__________________________________________________________________ __________________________________________________________________ ISSN 1080-3521 EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY and CRITICAL CARE MEDICINE - Italia - Il giornale italiano on line di anestesia Vol 7 No 3 MARZO 2002 __________________________________________________________________ __________________________________________________________________ Pubblicato elettronicamente da: Vincenzo Lanza, MD Servizio di Anestesia e Rianimazione Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli Palermo, Italy E-mail: (lanza@mbox.unipa.it) Keith J Ruskin, MD Department of Anesthesiology Yale University School of Medicine 333 Cedar Street, New Haven, CT 06520 USA Office: 203-785-2802 E-mail: ruskin@gasnet.med.yale.edu Copyright (C) 1996 Educational Synopses in Anesthesiology and Critical Care Medicine. All rights reserved. Questo rivista on-line può essere copiata e distribuita liberamente, curando che venga distribuita integralmente, e che siano riportati fedelmente tutti gli autori ed il comitato editoriale. Informazioni sulla rivista sono riportate alla fine. In questo numero: ATTI CONGRESSUALI ONLINE IX ESRA - ITALIAN CHAPTER CONGRESS 2002 1 - Schemi terapeutici in sicurezza: Oppioidi. - G. Savoia 2 - Schemi terapeutici in sicurezza: Adiuvanti. - P. De Negri 3 - Regional anesthesia in Pain-free Hospital / ALR nell'ospedale senza dolore - A. Paolicchi 4 - Regional anaesthesia in Pain-free Hospital / In Pediatria. - A. Messeri ______________________________________________________ ATTI CONGRESSUALI ONLINE IX ESRA - ITALIAN CHAPTER CONGRESS La redazione di Esia-Italia è lieta di presentare online gli atti del IX Congresso Nazionale ESRA (European Society of Regional Anaesthesia) - Italian Chapter, tenutosi nel Novembre 2002 a Torino. I presidenti, il comitato organizzatore e il comitato scientifico hanno promosso questa iniziativa della pubblicazione dei lavori congressuali sul web, attraverso ESIA. Infatti da una parte essa si inscrive tra gli scopi di costituzione del gruppo ESRA, teso alla divulgazione delle conoscenze sull'anestesia loco-regionale e alla sua sempre più ampia applicazione nei diversi settori clinici, sottolineando i concetti di "Sicurezza e Outcome" che hanno permeato l'intera attività congressuale, dall'altra si incontra con le finalità di formazione scientifica e tecnica di ESIA-ITALIA, che sfrutta le potenzialità di diffusione e l'immediatezza di approccio, proprie di Internet. Pertanto Esia-Italia dedica alcuni suoi numeri alla pubblicazione dei lavori congressuali e delle comunicazioni migliori, riconosciute dal comitato ESRA. In ogni caso la redazione di Esia-Italia non si riterrà responsabile di errori o di omissioni ravvisabili nei testi prodotti nè dell'eventuale impropria utilizzazione delle tecniche descritte.  _______________________________________________________ ESRA 2002 Italian Chapter - Relazioni 1 - OPPIOIDI (Opioids)G. Savoia*, M. Loreto**, C. Fittipaldi ** *IV Servizio di Anestesia e Rianimazione Pediatrica- A.O.R.N ."A. Cardarelli"-Napoli **Scuola di Specializzazione in Anestesiologia e Rianimazione- Seconda Università degli studi di Napoli (SUN) Gli oppioidi sono farmaci comunemente utilizzati in anestesia loco-regionale, svolgono la loro azione interagendo con specifici recettori localizzati in punti strategici del SNC dove modulano la risposta al dolore (sostanza grigia periacquedottale, rafe mediano, sostanza gelatinosa corna posteriori midolli spinale, etc). E’ possibile discriminare farmacologicamente vari tipi di recettori: m, k, d, che presentano diversa distribuzione a livello del sistema SNC (tabella 1): A livello delle corna dorsali del midollo spinale (specialmente della sostanza gelatinosa) i recettori per gli oppioidi controllano l’attività dei neuroni encefalinergici discendenti che modulano la via spinotalamica del dolore (1). L’iniezione intratecale o extradurale degli oppioidi ha un effetto prevalente proprio a livello spinale; analgesici forti come morfina, metadone, fentanyl, sufentanil ed alfentanil sono, infatti, tutti agonisti dei recettori m.Caratteristiche farmacocinetiche Gli oppioidi sono basi deboli che, in soluzioni acquose, sono dissociati in protoni e basi libere. Tutti gli oppioidi si legano alle proteine plasmatiche, la frazione non-ionizzata e non legata costituisce la frazione diffusibile (tabella 2) (2). Diversi fattori e principalmente la lipofilia, lo stato di ionizzazione, la dose, la modalità di somministrazione ed il volume del farmaco utilizzato sono in grado di modificare i parametri farmacocinetici (3). I fattori che influenzano l’onset-time e la durata dell’effetto analgesico sono la liposolubilità della sostanza utilizzata, la frazione di dissociazione del farmaco dai recettori e l’accumulo del farmaco nel grasso peridurale. Farmaci altamente ionizzati e idrosolubili, come la morfina, somministrati per via intratecale, raggiungono concentrazioni elevate nel CSF ma diffondono lentamente ai recettori per gli oppioidi; nella somministrazione epidurale il comportamento di tali farmaci è lo stesso ed in più va considerata anche la loro diffusione nello spazio epidurale; per quanto riguarda la morfina l’assorbimento in circolo, dopo somministrazione spinale, è rapido ed in breve tempo essa raggiunge livelli di picco plasmatico; solo piccole quantità di morfina non ionizzata sono trasportate rostralmente con il flusso del CFS e aumentano l’effetto analgesico perché la morfina raggiunge le strutture sopraspinali. La morfina, come paradigma dei farmaci oppioidi ad elevata idrofilia, presenta quindi: lenta comparsa e lunga durata dell’azione, diffusione dermatomerica e comparsa di depressione respiratoria tardiva. Farmaci liposolubili, ionizzati, si ritrovano a basse concentrazioni nel CSF per il loro rapido assorbimento sistemico; l’elevata liposolubilità facilita l’accesso rapido nel midollo spinale dove legano i recettori per gli oppioidi e siti non specifici ma da cui fuoriescono rapidamente. Per esempio: il fentanyl (che è ionizzato per più del 90% a ph 7,4) ha una comparsa più rapida dell’azione ed una durata minore dell’analgesia rispetto alla morfina, il sufentanil ha una liposolubilità simile a quella del fentanyl ma essendo meno ionizzato ha una maggiore durata d’azione per la persistenza nei siti di legame del midollo spinale e l’elevata affinità per i recettori m. Considerazione degna di nota è il fatto che i farmaci somministrati per via epidurale vengono assorbiti rapidamente in circolo attraverso le vene vertebrali che scaricano nell’azygos, per cui nei soggetti che hanno una pressione intratoracica aumentata e quindi un flusso spinale aumentatao nella vena azygos, si ha un assorbimento maggiore del farmaco in circolo mentre una quantità minore resta disponibile per il trasferimento attraverso la dura al midollo spinale. Per quanto riguarda metabolismo ed escrezione: gli oppioidi vengono trasformati in gruppi polari ed escreti per via renale, quelli che presentano gruppi ossidrilici nella loro struttura vengono metabolizzati per coniugazione con acido glucuronico, gli esteri vengono metabolizzati da esterasi tissutali.Importanza delle caratteristiche fisico-chimiche La penetrazione degli oppioidi nel SNC e quindi il legame ai recettori e la possibilità di esplicare le proprie funzioni varia da molecola a molecola, in base alle differenti caratteristiche fisico-chimiche (tabella 3). Per quanto riguarda la liposolubilità è definitivamnete accertato che per o/a da 128 a 560 la diffusibilità risulta essere migliore (fentanyl, sufentanil) , fa eccezione l’alfentanil che possiede bassa liposolubilità compensata però da un piccolo Vdss che gli permette di raggiungere rapidamente concentrazioni plasmatiche all’equilibrio plasma/cervello. Quali farmaci? Morfina (pKa 7.9, fraz. diffusibile: 16% a pH 7.4) dopo somministrazione intratecale diffonde al midollo spinale solo una quota pari al 5% e lentamente ai vasi sanguigni circostanti, per questo motivo la scomparsa della morfina dal CSF ha un’emivita di circa 3 ore. Si può avere diffusione rostrale e la morfina può raggiungere i centri che controllano il respiro ed il pavimento del 4° ventricolo, dopo alcune ore dalla somministrazione. Dopo somministrazione epidurale la situazione è più complessa dal momento che l’uptake vascolare è più rapido e la via di diffusione ai recettori spinali è indiretta; occorrono dosi maggiori per raggiungere un’analgesia adeguata e le concentrazioni plasmatiche raggiungono facilmente livelli clinicamente significativi.Fentanyl (pK 8.4, fraz. diffusibile: 1,7% a pH 7.4) E’ un oppioide caratterizzato da elevata liposolubilità (coefficiente di ripartizione ottanolo/acqua: 813), buon legame proteico (albumine, glicoproteine e lipoproteine). Dopo somministrazione intratecale, la diffusione al midollo della forma non-ionizzata è rapida, diffonde la tessuto grasso e l’uptake sitsemico è relativamente rapido: durata d’azione più breve della morfina e minori rischi di diffusione rostrale). Dopo somministrazione epidurale raggiunge facilmente il CSF e dà analgesia in 10-15 minuti. Sono però necessarie dosi maggiori poiché parte del fentanyl arriva a livello sistemico dai vasi sanguigni peridurali e di qui diffonde ai tessuti per cui le concentrazioni plasmatiche si mantengono comunque basse.Sufentanil (pKa 8.0, fraz. diffusibile: 1.4% a pH 7.4) Tra tutti gli oppioidi disponibili è quello che presenta la più alta specificità per i recettori m, ha una potenza 8-10 volte maggiore del fentanyl.. Presenta elevata liposolubilità e grande affinità per le proteine plasmatiche. Ha un volume di distribuzione (Vd) simile al fentanyl ma emivita più breve.Alfentanil (pKa 6.5, fraz. diffusibile: 7.1%) L’alfentanil differisce dagli altri oppioidi per particolari caratteristiche: rapido onset-time e breve durata d’azione; anch’esso come il sufentanil è un potente m-agonista e ha un buon legame alle proteine plasmatiche. Quale via? La tecnica di somministrazione spinale degli oppioidi (sia essa epidurale, subaracnoidea o intraventricolare) può essere eseguita attraverso catetere percutaneo o tunnellizzato, collegato, a sua volta, ad un terminale esterno, ad una porta sottocutanea o ad una pompa sottocutanea totalmente impiantata, e permette l’infusione del farmaco in maniera continua o intermittente (boli), o PCEA (con o senza infusione continua) in fase intra e postoperatoria (gestione del dolore). La scelta tra somministrazione epidurale o subaracnoidea è determinata dalle condizioni fisiche del paziente (età, stato di coscienza, osteoartrosi, assetto emocoagulativo, etc), dall’abilità dell’esecutore, dalla durata e dal tipo di intervento (urgente o d’elezione) a cui deve essere sottopposto. La comparazione dei dati, derivanti da studi condotti per valutare l’efficacia analgesica dopo somministrazione di oppioidi per via epidurale o subaracnoidea o intracerebroventricolare, suggerisce pari efficacia delle diverse vie di somministrazione (4-8).Quale dose? La dose adoperata per la somministrazione spinale dipende dal tipo di somministrazione e dalla terapia che viene impostata, essa viene modificata in base all’effetto prodotto ed alla tossicità:epidurale: 20% della precedente dose sistemica (mg/24 hr); subaracnoidea: 2% della precedente dose sistemica (mg/24 hr); Sono stati condotti anche trials clinici per valutare l’efficacia della somministrazione spinale di soli oppioidi oppure di oppioidi in associazione ad altri farmaci, la combinazione di oppioidi ad analgesici non-oppioidi e talora ad anestetici locali è risultata più efficace in particolare per il controllo del dolore neuropatico o di tipo acuto, i dati non sono comprensivi, però, della tossicità legata a questi tipi di associazioni (6, 9-14). Misure di sorveglianza Secondo le linee guida SIAARTI sul controllo del dolore postoperatorio sono da prendere in considerazione le seguenti misure di sorveglianza (15-20): II livello analgesia controllata dal paziente (PCA) e.v. senza infusione continua basale (bolo morfina di 70 anni. Questa tecnica è la modalità più sicura di somministrazione di oppiacei per via e.v (livello B)analgesia epidurale continua, con boli intermittenti o in regime di infusione continua, o in regime di PCEA con anestetici locali e/o oppiacei e/o clonidina dose unica di morfina per via subaracnoidea < 0.5 mg le dosi di oppiacei per via endovenosa o spinale devono essere adeguate all’età del paziente ed alla classe ASA >/= 3.Si raccomanda: controllo dell’efficacia e sorveglianza degli effetti collateralicontrollo del livello di sedazione, della frequenza respiratoria e del blocco motorio, di norma ogni 3-4 ore.di ricordare che, nell’adulto, il fabbisogno di oppiacei parenterale è funzione più dell’età che del peso corporeo (Livello C). Nei pazienti "naive" il fabbisogno di morfina per via parenterale, nelle prime 24 ore, viene calcolato approssimativamente dalla seguente formula (livello B): fabbisogno di morfina(espresso in mg) in pazienti di età compresa tra 20 e 70 anni nelle prime 24 ore dall’intervento chirurgico di chirurgia maggiore = 100 – età [Appare evidente che normalmente si tende a sottodosare i giovani e a fornire dosaggi più elevati agli anziani.]nei bambini il fabbisogno è calcolato in funzione del peso corporeo di ricordare che gli oppiacei utilizzati per via epidurale sono più efficaci se utilizzati in associazione con anestetici locali con i quali sviluppano un effetto sinergico che permette di ridurne le dosi e conseguentemente il rischi di comparsa di effetti collaterali (livello A)per la clonidina, anche se non specificatamente autorizzata per l’uso epidurale, la cospicua letteratura internazionale ne giustifica l’uso come adiuvanteIII livello infusione continua endovenosa di oppiacei ad alte dosi e/o in pazienti a rischio (pazienti di età > 70 anni, ASA >/= III)PCA con infusione continua basale. infusione spinale continua (peridurale o subaracnoidea) di oppiacei ad alte dosi Si raccomanda: ricovero in ambiente protetto ove vi sia la possibilità di monitoraggio orario Va adottato un programma di informazione ed educazione permanente del personale (medico e non medico) che deve essere in grado di riconoscere prontamente e trattare con tempestività ed efficacia l’insorgere di effetti collaterali e/o di gravi, anche se rarissime, complicanze come le sindromi compartimentali, la migrazione intratecale del catetere peridurale, l’ematoma peridurale e l’ischemia midollare.Gli oppioidi sono utili per migliorare l’outcome?Non vi sono, allo stato attuale, evidenze scientifiche che dimostrino un outcome migliore nei pazienti trattati con oppioidi spinali da soli nei confronti dei pazienti trattati con anestetici locali in associazione o meno con oppioidi; è certamente dimostrata la superiorità "clinica" delle associazioni tra anestetici locali a bassa concentrazione ed oppioidi a basse dosi in termini di ripresa della mobilità, dell’alimentazione, di ridotta incidenza di infezioni respiratorie e di riduzione dei costi e delle degenze in Unità di Terapia Intensiva (21). Infine, in termini di sicurezza, è confermata la bassa incidenza di effetti collaterali imputabili all’uso degli oppioidi per via spinale. Bibliografia 1. Mather LE. Trends in the pharmacology of opioids: implications for the pharmacotherapy of pain. European Journal of Pain 2001; 5 (suppl. A): 49-57. 