Numero in formato solo testo


ISSN 1080-3521

EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY

and

CRITICAL CARE MEDICINE - Italia -

Il giornale Italiano online di anestesia Vol 8 No 12 Dicembre 2003


Pubblicato elettronicamente da

Vincenzo Lanza, MD

Servizio di Anestesia e Rianimazione

Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli Palermo, Italy

E-mail: lanza@mbox.unipa.it

Keith J Ruskin, MD

Department of Anesthesiology Yale University School of Medicine

333 Cedar Street, New Haven, CT 06520 USA

E-mail: ruskin@gasnet.med.yale.edu

Copyright (C) 1997 Educational Synopses in Anesthesiology and Critical Care Medicine. All rights reserved. Questo rivista on-line può essere copiata e distribuita liberamente curando che venga distribuita integralmente, e che siano riportati fedelmente tutti gli autori ed il comitato editoriale. Informazioni sulla rivista sono riportate alla fine

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In questo numero:

La redazione di Esia-Italia dedica questo numero alla pubblicazione della Tesi di Laurea in Infermieristica di Nicola Torina, Infermiere di Sala Operatoria
presso il Complesso Operatorio dell'Ospedale Buccheri La Ferla F.B.F. di Palermo. L'infermiere Torina che ha al suo attivo numerosi anni di esperienza in area critica, ha completato il suo percorso di studio per il Corso di Laurea in Infermieristica presso l'Università di Pisa - Facoltà di Medicina e Chirurgia nel Settembre 2003 assistito dal Relatore Prof. Mario Tuoni. La sua tesi che riguarda le problematiche relative alla donazione e al trapianto d'organi, affronta non solo l'impegno tecnico infermieristico in un settore  così complesso quale è quello dei trapianti, ma si impegna sul versante dell'approccio infermieristico, mirato sui bisogni fisici, psicologici e spirituali del paziente e dei familiari, sostanziando così il ruolo infermieristico nella sua peculiarità all'interno del team dei trapianti.


UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PISA - Facoltà di Medicina e Chirurgia
CORSO DI LAUREA IN INFERMIERISTICA

TESI DI LAUREA di Nicola Torina    anno accademico 2002/2003
LA DONAZIONE ED IL TRAPIANTO D’ORGANO: ASPETTI ETICI ED INFERMIERISTICI
(ASSISTENZA AL TRAPIANTO RENALE)
Relatore: Ch.mo Prof. Mario Tuoni



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La Donazione ed il Trapianto d'Organo: Aspetti etici ed infermieristici
(Assistenza al Trapianto Renale)    

_______________________________________________________(parte 1 di 2)

Nicola Torina, Infermiere di Sala Operatoria, Ospedale Buccheri La Ferla F.B.F. - Palermo / Tesi di Laurea in Infermieristica

 

1.1 Introduzione
1.2 Storia dei trapianti
1.3 Forme di donazioni: la donazione da cadavere e la donazione da vivente
1.4 Evoluzione legislativa della donazione da cadavere
1.5 Morte cerebrale e ruolo dell’infermiere
1.6 Aspetti medici e giuridici della morte cerebrale
1.7 Accertamento della morte cerebrale
1.8 Consenso
1.9 Idoneità alla donazione

2.1 Aspetti religiosi
2.2 Aspetti etici
2.3 Rapporto della famiglia del paziente con il personale infermieristico
2.4 Monitoraggio, mantenimento e trattamento terapeutico del donatore

3.1 Il donatore cadavere e la Sala Operatoria
3.2 Tecnica del prelievo

4.1 Casistica
4.2 Un caso particolare: assistenza infermieristica nel trapianto del rene
4.3 Assistenza nel pre trapianto renale
4.4 Ruolo dell’infermiere nel post intervento
4.5 Assistenza al trapiantato nel lungo termine
4.6 Risultati del trapianto renale
4.7 L’apparato amministrativo nella donazione

ALLEGATO: Legge del 1 Aprile 1999 n. 91 “Disposizioni in materia di prelievi e di trapianti di organi e di tessuti”

BIBLIOGRAFIA



Introduzione

La donazione di organi è un atto mediante il quale un soggetto presta il proprio consenso affinché dopo la morte, ovvero con certe limitazioni durante la vita, altri disponga dei propri organi a scopo di trapianto.
Gli organi che possono essere usati sono in linea teorica tutti tranne l’encefalo e le gonadi. Attualmente, gli organi che vengono prelevati con maggior frequenza sono reni, fegato, cuore, polmoni e pancreas, mentre i tessuti attualmente più utilizzati sono le cornee i segmenti vascolari, le valvole cardiache e la cute.
Parlare di donazioni significa parlare ineluttabilmente di trapianti poiché i due elementi sono correlati da una relazione di mezzo a fine.
I trapianti di organo sono da considerarsi una sfida terapeutica di fronte a patologie altrimenti fatali e vanno intesi come un’attività ad altissima specializzazione ove confluiscono le competenze più diversificate: chirurgiche, rianimatorie, infettivologiche, anatomo-patologiche, immunofarmacologiche ed internistiche in senso lato.
L’attività di trapianto di organi in Italia è ancora lontana dai livelli quantitativi degli altri paesi dell’Unione Europea e in ogni caso insufficiente a soddisfare le lunghe liste d’attesa. L’attività di prelievo di organi in Sicilia nel periodo 1992 – 2000 è stata costantemente inferiore alla media nazionale e nel periodo 1997 – 2000 ha addirittura mostrato una preoccupante tendenza a ridursi ulteriormente. Nel corso del 2001 si e’ registrato invece un deciso incremento dell’attività di prelievo di organi, grazie ad una serie di interventi adottati dall’assessorato regionale della Sanità su indicazione del Centro Regionale dei Trapianti.

