__________________________________________________________________ __________________________________________________________________ ISSN 1080-3521 EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY and CRITICAL CARE MEDICINE - Italia - Il giornale italiano on line di anestesia Vol 6 No 3 MARZO 2001 __________________________________________________________________ __________________________________________________________________ Pubblicato elettronicamente da: Vincenzo Lanza, MD Servizio di Anestesia e Rianimazione Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli Palermo, Italy E-mail: (lanza@mbox.unipa.it) Keith J Ruskin, MD Department of Anesthesiology Yale University School of Medicine 333 Cedar Street, New Haven, CT 06520 USA Office: 203-785-2802 E-mail: ruskin@gasnet.med.yale.edu Copyright (C) 1996 Educational Synopses in Anesthesiology and Critical Care Medicine. All rights reserved. Questo rivista on-line può essere copiata e distribuita liberamente, curando che venga distribuita integralmente, e che siano riportati fedelmente tutti gli autori ed il comitato editoriale. Informazioni sulla rivista sono riportate alla fine. ________________________________________________________________ In questo numero: 1 Efficacia del blocco del plesso brachiale per via sottoclaveare nella chirurgia dell'arto superiore. Un confronto con la tecnica per via ascellare 2 SINTOMATOLOGIA, CLASSIFICAZIONE E TRATTAMENTO RIABILITATIVO ACUTO DEI PAZIENTI CON TRAUMA CRANICO _______________________________________________________ Efficacia del blocco del plesso brachiale per via sottoclaveare nella chirurgia dell'arto superiore. Un confronto con la tecnica per via ascellare _______________________________________________________ Guglielmo L., Calderone L., Passafiume M., Chiaramonte G. Servizio di Anestesia e Rianimazione - Ospedale Buccheri La Ferla FBF Palermo E-mail:lelguglielmo@libero.it Introduzione Negli ultimi anni si è assistito ad un maggior impiego delle tecniche di anestesia loco-regionale per la chirurgia dell’arto superiore perché ritenute più sicure per il paziente. Si è contemporaneamente verificata una proliferazione di varianti di tecniche di anestesia del plesso brachiale allo scopo di aumentarne l’efficacia e ridurne le complicanze. Tra queste si è diffusa piuttosto rapidamente una variante della tecnica sottoclaveare di Raji detta coracoidea 1,2 che avrebbe il vantaggio, secondo gli autori, anche di una riduzione del rischio di pneumotorace e di sanguinamento.Rispetto alla anestesia ascellare l’ approccio sottoclaveare che non richiede peraltro necessariamente l'abduzione del braccio, permetterebbe di iniettare l'anestetico locale sui nervi brachiali più prossimalmente con una migliore percentuale di successo dell’anestesia brachiale. In questo studio abbiamo confrontato in un gruppo di pazienti sottoposti a chirurgia ortopedica la tecnica di blocco del plesso brachiale per via ascellare con quella sottoclaveare coracoidea, analizzando alcuni indici di efficacia e di qualità anestesiologica. Materiali e metodi Dopo avere ottenuto il consenso dei pazienti, veniva effettuato un studio prospettico e randomizzato su un gruppo di 140 pazienti di classe anestesiologica ASA 1 o2 che dovevano essere sottoposti a chirurgia ortopedica del avambraccio e del braccio (esclusi interventi sulla spalla). Venivano esclusi tutti i pazienti non in grado di collaborare o affetti da affezioni sensitivo-motorie dell'arto da sottoporre ad anestesia. I pazienti erano suddivisi in due gruppi di 70 ciascuno , a seconda dell'approccio scelto per identificare e anestetizzare il plesso brachiale: gruppo ASC (ascellare) e INF (infraclaveare). Tutti i blocchi venivano realizzati tramite neurostimolatore. A tutti i pazienti 2 ore prima di arrivare in sala operatoria erano somministrate, per via sottolinguale, 20 gtt. Lorazepam da 2.5 mg.  Dopo l'arrivo nel complesso operatorio i pazienti venivano sottoposti al monitoraggio della pressione arteriosa incruenta e dell'ECG ed ad una infusione di Ringer acetato.  Un elettrodo di ECG era inoltre piazzato sulla spalla omolaterale dell'arto da anestestizzare e veniva connesso al elettrodo positivo (anodo) dello stimolatore (HNS 11, B. Braun AG, Melsungen, Germany). In entrambi i gruppi veniva praticato un pomfo di 1 ml di anestestico locale (Lidocaina 2%) prima di introdurre l’agoelettrodo (Stimuplex 5 o 10cm Kanüle D, B. Braun Medical, Melsungen, Germany). Nel gruppo INF il braccio veniva lasciato in posizione addotta e l’ago-stimolatore veniva inserito lateralmente al processo coracoideo della scapola, 2 cm sotto la clavicola e perpendicolarmente alla cute. Esso era avanzato sino ad elicitare una risposta motoria nel gruppo dei muscoli innervati dal nervo mediano o radiale, sincrona con gli stimoli. La corrente elettrica inizialmente impostata su 1 mAmp veniva