_____________________________________________________________________ _____________________________________________________________________ ISSN 1080-3521 EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY and CRITICAL CARE MEDICINE - Italia - Il giornale italiano on line di anestesia Vol 1 No 2 Novembre 1996 _____________________________________________________________________ _____________________________________________________________________ Pubblicato elettronicamente da: Vincenzo Lanza, MD Servizio di Anestesia e Rianimazione Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli Palermo, Italy E-mail: (lanza@mbox.unipa.it) Keith J Ruskin, MD Department of Anesthesiology Yale University School of Medicine 333 Cedar Street, New Haven, CT 06520 USA Office: 203-785-2802 E-mail: ruskin@gasnet.med.yale.edu Copyright (C) 1996 Educational Synopses in Anesthesiology and Critical Care Medicine. All rights reserved. Questo rivista on-line può essere copiata e distribuita liberamente, curando che venga distribuita integralmente, e che siano riportati fedelmente tutti gli autori ed il comitato editoriale. Informazioni sulla rivista sono riportate alla fine. __________________________________________________________________ In questo numero: 1 Forme Epilettiche in gravidanza e nel peripartum 2 Profilassi a breve termine con vancomicina in cardiochirurgia secondo un protocollo "a frequenza variabile" 3 L'intossicazione del mese: INTOSSICAZIONE ACUTA DA CLORALOSIO: IMPIEGO DELL'EMOFILTRAZIONE ARTERO-VENOSA CONTINUA (CAVH) NELLA RIMOZIONE DEL TOSSICO 4 MANUALI DI ANESTESIA:Anestesia in Ortopedia (2a parte) __________________________________________________________________ __________________________________________________________________ 1 Forme Epilettiche in gravidanza e nel peripartum ________________________________________________________________ Vincenzo Lanza Servizio di Anestesia e Rianimazione Ospedale Buccheri La Ferla FATEBENEFRATELLI Via M. Marine 197, 90123 PALERMO - E.MAIL. LANZA@MBOX.UNIPA.IT L'epilessia è una malattia che riconosce diverse manifestazioni cliniche, che vanno dalla convulsione generalizzata alla perdita di coscienza per pochi secondi. Nella gravida la forma clinica, che più interessa l'anestesista è certamente l'epilessia con manifestazioni cliniche convulsivanti. Nella trattazione che segue verranno prese in considerazioni : 1)Patogenesi e forme cliniche della malattia epilettica (1) 2)L'epilessia in gravidanza 3) Manifestazione epilettiche nel peripartum di interesse anestesiologico e loro prevenzione 4) Trattamento 1) Patogenesi e forme cliniche della malattia epilettica. 1.1 Eziologia La malattia epilettica presenta un'incidenza del 2% della popolazione nel suo complesso, quando si consideri in associazione ad altre forme di encefalopatie e di circa 0.5%, se si fa riferimento alla malattia in forma solitaria. In quest'ultimo caso si tratta di soggetti che presentano un quoziente intellettivo normale ed in cui la malattia epilettica non comporta alcun problema mentale se non di ordine psicologico. Nell'anamnesi di questi pazienti è spesso presente una malattia febbrile con temperatura elevata, durante la quale sono insorte per la prima volta manifestazioni convulsive che sono poi continuate al di fuori di episodi febbrili. In linea generale si ritiene che "convulsioni febbrili" possano essere normali sino ad una età di sei anni a causa dell'immaturità delle strutture cerebrali, ma che siano segno di malattia epilettica al di sopra di quest'età. Una diagnosi differenziale può essere fatta con l'EEG :i soggetti, che presentano un EEG patologico al di fuori dello stato febbrile , anche senza crisi cliniche, quasi sicuramente in età puberale manifesteranno una malattia epilettica. Le diverse forme di epilessia (assenze, crisi convulsive etc.) possono coesistere nello stesso paziente o si può avere il passaggio da una forma ad un'altra. Nella tab.1sono riportate le diverse forme cliniche con la probabile sede d'insorgenza. 2) L'epilessia in gravidanza 2.1Epilessia insorta in gravidanza La gravidanza non sembra essere un fattore eziopatogenetico di malattia epilettica. Infatti turbe epilettiche sono di frequente riscontro in prossimità del parto, ma non durante il rimanente periodo gestazionale. Pochissime segnalazioni (50 per 100.000 gravide) esistono di soggetti, che non avevano sofferto in precedenza di epilessia e che hanno avuto l'insorgenza di una malattia epilettica cronica durante la gravidanza (2). Sono riportate da Knight et al. 16 osservazioni di pazienti, che hanno manifestato una prima insorgenza di epilessia. durante la prima gravidanza con scomparsa della sintomatologia a distanza di uno due mesi dopo il parto. Su una serie di 16000 parti, analizzati dal 1989 la 1995 nel nostro ospedale. non è stato osservato nessun caso di insorgenza di epilessia cronica . 2.2 Aggravamento della malattia epilettica in gravidanza In diverse statistiche, invece , viene segnalato un incremento della frequenza delle crisi. L'incidenza varia dal 40 al 50%. Le cause possono essere ricercate nelle variazioni fisiologiche che insorgono in gravidanza : · La riduzione della capacità funzionale residua con la conseguente ipocapnia e la possibile riduzione del flusso cerebrale · La ritenzione idroelettrolitica con relativo edema cerebrale · Il risparmio azotato tipico della gravida che comporta un cambiamento dell'assetto aminoacidico. · L'aumentata eliminazione dell'idantoina (100% in più) che può far scendere a livelli subterapeutici il farmaco. · Le variazioni ormonali tipiche della gravidanza 2.3 Rischi connessi all'epilessia in gravidanza La paziente epilettica presenta un rischio superiore alla norma di patologie neonatali. Queste ultime sono legate alle manifestazioni comiziali (3) ed alla tossicità dei farmaci antiepilettici. 2.3.1.Rischi connessi alle manifestazioni comiziali Le pazienti con epilessia generalizzata o affette da assenze che durante la gravidanza presentano crisi tonico-cloniche vanno incontro durante le crisi nel 6-10% dei casi a traumatismi materni e fetali, distacco di placenta, emorragie fetali intracraniche, turbe dell'equilibrio, morte fetale e neonatale. 2.3.2 Rischi da tossicità della medicazione antiepilettica La terapia antiepilettica è sovente polifarmacologia giacché si cerca di sfruttare l'effetto additivo che questi farmaci presentano per evitare di raggiungere un livello tossico con una monoterapia. Tuttavia gli effetti collaterali in gravidanza sono spesso inaccettabili ,ponendo grossi problemi, poiché la sospensione di uno o più farmaci potrebbe ,sommandosi agli effetti epilettogeni della gravidanza, innescare un cluster di crisi e nei casi più gravi uno stato di male quasi sempre letale. Gli effetti collaterali riscontrabili in gravidanza da farmaci antiepilettici possono essere cosi schematizzati : · 5-30% di anomalie alle dita e al viso che arrivano al 40% in pazienti non trattate. Queste anomalie sono più frequenti in caso di carenza di acido folico. · Sindromi emorragiche da deficienza di vitamina K · aumento di malformazioni dal 2-3% delle gravide normali al 4-6% nelle epilettiche. · La somministrazione di acido valproico è associata con incremento dell'1% di incidenza di spina bifida, che arriva al 5% con la somministrazione di carbamazepina 3) Manifestazione epilettiche nel peripartum di interesse anestesiologico (4,5,6) Forme di epilessia possono essere riscontrate negli ultimi mesi di gravidanza di solito associate a pre-eclampsia ,H.E.L.L.P. Syndrome (Hemolysis , Elevated Liver function tests , Low Platlets), od a forme eclamptiche conclamate. La presenza di convulsioni nelle pazienti eclamptiche è la regola ,tanto che l'eclampsia viene considerata come una sindrome in cui alle patologie della pre-eclampsia si associano le convulsioni (tab.2).Caratteristiche delle malattie gravidiche suscettibili di indurre convulsioni. In queste pazienti le convulsioni insorgono spesso durante il travaglio ponendo grossi problemi terapeutici. Sebbene più raramente, la diagnosi differenziale va posta con l'esistenza di un tumore cerebrale .In un caso occorso alla nostra osservazione in una paziente di 40 anni, ricoverata per parto gemellare da inseminazione artificiale, il quadro epilettico era sostenuto da una turbercolosi cerebrale. L'incidenza della pre-eclampsia nel nostro ospedale e l'outcome delle pazienti è riportata in tab.3 3.1 Diagnostica e prevenzione dell'epilessia in gravidanza Pazienti già affette da epilessia con convulsioni non presentano evidentemente problemi diagnostici. Quest'ultimi sono invece presenti in soggetti affetti da piccolo male (assenze), che spesso nascondono l'affezione per vergogna, ma che possono andare incontro a crisi generalizzate. Infine le pazienti che non hanno una malattia epilettica ma presentano fattori predisponenti sono il gruppo che riserva più problemi. Queste pazienti esordiscono spesso con una singola manifestazione comiziale cui segue rapidamente uno stato di male epilettico. Sulla serie di 16000 parti già citata tuttavia solo un caso di questo tipo è occorso. 