Donazioni in Sicilia e in Italia 92-01

 

Andamento delle donazioni in Sicilia

La situazione in Italia e in particolare in Sicilia è caratterizzata da un limitato numero di donatori (nonostante il notevole aumento negli ultimi anni), da una diseguale distribuzione sul territorio dell’attività di prelievo e di trapianto e da un elevato ricorso a strutture all’estero (anche per quelle tipologie di trapianti per le quali l’esperienza acquisita dai centri italiani è mediamente comparabile con il resto dell’Europa). La causa principale dell’insufficiente numero di trapianti risiede nella non adeguata organizzazione sia delle attività dei centri ospedalieri, sia dei coordinamenti regionale e nazionale. Inoltre la cultura della donazione di organi è poco diffusa fra la popolazione, così come tra gli operatori sanitari.
La diffusione della cultura della donazione è oggi realizzata da associazioni no profit, tra le quali si può citare l’AIDO, le quali tra l’altro si trovano a combattere contro la disinformazione di quanti non ne riconoscono il valore solidaristico ed ignorano che
con un semplice consenso si può dare un senso alla morte e salvare la vita di persone altrimenti destinate a soffrire e a morire. Un’altro fattore che ha inciso molto sull’evoluzione delle donazioni è stata la mancanza di una disciplina legislativa organica; a tale grave lacuna si è cercato di sopperire con la legge 1 Aprile 1999 n.91 recante “Disposizioni in materia di prelievi e di trapianti di organi e di tessuti”.

Storia dei trapianti

La possibilità di prolungare la vita o di ridare salute attraverso la sostituzione di organi o tessuti malati con organi e tessuti sani, prelevati da soggetti appartenenti alla stessa specie o a specie differenti ha stimolato la fantasia popolare da sempre.
La nascita dei trapianti viene fissata dalla tradizione nel III secolo d.C. quando due fratelli romani cercarono di sostituire la gamba cancrenosa di un vecchio religioso con la gamba sana di un uomo deceduto poco prima.
La storia scientifica dei trapianti d’organo ebbe invece inizio nel 1902, quando un chirurgo di nome Alexis Carrel mise a punto la tecnica per congiungere due vasi sanguigni. Utilizzando questa tecnica furono eseguiti i primi trapianti di cuore e di rene su animali. Il primo ostacolo fu quello di superare il rigetto: l’organismo ospite rifiutava i tessuti e gli organi estranei. Trent’anni dopo, Voronoy in Russia tentò il primo trapianto di rene conosciuto sull’uomo, che poi fallì. Il primo trapianto d’organo valido coronato da un successo avvenne nel 1954 presso il Peter Bent Brigham Hospital a Boston quando Murray e i suoi collaboratori eseguirono un trapianto di rene da un gemello monocoriale (Murray ricevette il premio Nobel nel 1990 per i contributi scientifici apportati con lo studio dei trapianti).
Da allora questi interventi vennero eseguiti in numero sempre maggiore e con sempre migliori risultati.
Nel 1963 furono eseguiti il primo trapianto di fegato dal professore Starzl e il primo di polmone dal prof.Hardy. Nel 1966 i prof. Kelly e Lillehei eseguirono il primo trapianto di pancreas e nel 1967 il prof.Barnard il primo di cuore. Quindi in un arco di tempo inferiore a quindici anni si è eseguita per la prima volta la maggior parte di trapianti d’organo nell’uomo.

Forme di donazioni: la donazione da cadavere e da vivente

Parlando di donazione dopo la morte, si configurano due possibili soggetti "donatori": il deceduto e la famiglia che, in assenza di tale manifestazione di volontà, è chiamata ad esprimersi in merito.
Oltre la donazione da cadavere esiste anche, solo per determinati organi, la donazione da vivente: questo significa che un organo non indispensabile alla vita, perché presente in doppio (es. il rene), oppure una parte di organo (ad es. il fegato di un adulto da cui se ne preleva una parte per trapiantarlo), può essere donato da un familiare o anche da un estraneo, previo accertamento del giudice che escluda il fine di lucro.
La donazione da vivente ha incontrato un forte avversario nell’art. 5 del Codice civile che recita che sono vietati gli atti di disposizione del proprio corpo quando cagionino una diminuzione permanente dell’integrità fisica; in base a tale principio è ammissibile la donazione del sangue, mentre è vietato il trapianto di cornea di persona vivente in quanto tale prelievo pregiudicherebbe irrimediabilmente la funzione della vista.
Le forme di donazione da vivente sono state disciplinate da leggi speciali. La Legge n. 483/1999 consente il trapianto del rene, in quanto un solo rene è sufficiente ad assicurare la funzione di depurazione del sangue. Ai sensi della Legge 483 / 1999, inoltre è ammesso, in deroga all’art. 5 disporre a titolo gratuito di parti di fegato al fine esclusivo del trapianto tra persone viventi. Il problema posto dal prelievo da donatori viventi consiste nel fatto che essi sono suscettibili di pressioni psicologiche di coercizione. La decisione da parte del donatore deve essere presa con convinzione e deve essere volontaria, tenendo conto del rischio delle complicazioni, che devono essere spiegate al donatore. Le persone incapaci, incluso i bambini e tutti coloro che sono mentalmente ritardati, devono essere escluse a causa della loro incapacità a dare il consenso informato.