2. Bovill JG. Pharmacokinetics and pharmacodynamics of opioid agonists. Anesth. Pharmaccol. Rev, 1993; 1: 122-134. 3. Sosnowski M. New concepts in opioid pharmacology. Refresher Course Lectures-European Society of Anaesthesiologists. Nice, 6 -9 April 2002: 187-192. 4. Panerai AE, Bianchi M, Ferrario P, Sacerdote P. Opioids. In: Regional anaesthesia, analgesia and pain managementdi M. Tiengo, V.A. Paladini e N. Rawal. Sprinter-Milano 1999. 5. Cousin MJ, Suellen MW. Neural blockade and pain management. In Pain 1999- An Update review. Seattle IASP Press; 289-291 6. Carr DB, Cousins MJ. Spinal route of analgesia. In Neural blockade in clinical anesthesia and management of pain. 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Ready LB, Ashburn M, Caplan RA, Carr DB, Connis RT, Dixon CL, Hubbard L.Rice LJ. Practice guidelines for Acute Pain Mangement in the Perioperative Setting – A report of the American Society of Anesthesiologists Task Force on Pain Management, Acute Pain Section. Anesthesiology 1995; 82:1071-81. 18. Ballantyne JC, Carr DB, deFerranti S, Suarez T, Lau J, Chalmers TC, Angelillo IF, Mosteller F. The comparative effects of postoperative analgesic therapies on pulmonary outcome: cumulative meta-analyses of randomized, controlled trials. Anesth Analg 1998 Mar; 86(3): 598-612. 19. Stacey BR, Rudy TE, Nelhaus D. Management of patient-controlled analgesia: a comparison of a primary surgeon and dedicated pain service. Anesth Analg 1997; 85 (1):130-34. 20. International, association for the Study of Pain. Analgesic tolerance to opioids. Pain Clinical Updates, 2001; IX, 5: 1-4. 21. Rodgers R et al."Reduction of postoperative mortality and morbidity with epidural or spinal anaesthesia: results from overview of randomised trials". British Medical Journal 2000; 321: 1493-7. 2 - FARMACI ADIUVANTI IN ANESTESIA REGIONALE P. De Negri, P. Modano, T. Tirri, G. Ciampo - U.O. Anestesia, Rianimazione e Terapia Antalgica Centro di Riferimento Oncologico della Regione Basilicata - Ospedale Oncologico Regionale Rionero in Vulture (PZ) L’anestesia regionale si basa sulla somministrazione di anestetici locali che nella fase perioperatoria assicurano :anestesia chirurgica, blocco motorio durante le manipolazioni chirurgiche, inibizione dell’ attività simpatica e di conseguenza delle risposte ormonali allo stress chirurgico,assenza di inibizione della motilità intestinale. Purtuttavia alcuni dei suddetti fenomeni possono rivestire un aspetto negativo nel periodo postoperatorio: il blocco motorio rappresenta un elemento sfavorevole se si richiede una mobilizzazione precoce; il blocco parziale dell’attività simpatica può essere causa di ipotensione. Sono stati quindi utilizzati vari adiuvanti per consentire la riduzione del dosaggio degli anestetici locali e quindi degli effetti collaterali ad essi secondari. Prima di somministrare un nuovo farmaco per via spinale, sono comunque richieste numerose valutazioni tossicologiche sugli animali. Il primo adiuvante ed il più largamente utilizzato è rappresentato dall’adrenalina, seguito quindi dagli oppioidi, dagli alfa 2 adrenergici agonisti (clonidina), dagli inibitori delle colinesterasi (neostigmina), dai NMDA antagonisti, dall’adenosina; gli adiuvanti sono stati utilizzati da soli e/o in aggiunta agli anestetici locali sia nei blocchi centrali che nei blocchi nervosi periferici.ADRENALINA: utilizzata (dosaggio 200 mcg) per prolungare l’attività della lidocaina, tetracaina e bupivacaina a livello subaracnoideo ed epidurale, prolunga ed intensifica sia il blocco motorio che sensoriale. Il suo uso è difficilmente riportato laddove la presenza del blocco motorio rappresenta un effetto indesiderabile come ad es. in ostetriciaALFA 2 – ADRENERGICI (CLONIDINA): la clonidina agisce a livello centrale e periferico con effetti analgesici diretti ed agisce sinergicamente con gli oppioidi e gli anestetici locali somministrati a livello spinale. La clonidina intensifica e prolunga l’anestesia spinale ottenuta con anestetici locali con effetto dose dipendente (75 – 100 mcg subaracnoidea, 150 – 300 mcg epidurale). La somministrazione di clonidina spinale (75-150 µg) è accompagnata dalla comparsa di bradicardia ed ipotensione più evidente in pazienti ipertesi e del tutto assente nei pazienti di età pediatrica. La clonidina determina ipotensione per azione a livello del midollo spinale (per effetto di una azione inibitoria diretta sui neuroni simpatici pregangliari), del tronco cerebrale (in seguito alla circolazione nel liquido cefalorachidiano) ed in periferia (per assorbimento sistemico con diminuzione dell’attività del sistema nervoso simpatico e per azione diretta sui centri cardiovascolari). La clonidina a basso dosaggio (15 µg) combinata con l’anestetico locale per via intratecale mentre non ha prodotto effetti collaterali, è stata in grado di determinare una anestesia adeguata per la chirurgia ambulatoriale. La clonidina somministrata da sola per via intratecale non è stata in grado di determinare adeguata anestesia chirurgica nonostante un dosaggio elevato (450 µg) mentre la clonidina intratecale (150-450 µg) ha consentito di determinare una analgesia postoperatoria (fino a 14 ore) dose dipendente in donne sottoposte a taglio cesareo con la concomitante presenza di sedazione e depressione emodinamica. La clonidina epidurale da sola determina una analgesia dose-dipendente intra- e postoperatoria ed è stata utilizzata con successo come unico agente analgesico durante e dopo interventi di chirurgia generale maggiore. La clonidina epidurale risulta inoltre efficace per il trattamento di pazienti oncologici con elevata sintomatologia algica resistente ad altri trattamenti. Nella pratica clinica, comunque, la clonidina intratecale o epidurale è stata per lo più somministrata insieme ad anestetici locali. L’ azione della clonidina quando utilizzata come adiuvante nei blocchi periferici è incostante. INIBITORI DELLE COLINESTERASI (NEOSTIGMINA): la Neostigmina è una ammina quaternaria non in grado di attraversare la BEE e quindi deve essere somministrata per via spinale per potere raggiungere l’organo bersaglio rappresentato dal midollo spinale. A differenza degli anestetici locali la neostigmina non determina un blocco assonale aspecifico bensì stimola tutti i recettori colinergici inclusi quelli responsabili di effetti collaterali indesiderati. La neostigmina inibisce la metabolizzazione dell’acetilcolina (neurotrasmettitore endogeno spinale), che si è dimostrata in grado di determinare analgesia. Poichè l’ acetilcolina agisce anche a livello di diversi siti spinali (inibizione dell’attività del motoneurone, eccitamento dell’outflow sympatico), il grado al quale l’ analgesia e questi effetti collaterali possono essere separati (dopo la somministrazione di neostigmina) dipende dalla quantità di acetilcolina rilasciata in ognuno di questi siti. Quando iniettata per via intratecale in volontari umani, la neostigmina ha prodotto una severa nausea e vomito probabilmente in seguito allo spread cefalico. L’incidenza di questo effetto collaterale si è ridotto rendendo la neostigmina iperbarica. Dal momento che gli agonisti alfa adrenergici e la neostigmina agiscono attraverso lo stesso meccanismo, è stata osservata una azione additiva analgesica con la combinazione neostigmina intratecale e clonidina epidurale. Inoltre la neostigmina aumenta l’outflow simpatico contrastando l’ipotensione