3.1.1 Prevenzione delle manifestazioni comiziali nei soggetti affetti da epilessia La terapia polifarmacolologica va sospesa per evitare i rischi di tossicità gia esposti al punto 2.3.2. Il farmaco che viene utilizzato in monosommistrazione è l'idantoina. Il cambio di terapia va fatto precocemente per permettere un passaggio senza crisi tra la terapia di base della paziente e la monoterapia. In linea generale va preferita comunque una monoterapia anche con farmaci che già erano assunti dalla paziente. Non sempre è possibile applicare questo schema, poichè le pazienti che prendono diversi farmaci per la loro malattia epilettica giungono ad un bilanciamento terapeutico dopo diversi tentativi clinici. In questi casi di epilessia definita "farmacoresistente" è difficile passare ad uno monoterapia sebbene possa essere tentata l'idantoina per via endovenosa. (vedi Trattamento). 3.1.2 Prevenzione delle manifestazioni comiziali nei soggetti a rischio ma non affetti da epilessia La prevenzione va fatta nelle pazienti che presentano sintomi di pre-eclampsia. In queste pazienti va monitorizzato due mesi prima del parto il tracciato EEG con registrazioni settimanali -L'insorgenza di anomalie quali presenza di ritmo delta vedi fig.EEG può essere motivo sufficiente per una prevenzione farmacologica da effettuare con magnesio solfato o idantoina (vedi più avanti.). -L'insorgenza di convulsioni non sembra invece correlata ai valori di pressione arteriosa delle pazienti. -Lo stato di idratazione va valutato attentamente ,giacché la pre-eclampsia si accompagna a disidratazione che può essere epilettogena se l'osmolarità ematica supera i 310 mOsm/l.. A queste misure profilattiche va aggiunta la somministrazione di vitamina K, nell'ultimo mese di gravidanza sia nelle pazienti in terapia con anticonvulsivanti sia in quelle con pre-eclampsia. 4.Trattamento L'anestesista si trova a dover trattare manifestazioni epilettiche soprattutto al momento del parto, molto più raramente si trova ad affrontare dei casi di male epilettico insorto durante i primi mesi di gravidanza. Le manifestazioni epilettiche assumono carattere di particolare gravità soprattutto nelle pazienti pre-eclamptiche o con HELLP sindrome poiché oltre al trattamento delle convulsioni richiedono un taglio cesareo (7) . L'anestesista si trova così ad affrontare un'anestesia su una paziente spesso giunta da poco in ospedale ed in preda a crisi convulsive subentranti. Queste pazienti possono presentare un rischio anestesiologico che va ben oltre la problematica epilettica. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare non sempre è necessaria un'anestesia generale, ma la somministrazione di propofol per sedare le crisi può essere seguita da un'anestesia spinale. 4.1 Trattamento anestesiologico per il parto di pazienti epilettiche con crisi comiziali Le pazienti con epilessia non hanno di solito necessità di particolare trattamento anestesiologico al momento del parto, quando siano state trattate adeguatamente durante la gravidanza. Può comunque accadere di essere chiamati a trattare degli episodi comiziali insorti in corso di travaglio di parto. Se la consultazione anestesiologica avviene senza che vi siano convulsioni in atto, per un travaglio normale vi una indicazione elettiva ad una epidurale continua per la durata del travaglio espulsione compresa. L'analgesia epidurale continua diminuisce l'insorgenza di crisi comiziali con due meccanismi : 1)abolisce il dolore del travaglio 2) introduce nel sangue un livello costante di anestetico locale che può avere un effetto antiepilettico. Va tenuta sempre presente la necessità di non eccedere con le concentrazioni anestetiche , l'anestetico più appropriato può essere la Bupivacaina all'0.25% ad una velocità di 6ml/ora. -Nel caso di pazienti già in travaglio avanzato con previsione di parto spontaneo va prima tentata la somministrazione di boli di propofol (3-4ml all'1%). Se questo approccio tiene sotto controllo le crisi comiziali di solito la paziente riesce ad avere un'espulsione normale o con un forcipe basso mantenendo un livello di coscienza accettabile. Dopo l'estrazione di solito vengono somministrati 10 mg di valium. -Nel caso di taglio cesareo ,se le condizioni fetali lo consentono è possibile sedare le crisi con il propofol ai dosaggi suesposti e decidere tra un anestesia generale o spinale. Nella nostra esperienza buoni risultati sono stati ottenuti con l'anestesia spinale eseguita con le metodiche esposte in tabella 5. Durante la procedura chirurgica viene continuata un infusione di propofol alla dose 10-15ml ora. Dopo l'estrazione di solito vengono somministrati 10 mg di valium. Con questa tecnica le pazienti non necessitano di altre terapie anticonvulsivanti oltre la loro medicazione routinaria. In ogni caso il trattamento può essere effettuato con il più tradizionale tiopentone sodico e l'anestesia generale, poichè come in ogni attività anestesiologica a parità di risultati, la migliore tecnica è quella con cui si ha più dimestichezza. Infine di valido supporto può risultare la somministrazione di solfato di magnesio con la modalità esposta in tab.4.. 4.2 Trattamento anestesiologico per il parto di pazienti non epilettiche con crisi comiziali Questo gruppo di pazienti è di solito costituito da pazienti con eclampsia o sindromi affini quali la HELLP sindrome. Il trattamento anestesiologico di queste pazienti presenta dati in comune quali la possibilità di crisi epilettiche (peraltro frequentissime nell'eclamptiche ,meno nella HELLP ) la necessità di estrarre rapidamente il feto ed una sostanziale differenza rappresentata dalla severità dell'ipertensione nell'eclampsia e dalla severità delle alterazioni della coagulazione nella HELLP sindrome. 4.2.1 Trattamento anestesiologico delle crisi comiziali nella paziente eclamptica L'insorgenza di convulsioni nell'eclampsia fa solo da corollario ad una sintomatologia emodinamica severa, in cui la pressione arteriosa raggiunge con facilità valori superiori a 200 mmHg. Nella tab.4 vengono descritte le modalità di somministrazioni dei farmaci da usare. Il trattamento delle convulsioni va condotto possibilmente in via profilattica con magnesio solfato o con idantoina. Entrambi questi farmaci sono in grado di stabilizzare una paziente con sintomatologia epilettica. Tuttavia il trattamento acuto va intrapreso con propofol o tiopentone, mentre il valium può essere impiegato solo dopo l'estrazione, poiché comporta depressione respiratoria e ipotonia neonatale. Il trattamento antiipertensivo è fondamentale nella paziente eclamptica. Il farmaco di prima scelta resta l'idralazina. Seguita in ordine da labetololo, e nitroprussiato. Ottimi risultati sono stati ottenuti con la nifedipina gocce somministrata per via nasale (8). Quest'ultima modalità presenta il vantaggio di poter essere praticata anche a pazienti in stato di incoscienza e senza accesso venoso. La risposta è costante. I dosaggi vanno da 1 a 4 contagocce della confezione gocce, corrispondendo ogni contagocce a 10 mg di nifedipina. La