gradualmente ridotta sino a 0.3-0.5 mAmp. Se si otteneva una persistenza della contrazione muscolare si iniettava una miscela anestestetica di 20 ml di Lidocaina al 2 e di 20ml di Bupivacaina allo 0,5. Nel gruppo ASC dopo avere posizionato il braccio in abduzione (180°) veniva inserito l’ago stimolatore sotto l’arteria ascellare a livello dell’inserzione del muscolo grande pettorale ed era avanzato sino ad elicitare una risposta motoria nel gruppo dei muscoli innervati dal nervo mediano o radiale sincrona con gli stimoli. In entrambi i gruppi, dopo l’ iniezione dell’anestetico locale veniva effettuata ogni 2 minuti una valutazione della diffusione dell’anestesia nei territori sensitivo-motori dell’avambraccio e del braccio. Il blocco era considerato completo quando era presente una anestesia chirurgica nei territori innervati dai nervi principali dell’arto superiore (muscolo-cutaneo, mediano, radiale, ulnare e cutaneo mediale del braccio). Dopo 30 min. se il blocco era solo parzialmente completo veniva effettuata una infiltrazione supplementare del nervo corrispondente con 5 ml di lidocaina al 5%. Se durante l’intervento il paziente avvertiva dolore o discomfort veniva iniziata una infusione di propofol o di remifentanil. Nel caso di insuccesso si procedeva ad anestesia generale. Venivano dunque valutati: il tempo di realizzazione del blocco periferico, il tempo di ottenere un blocco completo valido per iniziare l’atto chirurgico, la frequenza di successo, la necessità di blocchi supplementari, di sedazione intraoperatoria, di ricorso all’anestesia generale, la frequenza di eventi avversi, il gradimento della tecnica da parte del paziente.In base ai dati della letteratura ed una prima analisi su 10 casi di blocco del plesso brachiale da noi effettuati con tecnica coracoidea si stimava come pari al 10% la differenza attesa tra le due tecniche rispetto alla percentuale di successo. Assumendo dunque un errore di tipo 1del 5% ed un errore di tipo 2 del 20%, la grandezza del campione calcolato era di 67 pazienti (SISA). Il confronto statistico sui dati non-parametrici veniva effettuato con il test di Mann-Whitney U o con quello esatto di Fisher. Veniva posto a P<0.05 il limite minimo di significatività. Risultati I due gruppi erano omogenei rispetto ai dati demografici ed alle procedure chirurgiche (tab.1). La frequenza di successo era del 95% nel gruppo INF e dell’ 86.6% nel gruppo ASC (p<0.05). Il tempo di realizzazione della procedura anestesiologica era di 11.15 ± 4.6 min nel gruppo INF e di 8.05 ± 3.2 nel gruppo ASC(p<0.05). I pazienti del gruppo INF erano pronti per essere operati (operabilità) dopo 11.50 ± 4.2 min mentre quelli del gruppo ASC lo erano dopo 16 min. 85 ± 3.54 (p<0.05). Non vi era una differenza significativa tra i gruppi rispetto all’impiego di una sedazione intraoperatoria o nella soddisfazione del paziente riguardo alla tecnica impiegata. Vi era una percentuale maggiore di anestesisti che giudicavano più soddisfacente (dal punto di vista tecnico) la tecnica INF. Non si verificavano eventi avversi in entrambi i gruppi (sequele neurologiche, puntura arteriosa o pleurica).Tab.1 Risultati del confronto tra blocco brachiale  per via infraclavicolare e per via ascellare  Infraclavicolare Ascellare P Età 45 ± 7 43 ± 9 ns Peso 75 ± 5 Kg 76 ± 7 Kg ns chir. mano 63% 65%  ns chir. avambraccio 37% 35% ns % successo 95% 86.6% P<0.05 tempo di effettuaz. blocco 11.15 ± 4.6 min 8.05 ± 3.2 P<0.05 tempo di operabilità 11.50 ± 4.2 min  16.85 ± 3.5 P<0.05 Sedazione 31.6% 33% ns soddisfazione del paziente 92% 94.2% ns DISCUSSIONE I risultati del nostro studio dimostrano una maggiore efficacia della tecnica di anestesia sottoclaveare coracoidea rispetto a quella ascellare nella chirurgia dell’arto superiore.Il blocco coracoideo determinava infatti una più completa e rapida anestesia dei territori sensitivo motori dell’avambraccio e della mano.Questo dato può essere il risultato di un approccio più prossimale ,rispetto all’ascellare, ai nervi del plesso brachiale, visto che l’anestetico locale viene iniettato direttamente sulle corda media laddove passano vicini i principali rami nervosi (radiale, mediano, ulnare). La sepimentazione poco presente a questo livello sarebbe invece massimamente rappresentata a livello del fascio vascolo-nervoso del cavo ascellare che spiegherebbe l’incompleta diffusione dell’anestetico locale sui rami del plesso brachiale soprattutto quando si ricorre all’infiltrazione di un singolo nervo con un unico bolo. Anche l’uso di alti volumi di anestetico locale non riesce infatti ad incrementare la percentuale di successo del blocco ascellare che invece si ottiene quando si adotta una tecnica di ricerca e di infiltrazione delle singole componenti del plesso nervoso. La migliore copertura anestetica dell’arto superiore è legata al coinvolgimento anche del segmento