determinata dagli anestetici locali e dalla clonidina. Nell’ambito clinico la neostigmina intratecale (25-75µg) coamministrata con la bupivacaina per l’anestesia subaracnoidea ha mostrato una riduzione dose-indipendente del consumo di analgesici postoperatori ma anche un aumento dose-indipendente della necessità di trattamento antiemetico. In ostetricia la neostigmina intratecale (5-20 µg) da sola non ha mostrato di possedere una azione analgesica ma ha contribuito ad incrementare l’analgesia ottenuta dopo somministrazione di sufentanil intratecale.NMDA ANTAGONISTI (KETAMINA): Il dolore postoperatorio è determinato dalla trasmissione ad opera delle fibre C di input provenienti da un danno tissutale e dalla facilitazione centrale secondaria ad uno stimolo continuo: l’attivazione dei recettori NMDA è necessaria alla facilitazione centrale dopo stimolazione nocicettiva ed è un fattore chiave nella genesi e nel mantenimento di stati algici persistenti. La somministrazione spinale di antagonisti NMDA può contrastare il dolore postoperatorio rimuovendo la componente facilitatoria; l’associazione di ketamina, morfina ed anestetici locali permette di ottenere il massimo risultato. La ketamina (10-30 mg) per via epidurale da sola o coamministrata con la morfina (0.5-2 mg) è stata utilizzata per il controllo del dolore postoperatorio. La ketamina epidurale è stata utilizzata in piccole dosi nell’ambito di un regime multimodale di analgesia postoperatoria epidurale patient-controlled (PCEA) determinando una migliore analgesia postoperatoria e diminuendo il consumo di altri analgesici. La somministrazione epidurale di ketamina ha rappresentato una valida alternativa nel trattamento del dolore neuropatico della nevralgia posterpetica. Numerosi sono i report circa l’uso della ketamina epidurale in età pediatrica in associazione con ropivacaina o come unico agente. L’uso della ketamina come adiuvante in corso di anestesia plessica è tuttora oggetto di studioADENOSINA : Studi preclinici sull’adenosina intratecale (500 – 2000 mcg) hanno sottolineato la sua efficacia nel trattamento del dolore acuto e cronico, si ritiene mediante l’attivazione del recettore antinocicettivo adenosina A1 a livello del SNC. Studi eseguiti in Svezia ed in USA ed approvati dall’ FDA, hanno suggerito che l’adenosina è efficace nel trattamento di stati di ipersensibilità ma non nella stimolazione nocicettiva acuta; l’effetto di lunga durata non è correlato al tempo di permanenza dell’adenosina nel LCR . L’interazione tra adenosina ed anestetici locali è attualmente in fase di studio; comunque si ritiene che l’adenosina, aumentando il flusso ematico a livello del midollo spinale, possa incrementare il washout degli anestetici locali e quindi possa abbreviare la durata dell’anestesia spinaleBIBLIOGRAFIA 1. Eisenach JC, et al. Alpha2-adrenergic agonists for regional anesthesia. A clinical review of clonidine (1984-1995). Anesthesiology 1996; 85:655-74 2. Filos KS, et al. Hemodynamic and analgesic profile after intrathecal clonidine in humans. A dose-response study. Anesthesiology 1994; 81: 591-601 3. Chiari A, et al. Analgesic and hemodynamic effects of intrathecal clonidine as the sole analgesic agent during first stage of labor: a dose-response study. Anesthesiology 1999; 91:388-96. 4. Mercier FJ, et al. The effect of adding a minidose of clonidine to intrathecal sufentanil for labor analgesia. Anesthesiology 1998; 89:894-601 5. De Kock M, et al.: Epidural clonidine or bupivacaine as the sole analgesic agent during and after abdominal surgery: a comparative study. Anesthesiology 1999; 90:1354-62 6. Hood DD, et al. Phase I safety assessment of intrathecal neostigmine methylsulfate in humans. Anesthesiology 1995; 82:331-43 7. Liu SS, et al. 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The safety and efficacy of intrathecal adenosine in patients with chronic neuropathic pain. Anesth. Analg. 1999;89:136-42 _______________________________________________________ ESRA 2002 Italian Chapter - Relazioni 3 - Regional anesthesia in the Pain-free Hospital Il controllo del dolore postoperatorio: strategie locoregionali e modulazione farmacologica in in- and out-patients. A. Paolicchi, C. Leoni e F. Giunta - IV° U.O. Anestesia e Rianimazione - Azienda Ospedaliera Pisana Scuola di specializzazione Anestesia e Rianimazione Università degli studi di Pisa Introduzione Il dolore influenza il decorso postoperatorio; la riduzione della sua intensità e durata è associata ad una minor incidenza di complicanze postoperatorie, ad un minor numero di giorni di degenza, contribuendo a migliorare l’outcome (1) . La cura del dolore è diventata quindi uno degli elementi fondamentali di un approccio multidisciplinare il cui obiettivo è il pieno recupero del paziente (2). Il progetto "Ospedale senza dolore" istituito dal Ministero della Sanità nel 2001 sviluppa linee guida la cui finalità è quella di aumentare l’attenzione del personale coinvolto nei processi assistenziali, affinchè vengano messe in atto tutte le misure possibili per contrastare il dolore, indipendentemente dal tipo e dalle sue cause. Per trattare in modo efficace il sintomo dolore in tutti i pazienti ricoverati o sottoposti a chirurgia ambulatoriale, è necessario predisporre una efficiente organizzazione che coinvolga tutte le figure professionali che interagiscono sul paziente. All’interno dell’ospedale il progetto si sviluppa attraverso pianificazione di protocolli terapeutici standardizzati, scelta delle tecniche più idonee, nonché di un metodo di raccolta dati in grado di permettere l’analisi dei benefici della terapia antalgica e l’incidenza degli effetti collaterali (3,4) . Nella nostra realtà tutto ciò è governato da un sistema organizzato: l’Acute Pain Service, che opera nell’ottica del "ciclo di qualità" attraverso pianificazione ed applicazione di protocolli, verifica dell’efficacia della terapia nonché controllo di eventuali effetti collaterali; l’analisi dei risultati raccolti ed audit periodici ci indirizzano alla ricerca di miglioramenti continui. Inoltre il giudizio sulla qualità di cura percepita espresso dal paziente attraverso un questionario anonimo costituisce un ulteriore indicatore per il nostro sistema. Efficacia e sicurezza per tutti i pazienti sono le finalità che ci siamo proposti. Il grado soglia di pain relief è VAS = 3. I risultati raggiunti applicando diversi protocolli di terapia, riferiti a 7609 pazienti afferenti all’ APS dal 1998 al 2002, sono descritti nella figura 1.paz in % Vas a riposo paz in % Vas al movimento Fig 1: Vas a riposo ed al movimento in 7609 pazienti afferenti all’Acute Pain Service: Vas a riposo = 3 nel 78% dei pazienti in recovery room, dalla sesta ora postoperatoria il VAS = 3 è raggiunto nel 97 % dei pazienti. Vas al movimento = 4 nel 79% dei pazienti raggiunto già dalla terza ora postoperatoria.Il nostro sistema è inoltre in grado di valutare quale strategia antalgica risulti più efficace, applicabile in sicurezza, in base al tipo di intervento chirurgico e alle caratteristiche dei pazienti e sia nello stesso tempo gravata da effetti collaterali più contenibili. Nel paziente ricoverato il trattamento analgesico, predeterminato dalla scelta della strategia anestetica, viene modulato sul paziente in recovery room e programmato per i giorni successivi di degenza. Dopo interventi di chirurgia maggiore la tecnica peridurale con anestetici locali ed oppioidi rappresenta nel postoperatorio una valida strategia che può essere ulteriormente migliorata quando integrata con NSAIDs. Analogamente i sistemi infusionali PCA o PCEA permettono di modificare