scelta dell'anestesia da praticare dipende dall'esperienza dell'anestesista ( vedi tab.5). Se viene scelta l'anestesia generale è consigliabile l'uso dell'EEG. Qualora il sistema di monitoraggio sia sprovvisto di una traccia EEG è possibile usare un EEGrafo su carta ,per il cui uso è però necessaria un'esperienza specifica. Il tracciato EEG permette di evitare l'insorgenza di uno stato di male intraoperatorio. Infatti la curarizzazione della paziente non permette di evidenziare crisi cliniche ed il parco uso di agenti ipnotici può non essere sufficiente a spegnere un focolaio epilettico. E' auspicabile la presenza di un neonatologo. In sua assenza l'anestesista deve preparare un kit per la rianimazione neonatale e predisporre per un eventuale ricovero in terapia intensiva neonatologica. Per ciò che concerne il post-operatorio, il ripetersi di convulsioni è frequente al risveglio da un'anestesia generale, per cui è buona norma somministrare 10 mg di valium subito dopo l'estrazione, ripetendo la somministrazione non più tardi di un'ora dopo il risveglio della paziente. E' fondamentale un accurato esame dello stato di coscienza. Se a distanza di un'ora dall'anestesia persiste incoscienza , è possibile pensare all'esistenza di un edema cerebrale e quindi va effettuato un esame TAC e preso in considerazione un trasferimento in rianimazione (fig.1) 4.2.2 Trattamento anestesiologico delle crisi comiziali nella paziente con HELLP sindrome Il trattamento non differisce da quanto descritto per l'eclampsia vedi tab.4 Le forme gravi di questa sindrome si caratterizzano da turbe della coagulazione importanti con relativo sanguinamento di ogni superficie cruentata. E' quindi indispensabile avere a disposizione dei grossi accessi venosi e una buona scorta di sangue, plasma e piastrine a disposizione prima di procedere ad un cesareo. Sebbene un accesso venoso centrale sia di estrema importanza in queste pazienti è consigliabile accedere l'atrio destro attraverso una vena del braccio risalendo un lungo catetere. E' infatti la regola osservare sanguinamenti di difficile controllo dagli accessi venosi , che nel caso di inserzione alla vena succlavia comportano emotorace, o grossi ematomi del collo o della coscia ,qualora si sia scelta la vena giugulare interna o la femorale rispettivamente. Queste pazienti hanno un'alta incidenza di infarti cadiaci ed emorragia cerebrale. E' quindi obbligatorio un controllo TAC in tutte le pazienti con HELLP che abbiano manifestato crisi epilettiche (fig.1). Il trattamento anestesiologico per il cesareo obbliga all'uso dell'anestesia generale a causa delle alterazioni della coagulazione che controindicano le tecniche periferiche. Prudenza va impiegata all'intubazione per non causare sanguinamento dell'orofaringe. Il postoperatorio impone un controllo attento dell'assetto epatico e della cougulazione. Nelle forme severe è preferibile il ricovero in rianimazione (tab.3). Conclusioni La gravidanza in pazienti epilettiche impone un controllo attento delle pazienti ed una revisione della terapia farmacologica verso la monoterapia allo scopo di evitare danni fetali. L'insorgenza di crisi epilettiche in gravide non affette da epilessia deve sempre indirizzare verso una patologia eclamptica .In quest'ultimo caso il parto resta la terapia più efficace per il trattamento definitivo delle crisi. Magnesio solfato, propofol ,tiopentone e idantoina restano i capisaldi del trattamento acuto delle crisi convulsive. Bibliografia 1. Dichter M.A.: The epilepsies and convulsive disorders. In Harrisonn's Principles of Internal Medicine.10th ed., RG Petersdorf, RD Adams, E. Braunwald, KJ isselbacher, JB Martin, JD Wilson, eds. McGraw-Hill, New York, 1983, pp 2018-2028 2. Bjerkedal T., Bahna SL: The course and outcome of pregnancy in women with epilepsy. Acta Obstet Gynecol Scand 52:245-248, 1973 3. Lander CM, Edwards VE, Eadie MJ et al: Plasma anticonvulsivant concentrations during pregnancy. Neurology 27:128-131, 1977 4. Ramanathan-J. "Pathophysiology & anesthetic implications in pre-eclampsia". Clinical Obstetrics & Gynecology. 35: 414-25. June, 1992 5. Arbogast-BK, et.al. "Which plasma factors bring about disturbance of endothelial function in pre-eclampsia?". Lancet. 343:340-1. Feb 5, 1994 6. Barton-JR, et.al. "Care of the pregnancy complicated by HELLP syndrome". Gastroenterology Clinics of North America 21:937- 50, 1992 7. Belfort-MA, et.al. "Effect of magnesium sulfate on maternal brain blood flow". American Journal of Obstetrics & Gynecology. 167:661-6. 1992 8. Fenakel-K, et.al. "Nifedapine in the treatment of severe pre-eclampsia". Obstetrics & Gynecology. 77:331-7. Mar, 1991 Tab.1 International Classification of Epileptic Seizures I. PARTIAL (FOCAL, LOCAL SEIZURES) A. Simple partial seizures consciousness not impaired 1. With motor symptoms 2. With somatosensory or special sensory symptoms 3. With autonomic symptoms 4. With psychic symptoms B. Complex partial seizures with impairment of consciousness 1. Beginning as simple partial seizures and progressing to impairment of consciousness a. With no other features b. With features in I.A.I-I.A.4 c. With automatisms 2. With impairment of consciousness at onset a. With no other features b. With features as in I.A.I-I.A.4 c. With automatisms C. Partial seizures evolving to secondarily generalized seizures 1. Simple partial seizures evolving to generalized seizures 2. Complex partial seizures evolving to generalized seizures 3. Simple partial seizures evolving to complex partial seizures to generalized seizures II.GENERALIZED SEIZURES (CONVULSIVE OR NONCONVULSIVE) A. Absence seizures 1. Absence seizures 2. Atypical absence seizures B. Myoclonic seizures C . Clonic seizures D. Tonic seizures E. Tonic-clonic seizures F. Atonic seizures jastatic seizures! III. UNCLASSIFIED EPILEPTIC SEIZURES Includes all seizures that cannot be classified because of inadequate or incomplete data and some that defy classification in hitherto described categories. This includes some neonatal seizures leg, rhythmic eye movements, chewing, and swimming movements. ------------------------------------------------------------------------- Tab.2 Definizione delle patologie eclamptiche ed assimilabili PRE-ECLAMPSIA: Ipertensione, proteinuria, edemi periferici insorgenti dopo 22 settimana di gravidanza 2.6% di tutte le gravidanze; si ripete nel 20%,Età tra 25-34 anni, Primip/multip 6.8/1, gemellare/singola 5/1 Segni clinici nelle sindromi severe Pressione arteriosa sistolica > 160 Diastolica > 110, proteinuria 2 g/dieoliguria < 400 ml/die creatinina 1.2mal di testa disturbi visivi, edema polmonare ritardato accrescimento fetale aumento enzimi epatici trombocitopenia. H.E.L.L.P. SYNDROME: Ipertensione, proteinuria, edemi periferici insorgenti dopo 22 settimana di gravidanza Emolisi (aumento dell'aptoglobulina) Aumento degli enzimi di necrosi epatica: T.Bil>1.2, LDH>600 SGOT>70 ipopiastrinemia:<100000. 