__________________________________________________________________ __________________________________________________________________ ISSN 1080-3521 EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY and CRITICAL CARE MEDICINE - Italia - Il giornale italiano on line di anestesia Vol 7 No 4 APRILE 2002 __________________________________________________________________ __________________________________________________________________ Pubblicato elettronicamente da: Vincenzo Lanza, MD Servizio di Anestesia e Rianimazione Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli Palermo, Italy E-mail: (lanza@mbox.unipa.it) Keith J Ruskin, MD Department of Anesthesiology Yale University School of Medicine 333 Cedar Street, New Haven, CT 06520 USA Office: 203-785-2802 E-mail: ruskin@gasnet.med.yale.edu Copyright (C) 1996 Educational Synopses in Anesthesiology and Critical Care Medicine. All rights reserved. Questo rivista on-line può essere copiata e distribuita liberamente, curando che venga distribuita integralmente, e che siano riportati fedelmente tutti gli autori ed il comitato editoriale. Informazioni sulla rivista sono riportate alla fine. In questo numero: ATTI CONGRESSUALI ONLINE IX ESRA - ITALIAN CHAPTER CONGRESS 2002 - Workshops 1 - Monitoring of regional anesthesia - P. Costantino, D. Celleno 2 - Continuous infusion and PCA in labor: drugs and devices - M.G. Frigo, M. Bosco ______________________________________________________ ATTI CONGRESSUALI ONLINE IX ESRA - ITALIAN CHAPTER CONGRESS La redazione di Esia-Italia è lieta di presentare online gli atti del IX Congresso Nazionale ESRA (European Society of Regional Anaesthesia) - Italian Chapter, tenutosi nel Novembre 2002 a Torino. I presidenti, il comitato organizzatore e il comitato scientifico hanno promosso questa iniziativa della pubblicazione dei lavori congressuali sul web, attraverso ESIA. Infatti da una parte essa si inscrive tra gli scopi di costituzione del gruppo ESRA, teso alla divulgazione delle conoscenze sull'anestesia loco-regionale e alla sua sempre più ampia applicazione nei diversi settori clinici, sottolineando i concetti di "Sicurezza e Outcome" che hanno permeato l'intera attività congressuale, dall'altra si incontra con le finalità di formazione scientifica e tecnica di ESIA-ITALIA, che sfrutta le potenzialità di diffusione e l'immediatezza di approccio, proprie di Internet. Pertanto Esia-Italia dedica alcuni suoi numeri alla pubblicazione dei lavori congressuali e delle comunicazioni migliori, riconosciute dal comitato ESRA. In ogni caso la redazione di Esia-Italia non si riterrà responsabile di errori o di omissioni ravvisabili nei testi prodotti nè dell'eventuale impropria utilizzazione delle tecniche descritte.  _______________________________________________________ ESRA 2002 Italian Chapter - Workshops 1 - Monitoraggio in ALRP.Costantino, D.Celleno Servizio di Anestesia, Rianimazione e Terapia del Dolore Ospedale S.Giovanni Calibita Fatebenefratelli Isola Tiberina - Roma TERMOREGOLAZIONE ED ANESTESIA Segnalazioni di studi sull’importanza della temperatura corporea risalgono a circa la metà del diciassettesimo secolo (12), nel Journal of the Medical Association era riportato un caso di esito infausto dopo intervento chirurgico nel corso del quale si era manifestata ipotermia severa (13), nel 1958 Pickering scriveva su Lancet "…the most effective way of cooling a man is to give him an anesthetic…" (14), ciononostante ancora ai giorni d’oggi il problema del controllo della temperatura corporea nei pazienti sottoposti a pratiche chirurgiche non è affrontato con la dovuta accortezza, in effetti il riscontro di un’ipotermia intraoperatoria è inevitabile se non si ricorre a sistemi di prevenzione. Gli agenti anestetici possono essere responsabili dei seguenti effetti:Deprimono il metabolismo e quindi la produzione di calore del 15-30 % (come sopra riportato la produzione di calore in condizioni di normalità è di 1 kcal/kg/h) (11) Esplicano azione deprimente sui meccanismi termoregolatori ipotalamici abbassando la soglia di termoregolazione per cui le risposte specifiche all’ipotermia sono evocate da temperature inferiori (la soglia di vasocostrizione è spostata verso i 34.5 °C e quella di brivido attorno ai 34 °C) (vedi fig. 2); nello stesso tempo essi determinano un innalzamento della soglia di vasodilatazione e sudorazione, cioè per le risposte all’ipertermia, questa modificazione però riveste minor importanza rispetto alla precedente (1)In definitiva il range di temperatura nel quale non si riescono ad evocare risposte termoregolatrici diviene molto più ampio, il paziente anestetizzato pertanto è molto più esposto alle variazioni della temperatura ambientale ed a tutte le possibili cause di ipotermia (infusioni di fluidi, laparatomie ampie) Inibiscono la risposta vasomotoria, molti farmaci risultano essere simpaticolitici e pertanto ostacolano il principale meccanismo di compenso che è rappresentato dalla vasocostrizione. In corso di anestesia periferica poi oltre al blocco del simpatico ed al rilasciamento muscolare si ha alterazione dei meccanismi di percezione delle afferenze termiche (15) Di conseguenza le risposte dei pazienti anestetizzati a variazioni della propria temperatura corporea risultano particolarmente problematiche e va rimarcato come una condizione di ipotermia più o meno moderata rappresenti quasi un reperto abituale. L’abbassamento della temperatura centrale mostra un andamento caratterizzato da tre fasi (8, 23) (fig. 3):Caduta rapida nel corso della prima ora (ridistribuzione interna del calore dal centro verso la periferia)  Caduta molto lenta per le due ore seguenti, le perdite superano la quota di calore prodotto Stabilizzazione (plateau), in alcuni casi la temperatura dei pazienti si stabilizza attorno ai 35-36 °C, in altri che continuano a perdere calore si nota ricomparsa della vasocostrizione per temperature di pochissimo inferiori ai 35 °C Secondo dati recenti un’ipotermia misconosciuta è molto frequente per temperature ambientali di 20-23 °C (17) ed il paziente anziano è maggiormente sensibile alla bassa temperatura ambientale in quanto, anche in condizioni normali, ha una minor produzione di calore e le sue risposte termogeniche (vasocostrizione e brivido) sono molto meno efficaci (17,11). Gli studi sugli effetti dell’anestesia in maggior misura sono stati svolti in corso