la concentrazione ematica degli analgesici adeguandola ai bisogni del singolo. Più modelli consentono di realizzare tali opzioni; la verifica attraverso indicatori rilevati periodicamente è indispensabile per garantire il livello di comfort del paziente e sicurezza del sistema oltre ad indirizzare nella gestione e nello sviluppo di programmi attraverso l’attività di audit.L’organizzazione ospedaliera, attualmente, sta interessandosi sempre più al regime di day surgery per rispondere alle crescenti richieste dell’utenza, attraverso una riduzione delle liste di attesa e, nello stesso tempo, contenere i costi della cura della salute (5). Le priorità per il suo successo sono: recupero delle attività psichiche, mobilizzazione precoce, buon controllo del dolore, rapida ripresa dell’alimentazione, mentre i motivi più frequenti di ritardata dimissione sono: nausea, vomito, dolore, difficoltà alla mobilizzazione (6). Il controllo del dolore postoperatorio quindi è uno degli obiettivi prioritari ed è determinante per la dimissione dei pazienti; negli score utilizzati la quantificazione del dolore è sempre parte integrante (7). Nel paziente che solo per alcune ore riceve le cure all’interno della struttura ospedaliera compito dell’anestesista è non solo favorire il recupero in modo da consentire la dimissione con un buon pain-relief ma l’attenzione dovrà rivolgersi alla gestione del dolore quando ha lasciato l’ospedale. Un recente studio di G.A. McHugh and G.M.M. Thoms svolto attraverso un’indagine telefonica su un campione di 102 pazienti, evidenzia che nonostante l’utilizzo di moderne tecniche chirurgiche e anestesiologiche, il 17% dei pazienti riferisce dolore severo immediatamente dopo l’intervento e ciò lo ricorda anche alcuni giorni dopo, 82% dei pazienti riferisce di aver lasciato la corsia di degenza in presenza di dolore, per l’88% dolore si è manifestato tra la seconda e la quarta giornata postoperatoria. Comunque dolore severo dopo la dimissione viene riferito dal 21% dei pazienti intervistati (8).Le indicazioni della chirurgia in day surgery si stanno estendendo verso interventi sempre più aggressivi ed algogeni, il controllo del dolore diventa quindi un end point sempre più importante e talvolta difficile da raggiungere in sicurezza; le indagini a distanza evidenziano le difficoltà organizzative nel fornire un adeguata analgesia sia nel breve periodo di degenza in ospedale che durante il decorso a casa. Fuori dall’ospedale al paziente viene a mancare quel supporto umano e farmacologico offerto dai sistemi organizzati ed il periodo più critico per il controllo del dolore si ha al proprio domicilio. L’Ospedale senza dolore deve intervenire quindi con una programmazione che vada oltre il breve periodo di degenza, risulta indispensabile quindi l’utilizzo di tecniche in grado di ridurre le richieste analgesiche per tutto il periodo postoperatorio; inoltre alla dimissione il paziente deve essere informato sulla necessità di trattare il dolore a casa e sull’impiego dei possibili rimedi, attraverso l’assunzione regolare di analgesici orali, prima dell’insorgenza del dolore o dell’esaurimento dell’effetto degli anestetici locali. Rescue dosi di analgesici devono essere previste quando l’analgesia programmata risulta inefficace, inoltre si rende necessaria la disponibilità di consulenze telefoniche. Rawal nel 1997 ha riferito l’esperienza di un programma di analgesia locoregionale gestibile al domicilio dopo day surgery utilizzando anestetici locali a richiesta del paziente (9,10).MATERIALI E METODI I protocolli applicati dal nostro APS ai pazienti ricoverati, sottoposti ad interventi di chirurgia addominale ed urologia maggiore sono soprattutto basati su strategie endovenose PCA o peridurali con anestetici locali ed oppioidi. - Analgesia peridurale: 187 pazienti; 127 uomini, 60 donne che rappresentano 8,5% del totale dei pazienti seguiti nell’ultimo anno dall’Acute Pain Service (11). Protocollo di analgesia: anestetico locale (ropivacaina 1-2 mg/ml ) ed oppiode (sufentanil 0,8-1mcg/ml o morfina 0,02-0,04 mg/ml) alla velocità di 5 ml/h associato a Ketorolac 30 mg endovena ogni 8 ore. - Analgesia endovenosa PCA: 184 pazienti; 110 uomini, 74 donne (8,4% dei pazienti afferenti all’acute pain service nel 2002) Protocollo di analgesia: morfina endovenosa, dose carico al risveglio in recovery room (0,05- 0,2mg/kg) seguita da autosomministrazione di boli di 1mg con lock-out time e dose limite in 4h prestabiliti associati a Ketorolac 30 mg endovena ogni 8 ore. Indicatori utilizzati: VAS al riposo ed al movimento. Timing: al risveglio, alla dimissione dalla recovery room, ogni 3 ore, fino alla 15 ora postoperatoria e successivamente ogni 6 ore. La durata della terapia non sottende a schemi prestabiliti ma è modulata secondo le esigenze del singolo paziente, dalla sua personale esperienza dolorosa, e nel tempo segue scale di trattamento utilizzando tecniche e farmaci meno aggressivi.  Al termine del trattamento antalgico ai pazienti viene somministrato un questionario per valutare il grado di soddisfazione quale indicatore di qualità percepita delle cure mediche. (fig.2).  fig 2 Questionario Sesso________ Età_________ Reparto______________ Tipo di analgesia _______________________Tipo di intervento_________________________ Si ritiene soddisfatto del controllo del dolore postoperatorio ricevuto? Per niente Poco Molto Moltissimo Il controllo del dolore è stato : Insoddisfacente Soddisfacente Buono Ottimo Ha lamentato altri disturbi, quali?___________________________________ Rispetto a quanto le era stato prospettato nella visita pre-operatoria sono state mantenute le aspettative? Per niente In parte In buona parte Totalmente Nell’eventualità di un altro intervento chirurgico richiederebbe lo stesso trattamento antalgico? Si NoChe giudizio darebbe sul rapporto con il gruppo anestesiologico? Negativo Sufficiente Buono Ottimo Altro: Suggerimenti per il gruppo APS (gruppo al servizio del trattamento del dolore acuto postoperatorio): Critiche:_______________________________________________________ L’esperienza di Acute Pain Service maturata all’interno del nostro ospedale ha permesso di ampliare il campo d’azione adeguandoci alle nuove esigenze affrontando le problematiche dopo un intervento in regime di day surgery.La nostra attività di day surgery è iniziata circa dieci mesi fa, abbiamo effettuato 1050 interventi di chirurgia generale: 68% chirurgia del collo, 14% videolaparoscopia, 13% chirurgia della mammella, 4% erniorrafie, 1% varici ed altro. Obiettivo dello studio: valutare il grado di pain relief in due gruppi di pazienti sottoposti a intervento chirurgico per patologia tiroidea, stessa tecnica di anestesia (TIVA), medesima equipe chirurgica, entrambi afferenti al nostro Acute Pain Service: Gruppo A (GA) in regime di day surgery, Gruppo B (GB) ricovero ordinario (gruppo controllo) - GA: 350 pazienti day surgery, anestesia generale TIVA, analgesia postoperatoria: infiltrazione della ferita chirurgica (ropivacaina 7,5 mg/ml dose 1 mg/Kg) e Ketorolac 30 mg e.v. somministrati 30 minuti prima del risveglio e successivamente 30 mg e.v. ogni 8 ore fino alla dimissione. Al momento della dimissione dopo una valutazione con Aldrete Score modificato viene programmata terapia ad orario con ketorolac per o.s. o paracetamolo nei pazienti che presentano intolleranza per i NSDAs.