ulnare della corda media e del nervo intercostobrachiale che previene il dolore da tourniquet.L’approccio ascellare appare certamente più sicuro per l’impossibilità di incorrere in complicanze gravi come il pneumotorace. La maggiore profondità del plesso, a livello sottoclaveare, richiede invece un rigoroso rispetto dei punti di repere e una gestualità pù delicata da parte dell’operatore. Tuttavia la facile palpabilità del processo coracoideo in tutti pazienti (anche quelli obesi) consente di effettuare la puntura in condizioni di piena sicurezza trovandosi la parete toracica alcuni centimetri più medialmente. L’ approccio coracoideo rispetto a quello classico della tecnica di Raji 3 rende anche meno probabile la puntura accidentale dell’arteria succlavia. Nella nostra esperienza infatti non si sono in nessun caso verificati dei sanguinamenti significativi da attribuire alla puntura dei vasi succlavi. Uno dei vantaggi più evidenti con la tecnica coracoidea è rappresentato dalla possibilità di eseguire il blocco anestetico senza mobilizzare l’arto fratturato che può dunque rimanere nella posizione più idonea individuata dall’ortopedico. Nella nostra esperienza comunque l’abduzione del braccio, che abbiamo utilizzato nei casi in cui questa manovra non apportava nocumento al paziente, facilitava l’individuazione delle fibre del plesso brachiale probabilmente per una superficializzazione del plesso stesso. Nonostante disponessimo di un elettroago da 10 cm non è stato mai necessario ricorrervi tant’è che ci siamo serviti sempre dell’ago da 5 cm anche nei soggetti più robusti.Sebbene l’individuazione di un ramo principale del plesso brachiale avveniva più rapidamente con la tecnica ascellare rispetto a quella coracoidea, la completa copertura anestetica dell’arto da operare avveniva più rapidamente con quest’ultima tecnica.In letteratura i dati sono comunque contraddittori 4,5,6, probabilmente perché le diverse modalità di neurostimolazione, il livello minimo di stimolazione adottato , l’iniezione di un unico bolo anestetico su un solo nervo o la ricerca delle singole componenti rendono i vari studi difficilmente comparabili.In conclusione secondo la nostra esperienza la tecnica di blocco del plesso brachiale per via sottoclaveare nella sua variante coracoidea determina una anestesia dell’avambraccio e della mano più veloce e più completa rispetto alla tecnica ascellare. Essa si è dimostrata pertanto una metodica soddisfacente sia per i pazienti che per gli operatori (anestesisti e chirurghi). tecnica del blocco infraclaveare BIBLIOGRAFIA Whiffler K. Coracoid block – a safe and easy technique.Br J Anaesth1981: 53: 845– 848.Neuburger M, Kaiser H, Rembold-Schuster I, Landes H: Vertical infraclavicular brachial- plexus blockade. A clinical study of reliability of a new method for plexus anesthesia of the upper extremity. Anaesthesist 1998 Jul;47(7):595-9 Prithvi Raj P, Montgomery SJ, Nettles D, Jenkins MT. Infraclavicular brachial plexus block – a new approach.Anesth Analg1973: 52: 897–904.Salazar CH, Espinosa W.: Infraclavicular brachial plexus block: variation in approach and results in 360 cases. Reg Anesth Pain Med 1999 Sep-Oct;24(5):411-6 Kapral S, Jandrasits O, Schabernig C, Likar R, Reddy B, Mayer N, Weinstabl C.: Lateral infraclavicular plexus block vs. axillary block for hand and forearm surgery. Z. J. Koscielniak-Nielsen, P. Rotbøll Nielsen and C. Risby Mortensen: A comparison of coracoid and axillary approaches to the brachial plexus. Acta Anaesthesiologica Scandinavica 44 (3), 274-279 _______________________________________________________ SINTOMATOLOGIA, CLASSIFICAZIONE E TRATTAMENTO RIABILITATIVO ACUTO DEI PAZIENTI CON TRAUMA CRANICO _______________________________________________________ L.Saltuari, C.Rifici Centro di Riabilitazione Neurologica - Innsbruck - Austria IntroduzioneL'aumento di incidenza di infortuni stradali, dopo la seconda guerra mondiale, ha determinato un incremento progressivo delle patologie conseguenti a trauma cranico. Un trauma cranico su 20 é di gravità tale che può causare turbe persistenti della coscienza fino al coma (Morosini, 1983). Evans e coll. riportano che ogni anno avvengono in Inghilterra e Galles 140.000 ricoveri ospedalieri per traumi cranioencefalici. Dei pazienti dimessi, 7.000 sono portatori di handicaps limitanti il loro potenziale lavorativo e alcune centinaia completamente inabili al lavoro. I picchi di maggiore incidenza si situano tra i 15 e i 19 anni di età ed oltre i 75 anni, con netta prevalenza del sesso maschile, ad eccezione che per l'età avanzata (Evans, 1982). Dati analoghi (250 ricoveri ospedalieri per trauma cranico ogni 100.000 abitanti) sono riportati da Strang(1978), Kalsbeek (1980), Aikten (1982), con un'incidenza riferita da Clifton (1980) pari al 30% dei ricoverati.Già nel 1968 Lewin calcolava che lo 0,4% dei ricoverati