Evoluzione legislativa della donazione da cadavere

Ci sono voluti anni, anzi decenni, per arrivare ad una nuova normativa che regolamentasse la prassi dei trapianti d’organo. Il 31 marzo 1999 il Senato ha dato la sua approvazione al testo di legge recante il titolo Disposizioni in materia di prelievi e di trapianti di organi e di tessuti. Prima dell’entrata in vigore di tale legge, la donazione di organi era regolamentata da una vecchia legge, la L 644/75. Tale legge non chiedeva in realtà il consenso alla donazione ai familiari, cosa però invalidata dalla prassi; essa stabiliva che il prelievo era vietato quando in vita il soggetto avesse esplicitamente negato il proprio assenso, e aggiungeva che il prelievo era inoltre vietato quando il coniuge, o il figlio o il genitore (a seconda dei casi) manifestassero opposizione scritta al prelievo, la legge 644/75 richiedeva non già la raccolta del consenso, quanto l’obbligo di rispettare un dissenso esplicito alla donazione. [La L. 644/1975 ha disciplinato finora i prelievi di parti di cadavere a scopo di trapianto terapeutico. All’art. 6 si legge che il prelievo da cadavere non sottoposto a riscontro diagnostico o ad operazioni autoptiche ordinate dall’autorità giudiziaria, è vietato quando in vita il soggetto abbia esplicitamente negato il proprio assenso. Il prelievo è altresì vietato quando, non ricorrendo l’ipotesi di cui al comma precedente, intervenga da parte del coniuge non separato o, in mancanza, dei figli se di età non inferiore a 18 anni o, in mancanza di questi ultimi, dei genitori, in seguito a formale proposta del sanitario responsabile delle operazioni di prelievo, opposizione scritta entro il termine previsto....] Perciò, in assenza di parere contrario, si sarebbe potuto procedere al prelievo. Si vede dunque come non per legge i medici abbiano cercato il consenso dei parenti, bensì in forza di un rispetto nei loro confronti e per l’importanza che ha la famiglia nella nostra tradizione culturale. In generale, si è ritenuto di far valere alcuni principi fondamentali: il principio di tutela della vita del donatore, il principio del rispetto della sua autonomia, ossia della sua libertà di autodeterminarsi, il principio del rispetto della volontà dei familiari, in base al fatto che questi dovrebbero essere i migliori testimoni della volontà del potenziale donatore, il valore della solidarietà, per cui la donazione degli organi deve essere atto di reale donazione di sé, espressione di vera disponibilità nei confronti degli altri, al punto da decidere dell’utilizzo dei propri organi dopo la morte. Ora, dopo varie vicende (alcuni in passato sono persino giunti a proporre la possibilità del prelievo sempre e comunque, in assenza o anche contro la volontà dei familiari, per ovviare alla scarsità degli organi e per aggirare il problema dell’informazione), la nuova legge si pronuncia per il cosiddetto silenzio assenso. Da ora in poi tutti i cittadini sono tenuti, entro un certo periodo dall’entrata in vigore della legge, a dichiarare la propria volontà di donare o non donare gli organi dopo la morte; qualora non vi sia alcuna dichiarazione, il cittadino sarà considerato donatore (in ciò consiste il principio del silenzio-assenso). Più precisamente, all’art. 4 si legge che i cittadini sono informati che la mancata dichiarazione di volontà è considerata quale assenso alla donazione. In tutti i casi i soggetti cui non sia stata notificata la richiesta di manifestazione della propria volontà in ordine alla donazione di organi e di tessuti [...] sono considerati non donatori (art. 4 comma 2). E' chiaro che, dietro a questo nuovo modo di impostare la raccolta del consenso, peraltro necessario a garanzia dell’autonomia del singolo, vi sia la presa d’atto di come l’assenza di donazioni si colleghi evidentemente anche al rifiuto di donare, laddove si teme che l’individuo da cui si preleva l’organo non sia ancora cadavere bensì persona in vita, ancorché morente. E ancora una volta grande responsabilità è attribuita agli enti preposti all’informazione o, come qui si dice, alla notifica; è forse legittimo temere che non di vera e propria informazione o comunicazione si parlerà, quanto solo di un avviso che le aziende sanitarie invieranno a tutti i cittadini perché esprimano il loro parere, non si sa se e fino a che punto informato e istruito.

