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ESRA 2002 Italian Chapter - Relazioni


3 - Day surgery: criteri di dimissione ed outcome

Y. Leykin, M. Lucca, A. Ferramosca*
2° Servizio d’Anestesia e Rianimazione,
* S.O.S. Day Surgery Sacile,
Azienda ospedaliera "S. Maria degli Angeli", Pordenone

La chirurgia in regime di "day surgey" ha visto una notevole espansione nell’ultimo decennio in Italia e nel mondo.Parallelamente si è verificato un aumento della complessità degli interventi proposti e un’estensione delle indicazioni anche a pazienti in condizioni generali non ottimali.(1.)
Gli indiscutibili vantaggi di questo modello organizzativo sono:
-
Minori costi sanitari
-
Riduzione delle liste di attesa
-
Gradimento per gli utenti.
Tempi di ricovero contenuti sono particolarmente ben accetti ad alcune categorie di
pazienti,come i bambini,dove è frequente osservare disturbi psicologici e comportamentali dopo ospedalizzazione (2). I pazienti pediatrici, generalmente sani, da sottoporre ad interventi di piccola-media chirurgia sono quindi candidati ideali per la chirurgia ambulatoriale.Non sorprende che negli Stati Uniti, dove la chirurgia ambulatoriale è estesamente praticata, oltre il 60% della chirurgia pediatrica viene eseguita con questa modalità.(3).
La compressione dei tempi di degenza deve però conciliarsi con una elevata qualità
della prestazione erogata e sicurezza per il paziente, riducendo al minimo le complicanze postoperatorie e le riospedalizzazioni. E’evidente infatti che, complicanze postoperatorie minori quali vomito o dolore, facilmente trattabili in ospedale, possono diventare un problema di difficile gestione e fonte di insoddisfazione per il paziente, dopo che questi è ritornato a casa. Molta attenzione è stata pertanto rivolta alla ricerca di tecniche anestesiologiche che consentano un rapido recupero per il paziente, con scarsi effetti collaterali postoperatori e alla definizione degli aspetti concernenti la dimissione dei pazienti trattati in "day surgery".
La dimissibilità dopo intervento è condizionata da diversi fattori interagenti tra loro:
condizioni cliniche preoperatorie del paziente, tipo di intervento e tecnica chirurgica, tipo di anestesia, andamento del decorso postoperatorio, ecc.
Da un punto di vista organizzativo, in accordo con le linee guida sulla "day
surgery"italiane(SIAARTI/AAROI 1997), americane(ASA) e francesi (Societè Francaise d’Anesthèsie Réanimation,1993) è opportuno che:

Interventi chirurgici in "day surgery" possono essere eseguiti in anestesia locale +/- sedazione,in anestesia locoregionale (spinale, peridurale, plessica) o in anestesia generale.
Ma quando si può considerare dimissibile il paziente dal punto di vista clinico?
In tal senso, adottare criteri puramente temporali per la dimissione dei pazienti, pur
presentando una evidente praticità organizzativa,è limitativo perché non considera la variabilità dei pazienti e delle tecniche anestesiologiche impiegate. E’preferibile adottare"criteri obbiettivi", ovvero indicare dei requisiti minimi di autonomia che il paziente deve soddisfare per essere dimesso. Genericamente si può ritenere che il paziente può ritornare a casa quando sono cessati gli effetti dell’anestesia, in assenza di complicanze chirurgiche,dolore mal controllato o sintomatologia che provochi disagio come nausea,vertigini ecc.
Korttila ha stabilito delle linee guida per una dimissione sicura che comprendono la
valutazione clinica di più parametri. Oltre al pieno recupero di segni vitali, il paziente deve essere orientato nel tempo e nello spazio, capace di vestirsi da solo e di camminare senza assistenza; non deve inoltre avere vomito e nausea se non minimi, il dolore deve essere controllabile e non deve eserci sanguinamento dalla ferita chirurgica. Il paziente deve essere accompagnato a casa da un adulto responsabile e devono essergli consegnate precise istruzioni riguardanti il periodo postoperatorio, che egli deve mostrare di aver compreso e sottoscritto. L’abitazione del paziente deve trovarsi entro un’ora di viaggio dal centro dove l’intervento è stato eseguito ed egli deve disporre di un mezzo di trasporto adeguato con il quale l’accompagnatore potrà ricondurlo in ospedale (4).
Dopo anestesia generale, il recupero è un processo continuo che si completa quando
il paziente ritorna alle proprie condizioni fisiologiche preoperatorie. Ciò può richiedere anche diversi giorni. Schematicamente si possono individuare tre fasi successive(4)