di anestesia generale, sino a poco tempo addietro era difficile trovare segnalazione di casi di ipotermia in corso di anestesia periferica, ciò però non vuol dire che non si determini ipotermia (15,18); in seguito si è ritenuto che vi fosse quanto meno una stessa percentuale di incidenza, infatti l’anestesia regionale inibisce la risposta vasocostrittrice ed il brivido ed impedisce l’afferenza talamica delle stimolazioni termiche per blocco periferico ciò indurrebbe in errore il centro termoregolatore che verrebbe attivato solo per temperature inferiori. Altre spiegazioni al fatto che le segnalazioni di alterazioni della temperatura interna in corso di anestesia periferica sono minori risiedono nel fatto che l’anestesia subaracnoidea od epidurale in molti casi sono state usate in corso di interventi di piccola chirurgia, di breve durata, senza necessità di incisioni laparatomiche, con minori perdite e pertanto con ridotta necessità di infusioni di fluidi. Studi successivi però (26, 27) hanno dimostrato che la comparsa di ipotermia è più frequente con l’anestesia generale che con le tecniche di anestesia locoregionale, in effetti la produzione di calore con la sola anestesia periferica rimane normale. L'ipotermia perioperatoria rappresenta un problema di rilevante entità, perfettamente prevedibile e che, laddove viene affrontata non con la dovuta decisione può essere fonte di severe complicanze. Si inizia a parlare di ipotermia allorquando la temperatura corporea interna raggiunge i 36 °C od addirittura scende a valori inferiori; è infatti accettato quale indice di normotermia il valore di 37 °C di temperatura interna (core body temperature). L'incidenza della ipotermia perioperatoria è veramente rilevante : secondo studi condotti (Ackley RE, 1985; Stewart SMB, 1987) sarebbe riscontrabile nei pazienti che si trovano nell'immediato periodo post-operatorio in una percentuale che va dal 60% al 90% dei casi.EFFETTI DELL’IPOTERMIAIl calo della temperatura interna di un paziente può comportare effetti sia favorevoli che sfavorevoli : Effetti favorevoli : Riduzione delle richieste tissutali di ossigeno per riduzione del metabolismo (riduzione di circa il 7% per ogni grado di temperatura in meno), (18) In corso di cardiochirurgia Effetti sfavorevoli : APP. CARDIOVASCOLARE 34 °C = vasocostrizione, > postcarico 32 °C = depressione, irritabilità miocardica 31 °C = anomalie della conduzione 28 °C = fibrillazione ventricolare Aumentato rischio di ischemia miocardica La vasocostrizione diminuisce il flusso ematico tissutale ostacolando la cicatrizzazione di ferite APP. RESPIRATORIO Ipossia da vasocostrizione polmonare Ipocapnia da diminuita produzione/iperventilazione Spostamento a sin della curva dell'Hb Ipossia (7% per ogni 1 °C) S.N.C.  34 °C = < metabolismo cerebrale 33 °C = obnubilamento del sensorio 30 °C = coma IMMUNITA’Depressione risposta immunitariaEFFETTI EMATOLOGICI  > viscosità Deficit funzione piastrinica Trombocitopenia Deficit della coagulazione EFFETTI METABOLICI Iperglicemia Ipopotassiemia Alterazione del metabolismo dei miorilassanti EFFETTI RENALI > diuresi (ostacolato riassorbimento del sodio) TRATTAMENTO Esistono molti metodi di prevenzione dell’ipotermia perioperatoria :Controllo della temperatura ambientaleRiscaldamento dei fluidi e del sangue da infondere o dei liquidi da usare per irrigazioni interne Utile per la prevenzione dell’ipotermia (19, 20, 21) soprattutto in un range di infusione di 50-2.000 ml/h per fluidi e sangue.Riscaldamento ed umidificazione dei gas anestetici  Uso di materassi e biancheria riscaldata E’ un metodo comparso all’inizio degli anni ’90, basa la sua efficacia sul fatto che la cute rappresenta la principale via di dispersione del calore del corpo umano, erano state usate delle coperte elettriche ma, attualmente, si ricorre all’uso di dispositivi nell’interno dei quali viene immessa aria calda (23), possono apportare anche 10 kcal/h, il loro svantaggio è rappresentato dal fatto che in taluni tipi di chirurgia se ne può fare un uso limitato, la massima utilità si ottiene quando si riesca a proteggere il 50-60% della superficie corporea Associazione di uno o più metodi sopra esposti Tale metodica consente di minimizzare gli svantaggi di ciascun metodo e di ottenere un efficace sistema di prevenzione dell’ipotermia perioperatoria, ad esempio l’utilizzazione di riscaldatori di fluidi e di copertine monouso ad aria riscaldata può rappresentare una soluzione pratica di corrente utilizzazione consentendo un sicuro controllo della temperatura del paziente nella quasi totalità delle circostanze.BIBLIOGRAFIA 1. Sessler DI "Monitoraggio della temperatura" da Miller R., Trattato di Anestesia, Antonio Delfino Editore, 1994, vol 2,1333-1349 2. Camus Y, Delva E, Lienhart A "Ipotermia intraoperatoria non provocata nell’adulto " Encycl Med Chir, Anestesia-Rianimazione 1999;36-413-A-10 3. Sladen RN "Thermal regulation in anesthesia and surgery" ASA 1991;19:165-187  4. Sessler DI, Moayeri A, Stoen R, et al. "Thermoregulatory vasoconstriction decreases cutaneous heat loss" Anesthesiology 1990;73:656-660 5. Hynson JM, Sessler DI, Moayeri A, Mc Guire J "Absense of nonshivering thermogenesis in anesthetized adult humans" Anesthesiology 1993;79:695-703 6. Sessler DI, Mc Guire J, Moayeri A, Hynson J "Isoflurane-induced vasodilatation minimally increases cutaneous heat loss" Anesthesiology 1991;74:226-232 7. Lopez M, Sessler DI, Walter K, Ozaki M "Rate and gender dependence of the sweating, vasoconstriction and shivering thresholds in humans" Anesthesiology 1994;80:780-788 8. Kurz A, Sessler DI, Christensen R, Dechert M "Heat balance and distribution during the core temperature plateau in anesthetized humans" Anesthesiology 1995;83:491-499 9. Mekjavic IB, Sundberg CJ, Linnarson D "Core temperature :null zone" J Appl Physiol 1991;71:1289-1295 10. Gentiliello LM "Advances in the management of hypothermia" Surgical Clinics of North America 1995;75:2,243-256  11. Morrison RC "Hypothermia in the elderly" Int Anesth Clin 1988;26:2,124-133 12. Montanini S, Torri G, Pattono R, Martinelli G "Quando l’ipotermia accidentale diventa volontaria ?" Min An 2000;66:3,105-106 13. Clark R "Body temperature studies in anesthetized man: effect on environmental temperature, humidity, and anesthesia system" JAMA 1954;154:311-319 14. Pickering G "Regulation of body temperature in health and