Morte cerebrale e ruolo dell’infermiere

Fino agli anni cinquanta il concetto di morte cardio-respiratoria era dominante e la cessazione del battito cardiaco e dell’atto respiratorio erano di per sé criteri validi.
Da allora migliaia di pazienti colpiti da un arresto cardiaco sono stati rianimati ed hanno manifestato un recupero completo. Quindi lo sviluppo delle tecniche di rianimazione, la chirurgia a cuore aperto e l’impiego di sussidi meccanici hanno reso il concetto tradizionale di morte superato. In breve tempo le équipes dei centri di rianimazione hanno imparato ad usare criteri di “non rianimazione”, quando le funzioni respiratorie e circolatorie sono assenti per un tempo sufficientemente lungo da causare la morte cerebrale. Da questo momento in avanti
considerare il cervello e non il cuore il sistema critico è stato un passo concettualmente breve.
Quando un apposita commissione medica constata per un periodo di tempo prestabilito la condizione di morte cerebrale vi sono i presupposti oggettivi per la donazione di organi. (I presupposti soggettivi sono quelli che ineriscono alla condizione clinica del soggetto.)
Qualora si ritenga che un soggetto sia idoneo alla donazione, è necessario che le sue funzioni vitali siano mantenute in modo ottimale affinché sia garantito il buono stato degli organi da prelevare. In tutte queste fasi assume grande importanza il ruolo dell’infermiere il quale deve innanzitutto collaborare con i medici nell’accertamento della morte cerebrale.
Quello che fa riflettere e merita una certa attenzione è la dimensione etica e morale vissuta dagli operatori nei confronti dell’ideologia del progresso. L’infermiere con molti anni di esperienza è culturalmente legato alla valenza simbolica di alcuni organi. La morte cardiaca dà il senso del passaggio del confine tra la vita e la morte. La respirazione e la circolazione sanguigna artificiali hanno reso possibile lo spostamento di questa frontiera, fino a quando avviene la determinazione del momento della morte clinica. Agli infermieri più giovani il fatto di possedere un’altra cultura, una diversa formazione, più basata sulle evidenze scientifiche (la morte dell’individuo è determinata dalla morte cerebrale), non basta a liberarli dal conflitto etico. Entrano in gioco aspetti personali legati alla religione, alla morale, alle esperienze, alle emozioni. Quando non c’è un supporto psicologico o una guida, diventa fondamentale seguire i corsi che la FITO (Fondazione per l'Incremento dei Trapianti d'Organo www.fito.it) propone.
Le diverse modalità di approccio e reazione ad un evento simile hanno bisogno di essere coordinate e guidate. La figura del Caposala, il gruppo di lavoro, il medico, ognuno con le proprie competenze, in un rapporto di collaborazione, di integrazione, di buona relazione, aiuta ad affrontare i dubbi e i dilemmi etici, ma comunque un evento di questo genere non lascia certamente indifferenti.
"Leader" della situazione è certamente il medico, il quale contatta i familiari e chiede il consenso alla donazione. Normalmente la figura dell’infermiere in questo particolare momento non è prevista. Questa esclusione preclude la possibilità sia agli infermieri sia al familiare stesso, di instaurare una relazione efficace, che diventa fondamentale quale aiuto nelle ultime drammatiche ore in cui il parente sta vicino al suo congiunto che "sembra" ancora vivere. Inoltre, essere presente nel colloquio con il medico, aiuterebbe gli infermieri ad integrarsi maggiormente nell’équipe. Per il familiare, anche solo avere altri due occhi su cui poggiare lo sguardo durante un tale colloquio, sarebbe di sostegno e conforto. Risulterebbe inoltre più facile affrontare e dare risposta a tutte le domande e le opinioni che i familiari, inevitabilmente, chiedono agli infermieri una volta che il medico si è allontanato.

Aspetti medici e giuridici della morte cerebrale

Il concetto di morte cerebrale è sorto in Francia nel 1959 insieme alla parola “Coma depassè” . [Nel 1959 Mollaret e Goulon pubblicarono la loro famosa descrizione oltre il coma,una condizione che essi differenziarono dal coma prolungato (coma prolongè);nella letteratura inglese il primo è conosciuto come morte cerebrale e il secondo come stato vegetativo persistente.]
I pazienti in coma depassè non solo hanno perso ogni capacità di rispondere agli stimoli esterni, ma non sono neppure in grado di far fronte al loro ambiente interno. Si tratta sempre di persone che hanno subito un danno irreparabile del cervello, precisamente di una struttura alla base di esso detta “tronco cerebrale”.
Attraverso il tronco cerebrale discendono tutte le vie che dal cervello giungono al resto dell’organismo e passano tutte le informazioni che dalla periferia raggiungono il cervello.
In tale struttura vi sono inoltre centri delicatissimi che regolano funzioni vitali come la respirazione, la pressione sanguigna, la temperatura corporea etc…ed infine sistemi che servono ad attivare la corteccia cerebrale e quindi a mantenere lo stato di coscienza.
Il danno irreversibile di questa struttura determina la morte dell’individuo, in quanto si viene a creare una situazione dalla quale non è possibile tornare indietro.
Si può fare ripartire un cuore fermo da alcuni secondi ed è possibile far ventilare nuovamente polmoni precedentemente collassati, ma è impossibile ripristinare la funzione di una struttura composta da neuroni irreversibilmente danneggiati.
Anche quando si arresta il cuore la morte avviene per la distruzione del tronco encefalico per anossia-ischemia.
La morte cerebrale o encefalica è di fatto la morte dell’individuo.
In una minoranza di casi la cessazione dell’attività cerebrale precede l’arresto cardiaco, mentre la respirazione viene assicurata meccanicamente.
Questa condizione può verificarsi in persone che hanno subito un danno cerebrale grave (emorragie spontanee o da trauma, lesioni ischemiche, lesioni da arma da fuoco) e che sono assistite in centri di rianimazione.
L’assistenza rianimatoria è una condizione essenziale in quanto la morte cerebrale con il conseguente arresto respiratorio determina nel giro di pochi minuti anche l’arresto cardiaco. Quindi la situazione di un individuo in stato di morte cerebrale, il cui cuore batte ancora, è una situazione artificiale resa possibile dagli avanzamenti scientifici e tecnologici e non è possibile riscontrarla in natura.
Il definire la morte di un soggetto in base al criterio della cessazione irreversibile di tutte le funzioni encefaliche, è stato accettato anche dalla normativa italiana. Infatti la legge del 29 Dicembre 1993 n.578 nell’art. 1 sancisce che “la morte si identifica con la cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell’encefalo”. A confermare ciò è intervenuta anche la Corte Costituzionale con la sentenza n.414 del 20 /27 Luglio 1995 che ha affermato che “…estinguendosi irreversibilmente ogni funzionalità del tronco cerebrale si determina la disgregazione di quella unitarietà organica che distingue la persona da un insieme di parti anatomiche, ancorché singolarmente vitali”.