per trauma cranico (14-22 casi su 100.000 abitanti) avesse coma prolungato della durata di 1 mese o più (Lewin, 1968). Volendo estrapolare questi dati all'Italia, si potrebbero prevedere 500-600 nuovi casi all'anno, i quali, vista la lenta evolutivitá di tali patologie, verrebbero via via aumentando con il passare degli anni (Di Stefano, 1983).Benché le fratture gravi del cranio siano spesso associate a danno cerebrale, queste non rappresentano una complicazione costante dei traumi cranioencefalici. Il termine "commozione cerebrale" é riservato al disturbo di coscienza conseguente a trami cranica con assenza di danno organico cerebrale ed é inclusivo del concetto di rapido ritorno alla coscienza.Dal punto di vista neuropatologico é dubbio se sia di utilità diagnostica distinguere la "contusione" dalla "concussione", poiché le lesioni variano soltanto di grado in rapporto all'intensitá del trauma .Un prolungato periodo di perdita di coscienza caratterizza i più gravi traumi cranioencefalici, in presenza di segni di disfunzione del tronco encefalico. Una massa sopratentoriale, sia intra che extracerebrale, può determinare spostamento del tessuto cerebrale e dar luogo ai diversi tipi di erniazione del tessuto stesso. Un interessamento del tronco encefalico può essere primario, per danno diretto contusivo o emorragico (fase acuta), secondario ad aumento della pressione endocranica e compressione diretta e a danno ischemico del tronco (fase acuta o subacuta) ed infine terziario nel caso di mielinosi pontina. Di particolare importanza é la compressione del mesencefalo verso l'opposto margine del tentorio, con contemporaneo interessamento del III nervo cranico e dell'arteria cerebrale posteriore, omolaterali alla lesione espansiva sopratentoriale. I segni clinici si sviluppano nei pazienti con lesioni sopratentoriali, che determinano un cono di pressione con una sequenza di segni motori, oculari e respiratori che indicano una graduale disfunzione delle strutture mesencefaliche ed infine di quelle bulbari.La prognosi di pazienti con grave trauma cranio-encefalico dipende largamente dall'inziale gravitá del coma. I segni di Kocher-Cushing, che consistono nell'aumento della pressione sanguigna arteriosa e nella diminuzione del polso, non occorrono nella maggior parte delle lesioni sopratentoriali.SINDROME MESENCEFALICA ACUTA Secondo Gerstenbrand e Lücking (1970) gli stati comatosi con interessamento del tronco encefalico possono essere divisi i 6 stadi, i quattro stadi della sindrome mesencefalica acuta e i due stadi della sindrome bulbare (Tab. I):  Tabella ISindrome mesencefalica acuta stadio I: i più importanti segni clinici sono l'ottundimento del sensorio e una riduzione della vigilanza, con conservata possibilità di movimenti spontanei e risposta finalizzata agli stimoli esterni.Sindrome mesencefalica acuta stadio II: si riscontrano alterazioni della coscienza nel senso di stupor e coma. Si può osservare in questo stadio una risposta di difesa rallentata (stadio IIa) o non finalizzata (stadio IIb) agli stimoli dolorosi, con possibile estensione degli arti inferiori, che può aumentare dopo stimoli nocicettivi ripetuti. La disfunzione del mesencefalo evoca aumento del tono muscolare, iperreflessia e segni piramidali.Sindrome mesencefalica acuta stadio III: tipica di tale stadio é la postura decorticata che può aumentare in risposta a stimoli dolorosi. Il diametro delle pupille può essere normale o ristretto con reazione rallentata alla luce. In questo stadio i bulbi oculari sono in posizione divergente.Sindrome mesencefalica acuta stadio IV: la progressiva disfunzione motoria si manifesta con postura e/o risposta decerebrata agli stimoli nocicettivi. Le risposte pupillari sono assai torpide ed il diametro delle pupille é spesso irregolare. In questa fase ancora più evidente é la posizione divergente dei bulbi oculari. Sindrome bulbare acuta stadio I: caratterizzata da una diminuzione della rigiditá decerebrata, midriasi ed assenza delle reazioni pupillari alla luce.Sindrome bulbare acuta stadio II: si osserva flacciditá marcata ed evoluzione in una midriasi fissa.Il riflesso ciliospinale, oculocefalico ed oculovestibolare o calorico hanno un valore localizzatorio ai fini della disfunzione del tronco encefalico. Per quanto riguarda quest'ultimo riflesso ad esempio, i movimenti degli occhi sono tonici nella sindrome mesencefalica stadio III, dissociati nella sindrome mesencefalica stadio IV e completamente assenti nelle sindromi bulbari. Il dato clinico più rilevante per diagnosticare una lesione del tronco encefalico é la presenza di una postura decerebrata e la comparsa di gravi anomalie della respirazione, anche in presenza di intatte risposte oculomotorie.Gerstenbrand e Musiol (1983) descrivevano la possibilità di differenziare ulteriormente la sindrome mesencefalica in due diversi quadri