disease" Lancet 1958;1:59-64 15. Sessler DI "Temperature monitoring and management during neuraxial anesthesia" Anesth Analg 1999;88:243-245 16. Morris R "Influence of ambient temperature during abdominal surgery" Ann Surg 1971;102:95-97 17. El-Gamal N"Age related thermoregulatory differences in a warm operating room environment (approximately 26 °C)" Anesth Analg 2000;90:694-698 18. Todd MM, Warner DS, "A confortable hypothesis revaluated. Cerebral metabolic depression and brain protection during ischemia" Anesthesiology 1992;76:161-164 19. Kruskall MS "Evaluation of blood warmer that utilizes a 40 °C heat exchanger" Transfusion 1990;30:1,7-9 20. Uhl L "A comparative stdy of blood warmer performances" Anesthesiology 1992;77:1022-1028 21. Presson RG "Evaluation of a new fluid warmer effective at low to moderate flow rates" Anesthesiology 1993;78:5,974-980 22. Gregorini P "Control of body temperature during abdominal aortic surgery" Acta Anesthesiologica Scand. 1996;40:187-190 23. Giesbrecht GG "Comparison of forced air patient warming systems for perioperative use" Anesthesiology 1994;80:671-679 24. 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Il monitoraggio di questi pazienti non può essere ristretto al solo periodo intraoperatorio, ma deve iniziare dal momento in cui si effettua il blocco prima dell’intervento, e deve proseguire nel post operatorio fino ad un completo recupero ed alla stabilizzazione di tutte le funzioni vitali del paziente.Controllo clinico e strumentale degli scambi respiratori Ossigenazione Al fine di assicurare al paziente una adeguata concentrazione di ossigeno nella miscela inspirata, ed in particolare garantire un’adeguata ossigenazione dei tessuti periferici è opportuno monitorizzare in continuo la saturazione di ossigeno attraverso l’uso di un saturimetro a polso quale metodo quantitativo di valutazione della ossigenazione e della perfusione tissutale. Il controllo della saturimetria andrà protratto sino alla dimissione dalla sala operatoria. Il fatto che differenti specie di emoglobina specialmente l’Hb e l’Hb-O2 hanno un diverso spettro di assorbimento permette di utilizzare l’assorbimento della luce per calcolare la saturazione arteriosa dell’Hb-O2, ciò è possibile se sono presenti le seguenti condizioni: La luce stia transilluminando il sangue arterioso Non siano presenti in circolo quantità significanti di altre specie di emoglobina (metaemoglobina o carbossiemoglobina) L’assorbimento della luce dovuto al tessuto sia trascurabileLa perfusione del tessuto sia normale Lo svantaggio principale dell’ossimetria consiste nel fatto che è piuttosto insensibile alle grandi variazioni della PO2 arteriosa ai due estremi della curva di dissociazione dell’Hb-O2.Controllo clinico e strumentale della funzione cardiocircolatoria ECG e frequenza cardiaca Il monitoraggio della frequenza cardiaca deve essere effettuato in continuo nel preoperatorio durante l’esecuzione del blocco centrale o periferico. Tale controllo andrà protratto sino alla dimissione dalla sala operatoria.Uso intraoperatorio dell’ECGRiconoscimento delle aritmie Il più importante utilizzo dell’ECG intraoperatorio è ancora il riconoscimento delle aritmie, è possibile così riconoscere e differenziare le aritmie sopraventricolari da quelle ventricolari e valutare le decisioni terapeuticheRiconoscimento dell’ischemia Il riconoscimento di una ischemia cardiaca intraoperatoria è diventato sempre più importante dal momento che pazienti con malattie coronariche severe vengono sottoposti di routine ad interventichirurgici.Monitoraggio della Pressione Arteriosa (PA) Come la frequenza cardiaca, anche la pressione arteriosa sistemica è un parametro cardiovascolare molto importante, non solo essa rappresenta la forza con la quale sono per fusi i tessuti, ma riflette anche il carico di lavoro cui è sottoposto il cuore. Le tecniche di monitoraggio si possono suddividere in indirette e dirette. Il monitoraggio della pressione arteriosa non invasiva (NIBP) deve essere effettuato con una periodicità suggerita dalle condizioni cliniche del paziente e comunque ad intervalli non superiori a 10 minuti. L’incannulazione di un arteria e la traduzione continua dei valori pressori con la loro rappresentazione sullo schermo rimane lo standard accettato per un monitoraggio completo della pressione arteriosa in tutti i pazienti che devono essere sottoposti ad interventi di chirurgia maggiore.Indicazioni alla monitorizzazione della pressione arteriosa invasiva Probabile instabilità cardiovascolare · Spostamenti massivi di fluidi · Chirurgia multiorganica · Chirurgia intra cranica · Trauma · Ipotensione controllata · Ipotermia indotta · Obesità Patologia cardiaca importante nota o sospetta · Pregresso infarto del miocardio · Anamnesi positiva per angor · Valvulopatie Pressione venosa centrale (PVC) A rigore la pressione venosa centrale è la pressione del sangue alla giunzione fra vena cava ed atrio destro. Essa rappresenta la forza che determina il riempimento dell’atrio e ventricolo dx. La PVC presenta quindi una stretta dipendenza dallo stato del volume intravascolare, dal tono intrinseco di questi vasi, dalla capacità funzionale del cuore dx. la PVC viene quindi impiegata per ottenere informazioni sia sul volume ematico che sulla funzionalità ventricolare dx. L’andamento della PVC durante anestesia è un utile mezzo per valutare l’effetto delle perdite di sangue e fluidi e può guidare la terapia sostitutiva, la monitorizzazione della PVC è essenziale nelle situazioni che comportano notevoli spostamenti intercompartimentali di massa come la chirurgia cardiovascolare, multiorganica e nel trauma.Monitoraggio della performance cardiaca Un monitoraggio cardiovascolare completo dovrebbe fornire informazioni della performance e dell’efficienza cardiaca intesa come pompa che garantisce la perfusione tessutale La tecnica più diretta per valutare la performance cardiaca è la misurazione della gittata cardiaca (CO). La CO è definibile come il flusso totale del sangue generato dal cuore, l’organismo regola la CO in modo da far fronte alle richieste metaboliche tissutali, pertanto la CO è un indice fedele dello stato dell’intero sistema cardiocircolatorio, incluse le influenze neuronale ed il controllo umorale. La monitorizzazione della CO attualmente è possibile, grazie alla disponibilità di apparecchi di nuova generazione NICO2 estendere