L’accertamento della morte cerebrale

Ai sensi della legge n.578 del 29 Dicembre 1993, per certificare la morte di un soggetto un collegio medico composto da un medico legale, un medico anestesista-rianimatore e un neurologo esperto in elettroencefalografia, dovrà accertare la presenza delle seguenti condizioni:

  1. stato di coma profondo accompagnato da :
    -atonia muscolare;
    -areflessia tendinea dei muscoli scheletrici innervati dai nervi cranici;
    -indifferenza dei riflessi plantari;
    -midriasi paralitica con assenza del riflesso corneale e del riflesso pupillare alla luce.
  2. Assenza di respirazione spontanea dopo sospensione per due minuti di quella artificiale;
  3. Assenza di attività elettrica cerebrale,spontanea o provocata.

Nell’accertamento della condizione di cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell’encefalo deve essere evidenziata la presenza di silenzio elettrico cerebrale con la registrazione dell’EEG che va:

-dalle sei ore per gli adulti ed i bambini di età superiore ai 5 anni;
-alle dodici ore per i bambini di età compresa tra uno e cinque anni;
-alle ventiquattro ore per i bambini di età inferiore ad un anno.

In caso di danno cerebrale anossico il periodo di osservazione deve iniziare ventiquattro ore dopo il momento dell’arresto cardiaco. La valutazione delle condizioni necessarie per l’accertamento della morte deve essere rilevata almeno tre volte: all’inizio a metà e alla fine del periodo di osservazione. E’ opportuno sottolineare che il momento della morte coincide con l’inizio delle condizioni che hanno indotto a mettere in pratica l’accertamento e non la sua conclusione.
In questa fase l’infermiere professionale collabora con il collegio predisponendo tutto il materiale necessario che consiste in:

  1. Apparecchio per EEG con la registrazione dell’attività cerebrale della durata di trenta minuti da eseguire all’inizio, a metà ed alla fine dell’osservazione, per stabilire il silenzio elettrico cerebrale. L’infermiere professionale applicherà un cuscinetto di appoggio per sollevare la testa del donatore e rendere possibile l’applicazione degli elettrodi previo lavaggio del capo ed eventuale rasatura;
  2. Un bastoncino di cotone per verificare l’assenza di riflesso corneale in seguito alla sua stimolazione;
  3. Una piccola fonte luminosa per verificare l’assenza di reattività pupillare alla luce, tale verifica deve essere effettuata a luci spente;
  4. Un sondino di aspirazione per verificare l’assenza del riflesso di tosse;
  5. Una siringa da cinquanta ml con acqua ghiacciata da iniettare in ciascun meato uditivo per verificare l’assenza di riflesso oculo-vestibolare;
  6. Siringhe per emogasanalisi per eseguire il test di apnea(Pa CO2 >60 mmHg -pH < 7,40) staccando il paziente dal ventilatore automatico per verificare l’assenza di attività respiratoria spontanea.

Alla fine del periodo di osservazione, persistendo le condizioni previste dalla legge, si dichiara la morte della persona considerando l’ora del decesso quella in cui è iniziato il periodo di osservazione medico -legale. Inoltre i sanitari predetti dovranno avvertire la Direzione Sanitaria della presenza di un probabile donatore d’organi.