- GB: 750 pazienti in ricovero ordinario, stessa tecnica di anestesia, analgesia postoperatoria con soli NSDAs (Ketorolac 30 mg e.v. somministrati 30 minuti prima del risveglio e 90 mg in tre somministrazioni nelle 24 ore successive).Indicatori utilizzati: VAS al riposo e al movimento. Timing: al risveglio, alla dimissione dalla recovery room ed ogni 3 ore fino alla 12 ora postoperatoria.I pazienti operati in regime di day surgery ricevono inoltre un’intervista telefonica alcuni giorni dopo la dimissione allo scopo di ottenere informazioni relative al dolore ed altri disturbi di discomfort a casa.RISULTATI I pazienti ricoverati sottoposti ad interventi di chirurgia addominale ed urologia maggiore con protocollo di analgesia postoperatoria peridurale o PCA alla verifica clinica hanno mostrato i seguenti risultati: il pain relief si è dimostrato ottimale nella analgesia peridurale mantenendo il target VAS a riposo = 3 nell’93% dei pazienti e VAS al movimento = 4 nell’80%. Il controllo del dolore nel gruppo PCA si è dimostrato meno efficace nelle prime ore raggiungendo il target VAS a riposo = 3 nel 54% dei pazienti in recovery room (VAS = 4 nel 80%); dalla sesta ora postoperatoria si è ottenuto un buon controllo del dolore (VAS a riposo = 3 nel 80% dei pazienti e VAS al movimento = 4 nell’75%). I risultati sono stati rilevati durante un periodo di osservazione di 48 ore postoperatorie.Fig.3sull'ordinata: paz in % sull'ascissa: timing Vas al riposo Peridurale Vas al riposo PCA Vas al movimento Peridurale Vas al movimento PCA L’analisi dei questionari di gradimento conferma le osservazioni emerse durante le valutazioni dell’ Acute Pain Service, il giudizio sull’efficacia della terapia antalgica risulta ottimo e buono nel 95% del gruppo Peridurale, nel 80% del gruppo PCA; il giudizio sull’assistenza è positivo rispettivamente nel 95% e nel 92% di questi pazienti. Quasi tutti i pazienti richiederebbero lo stesso trattamento antalgico nell’eventualità di altro intervento. I risultati che emergono dalla verifica clinica nella chirurgia tiroidea effettuata in regime di day surgery o in ricovero ordinario evidenziano il raggiungimento del target VAS = 3 nel 80% dei pazienti in day surgery in recovery room, mentre solo il 62 % dei ricoveri ordinari raggiunge lo stesso obiettivo. Anche l’andamento del VAS nelle prime dodici ore postoperatorie si mantiene a favore dei pazienti operati in regime di day surgery che beneficiano dell’infiltrazione locale e di un più confortevole ambiente di degenza. Fig.4 L’infiltrazione della ferita con anestetici locali, utilizzata nell’ambito di un approccio multimodale, si è dimostrata un ottimo adiuvante per ridurre il ricorso nel postoperatorio ad analgesici maggiori.fig.4 sull'ordinata: paz in % sull'ascissa: timing Vas a riposo Day Surgery Vas a riposo ricovero ordinario I pazienti operati in regime di day surgery intervistati telefonicamente a distanza di una settimana hanno fornito informazioni circa il ricordo dell’esperienza dolorosa dalla dimissione dall’ospedale fino alla sua scomparsa. Il 20% degli intervistati riferiscono assenza di dolore alla dimissione, il 48% dolore lieve, il 23% sopportabile, l’8% forte. Il dolore è scomparso nel 67% dei pazienti entro tre giorni, nel 24% in quattro – sette giorni, il 9% ha avuto dolore per oltre una settima. Comunque il disturbo più frequentemente riferito nel postoperatorio è il dolore (52%). Il 93% dei pazienti riferisce di aver seguito le prescrizioni farmacologiche, nell’82% non è stato necessario il ricorso ad ulteriori terapie.Conclusioni Il blocco neuroassiale con epidurale o spinale ha dimostrato la sua influenza sulla morbilità e mortalità postoperatoria 12 . Nel nostro sistema di Acute Pain Service l’analgesia locoregionale è risultata, come dimostrato in letteratura, il golden standard per i pazienti ricoverati e sottoposti ad interventi di chirurgia maggiore. La terapia multimodale combinando bassi dosaggi di farmaci di differenti classi e con diversi meccanismi d’azione (oppioidi con anestetici locali e NSDAs) ha permesso di ottenere gli effetti desiderati. Ma l’obiettivo di un’APS non deve limitarsi al pain relief ma deve favorire una più precoce mobilizzazione ricorrendo a tecniche di analgesia locale e regionale come supporto ai farmaci tradizionali. Questo permetterà un più rapido raggiungimento dell’outcome rendendo l’Acute Pain Service un servizio veramente efficace in termini di comfort per il paziente e, nello stesso tempo, utile al contenimento dei costi per le strutture ospedaliere. Per i pazienti ambulatoriali l’Acute Pain Service, integrando procedure intra e postoperatorie locoregionali con analgesici cosiddetti minori, svolge in modo ottimale il suo programma intraospedaliero. Dalle inchieste dell’utenza emerge però che il problema dolore non si limita alla degenza intraospedaliera e le necessità del paziente a tale riguardo devono trovare soluzione in un modello organizzativo che si occupi della cura al domicilio. Le esperienze di analgesia locoregionale gestita dal paziente a casa suggeriscono nuove strategie con cui confrontarsi che rappresentano il compromesso tra la richiesta di miglior efficienza e buona qualità (13,14). Elementi essenziali saranno la selezione del paziente, la sua accettazione, la codifica con informazioni verbali e scritte, l’assistenza familiare continua, la possibilità di raggiungere in ogni momento il team di riferimento.Bibliografia (1) Grass JA. The role of epidural anaesthesia and analgesia in postoperative outcome. Anesth Clin North Am 2000; June 18(2):407-28 (2) Kehllet H. Multimodal approch to control postoperative pathophisilogy and rehabilitation. Br J Anaest 1997; 78(5):606-17 (3) Ready LB. Development of an anesthesiology-based postoperative pain managment service. Anesthelogy 1998;68:100-6 (4) International Association for the study of Pain (IASP) 1992. Managment of Acute Pain. A pratical Guide Task Force on Acute Pain, IASP pubblications Seattle USA (5) "Raccomandazioni clinico organizzative per l’anestesia in day surgery"; Commissione SIAARTI/AAROI sull’anestesia in day surgery; 2001. (6)Tong D, Chung F. Postoperative pain control in ambulatory surgery. 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Anesthesiology 2000 Jan;92(1):102-8. 4 - Regional Anesthesia in the pain-free Hospital / In Pediatrics  ALR nell'ospedale senza dolore In Pediatria A.Messeri - Servizio Terapia del Dolore -Ospedale Meyer, Firenze L’obiettivo di ridurre gli stati di sofferenza in pediatria risponde a criteri essenziali di umanità e di tutela del diritto alla salute del bambino malato. Esso è peraltro essenziale anche al raggiungimento di risultati positivi nelle stesse procedure cliniche. Il contenimento del dolore nel bambino malato si attua attraverso vari livelli di intervento: interventi farmacologici, innanzi tutto, ma anche interventi di altro genere che rimandano più in generale alla qualità dell’accoglienza di un ospedale e alla sua capacità di farsi carico dei problemi e dei bisogni del bambino , considerato come persona e dei suoi familiari. L’Ospedale Pediatrico Anna Meyer è da tempo impegnato su questo terreno è ha ottenuto risultati significativi per migliorare la qualità degli spazi e delle relazioni con il paziente. Già ora i colori e l’atmosfera del Meyer confermano l’evoluzione in atto, così come la presenza strutturata di attività di supporto come l’animazione, la musicoterapia, la clownterapia e del tutto recentemente con la presenza dei cani in ospedale. Ma la politica della qualità dell’accoglienza non basta se non è affiancata da una generale crescita culturale e tecnica di tutti gli operatori sanitari sull’importanza di contenere la sofferenza del bambino. All’interno dell’Ospedale troppo spesso il problema del dolore è lasciato alla disponibilità e alla sensibilità culturale e umana dei