4-12% di tutte le pre-eclamptiche.Edema polmonaremorte fetale shock emorragico insuff. Epatica Convulsioni. ECLAMPSIA: Pre-eclampsia + convulsioni .0.056% di tutte le gravidanze. ------------------------------------------------------------------------- Tab.3 Ricoveri di pazienti ostetriche (GENNAIO 1993-GIUGNO 1996) in rianimazione (ICU) GRAVIDANZE NORMALI PRE-ECLAMPSIA HELLP TOT. N. DI PAZIENTI 7863 94 12 7969 CONVULSIONI * --- 4 1 5 PAZIENTI IN ICU 8 11 5 24 G.IN ICU (MEDIA) 14 9 12 11.6 OUTCOME FAVOREVOLE FAVOREVOLE FAVOREVOLE *PRE-ECLAMPSIA+CONVULSIONI=ECLAMPSIA ------------------------------------------------------------------------- tab.4 Farmaci usati nel trattamento delle forme eclamptiche e nelle patologie correlate. Farmaco Dose di carico Mantenimento Effetti terapeutici Effetti collaterali Magnesio (MgSO4 50%) 12 ml (= 6 g) in 100 ml NaCl 0.9% I.V. (15 min.) 2 g/Hr infusione (25 g MgSO4 / 300 ml NaCl 0.9%) 25ml/Hr Controllo delle convulsioni. Range Terapeutico 2 - 4 mmol/l Livelli plasmatici 5 mmol/l : 10 mmol/l :arresto cardiaco CaCL2 10 % 5 - 10 ml iv , O2 con maschera Idantoina (aurantin 150mg/f) 2ff IV (5mins) 200-400mg Controllo delle convulsioni Range Terapeutico 10-20ng/ml Idralazina incrementi 5-10mg Ipertensione passa la placenta-ipotensione neonatale. Labetelolo 1 mg/kg Ipertensione nessun effetto neonatale Nitroprussiato 0.25-0.5 ug/kg/Min Ipertensione nessun accumulo di cianuro nel neonato Nifedipina 40-120 mg/gtt./nasale Ipertensione scarsi effetti fetali ------------------------------------------------------------------------- Tab.5 linee-guida per il taglio cesareo nelle sindromi eclamptiche Monitoraggio: Preclampsia media Monitoraggio di routine (ECG,pressione arteriosa cruenta, pulsossimetro, capnografia o PCO2 transcutanea in anestesia regionale), stetoscopio Preclampsia severa Monitoraggio di routine + una linea arteriosa, venosa centrale o catetere arterioso polmonare + monitoraggio EEG HELLP Monitoraggio di routine + una linea arteriosa, venosa centrale (controllo dei tests di coagulazione) + monitoraggio EEG Anestesia Spinale Ago di Whitacre o Sprotte, Bupivacaina 1% iperbarica 10-15mg secondo l'altezza: < 150 cm 8mg, > 150 cm 10mg, > 160 cm 12mg, > 180 cm 15mg. Livello L1-2.Anestesia Generale se convulsioni o anomalie coagulative. Anestesia Epidurale Indicata specialmente dopo un travaglio in peridurale.10 ml di Bupivacaine 0.5% per avere un'analgesia chirurgica. Rischio di analgesia non completa. Anestesia Generale se convulsioni o anomalie coagulative. Anestesia Generale Antiacido e metoclopramide e.v. Spostamento sinistro o destro dell'utero, pre-ossigenazione di almeno 3-4 min. Induzione: Rapida sequenza: Propofol 100-150 mg o Thiopentale 4 mg/kg con compressione cricoidea, Succinilcolina 1 mg/kg. Mantenimento:Curaro a breve durata d'azione. 50% N2O fino all'estrazione del feto, poi aggiungere fentanyl, isoflurane. Oppure Infusione di Propofol + N2O 50% fino all'estrazione del feto, poi aggiungere fentanyl Evitare la decurarizzazione (Ipertensione ) ------------------------------------------------------------------ __________________________________________________________________ 2 Profilassi a breve termine con vancomicina in cardiochirurgia secondo un protocollo "a frequenza variabile" __________________________________________________________________ Riccardo Campodonico, G. Andrea Contini, Daniela Albertini, Anna Maria Antonelli, Claudio Reverberi Divisione e Cattedra di Cardiochirurgia - Azienda Ospedaliera di Parma Parma Per eventuale corrispondenza: Dott. R. Campodonico Divisione di Cardiochirurgia Azienda Ospedaliera di Parma Via Gramsci 14 43100 Parma E-Mail: ricrob@mbox.vol.it Summary In the year 1991 we had reasons to fear an outbreak of ICU infections from Gram- bacteria and, at the same time, in order to prevent post-operative endocarditis caused by methicillin resistant staphylococci we decided to narrow the antibacterial spectrum of short-term perioperative chemoprophylaxis and use vancomicin. From January 1st 1992 to June 30th 1996 we operated with extracorporeal circulation 2491 patients: 1699 for myocardial revascularization procedures, 611 for valvular repair or replacement, 61 for correction of congenital cardiac defects, 73 for aortic dissection and 47 for various cardiac lesions. In all elective patients (2371) vancomicin has been administered by slow intravenous infusion at the dose of 15 mg/Kg to be completed before anesthesiologic induction. On arrival in the ICU after operation the drug was administered at the dose of 500 mg every 6 hours until every chest tube drain had been removed from 1992 to 1995; and from January 1996 at the dose of 12,5 mg/kg repeated with a schedule in function of creatinine clearance. If renal failure pre-existed operation, vancomicin doses were titrated following assessment of kinetic of serum levels of drug. After discontinuation of vancomicin in the presence of fever and elevated white blood cell count trimetoprim-sulphametossazole or ciprofloxacin were administered while waiting for urine cultures. Twenty patients had major postoperative infections (mediastinitis 4pts, infective endocarditis 1 pt., bacteremia 15 pts.) and twenty-two patients underwent surgical treatment of minor or chronic sternal or leg wound infection. Forty-two patients had postoperative renal failure (i.e. serum creatinine levels > 2,2 mg/dl) only in 3 pts renal failure could possibly be attributed to vancomicin administration. Vancomicin is in our experience safe and effective in perioperative antibacterial prophilaxis in patients undergoing cardiac surgery. Key words: Cardiac surgery, perioperative infection, vancomicin, prophilaxis, Riassunto Gli Autori descrivono l' impiego della vancomicina come profilassi antibiotica a breve termine in oltre duemila pazienti sottoposti a chirurgia cardiaca. Il farmaco é stato scelto sulla base della sua efficacia battericida nei confronti dei più temibili e frequenti batteri responsabili della maggior parte delle infezioni perioperatorie e delle endocarditi su materiale protesico. La posologia del farmaco é stata adattata alla funzionalità renale dei pazienti: solo lo 0,12% dei pazienti ha avuto insufficienza renale sicuramente attribuibile all' impiego di vancomicina. Nello 0,8% dei pazienti si sono osservate infezioni maggiori: 4 mediastiniti, una endocardite, 15 batteriemie; quarantadue pazienti (1,7%) hanno richiesto il trattamento chirurgico di infezioni minori o granulomatose croniche delle ferite chirurgiche. Non si é rilevata l'emergenza di ceppi di Stafilococchi resistenti all' antibiotico. Introduzione La chirurgia cardiaca é una chirurgia pulita (1° classe d' Altemeier), ma la circolazione extra-corporea, la complessità delle procedure, la presenza di materiale protesico possono aumentare sensibilmente il rischio di infezioni; se questo avviene, le conseguenze per il paziente possono essere catastrofiche L'efficacia della profilassi antibiotica perioperatoria nel prevenire le infezioni profonde, superficiali o protesiche in chirurgia cardiaca e vascolare é documentata dalla letteratura internazionale; il calcolo del rapporto costo-efficacia dell'antibiotico profilassi evidenzia che il costo da solo giustifica la profilassi. (1) La maggior parte delle infezioni acquisite durante un intervento chirurgico è determinata dalla flora microbica del paziente; la restante parte é di natura esogena e deriva dai membri dell'equipe chirurgica. Un ruolo secondario, invece, é stato attribuito alle strutture e agli arredi delle sale operatorie. (2) La realtà epidemiologica degli ultimi anni vede nello Staphylococcus species la principale causa di infezione su ferita dopo interventi puliti soprattutto quando venga utilizzato del materiale protesico; in questo specifico caso, inoltre, le species coagulasi negative, e principalmente lo S. epidermidis, rappresentano la causa principale di infezione su corpo estraneo. (3) (4) Ci si può trovare difronte sia ad in infezioni a decorso acuto e con manifestazioni devastanti oppure ad infezioni subdole che portano lentamente alla disfunzione della protesi e/o al suo distacco. La terapia medica richiede l'impiego di antibiotici ad alto dosaggio, trattamenti prolungati, degenze ospedaliere lunghe e costose. Poiché questi microrganismi, se acquisiti in ambiente ospedaliero, sono, per la maggior parte dei casi, multi-antibiotico-resistenti (in particolare oxacillina-resistenza) (4) (5) e poiché lo Staphylococcus aureus, dopo un lieve declino negli anni sessanta e settanta a favore dei Gram-negativi, sta rioccupndo un posto di rilievo tra i patogeni intranosocomiali e gli agenti infettanti post-chirurgici, la scelta antibiotica in profilassi e terapia appare notevolmente limitata. In questo particolare contesto i glicopeptidi rappresentano l'unica classe di farmaci con caratteristiche antimicrobiche ideali. In particolare, la vancomicina, anche se usata in clinica da più di trent'anni, resta l'unico antibiotico ad avere conservato pressoché intatta la sua attività antistafilococcica. La vancomicina, infatti, esercita la sua azione antimicrobica inibendo sia la sintesi e l'assemblamento dei polimeri di peptoglicano della parete cellulare, che alterando la permeabilità della membrana citoplasmatica dei protoplasti batterici. (6) (7) Queste azioni determinano un effetto battericida che si esercita in maniera significativa quando i microrganismi sono in fase di moltiplicazione. Lo spettro d'azione dell'antibiotico si estende unicamente sui microrganismi Gram-positivi con particolare sensibilità sui patogeni nosocomiali multi-antibiotico-resistenti (8) e con esclusione di batteri di raro isolamento nosocomiale quali Leuconostoc species, Pediococcus species ed alcuni lattobacilli. (9) Per via sistemica, ne é stata studiata l'efficacia nel prevenire le infezioni su catetere venoso centrale o per emodialisi (10), per uso topico ne é stata verificata l'efficacia nelle infezioni su derivazioni del liquor cefalorachidiano e nelle mediastiniti secondarie a toracotomia.