Consenso

Unitamente all’accertamento della morte cerebrale è indispensabile, perché possa avvenire l’espianto, che il donatore abbia manifestato il consenso, durante la vita, o la famiglia, post mortem. Come si è già accennato, la materia è stata disciplinata con l’intervento legislativo del 1 Aprile 1999. Con l’art. 4 della suddetta legge viene reso noto che i cittadini sono tenuti a dichiarare la propria volontà in ordine alla donazione di organi e tessuti del proprio corpo successivamente alla morte. In termini pratici, dopo aver manifestato la propria volontà, chi accetta la donazione può subire l’espianto senza altre formalità, e i congiunti non possono opporsi.
Per coloro che non manifestano tale volontà, la legge prevede il silenzio assenso, cioè la mancanza della dichiarazione è considerata assenso alla donazione.
La manifestazione della volontà in ordine alla donazione di organi può essere effettuata presso le Aziende sanitarie locali, utilizzando i moduli disponibili per la relativa dichiarazione.
In tali moduli vanno inseriti:
• Dati anagrafici del cittadino dichiarante;
• Asl di appartenenza;
• La firma;
• Gli estremi di un documento personale;
• La firma del dichiarante circa la raccolta e il trattamento dei dati.
Se il cittadino dichiarante non è in grado di consegnare personalmente la propria dichiarazione, può delegare una terza persona di cui devono essere riportati :
1. Nome;
2. Cognome;
3. Estremi di un documento;
4. Firma
Fin dagli anni 70 è stato possibile manifestare il consenso ricorrendo ad un’associazione nata il 14 Novembre 1971, AIDO (Associazione Italiana per la Donazione di Organi e Tessuti www.aido.it ), per opera di alcuni cittadini bergamaschi che avevano intuito le grandi potenzialità del trapianto.

Idoneita’ alla adozione

Dopo l’individuazione di un possibile donatore è necessario effettuare una valutazione clinica dello stesso per accertare la sua idoneità alla donazione. E’ importante seguire un processo sistematico.

Valutazione clinica del donatore di organi:

  1. Stabilire in modo chiaro e preciso la causa di morte
  2. Revisione completa della storia clinica:
    -Valutare le controindicazioni assolute
    -Valutare le controindicazioni relative
    -Valutare le abitudini personali
  3. Perfusione ed ossigenazione dei tessuti
  4. Determinazioni analitiche e prove complementari prima del prelievo.

Aspetti religiosi

Sulla decisione di donare grande incidenza può essere attribuita al credo religioso poiché è indubbio che in un momento importante come quello della morte l’uomo si trovi in contatto più stretto con il proprio Dio. Non sempre le religioni hanno visto e vedono di buon occhio la donazione di organi (anche se ormai, sebbene vi siano differenze tra gli specifici punti di vista, le principali religioni del mondo ammettono, permettono e incoraggiano il trapianto e le donazioni). In genere l’atteggiamento di rifiuto della donazione avviene in quei casi in cui il culto del corpo e della sua integrità viene in qualche modo collegato al passaggio tra i due mondi. Anche la religione cattolica agli inizi non approvava la donazione, così come ancora oggi rifiuta la cremazione, poiché la resurrezione promessa veniva in qualche modo correlata all’ “integrità fisica”. Oggi l’atteggiamento della Chiesa è totalmente cambiato, infatti la donazione è incoraggiata come atto di carità. Anche Giovanni Paolo II (in Evangelum Vitae) si è espresso in favore di essa con parole che non lasciano dubbi: “…al di là dei fatti clamorosi c’è l’eroismo del quotidiano, fatto di piccoli o grandi gesti di condivisone che alimentano una cultura della vita. Tra questi merita apprezzamento la donazione degli organi compiuta in forme eticamente accettabili per offrire una possibilità di salute a malati privi di speranza”.

Le religioni e i Trapianti d'Organo
Amish Approva se vi è una chiara indicazione che la salute del trapiantato sarà migliorata,ma è riluttante se il risultato è incerto.
Buddista La donazione è una questione di coscienza individuale.
Cattolica I trapianti sono accettati e la donazione è incoraggiata come atto di carità.
Ebraica Gli ebrei ritengono che se è possibile donare un organo per salvare una vita è obbligatorio farlo. Poichè ridonare la vista è considerato salvare la vita, è incluso anche il trapianto di cornea.
Greco ortodossa Non pone obiezioni alle procedure che contribuiscono a migliorare lo stato di salute, ma la donazione dell’intero corpo per la sperimentazione o la ricerca non ne segue la tradizione.
Induista La donazione di organi è una questione individuale.
Islam I maomettani approvano la donazione da parte di donatori che abbiano dato in anticipo il consenso per iscritto e gli organi non devono essere conservati, ma trapiantati immediatamente.
Mormone La donazione degli organi per i trapianti è una questione personale.
Protestante Incoraggia e sostiene la donazione.