e rendere routinario il monitoraggio del CO anche agli interventi di chirurgia maggiore ed a tutti quei casi in cui sia necessario poter valutare con continuità la performance cardiaca. L’utilizzo di apparecchiature come il NICO2 utilizzando un circuito di campionamento dell’espirato del paziente permettono di monitorizzare parametri di emodinamica come: la gittata cardiaca (CO), l’indice cardiaco (CI), il volume di eiezione (SV) e le resistenze vascolari periferiche senza dover ricorrere al posizionamento del catetere di Swan-Ganz Il calcolo della CO viene effettuato utilizzano la ETCO2 come parametro applicato al principio di Fick, il che rende non invasiva la misura, e quindi ne estende le potenzialità nella gestione del paziente durante il periodo intraoperatorio e nel post-operatorio.Eco-doppler tranesofageo Eco-TEE (Hemosonic 100) L’approccio transesofageo rappresenta un buon metodo per la valutazione della cinetica cardiaca durante anestesia generale, ed essendo il posizionamento della sonda in questa sede molto vicina al cuore, separata solo dai tessuti molli del mediastino offre i vantaggi del campo di osservazione vicino, evita i problemi di degrado dell’immagine, consente di ottenere immagini continue e stabili del cuore anche per lunghi periodi. Durante l’intervento chirurgico e nel periodo successivo la Eco-TEE diviene un monitor del sistema cardiovascolare, anziché uno strumento diagnostico intermittente. L’uso dell’Eco-TEE è particolarmente utile durante anestesia, è facilmente posizionabile dopo aver assicurato la pervietà delle vie aeree e dopo aver evacuato l’aria eventualmente presente nello stomaco. L’unica controindicazione alla Eco-TEE è la presenza di malformazioni o di chirurgia che coinvolga l’esofago.Vantaggi · Procedura non invasiva a basso rischio in pazienti anestetizzati · Eccellente qualità delle immagini · Campo chirurgico libero · Monitoraggio cardiaco continuo e stabile Impieghi · Misurazione della funzione cardiaca globale · Valutazione della cinetica regionale · Monitorizzazione precoce dell’ischemia miocardica · Visualizzazione di embolia gassosaIndicazioni · Storia di ridotta riserva miocardica o di valvulopatia · Rischio di ischemia miocardica intraoperatoria · Chirurgia addominale maggiore Come altre importanti forme di monitoraggio cardiaco l’Eco-TEE offre un mezzo per valutare la cinetica e di conseguenza la performance globale con particolare attenzione a quella del ventricolo sin. Essendo l’Eco-TEE in grado di fornire immagini bidimensionali è estremamente importante che le informazioni ottenute dalla "fetta" di cuore in esame siano in grado di riflettere la funzione cardiaca nelle tre dimensioni. Di solito la sezione scelta per questo tipo di monitoraggio è quella lungo l’asse minore dato che la sezione pressoché circolare del ventricolo sin è la più adatta per calcolare cambiamenti dell’area. I lavori di Konstadt et al. hanno dimostrato un’eccellente correlazione fra le dimensioni del ventricolo sin ed i cambiamenti di area della cavità ventricolare misurati sia per mezzo della TEE che nella ecocardografia diretta a contatto con la superficie cardiaca (1). Le misure ecocardiografiche si sono dimostrate in grado di valutare con precisione la frazione di eiezione totale stimata successivamente con angiogrammi durante il cateterismo cardiaco. Thys et al. hanno impiegato delle immagini ecocardiografiche secondo l’asse minore per valutare i volumi del ventricolo sin, ed hanno dimostrato un ottima correlazione fra questi volumi e la CO (2). Oltre ad una accurata monitorizzazione del Cardiac output (CO) e della frazione di eiezione (SV), l’Eco-TEE si è dimostrata utilissima nel diagnosticare alterazioni ischemiche perioperatorie che possono esitare nell’infarto miocardico postoperatorio (3), dal momento che molti studi sperimentali e clinici hanno dimostrato che i disturbi della funzionalità regionale sono un indice sensibile di perfusione miocardica inadeguata e che la loro insorgenza precede quella delle caratteristiche alterazioni dell’ECG dopo un ischemia acuta (4). Inoltre l’utilizzo di apparecchi Eco-TEE per la monitorizzazione emodinamica continua durante il perioperatorio permette di valutare i cambiamenti del flusso ematico attraverso l’aorta e confrontarli con i corrispondenti cambiamenti del CO. La combinazione eco-doppler permette una maggiore facilità nel posizionamento della sonda attraverso la visione M-mode della parete aortica (5) Per la valutazione del volume di eiezione (SV) sono necessarie due misurazioni, la velocità di flusso e la determinazione dell’area attraverso la quale si ha il passaggio del sangue, nella pratica clinica il metodo basto sulla misurazione a livello della valvola aortica permette una adeguata valutazione dello SV, il valore della gittata cardiaca sarà quindi facilmente calcolato moltiplicando il valore di SV ottenuto con la misurazione Doppler per la frequenza cardiaca. (6) In uno studio effettuato monitorizzando negli stessi pazienti l’emodinamica attraverso un catetere di Swan-Ganz ed un eco-Doppler trans esofageo i dati derivati dall’ecocardiografia si sono dimostrati molto più utili nel guidare il reintegro volemico (7), Altri studi prospettici e retrospettivi hanno dimostrato come l’ecocardio- Doppler trans esofageo sia un utile strumento diagnostico e di monitoraggio per la valutazione dei parametri emodinamici intraoperatori (7,8).Controllo della temperatura Durante ogni anestesia deve essere assicurato il mantenimento dell’omeostasi termica del paziente, a maggior ragione in tutti quegli interventi di chirurgia addominale maggiore la cui durata non è prevedibile, quando siano previsti pazienti a rischio per ipertermia maligna o quando è previsto l’impiego di tecniche intenzionalmente dirette a modificare la temperatura del paziente (ipotermia) la temperatura corporea deve essere monitorata in modo continuo. In tutti questi casi la monitorizzazione della temperatura corporea non può essere limitata all’intraoperatorio, ma deve essere estesa anche nel postoperatorio fino alla normalizzazione dei valori della temperatura corporea del paziente. Sono molte le zone corporee in cui è possibile monitorizzare la temperatura, esse differiscono per la precisione con cui riflettono la temperatura corporea centrale e per la percentuale di errore nel posizionamento del termistore di rilevamento. In molti