semeiologici: la sindrome mesencefalica mediale e laterale. La prima segue il deterioramento rostro-caudale descritto nello stadio I fino allo stadio IV della sindrome mesencefalica. La sindrome mesencefalica laterale si presenta invece come secondaria ad un processo espansivo sopratentoriale con cono di pressione prevalentemente unilaterale e può manifestarsi con due quadri clinici di diversa gravitá: Fase I della sindrome mesencefalica acuta laterale: il paziente é soporoso, omolateralmente alla lesione sopratentoriale presenta una postura tipica dello stadio III della sindrome mesencefalica acuta (postura decorticata). Il capo e lo sguardo sono deviati verso il lato della lesione.La pupilla omolaterale al processo espansivo é dilatata e mostra una diminuita reazione alla luce.Fase II della sindrome mesencefalica acuta laterale: il paziente é in coma, omolateralmente alla lesione presenta una postura in estensione all'arto superiore ed inferiore, con flessione all'arto superiore ed estensione all'arto inferiore controlaterale. Il capo e lo sguardo mostrano una deviazione fissa verso il lato della lesione con una tendenza alla divergenza dei bulbi oculari. La scala di Innsbruck per la valutazione del coma (Tab. II) si propone di esaminare oltre alla risposta agli stimoli esterni (acustici e nocicettivi), l'atteggiamento e la postura spontanea del traumatizzato cranico, sia per quanto riguarda la motilitá generale che per l'apertura degli occhi ed il movimento dei bulbi oculari. Particolare attenzione viene inoltre prestata alla oculomotricitá, al diametro ed ai riflessi pupillari, quali segni importanti della funzionalitá del tronco encefalico. La valutazione degli automatismi orali appare particolarmente utile nell'osservazione del coma prolungato post-traumatico, in cui tali movimenti compaiono inizialmente come automatismi di masticazione già dopo 3-7 giorni dalla fase acuta. In accordo con la scala del coma di Innsbruck le differenti risposte per ogni parametro sono graduate da 0 a 3.  In pazienti con asimmetria di reazione, vengono considerate le migliori risposte. Quattro esami vengono ripetuti ogni giorno ed una media dei punteggi viene calcolata con esclusione dell'ultimo giorno di valutazione. Utilizzando questo semplice strumento, la casistica dei pazienti comatosi del Servizio di Rianimazione di Innsbruck, nel corso di un anno, dimostrava che nessun paziente era sopravvissuto se all'ammissione non mostrava almeno 6 punti secondo questa scala; una prognosi sfavorevole quoad vitam veniva, comunque, riscontrata in tutti i pazienti con un valore medio sotto gli 11 punti nel corso del coma (Gerstenbrand, 1982). L'exitus di pazienti con trauma cranico acuto può essere determinato o da un arresto cardiocircolatorio o da una sindrome mesencefalica secondaria in aggravamento fino alla sindrome bulbare.Secondo la casistica riportata da Gerstenbrand (1982), un recupero graduale della coscienza é ancora possibile per ogni stadio della sindrome mesencefalica. Su 100 pazienti con grave trauma cranioencefalico, 13, che presentavano una sindrome mesencefalica stadio IV, morirono o svilupparono una sindrome apallica irreversibile, mentre solo 12 su 43 dimostrarono questa evoluzione dalla sindrome mesencefalica stadio II. Tabella II - Scala di Innsbruck per la valutazione del coma Punteggio massimo 23Reattivitá agli stimoli acusticiSi volta 3 Migliore della reazione in estensione 2 Reazione in estensione 1 Nessuna reazione 0 Reattivitá agli stimoli nocicettiviDifesa finalizzata 3 Migliore della reazione in estensione 2 Reazione in estensione 1 Nessuna reazione 0 Posizione e motilitá Normale 3Migliore della posiz. in estensione 2 Posizione in estensione 1 Flacciditá 0Posizione delle palpebre Apertura degli occhi spontanea 3 Apertura degli occhi agli stim. acust. 2 Apertura degli occhi al dolore 1 Non apre gli occhi 0 Dimensione delle pupille Normale 3 Restringimento 2 Dilatazione 1 Midriasi 0 Reazione delle pupille Pronta 3 Torpida 2 Accenno 1 Assente 0 Posizione e movimento dei bulbi oculari Segue con gli occhi 3Movimenti pendolari  dei bulbi oculari 2Divergente, variabile 1 Divergente, fissa 0 Automatismi orali Spontanei 2 Agli stimoli esterni 1 Nessuno 0 LA SINDROME APALLICADefinizione La sindrome apallica viene classicamente definita (Plum, 1972) come una disfunzione cerebrale progressiva e diffusa, che coinvolge la corteccia e la sostanza bianca, in pazienti con malattie degenerative intrinseche dei neuroni e della glia. Esempi venivano ritenuti l'atrofia cerebrale senile e/o presenile, la sclerosi cerebrale diffusa, la leucoencefalite sclerosante subacuta, le forme più severe di sclerosi multipla e la sindrome di Marchiafava-Bignami. La sindrome apallica veniva in ogni caso considerata uno stato terminale irreversibile.