(11) Poiché nel considerare l'adeguatezza di un certo farmaco per un certo tipo di profilassi, devono essere soddisfatte alcune caratteristiche includenti lo spettro, la selettività sui microrganismi ritenuti targets, le caratteristiche farmacocinetiche e di distribuzione tissutale, la tossicità ed il costo, abbiamo ritenuto che la vancomicina rispondesse alle nostre esigenze nel momento in cui, dopo aver usato per 18 anni consecutivi oxacillina in profilassi per intervento cardiochirurgico, tale antibiotico non ha più risposto alle caratteristiche sopracitate. Nel corso del 1991, infatti, abbiamo avuto ragione di temere la possibilità di un outbreak di infezioni da Gram negativi nella nostra terapia intensiva dedicata alla cardiochirurgia, e per questa ragione abbiamo deciso di indirizzare la chemioprofilassi perioperatoria a breve termine verso la copertura contro stafilococchi meticillino-resistenti. Per questa ragione, ed in virtù delle considerazioni precedenti, abbiamo iniziato ad impiegare la vancomicina. Pazienti e metodi Dal 1° gennaio 1992 al 30 giugno 1996 abbiamo operato, con l' impiego della circolazione extracorporea, un totale di 2491 pazienti,1864 maschi e 627 femmine, di età media 61,5±10,5 anni (range 2-81). Il 68.2 % dei pazienti (1699) é stato sottoposto a procedure di rivascolarizzazione miocardica per angina stabile in III classe CCS od instabile e coronaropatia plurivasale con le seguenti caratteristiche: DA isolata 55 (3,2%); malattia di due vasi 362 (21,3%); malattia di tre vasi 946 (55%). In 334 pazienti (19,6%) era presente stenosi del tronco comune della coronaria sinistra. L' intervento di rivascolarizzazione, in media 2,58 anastomosi distali/paziente, ha comportato per il 89.1% (1541) l'impiego di anastomosi termino-laterale dell' arteria mammaria interna alla interventricolare anteriore associato spesso ad innesti aortocoronarici in vena safena (media di 1,47 anastomosi distali in vena/paziente). Alcuni pazienti, inoltre, sono stati sottoposti ad intervento associato di sostituzione valvolare o di aneurismectomia del ventricolo sinistro oppure a tromboendoarterectomia carotidea. La chirurgia valvolare, aortica e/o mitralica ha interessato 611 pazienti ed ha utilizzato sia tecniche di sostituzione che di riparazione della valvola nativa; 61 pazienti hanno subito la correzione di difetti congeniti, 73 sono stati operati d'emergenza per dissezione aortica di tipo A e 47 per lesioni cardiache varie (tumori, trombosi intracavitaria ecc.) (Tabella I). Durante il periodo preso in esame, la profilassi antibiotica con vancomicina per gli interventi elettivi (2371) é stata effettuata in due modi differenti. In un primo periodo, compreso tra il 1 gennaio 1992 ed il 31 dicembre 1995, il regime scelto ha previsto la somministrazione di vancomicina alla dose di 15 mg/kg da iniziarsi 3 ore prima delle manovre anestesiologiche e con una durata d'infusione di 2 ore; la successiva somministrazione é consistita di 500 mg ogni 6 ore da iniziarsi al termine della circolazione extracorporea e da continuarsi in terapia intensiva fino alla 42 ora post-operatoria. Nel caso di persistenza dei drenaggi mediastinici alla 42 ora, il regime veniva continuato fino alle prime 6 ore successive alla rimozione dei drenaggi stessi. Dal momento, tuttavia, che nel secondo semestre del 1995 ed ancora di più all'inizio del 1996 abbiamo osservato una significativa tendenza all'incremento dell' età media dei pazienti (da 60,2 del 1992 a 61,43 del 1995 a 63,7 del primo semestre del 1996 (p=0,0015), e poiché la standardizzazione del dosaggio male ci é sembrata adattarsi alle spiccate variazioni di peso dei vari pazienti, abbiamo deciso di modificare in via prudenziale lo schema di somministrazione adottando, a partire dal 1 gennaio 1996, un nuovo protocollo di somministrazione. 1. Dose d'attacco: 15 mg/kg da iniziarsi 3 ore prima delle manovre anestesiologiche e della durata di 2 ore. 2. Dose di mantenimento: 12.5 mg/kg da somministrarsi all'intervallo di tempo stabilito dal calcolo della clearance della creatinina (*) secondo la formula seguente: • Maschi: ((145 - Età) / Creatininemia) - 3 • Femmine: Clearance per maschi x 0.85 Anche in quest'applicazione la vancomicina é stata continuata per 42 ore post-operatorie e, nel caso di persistenza dei drenaggi mediastinici alla 42 ora, il regime é proseguito fino alla prima somministrazione successiva alla rimozione dei drenaggi. La vancocinemia media (determinata un'ora prima dello scadere del tempo utile per la somministrazione successiva) é stata di 9,35 ± 4,64 ng/ml. Dopo la sospensione della vancomicina, purché in presenza di febbre e di leucocitosi e comunque in attesa dei referti dei campioni di sorveglianza batteriologica, veniva mantenuta una copertura antibiotica con trimetoprim-sulfametossazolo o ciprofloxacina. La sorveglianza batteriologica nei pazienti con decorso post-operatorio regolare é consistita nella sistematica coltura delle punte dei drenaggi mediastinici dopo la rimozione, nella urocoltura prima della rimozione del catetere vescicale e nella eventuale coltura del bronco-aspirato qualora le secrezioni aspirate prima della estubazione del malato avessero aspetto purulento. Per minimizzare la possibilità di contaminazione accidentale da S. epidermidis, durante la manovra di rimozione dei drenaggi, la cute veniva preparata con povidone iodio. Nei pazienti che hanno richiesto prolungata assistenza respiratoria o che sono stati operati d'emergenza, alla somministrazione di vancomicina si é associata la somministrazione di cefotaxime per via parenterale associata o no, a seconda dei casi, a decontaminazione selettiva del tratto gastroenterico (SDD) secondo una tecnica di Van Saene e Stoutembeek modificata (12),(13),(14). Risultati 2331 pazienti sono sopravvissuti all'intervento; la mortalità operatoria media del 6,4% é attribuibile a cause direttamente correlate alla situazione clinica preoperatoria ed alle evenienze chirurgiche e differisce nelle singole categorie di rischio. Si é constatato infarto miocardico perioperatorio in 112 pazienti (4,5%), con o senza complicazioni quali aritmie o sindrome da bassa portata. La sindrome da bassa portata, definita come ipotensione arteriosa ed oliguria in presenza di volemia normale o aumentata si é manifestata nel 25% circa dei pazienti senza infarto perioperatorio ed ha richiesto l' impiego di inotropi non digitalici; in una significativa percentuale di pazienti ha determinato il prolungarsi della ventilazione meccanica. La ventilazione artificiale, che nella maggior parte dei pazienti non dura oltre 16 ore dopo l'arrivo in Unità di Cure Intensive, é stata prolungata anche in relazione a due altre peculiari complicazioni perioperatorie: la presenza di disturbi del sistema nervoso centrale (di entità variabile da un più frequente stato di stupore prolungato, in assenza di lesioni organiche, fino ad uno stato di coma dovuto ad accidente cerebrovascolare acuto) nel 4% dei pazienti e l' eccessivo sanguinamento post-operatorio (in media 1083±585 ml) che in 105 pazienti (4,2%) ha richiesto il controllo chirurgico dell' emorragia. Venti pazienti (0,8%) hanno avuto infezioni post-operatorie maggiori: in 4 pazienti si é