casi è comunque la variazione od il trend di variazione della temperatura che interessano, piuttosto che il valore assoluto della temperatura corporea rilevata.Siti di monitoraggio della temperatura corporea Cute. Influenzata dalla perfusione ematica, dalla sudorazione, dalla irradiazione e dalla conduzione di calore a / da oggetti posti sulla sua superficie. Ascella. Influenzata dalla perfusione ematica. Membrana timpanica. Rispecchia la temperatura del sangue che perfonde il cervello, discrepanze possono sorgere in presenza di cerume e nel caso il cui il termistore non sia perfettamente a contatto con la membrana timpanica. Possibile perforazione della membrana timpanica e sanguinamento. Nasofarige Rispecchia la temperatura del sangue che perfonde il cervello, possibili epistassi durante le manovre di posizionamento della sonda di rilevamento. Orofaringe ed alto esofago Influenzata dalla temperatura dei gas di ventilazione. Basso esofago (20 cm al disotto della giunzione faringoesofagea) Rispecchia la temperatura del sangue che fuoriesce dall’aorta (temperatura centrale).Retto Influenzata dalla perfusione ematica, la presenza di feci può agire come isolante rendendo impreciso il rilevamento. Vescica rispecchia la temperatura centrale, richiede l’uso di cateteri dotati di una sonda di rilevazione.Muscolo Richiede elettrodi speciali, influenzata dalla perfusione ematica. BIBLIOGRAFIA 1. 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Anestesia e Rianimazione Ospedale Fatebenefratelli Isola Tiberina - Roma *U.O Anestesia e Rianimazione Ospedale Nuovo San Giovanni di Dio – Firenze **Università Cattolica "Sacro Cuore" Policlinico A. Gemelli Roma Dr. Andrea Veneziani Via delle Campora 19/19 50124 Firenze tel. 055 2049374 e-mail: andyven@ciao.ccIntroduzione Le tecniche di analgesia epidurale in infusione continua (IEC) o controllata dal paziente (PCEA) sono state impiegate anche durante il travaglio di parto. Pur con vantaggi e svantaggi rispetto alle somministrazioni in boli singoli, hanno avuto ed hanno una certa diffusione a seconda delle istituzioni in cui vengono impiegate, indubbiamente superiore rispetto ad altri metodi analgesici per via endovenosa. A questi può essere talora riservato un ruolo in situazioni particolari come la presenza di febbre durante il travaglio o di sepsi neonatale, in cui una somministrazione endovenosa di fentanyl controllata dalla paziente (PCA) può rivelarsi un’alternativa valida e sicura all’analgesia epidurale, tanto per la madre che per il feto 1 .L’INFUSIONE EPIDURALE CONTINUAViene impiegata generalmente dopo la somministrazione di una dose carico. Può avvalersi di pompe elettroniche a dosaggio variabile o di pompe elastomeriche che hanno minore flessibilità terapeutica in quanto erogano dosi orarie fisse. Gli scopi della tecnica sono quelli di garantire un’analgesia priva d’interruzioni dovute alla latenza tra il fabbisogno della donna e la somministrazione d’anestetico, prevenire piuttosto che abolire il dolore, mantenere un tasso costante epidurale di anestetico locale (AL), ridurre gli interventi del personale di assistenza, provocare minor tachifilassi farmacologica. Tuttavia nel corso del travaglio può essere necessario modificare la velocità d’infusione della miscela anestetica o somministrare boli aggiuntivi se l’analgesia, che dipende da diverse variabili come la concentrazione di AL impiegata, l’aggiunta di oppioidi, la velocità d’infusione, la risposta della paziente, la progressione del parto ecc., si rivela insufficiente. Si preferiscono di solito basse concentrazioni di AL con volumi abbastanza elevati che si sono rivelati più efficaci di concentrazioni maggiori in volumi ridotti 2 . La concentrazione minima impiegata è solitamente bassa ( 0.0625% o 0.300% per bupivacaina e levobupivacaina; 0.1% o 0.05% per la ropivacaina) poiché in genere si associa un farmaco oppioide, il fentanyl o il sufentanil . Anche se la qualità dell’analgesia e la soddisfazione materna sono in genere ottime, di solito si ottiene un blocco motorio superiore che impiegando le altre tecniche d’infusione epidurale (specie utilizzando, come avveniva soprattutto in passato, concentrazioni anestetiche maggiori) ed in più la tecnica è poco flessibile nei confronti delle variazioni esistenti tra le pazienti e delle diverse necessità durante le varie fasi del parto 24 .La PCEA (Patient Controlled Epidural Analgesia) E’ una tecnica d’infusione peridurale per il travaglio in cui la madre si autosomministra piccoli boli di una miscela di AL e oppiacei. attraverso il catetere epidurale precedentemente posizionato. L’introduzione della tecnica in ambito ostetrico, dopo il primo impiego di una tecnica PCEA endovenosa già nel 1970 3 , avvenne nel 1988 4 , ovviamente sull’entusiasmo della sua applicazione nel trattamento del dolore post-operatorio e dei vantaggi riconosciuti dall’impiego delle prime pompe specifiche computerizzate messe a disposizione dall'industria. La potenzialità che la tecnica offre sui comuni metodi di infusione continua o di somministrazione di boli si basa una serie di prerogative che comprendono l’autonomia nel determinare l’entità del sollievo dal dolore, una maggior facilità di titrare il livello sensitivo minimizzando le dosi, una analgesia di ottima qualità con effetti collaterali minimi, una soddisfazione materna maggiore e una riduzione dei tempi richiesti all’assistenza. Di fatto nonostante questa ampia flessibilità, l’entusiasmo e il consenso raccolto in suo favore non è stato pari a quello suscitato dalla PCA nel trattamento del dolore postoperatorio. E’ difficile trovare prove a sostegno che questa metodologia sia superiore alle altre. Nonostante la PCEA sia diventata un metodo standard in molti centri il suo ruolo rimane da essere chiaramente definito anche se in una popolazione di pazienti ostetriche questa tecnica dovrebbe migliorare almeno su base teorica la soddisfazione materna 5 . In genere si preferisce ottenere una valida e soddisfacente analgesia epidurale prima di istituire il regime con la PCEA. Il catetere epidurale viene collegato a una pompa contenente una miscela diluita di AL e oppiacei. La somministrazione del farmaco per mezzo della pompa è controllata dalla madre mediante la pressione di un pulsante che può essere premuto tante volte quanto lo si desidera anche se la pompa è impostata ed abilitata a rilasciare il farmaco