singoli operatori. Accade così che talvolta si hanno risposte adeguate e tempestive, ma altre volte il problema è ignorato o non considerato a sufficienza. Inoltre spesso manca la fondamentale integrazione delle competenze necessaria per risolvere le problematiche complesse del dolore. Alla luce di tutto ciò con l’intento di arginare la prevalenza del dolore negli ospedali, il Ministero della Sanità ha istituito una Commissione di studio, con decreto del 20 settembre 2000, per "approfondire la conoscenza, anche sulla base delle esperienze maturate presso alcune strutture italiane e di altri Paesi, degli interventi che possono essere introdotti nell’ambito dei servizi e della pratica assistenziale al fine di contrastare il dolore e le sofferenze evitabili, causati dalle malattie e in particolare dalle malattie oncologiche". A tal fine, la Commissione ha elaborato un progetto specifico, denominato Progetto "Ospedale senza Dolore", che fornisce - oltre alle indicazioni relative ai contenuti, ai tempi e alle modalità di realizzazione - anche alcune raccomandazioni che possano favorirne lo svolgimento. L’idea si ispira ad analoghi progetti internazionali e istituzionalizzati in alcuni paesi europei (www.sans-douleur.ch). La finalità del progetto è di aumentare l’attenzione del personale curante negli ospedali italiani affinché vengano messe in atto tutte le misure possibili per contrastare il dolore espresso dalla persona, indipendentemente dal tipo di dolore rilevato, dalle cause che lo originano, dal contesto di cura. E’ risaputo infatti che la carenza nel rilevare e trattare il dolore ha luogo nei confronti di malati sottoposti sia a cure mediche che chirurgiche, siano essi adulti o bambini, con caratteristiche particolari (portatori di handicap o anziani, ad esempio), siano essi ricoverati in reparto, che abbiano accesso agli ambulatori o ai servizi diagnostici. E’ importante dunque che si arrivi a considerare il dolore fisico un segno imprescindibile nella valutazione clinica dalla persona, così come il polso, la temperatura corporea, la pressione arteriosa. Così come avviene per tali parametri (denominati segni vitali) è essenziale che anche il dato relativo al dolore venga riportato regolarmente sulla cartella clinica del paziente al fine di creare una cultura diffusa in tutti i professionisti sanitari (medici ed infermieri) che consideri il dolore un parametro imprescindibile per la programmazione e la gestione delle cure. Tale accorgimento, apparentemente banale e di facile realizzazione, ha invece una enorme valenza su piano delle conseguenze, e porta inevitabilmente il personale di cura ad esserne consapevole, a prenderne atto e, conseguentemente, al dovere professionale, oltre che etico, di farsene carico affinché il dolore venga controllato rapidamente. Il medico ancora oggi considera il dolore un fatto secondario ad una patologia cui va riservata tutta l’attenzione; l’infermiere, pur non rimanendo estraneo alla situazione sofferta dal paziente, non può offrire un adeguato aiuto; il paziente spesso, specialmente se bambino o handicappato, non manifesta il proprio dolore apertamente per non subire ulteriori atti medici che non gradisce o perché ritiene giustificato il dolore in una situazione di malattia o di ospedalizzazione. Pertanto si rende necessario un radicale mutamento di attitudini e atteggiamenti che deve coinvolgere non solo il personale curante, ma anche l’opinione pubblica che usufruisce dei servizi sanitari del paese. L’attuazione richiede un’opera di educazione e formazione continua del personale di cura operante nelle strutture sanitarie, possibilmente da parte di esperti afferenti all’istituzione stessa, affinché si arrivi ad offrire un adeguato soccorso alla sofferenza del paziente durante la sua presenza in ospedale.IL CONTROLLO DEL DOLORE PEDIATRICO In un ospedale pediatrico il problema "dolore" si presenta sotto multiformi aspetti che devono trovare una risposta ben al di là della semplice somministrazione, peraltro importante, di farmaci analgesici. E' infatti necessario un approccio integrato e multidisciplinare che permetta di capire, misurare e, quindi, adeguatamente trattare il fenomeno dolore in tutte le sue forme. Spesso accade che, oltre al dolore fisico vero e proprio, si debba trattare la paura e l'ansia che scaturiscono nei bambini dal semplice ingresso in ospedale. Le problematiche inerenti al dolore in pazienti di età pediatrica si possono evidenziare sinteticamente nel dolore acuto, nel dolore cronico e nei problemi relativi allo stato di sedazione. Il dolore acuto ha la funzione di avvisare l'individuo della lesione tissutale in corso ed è normalmente localizzato, dura per alcuni giorni, tende a diminuire con la guarigione ed è essenzialmente rappresentato, in ospedale, dal dolore legato all'intervento chirurgico. Tale tipo di dolore è un problema più semplice da trattare rispetto al dolore cronico in quanto la sua causa è generalmente chiara e l'obiettivo da raggiungere è quello di alleviare il dolore per alcuni giorni finché non ha inizio il processo di guarigione. Attualmente le opzioni terapeutiche per il controllo del dolore acuto postoperatorio sono molteplici ma nella maggior parte dei casi è più importante perfezionare i benefici che derivano da una qualsiasi tecnica piuttosto che preoccuparsi della scelta della tecnica stessa. Quasi ogni tecnica funziona ma deve essere adattata ai bisogni individuali del singolo paziente e della sua famiglia anche con eventuali modificazione dei modelli organizzativi presenti nell'ospedale. Le tecniche di anestesia loco-regionale rivestono un ruolo fondamentale per un adeguato controllo del dolore post-operatorio. Il dolore cronico è invece ribelle ai comuni trattamenti. Ricorre nell’ambito di una malattia cronica più o meno grave, molto spesso limitativa per quanto riguarda la vita di relazione e talvolta mortale. In questi casi il dolore non può e non deve essere considerato solo un sintomo ma piuttosto una malattia nella malattia dove, oltre al dolore fisico, coesistono molte e differenti componenti che lo rendono spesso insostenibile. Un dolore cronico per antonomasia è quello oncologico. Per quanto riguarda la sedazione, invece, gli interventi che possono aiutare i bambini a sopportare manovre dolorose, o semplicemente che generano paura, o esami diagnostici che richiedano per la loro esecuzione prolungati periodi di immobilità, possono essere schematizzati essenzialmente in interventi di tipo farmacologico e di tipo non farmacologico. Gli interventi di tipo farmacologico sono indispensabili in moltissime situazioni e necessitano di una specifica competenza tecnica. E’ infatti praticamente impossibile far stare immobile e cooperante un bambino finché rimane sveglio; anche la sola somministrazione di ansiolitici non è quasi mai sufficiente e spesso è necessario ricorrere a tecniche combinate di sedazione e analgesia. La sedazione prevede tre livelli: sedazione conscia, sedazione profonda e anestesia generale. In ogni caso oltre alla sedazione per qualsiasi procedure dolorosa è sempre opportuno associare una anestesia loco-regionale che garantisce, oltretutto, una adeguata analgesia nel periodo successivo alla procedura.ANESTESIA LOCALE L’anestesia locale, soprattutto se ottenuta senza ago e con l’ausilio delle tecniche non farmacologiche, riduce notevolmente l’ansia e il dolore associato alle procedure dolorose. L’Emla (Eutectic Misture of Local Anesthetics) è una miscela eutectica di anestetici locali, contiene il 2.5% di lidocaina e il 2.5% di prilocaina in una peculiare emulsione olio-acqua che dà