verificata mediastinite che ha richiesto toelette chirurgica e un trattamento aggressivo con irrigazione continua del mediastino con soluzione di povidone-iodio; un paziente ha avuto endocardite batterica precoce da S. Aureus mentre 15 pazienti hanno presentato emocoltura positiva senza segni di endocardite. Quarantadue pazienti (1,7%) hanno richiesto il trattamento chirurgico di infezioni minori o granulomatose croniche da corpo estraneo della ferita sternale o della gamba sede di prelievo di vena safena. Quarantadue pazienti (1,7%) hanno avuto insufficienza renale post-operatoria transitoria e reversibile (definita da creatininemia > 2, 2 mg/dl), ma solo in 3 di essi era ipotizzabile un nesso di causalità con la somministrazione di vancomicina (tutti e tre i casi si sono verificati con lo schema di somministrazione in uso fino al 1996) La positività della coltura dei campioni di sorveglianza non é sinonimo di infezione né di colonizzazione batterica, tuttavia in un contesto batteriologicamente "pulito" quale quello cardiochirurgico assume un significato di allarme; nella tabella III é sintetizzato il numero totale di specie isolate nel totale di campioni inviati per tutti i pazienti: appare evidente che si é verificata una riduzione della prevalenza di campioni positivi (da 0,857 per paziente nel 1991 a 0,631 nel 1993 fino a 0,502 nel 1995); inoltre si é notevolmente ridotto il numero di specie Gram negative, dal 24% circa del 1991 al 10-11% degli anni successivi. Conclusioni Nel periodo perioperatorio i pazienti che necessitano di cure intensive sono soggetti, rispetto alla popolazione ospedaliera generale, ad un rischio infettivo più elevato (18% vs. 6% )(15),(12) . Con l' impiego oculato della profilassi antibiotica tale rischio può essere minimizzato se la profilassi viene indirizzata contro i microorganismi che più verosimilmente sono responsabili delle infezioni post-operatorie. I cocchi Gram positivi, specialmente gli stafilococchi, sono responsabili sia di gran parte delle infezioni nei pazienti sottoposti a rivascolarizzazione miocardica (16),(18) che del 25-35% di tutte le endocarditi su valvola nativa, (17) mentre gli stafilococchi coagulasi-negativi, inconsueti nell' endocardite delle valvole native, sono responsabili di circa il 40% delle infezioni su protesi valvolare.(17). Tra questi ultimi una grande percentuale degli Stafilococchi epidermidis che causano endocardite sono meticillino ed oxacillino resistenti e, conseguentemente, resistenti ad altri antibiotici beta-lattamici. La vancomicina ha dato buoni risultati nella prevenzione d'endocardite in un gruppo di pazienti ambulatoriali sottoposti a procedure odontoiatriche o genitourinarie (18) mentre il suo spettro antibatterico ha dimostrato attività in vitro nei confronti di stafilo e streptococchi a concentrazioni minime inibenti tra 3-5 mg/l fino a 8 mg/l per alcuni ceppi di Staphylococcus epidermidis. Eliminato in massima parte per via renale, il farmaco ha una buona distribuzione tissutale raggiungendo concentrazioni significative nei liquidi pleurico e pericardico, nell'osso (19 ) e nelle valvole cardiache. (20) Nella nostra casistica abbiamo rilevato effetti collaterali all'infusione del farmaco soltanto all'inizio dell'esperienza; tali manifestazioni sono consistite in alcuni casi di ipotensione e/o di "red man syndrome" verosimilmente legate alla liberazione di istamina mediata dalla vancomicina stessa. In tutti i casi si é rilevata un'infusione troppo veloce tanto che si é risolto il problema senza mai sospendere il farmaco, ma semplicemente rallentandone la velocità di somministrazione. Il protocollo d'infusione attuale prevede l'inizio della somministrazione tre ore prima delle manovre anestesiologiche per una durata di due ore, per la dose preoperatoria; altrettanto lunga la durata d'infusione delle dosi post-operatorie. In tre casi (0.12%) su 2491 abbiamo osservato l'insorgere di insufficienza renale post-operatoria sicuramente attribuibile all'uso di vancocina, ma tale evenienza si é verificata unicamente nei pazienti trattati con un regime a dosaggio e cadenza temporale fissa. Proprio a causa della scarsa flessibilità e personalizzazione (peso corporeo, età, funzionalità renale) di un regime che aveva fisso dosaggio e fisso intervallo di somministrazione, all'inizio del 1996 abbiamo adottato un nuovo regime di infusione che aveva un dosaggio fisso (12.5 mg/Kg), ma un intervallo di somministrazione variabile a seconda della clearance (stimata) della creatinina (Tab.II) Tale cambiamento di approccio ci ha, da subito, permesso un uso personalizzato del farmaco tanto da riuscire ad includere nel protocollo tutti i pazienti operati (urgenze, emergenze, insufficienza renale pre-operatoria, ultrassettantenni o ultraottantenni) senza esclusione alcuna; i controlli personalizzati della vancocinemia hanno permesso, inoltre, di correggere eventuali sotto / sovradosaggi assicurando una vancocinemia media, dosata a "valle", di 9.35 ± 4.64 ng/ml. L'adozione di un protocollo " a frequenza variabile" si é rivelata essere una scelta vincente nella nostra routine; l'uso di tale protocollo é altamente raccomandabile per la praticità d'esecuzione, la tollerabilità e l'assenza di complicanze legate ad un uso troppo "standardizzato" del farmaco. Tabella I: Caratteristiche cliniche della popolazione di pazienti sottoposti a profilassi perioperatoria a breve termine con vancomicina Numero pazienti 2491 Maschi/Femmine 1864/627 Età media ± SD (range) 61,5 ± 10,5 (2-81) Intervento coronarico 1699pz anastomosi distali 2,58/pz mammaria interna 1541 pz anastomosi in safena 1,47/pz Intervento valvolare 611 Congeniti 61 Emergenza (dissezione, altro) 120 Tabella II: Intervallo in ore fra le somministrazioni successive di vancomicina in funzione della clearance della creatinina stimata Clearance Creatinina (ml/min) Intervallo somministrazioni > 100 ogni 12 ore 80-100 ogni 18 ore 60-79 ogni 24 ore 50-59 ogni 30 ore 40-49 ogni 36 ore 30-39 ogni 48 ore 20-29 ogni 72 ore 10-19 ogni 96 ore < 10 15 mg/kg ogni 7-10 giorni (*) Nei pazienti con più di 50 anni si é considerata una creatininemia pari a 1.0 anche in presenza di rilievi inferiori a 1.0. Tabella III: specie batteriche coltivate dai campioni di sorveglianza prelevati durante la permanenza in UCI dei pazienti operati, in un periodo precedente e seguente la scelta della profilassi con vancomicina Anno 1991 1993 1995 N.pts. 415 470 672 S.Aureus coag.+ 60 (14.45%) 29(6.17%) 43(6.4%) S.Epidermidis 116(28%) 186(39.5%) 197(29.3%) D.Pneumoniae 2 - - Enterococci 2(0.48%) 7(1.48%) 17(2.52%) N.Meningitidis 1 - - P.Aeruginosa 15 7 17 E.Coli 44 18 32 M.Morganii 8 4 - K.Pneumoniae 35 9 11 Citrobacter Freundii 5 - 1 H.Influenzae 10 7 - H.Influenzae ampicillina + 5 1 - H.Parainfluenzae 1 1 - P.Mirabilis 9 6 3 Enterobacter 6 10 8 Serratia Marc. - 3 3 Candida albicans 30 7 5 Candida Krusei 3 1 1 Candida tropical 4 1 - Bibliografia 1. Hopkins CC. Antibiotic prophylaxis in clean surgery: peripheral vascular surgery, noncardiovascular thoracic surgery, herniorraphy and mastectomy. Rèv.Inf.Dis. 1991;13((Suppl.10)):S869-73. 2. Ayliffe GAJ. 