solo dopo che sia passata una quantità di tempo prefissato (lock-out interval) che in genere nel caso specifico dell’analgesia di parto è in genere di 10-25’. Tale intervallo di tempo assicura al farmaco un tempo d’azione sufficiente per espletare i sui effetti (in genere 5-10’) proteggendo la madre dal rischio di una somministrazione eccessiva. E’ di fondamentale importanza, come in tutte le forme di analgesia controllata, che sia la paziente a premere il pulsante perché solo lei è in grado di conoscere l’entità del proprio dolore. Se la dose si rivela inadeguata, si possono modificare sia la quantità della dose che il lock-out interval. Talvolta si usa associare alla tecnica una infusione basale continua della miscela anestetica, ma questo oltre a comprometterne la flessibilità, può comportare un aggravio dell’incidenza degli effetti collaterali 3 . Ovviamente, con l’evolversi del travaglio andranno valutate l’adeguatezza del trattamento antidolorifico e l’entità del blocco sensitivo e motorio. Su tali basi la tecnica è una alternativa sicura per l’analgesia nel travaglio purché le dosi dei boli siano piccole e a bassa concentrazione, che sia impostato un intervallo massimo di somministrazione oraria adeguato e che la donna sia valutata regolarmente dall’anestesista 6 .CONFRONTO TRA LE TECNICHE D’INFUSIONE EPIDURALE NEL TRAVAGLIO DI PARTO PCEA VS INFUSIONE CONTINUASono diversi gli studi che hanno confrontato la PCEA con l’infusione continua, nei quali la PCEA ha ottenuto risultati equivalenti in termini di qualità analgesica e soddisfazione materna talora con una riduzione dell’impiego dell’AL 7,8 variabile dal 25-50% e/o con una minore richiesta di interventi assistenziali supplementari 9 . La riduzione di dose complessiva del fabbisogno di bupivacaina, comporta in ogni caso un minor rischio di tossicità farmacologica, ed è correlata con una diminuzione del motor block 10, 11 . Analogo risultato si ha impiegando la ropivacaina al 2% in PCEA o in IEC 12 , ma a seconda della velocità d’infusione sono sempre necessarie dosi top-up supplementari in numero maggiore quanto minore è la velocità d’infusione 13 . La maggior parte degli studi che confrontano PECA alla IEC arrivano alla conclusione che con la prima, se non si utilizza una infusione basale, i fabbisogni siano minori e che talora l’IEC necessiti d’interventi suppletivi con dosi extra 9,14,15 . Addirittura Gambling afferma che per tali ragioni l'infusione continua non ha senso e dovrebbe essere abbandonata in favore di una PCEA 16 .PCEA ED INFUSIONE CONTINUA VS. BOLI INTERMITTENTI I vantaggi della tecnica PCEA rispetto alla somministrazione tradizionale epidurale a boli intermittenti sono meno evidenti . Questo confronto non ha confermato le aspettative secondo cui la PCEA, consentendo un erogazione immediata della soluzione analgesica, potrebbe ridurre la latenza d’effetto tra boli ripetuti e quindi consentire una analgesia più uniforme. In uno studio recente che ha confrontato le 3 tecniche d’infusione (continua, intermittente , PCEA), la qualità dell'analgesia é stata sovrapponibile nei 3 gruppi e così la soddisfazione materna 11, 17 . Per quanto invece riguarda il consumo orario di bupivacaina, é risultato minore nel gruppo boli rispetto al gruppo IEC e PCEA, ed anche il numero di boli extra necessari per le pazienti dell'IC era superiore rispetto a quanto necessitavano le pazienti del gruppo PCEA. Relativamente al motor block, che può in alcuni casi rivelarsi importante nel permettere o meno la deambulazione materna si è rivelato anche più pronunciato con la tecnica IEC che con la tecnica PCEA ed ancora minore con le dosi intermittenti 2, 8 . Anche in uno studio che mette a confronto le tre diverse tecniche d’infusione dopo una iniziale somministrazione di miscela analgesica intratecale con la tecnica CSE, la continuazione dell’analgesia peridurale ha trovato un profilo più favorevole nel gruppo che impiegava boli intermittenti 18 .Complicanze ed effetti collaterali L’incidenza è simile con tutte le tecniche d’infusione peridurale, uno studio riporta tuttavia un maggior blocco unilaterale persistente con la PCEA 8 . Anche l’ipotensione con la PCEA non è di per sé motivo di preoccupazione, generalmente associata con la loading dose 15 e valgono le comuni attenzioni di un controllo periodico dei valori pressori 3 . Non sono riportate differenze con l’uso della PCEA confrontata con metodi alternativi sulla durata del primo e del secondo stadio del travaglio e sulle modalità del parto sia in gruppi di partorienti di parità mista 19, 20 che nullipare 13 .QUAL’È LA MISCELA ANESTETICA PIÙ ADATTA?Gli AL si sono dimostrati efficaci per mantenere un’adeguata analgesia in qualsiasi tipo di somministrazione epidurale sia da soli, impiegando bupivacaina 0.25% (che però provoca un blocco motorio superiore) 21 , sia impiegando varie combinazioni di AL a concentrazione ridotta (0.125-0.0625%) in associazione a fentanyl o sufentanil 10, 16 . Con l’uso di tali basse concentrazioni si riduce il motor block o il senso di pesantezza alle gambe anche dopo diverse ore d’impiego della PCEA in un gran numero di donne che quindi sono in grado di poter deambulare 10 . Viceversa l’aggiunta di adrenalina alla soluzione aumenta l’intensità del motor block già dopo 2-3 ore d’infusione e quindi il suo impiego andrebbe evitato 3, 22 . Un altro adiuvante impiegato recentemente nella miscela analgesica per PCEA bupivacaina 0.0625% e fentanyl 2 mcg/ml è la clonidina che ha fornito rispetto ad un gruppo di controllo un’analgesia migliore e con una riduzione sia dei dosaggi medi di AL ed oppiacei, sia del numero di dosi supplementari, anche se con una modesta sedazione ed un lieve calo pressorio però privi d’importanza clinica 23 . Gli studi sulla minima concentrazione di anestetico locale efficace (MLAC) hanno ormai stabilito che per ottenere una valida analgesia nel travaglio gli AL possono essere impiegati a concentrazioni sensibilmente più basse di quanto avveniva in passato nelle fasi iniziali, e che le concentrazioni necessarie per ottenere una adeguata analgesia nelle fasi avanzate sono maggiori 24 . L’aggiunta degli oppiacei permette in genere di contenere e ridurre le concentrazioni di AL. La scelta varia generalmente tra il fentanyl o il sufentanil: il primo in genere impiegato in concentrazioni di 1-3 mcg/ml con dosi variabili orarie tra 8-25 mcg , il secondo in concentrazioni di 0.3-1 mcg/ml con consumi orari variabili tra 1.5 e 20 mcg/h. Forse il fentanyl, per il quale vi è maggior esperienza in letteratura e che si è rivelato non provocare fenomeni di accumulo anche dopo infusioni prolungate fino a 15 ore in associazione a bupivacaina 25 , potrebbe esser più vantaggioso e sicuro per i minori effetti sul battito fetale e la minor depressione respiratoria, mentre gli effetti di dosi cumulative di sufentanil non sono stati ancora pienamente valutati 3 .QUALI SONO LE VARIABILI PIÙ APPROPRIATE PER LA PCEA Bolus dose, volume e lock-out interval devono essere impostate in modo da permettere un’efficacia analgesica stabile senza latenze d’effetto eccessive per ciascun bolo richiesto e senza esagerare con il dosaggio massimo orario, in modo da minimizzare gli effetti motori. Non sono state trovate grandi differenze tra una serie di varie combinazioni del settaggio di queste variabili 10 ; sembrerebbe opportuno minimizzare la dose bolo ma con un volume sufficiente ad una sua ampia diffusione. Nella pratica clinica sono spesso impiegati volumi di 3-5 ml di bupivacaina di 4-6 mg con un lock-out di 10’-15’ ed una dose massima oraria di 15 mg/ h di bupivacaina e 30 µg/h di fentanyl 3 . In genere, si somministra all’inizio una dose carico di 10 ml di bupivacaina 0.125% o ropivacaina 0.20 % oppure, se si utilizzano maggiori diluizioni in volumi più ampi, 20 ml di bupivacaina 0.0625% o di ropivacaina 0.10 cui si aggiungono fentanyl 50 µg o sufentanil 10 µg. Viene quindi impostata la pompa in modalità solo PCEA con una soluzione di bupivacaina allo 0.0625% o allo 0.10% o di ropivacaina 0.10 o 0.05% con l’aggiunta di 2 µg/ml di fentanyl,. I boli a domanda sono in genere di 5 ml e sono fruibili con un lock-out interval di 10 minuti. Uno studio recente trova invece più favorevole l’impiego di boli di volume maggiore ma con un intervallo di tempo più lungo di 25 minuti 26 . Ovviamente se necessario si può integrare una analgesia insufficiente con boli di AL a concentrazione più bassa a discrezione dell’anestesista e tenendo conto che le necessità durante l’andamento del parto possono variare 18 . Sulla scarsa opportunità di una infusione accessoria basale su cui vi sono elementi contrastanti si è già accennato.SICUREZZA DELLA PCEA Dopo anni e ampie casistiche di applicazione le ipotetiche perplessità sulla sicurezza della tecnica sono state ridimensionate e il metodo risulta sicuro 27 . Ipoteticamente i boli accessori di AL sono più pericolosi, e sarebbe opportuno fossero minori di 25 mg, dose che anche se somministrata accidentalmente per via endovenosa non dovrebbe procurare problemi. Analogamente impiegando boli piccoli con una dose massima oraria prefissata < 15 mg di bupivacaina, anche pur sempre possibili iniezioni intratecali non dovrebbero provocare blocchi elevati con conseguenze pericolose. Lascia semmai qualche perplessità l’ipotesi di una possibile iniezione accidentale intratecale sia di fentanyl che di sufentanil per il quali sono riportati effetti depressivi respiratori materni 28, 29 . L’importanza di una valutazione regolare da parte dell’anestesista, già stigmatizzata, eviterà la possibile abnorme estensione del blocco 30 .EFFETTI DELLE VARIE TECNICHE INFUSIVE SULLA DINAMICA DEL PARTO L’effetto delle tecniche di analgesia sull’outcome del parto è da sempre argomento dibattuto e controverso nella letteratura anestesiologica ed ostetrica poiché è influenzato da molte variabili 31 . I tipi di tecnica analgesica epidurale, boli intermittenti, infusione continua o PCEA, l’aggiunta del fentanyl o del sufentanil alla miscela analgesica, non hanno in genere mostrato di influenzare la durata del primo stadio del travaglio. Qualche studio riporta una durata complessivamente più breve con la PCEA, anche se non sono riportate separatamente la durata del primo e del secondo stadio del travaglio 9 . Nel secondo stadio è fondamentale, nel determinismo delle cause che maggiormente possono influenzare l’outcome del travaglio, ovvero la dinamica della fase espulsiva e il parto, il tipo e la concentrazione di farmaco impiegata nella peridurale : le concentrazioni maggiori, di fatto quelle impiegate fino a qualche anno fa, sono quelle che rallentano maggiormente il travaglio e danno luogo ad una maggior incidenza di parti strumentali 21, 32 . Impiegando concentrazioni anestetiche di uso corrente, (bupivacaina 0.0625% più fentanyl 0.0002% (2 µg /ml) ) in infusione continua mantenuta fino all’espletamento del parto non vi erano differenze in durata del secondo stadio o incidenza di parti strumentali verso un gruppo di controllo in cui la precedente infusione era stata sostituita con soluzione fisiologica 33 , a differenza di quanto lo stesso autore aveva riscontrato in uno studio precedente impiegando bupivacaina 0.125% 34 . Circa l’impiego di tecniche di infusione peridurale continua o mediante boli, gli studi danno risultati contrastanti. In genere viene impiegata per l’infusione continua una concentrazione minore se non dimezzata di AL rispetto a quell’usata per i boli intermittenti. Alcuni autori non hanno riscontrato differenze nella durata del secondo stadio, motor block, tipo di parto o qualità dell’analgesia 35 , altri hanno rilevato solo una qualità di analgesia migliore nel gruppo infusione continua 36 , altri nessuna differenza in qualità dell’analgesia, durata e tipo di parto, ma solo un motor block più pronunciato nel gruppo infusione continua. 