origine all’Emla 5%. Le lievi proprietà lipofile ed idrofile dei farmaci che la compongono aumentano notevolmente quando li si miscela, permettendone l’assorbimento attraverso la cute intatta. La profondità dell’anestesia è approssimativamente 3 mm dopo 1 ora dall’applicazione della crema sotto un bendaggio occlusivo ed è massimo di 5 mm dopo 1,5-2 ore. La crema Emla produce una leggera vasocostrizione temporanea, per cui può rendere più difficoltosa la ricerca di una vena. Negli Stati Uniti, la tetracaina crema al 4% è stata mostrata penetrare nella pelle intatta dei bambini e fornire anestesia locale come con l’applicazione dell’Emla. Non è costosa, ha un inizio d’azione più rapido rispetto all’EMLA (20-30 minuti), fornisce anestesia superiore alle 4 ore ed è un ottimo vasodilatatore. Al momento la tetracaina crema non è disponibile commercialmente negli Stati Uniti e deve essere preparata dal farmacista. Soluzioni o gel che contengono: 0.5% tetracaina, 0.05% adrenalina e 4% di cocaina all’11.8% (TAC) o 4.0% lidocaina, 0.1% epinefrina e 0.5% tetracaina (LET), se instillate per 20-30 minuti in una ferita aperta, sono sufficientemente assorbite per fornire un’anestesia locale. Queste soluzioni sono più efficaci sul cuoio capelluto e sulla pelle del viso piuttosto che nelle ferite delle estremità e del tronco. A causa della loro tossicità da rapido assorbimento, l’uso di queste soluzioni generalmente è controindicato sulle membrane mucose e sulle larghe abrasioni, anche se l’applicazione corretta di quantità limitate è stata mostrata essere sicura. TAC e LET sono miscele relativamente instabili e possono essere preparate dal farmacista e conservate in frigo. Lo spray di cloruro di etile viene impiegato spesso per incisioni cutanee limitate (ad esempio, drenaggio di piccoli ascessi). Se spruzzato sulla cute esso evapora raffreddandosi al punto di congelamento. L’anestesia è efficace ed immediata, ma i suoi svantaggi comprendono la breve durata (solo fino ad 1 minuto), il potenziale dolore allo scongelamento, la possibile riduzione della resistenza all’infezione ed il ritardo nella riparazione tissutale. Lo spray al cloruro di etile è altamente volatile e non va usato in vicinanza di fiamme o scintille (ad esempio, bisturi elettrico). Tutte le ferite devono essere tamponate con anestetico locale: Lidocaina al 3%-4%. L’anestesia per contatto può anestetizzare solo gli strati superficiali, non è idonea da sola per le ferite più profonde, che richiedono una sutura a doppio strato. Un tamponcino di cotone, saturato di lidocaina, offre miglior contatto della garza. L’effetto massimale si ha dopo 20 minuti. L’anestesia per infiltrazione comporta l’iniezione di un anestetico direttamente nel tessuto da manipolare chirurgicamente. Questo tipo di anestesia può essere impiegato per la maggior parte dei piccoli interventi chirurgici, quali l’escissione di lesioni cutanee, l’incisione di ascessi e la sutura delle ferite per l’aspirato midollare per la biopsia osteomidollare. L’infiltrazione locale può assicurare anche l’emostasi sia distendendo direttamente i tessuti, sia ricorrendo all’adrenalina. Il principale svantaggio rispetto al blocco nervoso, consiste nel fatto che è necessaria una dose relativamente abbondante di farmaco per anestetizzare una zona relativamente ridotta. Nelle ferite estese, la quantità di anestetico necessaria può far correre il rischio di tossicità sistemica. L’infiltrazione locale distorce anche i tessuti e può non essere ottimale in zone che necessitano di un allineamento perfetto (ad esempio, talune ferite delle labbra). Dopo l’anestesia per contatto, si può infiltrare la ferita, dal lembo cruento con la lidocaina al 2%. La somministrazione dell’anestetico deve essere la più indolore possibile. Il dolore da iniezione si può ridurre usando aghi di piccole dimensioni. Se l’iniezione avviene attraverso la cute, si dovrebbe usare un ago da 30 gauge; se invece avviene attraverso i margini tagliati di una ferita, può bastare un ago da 25-27 gauge. Il dolore dell’iniezione può essere, inoltre, significativamente ridotto dalla alcalinizzazione della soluzione di anestetico locale (aggiungendo 1cc di Sodio Bicarbonato a 9cc di Lidocaina al 2%), riducendo la velocità d’infusione e riscaldando l’anestetico a temperatura corporea. Per il dolore post-operatorio l’uso di blocchi periferici e centrali sia in single shot che in infusione continua è la metodica più adeguata anche nei pazienti di età pediatrica. Informazioni sulla rivista ESIA-Italia EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY and CRITICAL CARE MEDICINE - Italia costituisce la parte Italiana della versione Americana, pubblicata su Internet da Keith J Ruskin, Professore di Anestesia alla Università di Yale. I lavori saranno accettati sia in lingua Italiana che Inglese. In quelli di lingua Italiana un corposo riassunto in Inglese verrà preparato dalla redazione, qualora l'autore non fosse in grado di fornirlo. A cura della redazione sarà inoltre la traduzione in Italiano dei manoscritti inviati in lingua Inglese. La rivista sarà inviata gratuitamente a tutti quelli che ne faranno richiesta, inviando il seguente messaggio "Desidero ricevere ESIA versione italiana" indirizzato a LANZA@UNIPA.IT La rivista pubblica rewiews e lavori originali compiuti nei campi dell'anestesia e della medicina critica. I lavori originali riguardano ricerche cliniche, di laboratorio e la presentazione di casi clinici. Le reviews includono argomenti per l'Educazione Medica Continua (EMC), articoli di revisione generale o riguardanti le attrezzature tecniche. ESIA pubblica le lettere all'Editore contenenti commenti su articoli precedentemente publicati ed anche brevi comunicazioni. La guida per gli autori può essere consultata collegandosi al sito ANESTIT all'indirizzo: http://anestit.unipa.it/ utilizzando la sezione riservata ad ESIA-Italia; oppure può essere richiesta inviando un messaggio a lanza@unipa.it EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY and CRITICAL CARE MEDICINE Sezione Italiana Il numero della rivista è anche ottenibile attraverso World-WideWeb WWW: l'URL per questo numero di ESIA è: http://anestit.unipa.it/esiait/esit0203.txt Il nome della rivista è esitaamm, dove aa è l'anno ed mm il mese (per esempio questo numero è esit0203.txt) LA REDAZIONE DI ESIA ITALIA DIRETTORE: Vincenzo LANZA Primario del Servizio d'Anestesia e Rianimazione Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli Palermo LANZA@UNIPA.IT Terapia Intensiva Antonio Braschi Primario del Servizio d'Anestesia e Rianimazione 1 - Policlinico S. Matteo - IRCCS Pavia Anestesia Cardiovascolare Riccardo Campodonico Responsabile dell'Unità di Terapia Intensiva Cardiochirurgica - Azienda Ospedaliera di Parma ricrob@mbox.vol.it Anestesia e malattie epatiche Andrea De Gasperi Gruppo trapianti epatici / CCM - Ospedale Niguarda - Milano Medicina critica e dell'emergenza Antonio Gullo Professore di Terapia Intensiva - Direttore del Dipartimento di Anestesia e Terapia Intensiva -Università di Trieste Anestesia ed informatica Vincenzo Lanza Primario del Servizio d'Anestesia e Rianimazione - Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli - Palermo Tossicologia Carlo Locatelli Direttore del Centro di Informazione Tossicologica Centro antiveleni di Pavia - Fondazione Scientifica "Salvatore Maugeri Clinica del Lavoro e della Riabilitazione"- Pavia Terapia Antalgica e Cure Palliative Sebastiano Mercadante Responsabile dell' Unità d'Anestesia e di Terapia del Dolore e Cure Palliative - Dipartimento Oncologico La Maddalena - Palermo terapiadeldolore@la-maddalena.it