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Pavia, Italy Introduzione Il cloralosio, sostanza ottenuta dalla combinazione di una molecola di cloralio e di una di glucosio, viene impiegato come rodendicida organico di sintesi, ed è commercializzato in Italia in apposite esche ed in polvere. Un altro derivato del cloralio, l'idrato di cloralio, viene impiegato diffusamente nei paesi anglosassoni come sedativo-ipnotico non-barbiturico per l'induzione dell'anestesia gemerale. L'assunzione di grosse quantità di derivati del cloralio, per lo più volontaria, è causa di gravi intossicazioni con effetti depressivi sul SNC (corteccia e sostanza reticolare), sull'apparato respiratorio e su quello cardiovascolare. In massive overdoses l'idrato di cloralio presenta un' emivita prolungata da 8 a 35 ore e la depurazione extra-corporea mediante emodialisi può essere efficace nel rimuovere fino al 34% dei depositi corporei (1). Nel caso clinico qui descritto, un'intossicazione acuta di cloralosio è stata trattata con l'emofiltrazione artero-venosa continua (CAVH) della durata di 2 giorni. Caso clinico Nel giugno 1994, una giovane donna di 23 anni veniva accompagnata dai familiari al Pronto Soccorso dell'Ospedale priva di coscienza, in preda a crisi convulsive e difficoltà respiratoria. All'esame neurologico, la donna presentava un Glasgow Coma Score pari a 7, non rispondeva allo stimolo verbale, e manifestava mioclonie e crisi convulsive alla minima stimolazione. La paziente era cianotica, con fasi d'apnea consecutive agli episodi convulsivi; scialorrea e broncorrea complicavano il quadro respiratorio. La determinazione dei gas del sangue rivelava una grave ipossiemia (pO2 48 mmHg), ipercapnia (pCO2 50 mmHg) ed acidosi respiratoria. La pressione arteriosa era di 90/50 mmHg e l'ECG mostrava una tachicardia sinusale (130 battiti/min) interrotta da frequenti extrasistoli sopraventicolari. Lo stato neurologico e le condizioni ventilatorie motivavano l'intubazione endotracheale e la ventilazione meccanica a pressione positiva ad elevata FiO2. Le mioclonie e le crisi convulsive imponevano boli ripetuti di diazepam e di propofol. Il racconto dei familiari della donna svelava l'assunzione volontaria, in epoca imprecisata, del contenuto di una bustina (3,3 g) di un ratticida (Murex), a base di polvere di cloralosio al 62,5%. La donna, in preda ad una grave sindrome depressiva per la morte recente del marito, era al terzo tentativo di suicidio. La pz. veniva quindi sottoposta al lavaggio gastrico, con sospensione di carbone attivato, e alla catarsi salina. La persistenza del quadro neurologico, emodinamico e respiratorio motivavano il trasferimento della pz. in terapia intensiva dove veniva proseguita la ventilazione meccanica a pressione positiva ed instaurata una terapia infusionale con cristalloidi previo incannulamento di una vena centrale. Il susseguirsi degli episodi convulsivi imponeva dosi subentranti di diazepam , ma soltanto l'impiego di propofol in infusione continua (200 mg/h) permetteva il controllo dello stato convulsivo. Il perpetuarsi dello stato ipotensivo (PAO 90/60 mmHg) richiedeva il riempimento vascolare con gelatina (Emagel 1000 ml) e l'uso di un inotropo (dobutamina 5 mcg/kg/min). Il grave quadro clinico, la quantità di cloralosio ingerita superiore alla dose minima letale per un adulto (2), e le caratteristiche farmaco e tossicocinetiche del tossico, motivavano il ricorso alle tecniche di depurazione extra-renale. La scelta dell'emofiltrazione artero-venosa continua (CAVH) era motivata dalle precarie condizioni emodinamiche della pz. che non avrebbero consentito l'impiego delle tecniche depurative tradizionali (emodialisi) e dalla relativa semplicità d'uso della tecnica che ne permetteva l'applicazione immediata al letto della pz. Il Kit di emofiltrazione utilzzato, (GAMBRO AV 66), consisteva di un filtro a fibre cave, di una cannula arteriosa, di una venosa di un circuito arterioso e di uno venoso. Il sistema veniva assemblato previo incannulamento dei vasi femorali. Il liquido di emofiltrazione a composizione elettrolitica nota, regolato da una pompa volumetrica peristaltica (Abbott), era infuso con il metodo pre-diluzionale (pre-filtro). Una seconda pompa garantiva la produzione oraria d'ultrafiltrato voluta. L'anticoagulazione del sistema era ottenuta con l'infusione di eparina (500 UI/h all'inizio, poi secondo i valori del PTT) tramite pompa-siringa. La quantità di ultrafiltrato nelle 24 ore (500 ml/h) è stata di 12 litri. La sospensione della sedazione continua dopo circa 30 ore dall'inizio della CAVH ha permesso la ripresa della coscienza con completa risoluzione dello stato convulsivo, mentre l'interruzione dell'emofiltrazione avveniva dopo circa 48 ore. Il recupero dell'attività respiratoria spontanea della pz. ne permetteva l'estubazione , mentre la dimissione avveniva dopo 5 giorni dal ricovero senza reliquati neurologici in ottime condizioni generali. Campioni di sangue e di ultrafiltrato, basali, dopo 2, 8, 14 e 21 ore dall'inizio dell'emofiltrazione, sono stati prelevati per la determinazione dei livelli di cloralosio. Non è stato effettuato alcun prelievo dell'urina prodotta. Non è stato possibile, inoltre, collezionare il materiale raccolto dalla gastrolusi. Risultati I livelli di cloralosio nel plasma e nel filtrato sono riportati in tabella 1 : Tab.1.Livelli di cloralosio ore plasma (mcg/ml) filtrato (mcg/ml) 0 12 0 2 8 2,5 8 1 0,5 14 0,1 0,1 21 0 0 Il tricloroetanolo e l'acido tricloroacetico, metaboliti del cloralosio e ritenuti responsabili degli effetti tossici del cloralio e dei suoi derivati, non sono stati riscontrati nei liquidi in esame. Discussione Le tecniche di rimozione extracorporea differiscono grandemente nella capacità di allontanamento di una sostanza. Il principio fisico dell'emofiltrazione, la convezione, determina lo spostamento di un fluido e dei soluti in esso contenuti attraverso una membrana semi-permeabile, secondo un gradiente di concentrazione (processo simile alla filtrazione glomerulare). Il trasporto per convezione è in grado di rimuovere molecole di dimensioni maggiori di quanto non sia possibile con la diffusione sfruttata durante emodialisi, e questo potrebbe giustificare l'impiego clinico dell'emofiltrazione nell'allontanamento delle sostanze tossiche. Le metodiche emofiltrative continue artero-venose (CAVH) e veno-venose (CVVH), così come l'emodiafiltrazione artero-venosa continua (CAVD-H), impiegate già in rianimazione nei pazienti critici per correggere alterazioni idroelettrolitiche, insufficienze cardiache congestizie e sindromi d'insufficienza multipla d'organo, possono presentare alcuni vantaggi nel trattamento delle intossicazioni acute. La rimozione continua giornaliera di 15-20 e più litri di filtrato permette la clearance di grandi quantità di soluti. Inoltre, la continuità della metodica può controbilanciare gli effetti rebound che si verificano comunemente con le tecniche intermittenti di emodialisi o di emoperfusione. Le indicazioni alle tecniche continue potrebbero essere estese a quelle sostanze ritenute dializzabili ma dotate di alto volume di distribuzione e pertanto non aggredibili con le metodiche extra-renali intermittenti. Nel caso qui riportato la scomparsa del cloralosio dal sangue ha seguito una retta di decadimento con un slope di -0.55 ed una costante di tempo di -1,83. La completa scomparsa dal siero si è ottenuta dopo 20 ore dall'inizio della CAVH. I valori di cloralosio nell'ultrafiltrato hanno mostrato, che con una velocità di estrazione di 500ml/hr è stato possibile estrarre 1.25 mg/hr quando la concentrazione sierica era di 8 mcg/ml, 0.25 mg/hr con una concentrazione sierica di 1mcg/ml e di 0.05mg/hr con una concentrazione sierica di 0.1 mcg/ml. Questo testimonia una capacità depurativa interessante della CAVH nei confronti del cloralosio. I "classici" metaboliti del cloralosio, il tricloroetanolo e l'acido tricloroacetico, ritenuti responsabili degli effetti tossici del cloralio e dei suoi derivati, non sono risultati presenti nei liquidi in esame: questo mancato ritrovamento potrebbe aprire un nuovo aspetto della tossicocinetica di queste sostanze. Conclusione Sebbene i presupposti teorici siano interessanti nel prospettare le tecniche di emofiltrazione continua come strumenti depurativi efficaci nell'allontanamento di un tossico, le applicazioni cliniche delle depurazioni continue sono pochissime e richiedono chiare dimostrazioni di validità nelle intossicazioni acute. Tutti gli studi sinora condotti sulla rimozione di sostanze con le tecniche extracorporee continue riguardano agenti terapeutici (4). La nostra esperienza con la CAVH sembra offrire una valida alternativa alle tecniche "tradizionali" sia in termini di efficacia che in termini di costo/beneficio e potrebbe contribuire, pertanto, ad un maggiore interesse nei confronti di tali metodiche in ambito tossicologico. Bibliografia 1. Hoffman R.S, Goldfrank L.R. Critical Care Toxicology. Churchill Livingstone, 1991 