Nella I fase il paziente viene monitorizzato nella presala o nella Recovery Room da personale altamente specializzato.Molto utile, in questa fase iniziale di recupero, la valutazione clinica col Postanesthetic Recovery Score di Aldrete.(5). Nella sua versione originale del 1970, questo sistema di valutazione a punteggio prevede l’assegnazione di un valore numerico tra 0 e 2 a ciascuno dei cinque parametri esaminati:attività motoria, respiro, pressione arteriosa, coscienza e colorito della cute. Solo quando il paziente raggiunge un punteggio totale pari a 9 può essere inviato al reparto di degenza.Con l’impiego quasi routinario del pulsossimetro nel monitoraggio postoperatorio è stata proposta una variante alla scala di Aldrete che utilizza il dato della SaO2 al posto della valutazione clinica per giudicare l’ossigenazione periferica.(6). In alternativa,utilizzata anche in ambito pediatrico, la scala di Steward (7), che considera tre parametri a cui viene assegnato un punteggio tra 0 e 2:coscienza, attività respiratoria e motilità. L’impiego di nuovi agenti anestetici a breve durata di azione (propofol, remifentanil, desflurano, sevoflurano),le innovazioni tecniche nella gestione delle vie aeree (LMA versus IOT),la comparsa sul mercato di sofisticati sistemi di monitoraggio che consentono una migliore titrazione dei farmaci dell’anestesia (BIS – bispectral index), consentono oggi,in molti casi, un pronto risveglio del paziente già in sala operatoria e il suo immediato trasferimento in reparto, bypassando la fase di osservazione in Recovery Room (Fast Tracking). In letteratura vengono oggi proposti quindi anche criteri per giudicare se il paziente, a fine intervento, può affrontare questo "percorso accelerato"e passare direttamente in reparto.(8)
Durante la successiva fase del recupero (fase II o intermediate recovery), il paziente
in genere comincia a camminare,a bere,a urinare e si prepara per la dimissione. In questa fase è molto importante,anche per ragioni medico-legali,disporre di criteri obbiettivi e codificati per decidere la dimissibilità del paziente, che è comunque, come sottolineato in precedenza, sotto responsabilità medica.Nella tabella I viene riportato il Postanesthesia Discharge Scoring System (PADS) proposto da Chung, tra i più utilizzati in ambito clinico(9,10) Nell’attuale versione vengono presi in considerazione 5 parametri:segni vitali, attività motoria,nausea e vomito, dolore, sanguinamento chirurgico.A ciascun parametro viene assegnato un punteggio compreso tra 0 e 2. Il punteggio totale massimo realizzabile è 10 e, un punteggio di almeno 9 è necessario per dimettere il paziente. Applicando il PADS nel proprio centro di chirurgia ambulatoriale, Chung ha osservato che l’82% dei pazienti risulta dimissibile entro 2 ore dall’intervento e il 95,6% entro 3 ore.Raggiunti i criteri per la dimissione alcuni pazienti ritardano l’effettiva dimissione per motivi non medici (accompagnatore non presente) o per ripresa della sintomatologia dolorosa.Solo il 4,4% dei pazienti ha un ricovero più prolungato per cause varie:dolore, nausea e vomito, ipotensione, sanguinamento, vertigini, difficoltà a ad urinare.Il tipo di intervento influenza la durata del ricovero e la probabilità di complicanze postoperatorie. Non vengono, in genere,più ritenuti requisiti indispensabili per la dimissione in chirurgia ambulatoriale, la capacità di bere e urinare.Se la presenza di vomito è chiaramente incompatibile con la dimissione del paziente, si è visto infatti che, forzare il paziente ad assumere liquidi, può, di per se, essere causa di vomito e di aumento dei tempi di degenza.Ciò è stato dimostrato nei pazienti pediatrici.(11).Anche negli adulti,uno studio randomizzato che confronta soggetti forzati a bere rispetto a soggetti lasciati liberi di assumere liquidi a piacimento, mostra la stessa frequenza di nausea e vomito postoperatorio,con tempi di ricovero più brevi per il secondo gruppo. (12). Analogamente non sembra indispensabile attendere che il paziente urini prima della dimissione se non sussistono condizioni che comportano un aumentato rischio di ritenzione urinaria postoperatoria (anestesia spinale o peridurale, interventi pelvici o urologici,precedenti episodi di ritenzione urinaria).(13)
I pazienti sottoposti ad anestesia loco-regionale richiedono una osservazione
postoperatoria analoga a quella dei pazienti trattati con anestesia generale,anche se diversi Autori hanno riportato tempi di ricovero più brevi (14, 15). Sono necessarie, per la dimissione, alcune verifiche aggiuntive:

