seguente messaggio "Desidero ricevere ESIA versione italiana" indirizzato a LANZA@MBOX.UNIPA.IT La rivista pubblica rewiews e lavori originali compiuti nei campi dell'anestesia e della medicina critica. I lavori originali riguardano ricerche cliniche, di laboratorio e la presentazione di casi clinici. Le reviews includono argomenti per l' Educazione Medica Continua (EMC), articoli di revisione generale o riguardanti le attrezzature tecniche. ESIA pubblica le lettere all'Editore contenenti commenti su articoli precedentemente publicati ed anche brevi comunicazioni.La guida per gli autori può essere consultata collegandosi al sito ANESTIT all'indirizzo: http://mbox.unipa.it/~lanza utilizzando la sezione riservata ad ESIA-Italia Oppure può essere richiesta inviando un messaggio a lanza@mbox.unipa.it EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY and CRITICAL CARE MEDICINE Sezione Italiana E' anche ottenibile attraverso World-Wide Web WWW: L' URL per questo numero di ESIA è: http://mbox.unipa.it/~lanza/esiait/esit9611.txt Il nome della rivista è esitaamm, dove aa è l'anno ed mm il mese (per esempio questo numero è esit9611.txt) LA REDAZIONE DI ESIA ITALIA DIRETTORE Vincenzo LANZA Primario del Servizio d'Anestesia e Rianimazione Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli Palermo LANZA@MBOX.UNIPA.IT Terapia Intensiva Antonio Braschi Primario del Servizio d'Anestesia e Rianimazione 1 Policlinico S. Matteo - IRCCS Pavia Anestesia Cadiovascolare Riccardo Campodonico Responsabile dell'Unità di Terapia Intensiva Cardiochirurgica Azienda Ospedaliera di Parma ricrob@mbox.vol.it Anestesia e malattie epatiche Andrea De Gasperi Gruppo trapianti epatici / CCM Ospedale Niguarda - Milano Medicina critica e dell'emergenza Antonio Gullo Professore di Terapia Intensiva Direttore del Dipartimento di Anestesia e Terapia Intensiva-Università di Trieste Anestesia ed informatica Vincenzo Lanza Primario del Servizio d'Anestesia e Rianimazione Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli Palermo Tosssicologia Carlo Locatelli Direttore del Centro di Informazione Tossicologica Centro antiveleni di Pavia Fondazione Scientifica "Salvatore Maugeri Clinica del Lavoro e della Riabilitazione" Pavia Terapia Antalgica e Cure Palliative Sebastiano Mercadante Aiuto del Servizio d'Anestesia e Rianimazione Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli Palermo