pag. 79 2. Bozza Marrubini M., Ghezzi Laurenzi R., Uccelli P. Intossicazioni Acute. OEMF 2a Edizione, 1989 pag. 308-310 3. Stalker N.E., Gambertoglio J.G., Fukumitsu C.J., Naughton J.L., Benet L.Z. Acute massive Chloral hydrate intoxication treated with hemodialysis: a clinical pharmacokinetic analysis. The Journal of Clinical Pharmacology 136-142, February-March, 1978 4. Golper T.A., Bennet W.M. Drug removal by continuous arterovenous haemofiltration. Medical Toxicology 3: 341-349 (1988) ____________________________________________________________ 4 MANUALI DI ANESTESIA:Anestesia in Ortopedia (2a parte) ___________________________________________________________________________ Questa rubrica, curata dal dott. Lelio Guglielmo, presenta i protocolli anestesiologici adottati ,nelle varie specialità chirurgiche , dal Servizio di Anestesia e Rianimazione dell' Ospedale Buccheri La Ferla. Questi manuali che sono il frutto di studi e dell'esperienza di oltre 15 anni di attività anestesiologica non pretendono ovviamente di avere un carattere "universale" . E' evidente altresì che l'applicazione delle procedure descritte va valutata criticamente in relazione al proprio ambiente di lavoro. La parte riguardante le considerazioni chirurgiche è stata realizzata in collaborazione con i chirurghi delle varie specialità, operanti nel nostro ospedale. Qualsiasi commento o critica è bene accetta e deve essere inviata a leliobuc@mbox.vol.it. oppure alla redazione LANZA@mbox.unipa.it PROTESI DI GINOCCHIO Le osteoartriti sono le indicazioni più comuni per questo intervento. Nel caso di pazienti affetti da artrite reumatoide valgono le stesse considerazioni già viste nei pazienti sottoposti a protesi di anca. (Esia-ottobre 96.) Considerazioni chirurgiche In questa procedura, attraverso l'artrotomia del ginocchio, viene inserita una protesi di parti metalliche e plastiche al posto delle superfici articolari del ginocchio che vengono resecate. Attraverso una incisione verticale vengono esposte il femore, la patella e la tibia. Le estreme parti distale del femore e prossimale della tibia vengono resecate con una sega. Dopo preparazione e appropriato allineamento dei segmenti ossei le parti della protesi vengono inserite nella estremità distale del femore e prossimale della tibia. Esse possono essere cementate o meno. La patella viene riallineata. Alla fine vengono posizionati i drenaggi e suturati i tessuti sottocutanei e cutanei. Usuale diagnosi preop.: Artrite e artrosi del ginocchio; SOMMARIO DELLE PROCEDURE Posizione supina Incisione anteriore, verticale Consideraz.speciali Tourniquet (viene posizionato ma non utilizzato). Alla fine dell'intervento viene collegato ai drenaggi il dispositivo SOLCOTRANS per il recupero del sangue drenato Antibiotici Ceftriaxone 2gr. T.chirurgico 2-3 h. Perdite ematiche 300-750ml Mortalità minima Morbidità Trombosi venosa profonda: -senza profilassi: 50-75% -con eparina :10-20% Sublussazione di patella: 30% Infezione della ferita: 5% Embolia polmonare: 1-7% Revisione dell'intervento (dopo 10a.:5%) Lesione N.peroneale: 1-5% Ematoma: 1% Scala dolore 8-9 CARATTERISTICHE DELLA POPOLAZIONE DEI PAZIENTI Età: >60a. Incidenza 10.000/a. in Italia Eziologia Artrosi Artrite con varismo o valgismo Artropatia emofilica Considerazioni anestesiologiche PREOPERATORIO Per quanto riguarda la valutazione preoperatoria dei sistemi respiratorio, cardiovascolare, renale etc. consultare la sezione riguardante il preoperatorio dei pazienti sottoposti ad endoprotesi d'anca (Esia-ottobre 96.) Premedicazione della veglia: trattandosi spesso di pazienti non molto anziani (50-60a.) può essere utile somministrare 1-2 mg di Lorazepam la sera e la mattina dell'intervento. INTRAOPERATORIO Premedicazione: Standard Emodiluizione : Secondo protocollo. Molti pazienti effettuano una donazione prima dell'intervento Dobutamina : Iniziare l'infusione continua, nei pz più a rischio, dopo la premedicazione Anestesia : AP o AS a seconda delle condizioni anatomiche del rachide. Normalmente si utilizza una dose di 12-15mg di Marcaina 1%iperbarica associata a 0.3 ml di adrenalina (vol.tot.di 1.5-1.8ml). E' adeguata una estensione dell'anestesia tra T12 e S5. Cateteri venosi : 1 venflon grigio 16g , 1 venflon rosa 20g (per la dobutamina). Perdite ematiche: Verifcare l'Hb durante l'intervento e nel post-operatorio Monitoraggio : ECG, SaO2, tcPO2-PCO2, pa cruenta, diuresi oraria Sedazione : Diprivan 7-15 ml/hr Complicanze: Trauma dell' a.tibiale posteriore Paralisi postoperatoria del territorio del N.peroneale POSTOPERATORIO Complicanze: Emorragia dall'a.tibiale posteriore Paralisi n.peroneale Analgesia postop: Infusione peridurale continua con Marc.0.3% a 6-9ml/hr oppure Infusione femorale continua (se AS) con Marc.0.3% a 6ml/hr + Diclofenac 75mg.x 2 IM. Il blocco femorale viene praticato subito dopo l'arrivo del paziente in Sala Risveglio. __________________________________________________________________ Informazioni sulla rivista EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY and CRITICAL CARE MEDICINE-Italia- Educational Synopses in Anesthesia and Critical Care Medicine-Italia costituisce la parte Italiana della versione Americana, pubblicata su Internet da Keith J Ruskin, Professore di Anestesia alla Università di Yale. I lavori saranno accettati sia in lingua Italiana che Inglese. In quelli di lingua Italiana un corposo riassunto in Inglese verrà preparato dalla redazione,qualora l'autore non fosse in grado di fornirlo.A cura della redazione sarà inoltre la traduzione in Italiano dei manoscritti inviati in lingua Inglese.La rivista sarà inviata gratuitamente a tutti quelli che ne faranno richiesta inviando il seguente messaggio "Desidero ricevere ESIA versione italiana" indirizzato a LANZA@MBOX.UNIPA.IT La rivista pubblica rewiews e lavori originali compiuti nei campi dell'anestesia e della medicina critica. I lavori originali riguardano ricerche cliniche, di laboratorio e la presentazione di casi clinici. Le reviews includono argomenti per l' Educazione Medica Continua (EMC), articoli di revisione generale o riguardanti le attrezzature tecniche. ESIA pubblica le lettere all'Editore contenenti commenti su articoli precedentemente publicati ed anche brevi comunicazioni.La guida per gli autori può essere consultata collegandosi al sito ANESTIT all'indirizzo: http://mbox.unipa.it/~lanza utilizzando la sezione riservata ad ESIA-Italia Oppure può essere richiesta inviando un messaggio a lanza@mbox.unipa.it EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY and CRITICAL CARE MEDICINE Sezione Italiana E' anche ottenibile attraverso World-Wide Web WWW: L' URL per questo numero di ESIA è: http://mbox.unipa.it/~lanza/esiait/esit9611.txt Il nome della rivista è esitaamm, dove aa è l'anno ed mm il mese (per esempio questo numero è esit9611.txt) LA REDAZIONE DI ESIA ITALIA DIRETTORE Vincenzo LANZA Primario del Servizio d'Anestesia e Rianimazione Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli Palermo LANZA@MBOX.UNIPA.IT Terapia Intensiva Antonio Braschi Primario del Servizio d'Anestesia e Rianimazione 1 Policlinico S. Matteo - IRCCS Pavia Anestesia Cadiovascolare Riccardo Campodonico Responsabile dell'Unità di Terapia Intensiva Cardiochirurgica Azienda Ospedaliera di Parma ricrob@mbox.vol.it Anestesia e malattie epatiche Andrea De Gasperi Gruppo trapianti epatici / CCM Ospedale Niguarda - Milano Medicina critica e dell'emergenza Antonio Gullo Professore di Terapia Intensiva Direttore del Dipartimento di Anestesia e Terapia Intensiva-Università di Trieste Anestesia ed informatica Vincenzo Lanza Primario del Servizio d'Anestesia e Rianimazione Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli Palermo Tosssicologia Carlo Locatelli Direttore del Centro di Informazione Tossicologica Centro antiveleni di Pavia Fondazione Scientifica "Salvatore Maugeri Clinica del Lavoro e della Riabilitazione" Pavia Terapia Antalgica e Cure Palliative Sebastiano Mercadante Aiuto del Servizio d'Anestesia e Rianimazione Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli Palermo