Per valutare l’outcome dei pazienti sottoposti a chirurgia in regime di "day surgey" è importante prendere in considerazione, non solo mortalità e morbilità, ma anche altri parametri quali la durata della degenza postoperatoria, i ricoveri non pianificati,le eventuali successive riospedalizzazioni e il grado di soddisfazione dei pazienti. In questo tipo di chirurgia la mortalità e le complicanze maggiori sono molto rare.In una casistica di Warner,pubblicata nel 1993 e riguardante oltre 38000 pazienti operati in regime ambulatoriale e controllati per 30 giorni dopo l’intervento, si registravano solo 4 casi di decesso (2 dovuti a IMA e 2 per incidente stradale) e 31 casi di complicanze maggiori (0.08%) :infarto miocardico, ictus, embolia polmonare e insufficienza respiratoria.(17).
Il tipo di intervento e la comparsa di complicanze quali dolore eccessivo,
PONV,vertigini e problemi cardiovascolari, hanno la massima influenza sulla durata della degenza postoperatoria. I pazienti con insufficienza cardiaca e quelli sottoposti ad interventi chirurgici più lunghi sono a maggior rischio di ricovero prolungato(18).
La percentuale di ricoveri non pianificati è considerata un buon indicatore della frequenza di complicanze maggiori e varia in letteratura tra lo 0.3 e l’1.4%(18, 19, 20) del totale di interventi ambulatoriali e 1 su 12.550 è il tasso delle riospedalizzazioni con pericolo di vita per il paziente. La percentuale dei problemi legati all’anestesia sono compresi tra il 15% e 30%, quelli chirurgici fra il 30% e 40% e la restante percentuale è legata a problematiche sociali. Nausea e vomito sono le più frequenti complicazioni che rendono necessaria l’ospedalizzazione, soprattutto in campo pediatrico.

NOSTRA ESPERIENZA

Presso il presidio ospedaliero di Sacile facente parte dell’Az.Osp. di Pordenone è stata istituita da alcuni anni un struttura di day surgery multidisciplinare con le seguenti caratteristiche:

Sale operatorie e spazi per la degenza dedicati.

Personale dedicato.

Autonomia gestionale ed organizzativa.

In essa confluiscono attività chirurgiche di diverse unità operative secondo turni prestabiliti sulla base di protocolli concordati.

L’attività di day surgery si esplica dalle ore 7.00 alle ore 18.00 per 5 giorni alla settimana.

Non è previsto pernottamento.