É nostra opinione, al contrario, che la sindrome apallica possa manifestarsi in pazienti con una disfunzione secondaria acuta o subacuta. Questo danno può coinvolgere l'intero cervello o interrompere le vie ascendenti e discendenti, per lesione organica e/o funzionale in regione troncoencefalica. Esempi vengono considerati l'ipossia di differente origine (strangolamento, ostruzioni tracheali, incidenti dopo anestesia generale, arresto cardiaco, ecc.); l'edema cerebrale secondario a reazioni allergiche, le encefaliti acute, le embolie gassose, i disturbi metabolici (coma epatico, uremico, ecc.);lo shock insulinico prolungato, le intossicazioni esogene(ossido di carbonio, mercurio, ecc.); i traumi cranio-encefalici, così come i tumori o i disordini circolatori in regione del mesencefalo e l'emorragia subaracnoidea con ostruzione delle cisterne basali.Pazienti con trauma cranioencefalico acuto possono presentare un prolungamento del coma post-traumatico, con evoluzione di una sindrome mesencefalica acuta in quadri clinici cosiddetti di transizione verso una sindrome apallica (Avenarius, 1975). STADI DI TRANSIZIONE DALLA SINDROME MESENCEFALICA ACUTA ALLA SINDROME APALLICA POST-TRAUMATICA In casi con coinvolgimento primario o secondario del tronco encefalico e non remissione dei sintomi di una sindrome mesencefalica acuta, tale fase di transizione può essere classificata in tre diversi stadi:il coma prolungato (Fau, 1956; Vigoroux, 1964) la parasonnia (Jefferson, 1944) mutismo acinetico (Cairns, 1941, 1952). COMA PROLUNGATO sebbene persista un disturbo di coscienza profondo ed il paziente non mostri alcuna reazione agli stimoli esterni, compaiono spasmi in estensione dopo circa 3-5 giorni dalla fase acuta. Tali spasmi vengono elicitati inizialmente da stimoli nocicettivi e successivamente si manifestano spontaneamente. I bulbi oculari possono essere divergenti e non più in una posizione fissa. Appena accennati sono il riflesso oculocefalico e quello vestibolooculare. Il riflesso cilio-spinale appare decisamente aumentato. La reazione alla luce é rallentata e torpida. Le funzioni vegetative tendono ad essere equilibrate. In questo stadio possono comparire spontaneamente movimenti automatici di masticazione interpretati da Poeck e Hubach come movimenti primitivi orali (Poeck, 1963). Questo stadio può durare 3-7 giorni prima di virare nello stadio di parasonnia.PARASONNIA il paziente é in coma, con occhi chiusi e non mostra alcuna reazione agli stimoli esterni, a parte un tendenza alla flessione o estensione degli arti agli stimoli nocicettivi. Il coma comincia ad apparire più superficiale e ricorda uno stato simile al sonno (parasonnia). In questo stadio può essere presente una deviazione dello sguardo e del capo con reazione di ipertono agli arti alla rotazione del capo. I riflessi osteotendinei sono aumentati, sono presenti segni piramidali bilateralmente. I bulbi oculari mostrano un movimento di rotazione sul piano orizzontale appena evidenziabile. É presente il riflesso oculocefalico ed il riflesso oculovestibolare con una reazione tonica. Le risposte vegetative dimostrano un'ulteriore stabilizzazione, sebbene gli stimoli dolorosi determinino una reazione di allarme da parte del paziente. I movimenti automatici di masticazione compaiono spontaneamente o in risposta a stimoli esterni. Al termine di tale stadio può essere elicitabile il riflesso del grugno. Lo stato di parasonnia può durare 3-5 giorni.LA SINDROME APALLICA POST-TRAUMATICASintomatologia Lo stadio pieno di sindrome apallica é caratterizzato da segni neurologici piuttosto specifici e costanti: occhi aperti con recupero del ritmo sonno-veglia, riflesso di minaccia assente, riflesso di ammiccamento presente anche se raro ed infine assenza di reazione a stimoli esterni, ad eccezione di movimenti grossolani delle estremità in risposta a stimoli dolorosi ripetuti. Segni di compromissione del tronco encefalico vengono considerati la posizione divergente dei bulbi oculari, l'asimmetria del diametro pupillare, l'esagerazione dei riflessi del tronco encefalico quali il riflesso masseterino, la postura in decorticazione o decerebrazione ed infine il tono muscolare aumentato nel senso di rigido-spasticitá.  