Aspetti etici

Le decisioni e le azioni di ogni individuo, come agente morale, dovrebbero, in generale, essere rispettate a maggior ragione in un processo come quello della donazione di organi. Nella pratica sanitaria questo rispetto per l’impulso morale di ciascun individuo viene reso operativo attraverso il consenso informato. Affinché sia rispettata la volontà e l’autonomia di ciascun individuo è necessario che questi disponga di informazioni sufficienti per prendere una decisione ed essere sufficientemente libero da influenze esterne ed interne, in modo che la partecipazione possa essere considerata una libera partecipazione. Pertanto nel consenso informato, affinché le esigenze etiche siano soddisfatte, occorrono due componenti principali: informazione completa e libero consenso.
Informazione completa non significa che il paziente debba avere tutte le informazioni esistenti, ma che disponga di tutte le informazioni che una persona ragionevole, in una situazione comparabile, dovrebbe conoscere per prendere una decisione simile. Queste decisioni vengono a volte definite come lo standard della persona ragionevole. Tuttavia lo standard a volte non è sufficiente, perché il paziente, per ragioni varie, può a volte non capire sufficientemente, allora poiché il consenso sia informato è necessario che alle informazioni standard si aggiungano quelle richieste dalla particolarità del caso.
Il libero consenso è l’altra parte del consenso informato ed impone che il donatore sia libero da condizionamenti interni ed esterni. I condizionamenti interni sono quelli che derivano da tare mentali di cui i pazienti possono essere affetti.
I fattori esterni che possono condizionare la volontarietà della decisione possono essere la coercizione, la disonestà, la cooptazione…etc.
Nessuno di questi mezzi per ottenere il consenso è moralmente lecito ma ciò non vuol dire che l’operatore sanitario possa cercare di persuadere un paziente esponendo i vantaggi di un gesto estremo per la vita di un altro uomo.
La eticità interessa oltre che la formazione del consenso anche la decisione del ricevente.

La scelta del ricevente avviene nell’osservanza di alcuni parametri:

La situazione attuale del sistema trapianti nell’A.I.R.T. (Associazione InterRegionale Trapianti www.airt.it) garantisce l’osservanza delle seguenti regole:
-Minima utilizzazione del donatore vivente,limitata a parenti stretti, su istanza dei medesimi;
-Trattamento terapeutico dei pazienti in rianimazione indipendentemente dalla posizione personale e familiare relativamente al prelievo di organi;
-Prelievi da cadavere eseguiti in piena armonia con il quadro legislativo e previo accertamento da parte del collegio della morte cerebrale;
-Accertamento di morte eseguito da équipes indipendenti da quelle che trapiantano;
-Rispetto della volontà;
-Esecuzione di tutte le indagini diagnostiche per evitare la trasmissione di malattie;
-Esistenza di liste di attesa pubbliche;
-Scelta dei riceventi sulla base di criteri predeterminati che tengano conto della compatibilità degli organi, delle condizioni di gravità dei pazienti e del tempo di attesa;
-Attribuzione degli organi prelevati in una regione a centri di trapianti della stessa regione, con eccezioni regolamentate per le urgenze, le emergenze, i prestiti e le restituzioni a livello interregionale, nazionale ed internazionale;
-Prelievi e trapianti eseguiti solo in strutture pubbliche con autorizzazione ministeriale;
-Rendicontazione pubblica dell’attività, della provenienza degli organi, dei trapianti eseguiti e dei loro risultati, immediati ed a distanza.

Rapporto della famiglia del paziente con il personale infermieristico

“L’infermiere sostiene i familiari dell’assistito in particolare nel momento della perdita e nella elaborazione del lutto”. (Cod.Deontologico art.4.16)
Offrire alla famiglia tale opzione costituisce parte dell’assistenza alla famiglia del donatore da parte dell’infermiere, il quale comunque deve necessariamente agire in concomitanza col medico curante. Il miglior modo per iniziare consiste nella individuazione dei familiari con i quali parlare e nella comprensione delle informazioni delle quali sono in possesso circa le condizioni di salute del familiare. Accade frequentemente che, sebbene il medico abbia discusso la gravità delle condizioni del paziente, i familiari non abbiano un’idea chiara della morte cerebrale. L’infermiere dovrebbe chiedere ai familiari cosa il medico abbia detto loro e spiegarlo lentamente e in termini semplici.
E’ di estrema importanza che l’infermiere esamini i propri sentimenti concernenti la morte cerebrale e la donazione di organi prima di avvicinare la famiglia. Se l’infermiere si sente a disagio o non accetta questi concetti, difficilmente risulterà convincente con i parenti ad acconsentire al prelievo degli organi del proprio congiunto. E’ evidente che l’infermiere si trova in un contesto molto delicato in cui la famiglia può con difficoltà controllare sentimenti di dolore e talvolta di rabbia anche nei confronti dei sanitari. Ad una prima fase di shock emotivo seguono il pianto, i singhiozzi, le grida di disperazione. L’infermiere dovrà mostrare la sua disponibilità e trovare le parole giuste per accogliere con comprensione e pazienza queste manifestazioni emotive, perchè le fasi descritte devono essere interamente vissute per giungere all’elaborazione del lutto.


Monitoraggio, mantenimento e trattamento terapeutico del donatore

Al ruolo “sociale”, al quale abbiamo appena accennato, per l’infermiere se ne aggiunge un altro di tipo tecnico, in quanto egli deve, nei confronti del potenziale donatore, mirare all’ottimale conservazione della funzionalità degli organi, mantenendone la perfusione, l’ossigenazione, la temperatura, l’equilibrio idro-elettrolitico e acido-base entro i limiti previsti dal protocollo di idoneità al prelievo. Fra i requisiti richiesti per una donazione di organo c’e’ anche l’assenza di infezioni o affezioni trasmissibili. Tale rischio e’ elevato in particolar modo nei donatori, in quanto si utilizza un sistema di monitoraggio e di terapia notevolmente aggressivo ed invasivo. Quindi un altro obiettivo del piano assistenziale infermieristico e’ quello di mettere in atto tutte le misure necessarie per prevenire l’insorgenza di infezioni mediante:
• Pulizia accurata del donatore;
• Asepsi nella gestione di rubinetti collegati ai vari cateteri arteriosi e venosi;
• Asepsi nella medicazione di cateteri e ferite;
• Asepsi durante tutte le manovre infermieristiche (es. broncoaspirazioni);
• Asepsi assoluta durante il prelievo dei linfonodi;
• Accurata tricotomia.