Tutti i pazienti afferenti alla day surgery sono selezionati secondo i seguenti criteri:

Come CRITERIO DI DIMISSIONE abbiamo applicato le linee guida di Kortilla così modificate:

  1. segni vitali stabili per almeno un’ora ( + - 20% valori basali), in particolare:
    - assenza di depressione respiratoria
    - stabilità cardiocircolatoria anche in posizione ortostatica
  2. completo orientamento in senso temporo-spaziale
  3. capacità di ingerire e mantenere fluidi per os
  4. capacità di mingere spontaneamente
  5. capacità di deambulare spontaneamente
  6. capacità di vestirsi autonomamente
  7. assenza di nausea e vomito
  8. assenza di dolore eccessivo
  9. assenza di sanguinamento eccessivo
  10. assenza di cefalea importante in caso di anestesia spinale
  11. completa regressione del blocco anestetico.

Il paziente viene valutato entro le ore 18.00 sia dal chirurgo che dall’anestesista, per quanto di loro competenza e quindi dimesso accompagnato da un parente e munito di istruzioni scritte e terapia per il postoperatorio. In caso non siano soddisfatti i criteri di dimissibilità il paziente viene osservato per ulteriori due ore (dimissioni ritardate) e se persiste l’impossibilità alle dimissioni viene ricoverato per il pernottamento e rivalutato il mattino dopo.(ricovero non programmato).

Casistica

Dal 1999 al 2001 sono stati eseguiti nella nostra struttura un totale di 5354 interventi in day surgery, così suddivisi:

Chirurgia generale: 949 in prevalenza interventi per flebopatie arti inferiori ed ernia inguinale

Oculistica: 1109 esclusivamente interventi per cataratta

Ortopedia: 3296 in prevalenza interventi sull’arto superiore

Al fine di valutare l’efficacia dei criteri di dimissione da noi adottati, abbiamo preso in esame gli interventi eseguiti dal 1999 al 2001 dalle due divisioni di chirurgia generale, limitatamente agli interventi per varici agli arti inferiori e per ernia inguinale eseguiti in anestesia subaracnoidea o locoregionale con sedazione.
Di tali interventi abbiamo valutato:
- tipo di intervento e tipo di anestesia - età dei pazienti - le dimissioni ritardate - i ricoveri non programmati

TIPO DI INTERVENTO E TIPO DI ANESTESIA

VARICI: 632  470 Anestesia Subaracnoidea
146 Anestesia Locale + sedazione
16 Anestesia L.R. (B. Sciatico+Femorale)
ERNIA INGUINALE:  206  203 Anestesia Locale + sedazione
3 Anestesia subaracnoidea

ETA’ DEI PAZIENTI

> 60 anni 25%
>50<60 anni 30%
>40<50 anni 23%
>30<40 anni 20%
<30 anni 2%

DIMISSIONI RITARDATE (oltre le 18.00)

1999  2000  2001 TOTALE 69 (8%)
32  25  12

Cause:
14 dolore postoperatorio
22 instabilità emodinamica
16 mancata regressione blocco anestesiologico
17 problemi organizzativi (assenza dell’accompagnatore)

RICOVERI NON PROGRAMMATI

1999  2000  2001 TOTALE 19 (2,2%)
5

Cause:
14 cefalea
3 instabilità emodinamica
1 mancata regressione del blocco anestesiologico
1 T.I.A.

Per 15 di questi pazienti non si è potuto procedere alle dimissioni ed è stato necessario il ricovero per pernottamento, 4 sono stati ricoverati il giorno dopo per comparsa di cefalea importante dopo anestesia subaracnoidea.

CONCLUSIONI
In conclusione l’obbiettivo futuro sarà quello di ottenere un alto grado di soddisfazione dei pazienti e una precoce e completa ripresa funzionale una volta che il paziente è ritornato a casa. E’ fondamentale però non basarsi solo su criteri numerici, ma anche su giudizio clinico individuale e di programmare i percorsi non solo in funzione di logica economica, ma anche sulle convenienze cliniche e di sicurezza.
Nella nostra casistica l’assenza di complicanze importanti e l’esiguo numero di
pazienti ricoverati dopo le dimissioni (quattro), ci conferma la validità dei criteri di dimissione da noi adottati se accompagnati da una attenta selezione dei pazienti.