Per quanto riguardo i riflessi osteotendinei può essere presente iperreflessia o, in alcuni casi, inelicitabilitá degli stessi per contratture e/o ossificazioni periarticolari a livello delle articolazioni maggiori (Narabayaschi, 1962). Automatismi primitivi orali consistenti in stereotipie di masticazione, deglutizione, digrignamento dei denti associati a movimenti ritmici e ripetuti della lingua, spesso accompagnano il quadro clinico nella fase completa della sindrome. Nell'ambito dei patterns motori primitivi (primitive Schablonen della letteratura tedesca) si riscontrano inoltre il riflesso di succhiamento e l'esagerazione di alcuni riflessi quali il riflesso del grugno ed il cosiddetto riflesso bulldog (inseguimento degli oggetti con la bocca, con ripetuti tentativi di prensione orale). Sempre nell'ambito di tali automatismi é spesso presente lo sbadiglio, che ricorda la sintomatologia neurologica di neonati con danno cerebrale. I riflessi cosiddetti mentonieri di Marinesco-Radovici sono costantemente presenti nella sindrome apallica. Il riflesso palmomentoniero, ottenuto mediante il graffiamento del palmo della mano (eminenza della tenar) con un oggetto a punta ottusa può determinare una contrazione non soltanto dei muscoli mentonieri, ma anche del muscolo trapezio e persino dell'intero arto superiore (allargamento dell'area reflessogena).La medesima base fisiopatogenetica del riflesso mentoniero sottende il riflesso di Bobkin, che può essere elicitato da una pressione vigorosa e simultanea di entrambi i palmi della mano seguita da apertura della bocca. Il riflesso masseterino può rilevarsi aumentato, specialmente in caso di sindrome apallica secondaria ad ipossia cerebrale. Segni di disfunzione vegetativa autonomica sono costantemente presenti e consistono prevalentemente in tachicardia, a volte tachipnea, sudorazione profusa e seborrea localizzata soprattutto a livello della cute del viso.Nello stadio pieno di sindrome apallica, una prevalenza del tono simpatico viene interpretata come cronicizzazione della "reazione di emergenza" e può spiegare la necessità di una nutrizione ipercalorica in questi pazienti. Stati irritativi cronici, quali quelli determinati da comuni ulcere da decubito o da cistiti recidivanti, possono dar luogo ad una reazione di allarme cronico, oltre che ad ipertensione arteriosa con tendenza alla tachicardia ed altri sintomi di tipo disautonomico.Gerstenbrand (1967) sostiene che tutti i pazienti che sviluppano una sindrome apallica mostrano una disregolazione vegetativa complessa, consistente tra l'altro in un'alterazione del ritmo sonno-veglia, non più regolato dal ciclo nictemerale, ma da tempi individuali di esauribilitá del paziente stesso.Haider (1975) riportava un aumento del metabolismo basale nella sindrome apallica, con valori superiori a 110/180% rispetto al normale. In particolare veniva riscontrato un aumento del metabolismo glicidico con un marcato aumento dell'utilizzazione del glucosio. Hortnagl (1980) dimostrava un incremento dei livelli plasmatici di norepinefrina durante gli stadi di transizione dalla sindrome mesencefalica acuta alla sindrome apallica post-traumatica. Tali dati venivano interpretati come una iperattivitá del sistema nervoso simpatico nel corso di severi traumi cranioencefalici. Lo stesso Autore suggeriva l'utilizzazione di una terapia con beta-bloccanti in tale patologia allo scopo di preservare gli organi periferici dalle conseguenze di questo ipertono simpatico di lunga durata. I sintomi vegetativi della sindrome apallica post-traumatica possono venire considerati come secondari a lesione organica e/o funzionale in regione mesodiencefalica. L'exitus dei pazienti in sindrome apallica puó avvenire durante lo stadio pieno della sindrome o nelle prime fasi di remissione della stessa. La prognosi di sopravvivenza diviene favorevole dopo l'ingresso nella fase di Klüver-Bücy- Terzian-Dalle Ore(Gerstenbrand,1980).Stadi di remissione della sindrome apallica post-traumatica Gli stadi di remissione di una sindrome apallica sono caratterizzati da tendenza al recupero delle funzioni corticali superiori e da diminuzione dei patterns motori primitivi sino alla loro scomparsa. I primi segni di remissione consistono, infatti, in una riduzione degli automatismi masticatori e di succhiamento, in un cambiamento del ritmo sonno-veglia a regolazione giorno-notte, ma soprattutto nella presenza di reazioni emozionali primitive in risposta a stimoli dolorosi e nel recupero della fissazione ottica (fase I di remissione) Lo stadio successivo di remissione consiste in una differenziazione delle reazioni emozionali ( riconoscimento di persone familiari al paziente, reazioni quali il sorridere), nel recupero della capacità di seguire con gli occhi e nella comparsa di una motilitá spontanea grossolana (fase II). In questa fase la motilitá presente può esprimersi in un ripetuto e stereotipato afferramento di oggetti (grasping). Alla fine di questa fase il paziente può in alcuni casi eseguire ordini semplici.La fase di remissione III consiste in una sindrome cosiddetta di Klüver-Bücy precoce: il paziente tende a toccarsi i genitali in maniera stereotipata e ripetuta, senza mostrare un reale contatto con l'ambiente esterno.La fase successiva di remissione (fase IV) é caratterizzata da una sintomatologia che ricorda completamente la sindrome di Klüver-Bücy-Terzian-Dalle Ore (stadio pieno di Klüver-Bücy). I sintomi principali consistono in afferramento di oggetti che vengono portati costantemente alla bocca con tendenza a mordere e deglutire