37 . I diversi studi che hanno confrontato l’infusione epidurale continua e la PCEA non hanno rilevato differenze di durata o outcome del travaglio 6, 19, 22 , solo lo studio di Viscomi riporta una durata più breve nel gruppo PCEA 9 . E’ stata inoltre dimostrata l’importanza dell’aggiunta degli oppiacei nel poter ridurre la concentrazione degli AL conservandone l’efficacia. Molti autori non hanno riscontrato con l’aggiunta di vari oppiacei nessun effetto sulla durata del secondo stadio o sulle modalità del parto 35, 38 , 39 , mentre altri due studi randomizzati in doppio cieco hanno dimostrato che l’aggiunta del sufentanil ai boli epidurali intermittenti non influenzava la durata del secondo stadio o il numero di tagli cesarei e riduceva l’incidenza di parti strumentali e del motor block 40, 41 .IL PARERE DELLA EVIDENCE BASED MEDICINE Un recente articolo dell’American Society of Anesthesiologists Task Force on Obstetrical Anesthesia sulle linee guida nella pratica della anestesia ostetrica, ricavate da una sintesi dell’opinione di esperti, da commenti di forum d’opinione, e da dati di praticabilità clinica, costituisce una metanalisi della letteratura medica riguardante le tecniche di infusione peridurale. La Letteratura indica che un’analgesia efficace possa essere mantenuta mediante un’infusione peridurale con basse concentrazioni di AL che possono divenire ancora più piccole, minori dello 0.125%, quando venga aggiunto un oppioide.Non vi sono differenze per quello che riguarda l'incidenza di parti strumentali. La Letteratura non fornisce dati sicuri riguardo alla relazione tra differenti regimi infusivi e l'incidenza di nausea o riguardo all'outcome neonatale, suggerisce solo che l'infusione di AL associata ad oppiacei provochi una maggiore incidenza di prurito 42 .QUALI SONO LE INDICAZIONI DELLA PCEA Eisenach conclude in un suo editoriale, che la PCEA rimane per lo più un’entità utile per la ricerca perché non è stato dimostrata la sua superiorità nei confronti di una analgesia epidurale titrata con cura dall’anestesista 6 . Tuttavia la tecnica con il passare degli anni ha guadagnato indubbiamente popolarità e direi fiducia sia tra il personale che l’ha impiegata sia tra le donne che l’hanno potuta sperimentare, anche se un suo uso routinario non risulta particolarmente diffuso 43 . Il presupposto base è che a tutto lo staff medico e paramedico impegnato siano chiari i principi e la pratica della tecnica, il funzionamento della pompa ed i modi appropriati per supplementarne le carenze, nonché le opportune misure di monitoraggio. Andrà scelta la pompa più opportuna, evitando possibilmente quelle più ingombranti che incrementano la sensazione di medicalizzazione nella donna o quelle che vanno continuamente in allarme per piccoli problemi e che infastidiscono la partoriente. Le pompe elettroniche dell’ultima generazione di dimensioni più compatte sono anche quelle che favoriscono la deambulazione, anche se va tenuto conto che il loro costo non è indifferente ed è stato uno degli elementi che ne ha rallentato una diffusione più ampia. E’ necessario che l’uso di una pompa d’infusione venga discusso tempestivamente nei momenti più opportuni, precedenti al travaglio o immediatamente al suo inizio: è poco appropriato proporre tale tecnica nelle fasi avanzate di un parto ben avviato specie di una multipara o a donne talvolta poco in grado di comprenderne l’uso. Ci sono donne inadatte ad assumersi la responsabilità di una somministrazione epidurale di analgesico ed altre che prive tale motivazione e che poi son quelle che ricorrono all’analgesia di parto come ultima risorsa quando sono ormai provate da un lungo ed estenuante travaglio. Coloro che temono particolarmente il dolore del travaglio e che desiderano la garanzia di un’analgesia eccellente, probabilmente sono le meno indicate per una tecnica d’autosomministrazione 44 . Probabilmente le donne che comprendono meglio il concetto su cui si basa la tecnica della PCEA o le pluripare che hanno sperimentato in precedenza tecniche peridurali magari con concentrazioni di AL che procuravano un più denso motor block sono anche coloro che l’accettano meglio ed hanno i risultati e la soddisfazione migliori 3 .BIBLIOGRAFIA 1 Nikkola EM, Ekblad UU, Kero PO, Alihanka JJM, Salonen MA. Intravenous fentanyl PCA during labour. Can J Anaesth 1997; 44: 1248-12552 Capogna G , Celleno D, Zangrillo A. Analgesia e anestesia epidurale per il parto 1995 Ed Mosby pp863 Scott JS. Obstetric Analgesia . Am J Obstet Gynecol 1970; 106: 959-978 4 Gambling DR, Yu P, Cole C, Mc Morland GH, Palmer L. 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A cura della redazione sarà inoltre la traduzione in Italiano dei manoscritti inviati in lingua Inglese. La rivista sarà inviata gratuitamente a tutti quelli che ne faranno richiesta, inviando il seguente messaggio "Desidero ricevere ESIA versione italiana" indirizzato a LANZA@UNIPA.IT La rivista pubblica rewiews e lavori originali compiuti nei campi dell'anestesia e della medicina critica. I lavori originali riguardano ricerche cliniche, di laboratorio e la presentazione di casi clinici. Le reviews includono argomenti per l'Educazione Medica Continua (EMC), articoli di revisione generale o riguardanti le attrezzature tecniche. ESIA pubblica le lettere all'Editore contenenti commenti su articoli precedentemente publicati ed anche brevi comunicazioni. La guida per gli autori può essere consultata collegandosi al sito ANESTIT all'indirizzo: http://anestit.unipa.it/ utilizzando la sezione riservata ad ESIA-Italia; oppure può essere richiesta inviando un messaggio a lanza@unipa.it EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY and CRITICAL CARE MEDICINE Sezione Italiana Il numero della rivista è anche ottenibile attraverso World-WideWeb WWW: l'URL per questo numero di ESIA è: http://anestit.unipa.it/esiait/esit0204.txt Il nome della rivista è esitaamm, dove aa è l'anno ed mm il mese (per esempio questo numero è esit0204.txt) LA REDAZIONE DI ESIA ITALIA DIRETTORE: Vincenzo LANZA Primario del Servizio d'Anestesia e Rianimazione Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli Palermo LANZA@UNIPA.IT Terapia Intensiva Antonio Braschi Primario del Servizio d'Anestesia e Rianimazione 1 - Policlinico S. Matteo - IRCCS Pavia Anestesia Cardiovascolare Riccardo Campodonico Responsabile dell'Unità di Terapia Intensiva Cardiochirurgica - Azienda Ospedaliera di Parma ricrob@mbox.vol.it Anestesia e malattie epatiche Andrea De Gasperi Gruppo trapianti epatici / CCM - Ospedale Niguarda - Milano Medicina critica e dell'emergenza Antonio Gullo Professore di Terapia Intensiva - Direttore del Dipartimento di Anestesia e Terapia Intensiva -Università di Trieste Anestesia ed informatica Vincenzo Lanza Primario del Servizio d'Anestesia e Rianimazione - Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli - Palermo Tossicologia Carlo Locatelli Direttore del Centro di Informazione Tossicologica Centro antiveleni di Pavia - Fondazione Scientifica "Salvatore Maugeri Clinica del Lavoro e della Riabilitazione"- Pavia Terapia Antalgica e Cure Palliative Sebastiano Mercadante Responsabile dell' Unità d'Anestesia e di Terapia del Dolore e Cure Palliative - Dipartimento Oncologico La Maddalena - Palermo terapiadeldolore@la-maddalena.it