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4 - Regional anaesthesia and vascular surgery

La rachianestesia non presenta vantaggi evidenti nella conduzione intraoperatoria in chirurgia vascolare, e sottende pericoli nel postoperatorio immediato

Marco Dei Poli
Servizio di Anestesia Polispecialistica e Rianimazione – Istituto Policlinico San Donato

Vantaggi e svantaggi della rachianestesia nel periodo intra e postoperatorio sono stati argomento di discussione – come in questo confronto pro e contro – in letteratura chirurgica e anestesiologica, a partire almeno dalle considerazioni di Yaeger nel 1987 (1).
Nell’ambito della chirurgia vascolare - aortica, carotidea o periferica – si dà spesso
per scontato che i vantaggi della rachianestesia siano stati ben dimostrati e che pertanto tale tecnica – epidurale, spinale o combinata spino peridurale – sia non solo sicura, ma addirittura da preferire sempre, a meno di controindicazioni evidenti, da sola o nell’ambito della blended anesthesia.
I supposti vantaggi sono innanzitutto in termini di miglioramento dell’outcome.
Nessuno studio attualmente disponibile è in grado di dimostrare una ridotta mortalità per eventi cardiaci, polmonari od infettivi nel confronto fra gruppi di pazienti sottoposti a rachianestesia vs. anestesia generale. La potenza degli studi disponibili è comunque inadeguata nei confronti di eventi di bassa incidenza quali la mortalità e l’infarto miocardico. Lo studio di Bode et al, nel 1996, incapace di dimostrare differenze significative fra gruppi di pazienti sottoposti ad anestesia generale o rachianestesia, nei riguardi di mortalità intraospedaliera, incidenza di infarto miocardio, angina e scompenso, è stato interrotto quando le analisi di potenza statistica hanno dimostrato la necessità di arruolare almeno 24mila pazienti… (2)
Ogni commento a riguardo della rachianestesia come tecnica di anestesia va tenuto
ben distinto dalle valutazioni a riguardo dell’analgesia postoperatoria condotta con somministrazione di analgesici per via epidurale continua: nell’ambito stretto della chirurgia vascolare – aortica o periferica – ci pare possibile sostenere indubbi vantaggi di quest’ultima nei confronti dell’analgesia endovenosa in tutte le sue modalità di somministrazione (demand, continua, PCA). D’altra parte mancano ancora evidenze chiare sul ruolo preventivo che la rachianestesia come tecnica anestetica può avere sull’outcome chirurgico. E’ stato suggerito che l’impiego dell’anestesia epidurale potesse influenzare positivamente la pervietà dell’impianto protesico nelle fasi precoci postoperatorie, grazie ad una minor ipercoagulabilità del sangue. Uno degli studi più recenti e consistenti per numero di pazienti (3) non è stato in grado di dimostrare differenze significative per anestesia generale ed epidurale nelle quote rispettive di trombosi precoce della protesi, che rimangono più facilmente attribuibili a fattori convenzionali come il difficoltoso efflusso della vascolarizzazione a valle e/o specifiche difficoltà tecniche. Alle stesse conclusioni giunge Grass (4) in una recente review sull’outcome postoperatorio: solo studi prospettici randomizzati multicentrici potranno stabilire un eventuale effetto positivo della rachianestesia sull’outcome.
E’ possibile che parte della diatriba trovi un punto di equilibrio nel fatto che vantaggi fisiopatologici previsti e spesso dimostrati non si traducano in modificazioni statisticamente significative degli outcome principali o surrogati. Una metanalisi informale dei 4 studi principali su questo argomento indica che le differenze fra anestesia generale ed epidurale sono – se presenti – di modesta entità. 
Per quanto attiene un secondo item – la stabilità emodinamica – la valutazione si