ripetutamente, bulimia con continua richiesta di cibo, ipersessualitá con tendenza alla masturbazione, stereotipie anche verbali ed infine alcuni sintomi della serie extra-piramidale quali amimia, ipocinesia, ipersalivazione e seborrea. In tale fase ricompare generalmente la capacità di comunicare verbalmente. La sintomatologia di Klüver-Bücy può essere interpretata come una elevazione del livello funzionale dal tronco encefalico al sistema limbico disinibito.La fase di Klüver-Bücy tardiva (fase V) consiste in una persistenza di alcune stereotipie della fase precedente quali il continuo desiderio di cibo, l'iperfagia e la tendenza ad esplorare gli oggetti con la bocca. Un'ipersessualitá larvata é diretta verso le persone circostanti con tendenza ad atteggiamenti di affettuositá, di accarezzamento, di palpazione e di bacio (küss Schablonen della letteratura tedesca).Lo stadio successivo di remissione (fase VI) ricorda la sindrome di Wernicke-Korsakoff. Segni significativi possono consistere nella labilitá emotiva e diminuzione della memoria a breve termine con riempimento delle lacune mnestiche mediante confabulazione. La parola e le altre funzioni corticali superiori sono, in questo stadio, che può persistere per più di un anno, in fase avanzata di recupero. Un'ulteriore remissione é rappresentata dalla fase amnestica secondo Bleurer (fase VI). I sintomi principali consistono in disturbi dell'attenzione, della memoria a breve termine, compromissione del pensiero astratto ed associativo e tendenza alla perseverazione. Un rallentamento psicomotorio o in alcuni casi un atteggiamento ipomaniacale, sempre associati ad incontinenza emotiva, possono essere presenti in questo stadio.Infine la fase ultima di recupero di una sindrome apallica post-traumatica consiste in una evoluzione nella fase di sindrome psicoorganica (fase VII). In questo stesso stadio persistono meno evidenti i disturbi della memoria a breve termine e del pensiero astratto così come possono essere presenti labilitá emotiva, sintomi di depressione, ansia ed in alcuni casi tendenza ad una maggiore irritabilitá.La stabilizzazione del danno esitato o stadio cosiddetto di difetto (defect stage) può manifestarsi con entitá sindromiche diversi:1) prevalenza di sintomatologia extrapiramidale (amimia, scialorrea, seborrea, acinesia, rigiditá, atteggiamento captocormico, riduzione dei movimenti pendolari degli arti superiori durante la marcia in associazione a deficit dell'oculomotricitá, consistenti soprattutto in limitazione della convergenza oculare;2) prevalenza di deterioramento intellettivo fino ad una demenza organica, spesso associata a sindrome psicoorganica con disinibizione emotiva (incontinenza affettiva, deficit della memoria soprattutto recente); 3) sintomatologia pseudobulbare con prevalenza di spasticitá (disartria, disfonia e segni piramidali uni o bilaterali);4) prevalenza di sintomatologia cerebellare con atassia, tremore e disartria. Nella fase di difetto e/o nelle fasi precedenti le lesioni cerebrali traumatiche possono dar segno di sé mediante espressioni sindromiche quali afasia, emiparesi spastica o altri deficit neurologici focali. E' comunque importante enfatizzare che una sindrome apallica può manifestarsi nel corso di severi traumi cranio-encefalici talora come sindrome transitoria reversibile con remissione completa (assenza di sintomi di difetto) o con più esiti clinici che consentono però una reintegrazione in ambito sociale e/o familiare. La differenzazione tra la sindrome apallica quale stadio terminale di un processo degenerativo cerebrale progressivo e la sindrome apallica quale stadio eventualmente reversibile, secondaria a lesioni acute cerebrali, appare quindi di primaria e fondamentale importanza.BIBLIOGRAFIA Adams J.H.,Graham D.I.,Murray L.S. e Scott G. "Diffuse axonal injury in humans: an anlysis of 45 cases", Ann.Neurol., 12:557-563,1982. 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La guida per gli autori può essere consultata collegandosi al sito ANESTIT all'indirizzo: http://anestit.unipa.it/ utilizzando la sezione riservata ad ESIA-Italia; oppure può essere richiesta inviando un messaggio a lanza@unipa.it EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY and CRITICAL CARE MEDICINE Sezione Italiana Il numero della rivista è anche ottenibile attraverso World-WideWeb WWW: l'URL per questo numero di ESIA è: http://anestit.unipa.it/esiait/esit0103.txt Il nome della rivista è esitaamm, dove aa è l'anno ed mm il mese (per esempio questo numero è esit0103.txt) LA REDAZIONE DI ESIA ITALIA DIRETTORE: Vincenzo LANZA Primario del Servizio d'Anestesia e Rianimazione Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli Palermo LANZA@UNIPA.IT Terapia Intensiva Antonio Braschi Primario del Servizio d'Anestesia e Rianimazione 1 - Policlinico S. 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