Inoltre l’infermiere provvede a:
1. Incannulare almeno due vene periferiche con aghi di grosso calibro;
2. Posizionare una sonda gastrica per valutare eventuali ristagni;
3. Posizionare un catetere vescicale con applicazione di un urometro per il controllo della diuresi oraria;
4. Posizionare una sonda termometrica esofagea per il controllo della temperatura corporea;
5. Applicare un saturimetro e un capnografo.

Poiche’ l’insorgere dello stato di morte cerebrale si accompagna a delle manifestazioni improvvise che tendono ad aggravarsi in modo irreversibile, il donatore richiede un trattamento intensivo e un monitoraggio continuo per prevenire il danno dei suoi organi.
Il monitoraggio consiste in:

  1. Controllo della funzione respiratoria: mantenere la normossia e la normocapnia con valori di PaO2 non inferiore a 70 mmHg e PaCO2 circa 36 mmHg, effettuare controlli emogasanalitici, controllare radiologicamente lo stato toracico polmonare, praticare aspirazioni tracheo-bronchiali, eseguire prelievi bronchiali per esami colturali;
  2. Controllo dello stato emodinamico allo scopo di raggiungere l’adeguata perfusione di tutti i tessuti. I parametri devono mantenersi entro limiti fisiologici quindi:
    • Pressione arteriosa media 80-90 mmHg;
    • Pressione arteriosa maggiore di 100 mmhg;
    • Frequenza cardiaca minore di 100/m;
    • Controllo del tracciato elettrocardiografico.
    Per controllare lo stato emodinamico, il donatore deve presentare:
     Catetere venoso centrale;
     Catetere per incannulamento venoso;
     Sacca contenente soluzione fisiologica eparinata (1000 unità di eparina per 500 ml di fisiologica);
     Manicotto di pressurizzazione avvolgente la sacca posta sotto una pressione di 300mmHg, misurata con apposito manometro;
     Trasduttore elettronico contenente il circuito che converte le variazioni di pressione in elettriche, collegato al monitor mediante cavo;
     Valvola di deflusso interposta tra deflussore della sacca di soluzione fisiologica e catetere-paziente collegata al trasduttore. Essa permette un flusso continuo di soluzione fisiologica di 3 ml/h e consente di lavare il sistema di monitoraggio una volta aperta, poiché incrementa il flusso di 1 o 2 ml/sec.
  3. Controllo dell’equilibrio metabolico: lo stato di morte cerebrale provoca squilibri dello stato acido-base, della glicemia e della coagulazione.
     Il controllo dello stato acido base si effettua con frequenti emogasanalisi e attuando provvedimenti correttivi.
     La glicemia spesso raggiunge valori molto elevati a causa delle infusioni di soluzioni glucosate e dalla ridotta produzione di insulina. L’eventuale correzione deve essere fatta con insulina pronta.
     La coagulazione e’ spesso alterata per la presenza di coaguli intravasali disseminati (CID) scatenati da fattori procoagulativi provenienti dai tessuti traumatizzati.
  4. Controllo della temperatura corporea: la perdita della termoregolazione e’ un’altra caratteristica associata alla morte cerebrale e pertanto il donatore tende a diventare ipotermico. L’ipotermia deve essere combattuta per i danni metabolici e funzionali a carico dell’apparato cardio-circolatorio, del rene e del fegato che essa può causare.

Una volta arrivato il momento del prelievo d’organi si procede alla preparazione ed al trasferimento del donatore in sala operatoria. La preparazione all’intervento prevede la tricotomia, la pulizia della cute e il posizionamento delle placche e del cavetto di elettrocardiogramma alle spalle del paziente. Inoltre tra le spalle e il bacino si sistemerà un telo che successivamente verra’ girato intorno alle braccia ed ancorato sotto il corpo del paziente per ottenere il giusto posizionamento degli arti superiori, sia durante il trasporto in sala operatoria che durante il prelievo d’organi.
Il trasporto in sala operatoria e’ sempre un momento critico in quanto la qualita’ e la funzionalita’ degli organi può venire compromessa se non vengono, anche in questa fase, controllate le funzioni vitali ed in particolare la pressione arteriosa, la frequenza cardiaca e la saturazione.
Dopo essersi accertati che l’équipe infermieristica e chirurgica della sala operatoria siano pronti a ricevere il donatore si inizierà a smonitorizzare le apparecchiature non indispensabili (capnografo, sonda termometrica…), a collegare il monitor portatile per il controllo dei parametri, a garantire la ventilazione con l’ausilio di un respiratore portatile o di un pallone Ambu e di una bombola di ossigeno. L’équipe infermieristica in sala deve essere professionalmente preparata ed in numero sufficiente a continuare tutta quella serie di prestazioni iniziate in rianimazione che garantiscono il buon esito del prelievo e soprattutto del trapianto.


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