embrica con quella di pertinenza cardiochirurgica, in quanto le medesime argomentazioni hanno creato i presupposti per l’impiego della anestesia/analgesia epidurale in corso di chirurgia cardiaca. La modulazione simpatica ottenibile con il blocco simpatico toracico (non prendiamo in considerazione livelli di blocco inferiori a T4-T6) riduce la risposta allo stress chirurgico durante tutta la fase perioperatoria. Sono state riportate diminuite concentrazioni di cortisolo plasmatico e ridotta eliminazione urinaria di epinefrina e norepinefrina in pazienti in cui la conduzione intra e postoperatoria ha fruito dell’anestesia/analgesia epidurale. (5) Anche nella fase che precede il cross clamping aortico l’outflow adrenergico è significativamente superiore in pazienti sottoposti alla sola anestesia generale. (6) L’impiego dell’anestesia epidurale in chirurgia non-cardiaca è associato ad una riduzione di episodi tachiaritmici e di ischemia miocardica in pazienti con rischio coronarico elevato. (7) In più sono dimostrati un calo delle resistenze vascolari sistemiche e della pressione arteriosa media, una riduzione della wedge pressure e del consumo di ossigeno miocardico, per ridistribuzione del flusso senza alterazione del metabolismo locale. Tutto questo appare in linea con il presupposto di una modulazione positiva dell’attività adrenergica, libera di manifestare effetti indesiderati in corso di sola anestesia generale, anche se condotta con dosi elevate di analgesici oppioidi.
E’ a tutti ben evidente la rasserenante – per l’anestesista – stabilità del grafico di
pressione e frequenza che si osserva nel paziente che riceva rachianestesia sola o in combinazione ad anestesia generale.
E’ doveroso porsi due domande:
La prima: la modulazione – per riduzione – dell’attività adrenergica è sempre utile nel contesto della chirurgia vascolare ?
La seconda ; se lo è, il blocco simpatico di lunga durata che si ottiene con l’anestesia
epidurale ne è la forma migliore ? Una modulazione farmacologica non può essere più maneggevole ?
Vogliamo porre l’attenzione sul significato omeostatico dei riflessi barorecettoriali che
impiegano il sistema nervoso vegetativo e le amine endogene, e sul finalismo della risposta allo stress. Se da un lato quest’ultima – in assenza di modulazione – può costituire un fattore di rischio in pazienti coronaropatici (come quasi sempre sono i pazienti sottoposti a procedure vascolari), dall’altro la risposta all’emorragia o all’inadeguato precarico è tutta svolta dai meccanismi riflessi simpaticomediati. E’ possibile che un monitoraggio sofisticato intraoperatorio (TEE, cateterismo di Swan Ganz, volemia con verde indocianina, volume telediastolico ventricolare dx) possa guidare un adeguamento preciso degli squilibri volemici, ma è altrettanto vero che la stragrande maggioranza della chirurgia aortica è condotta in assenza di questo tipo di presidi.
In ogni caso è nella fase postoperatoria – specie in quella di recovery immediato -
che si manifestano i rischi maggiori di eventi avversi: pazienti ad elevato rischio coronarico, con riempimento quasi mai ottimizzato – in uscita da fasi emorragiche -, quasi sempre relativamente anemizzati, in corso di rewarming da ipotermia (vasodilatazione da ris caldamento!), trattati con farmaci anestetici quasi sempre vasodilatatori e più o meno inotropi negativi, vengono osservati (quanto?) in Sala Risveglio e poi inviati (quasi sempre) ai Reparti di degenza, fidando su un riadattamento spontaneo alle condizioni di rischio coronarico.
E’ giusto modulare – in questa fase – l’outflow simpatico? E quanto ?
E’ indubbio che il dolore postoperatorio, così come l’ipotermia, siano essi stessi
potenziali fattori di rischio coronarico: probabilmente esiste un livello soglia ideale che ottiene un cutoff dell’outflow adrenergico legato al dolore postoperatorio, senza un’interferenza pericolosa sui riflessi barorecettoriali di compenso. Certamente l’attenzione ad un paziente di questo tipo non deve essere abbassata dalla "sensazione" di tranquillità che può fornire il livello di analgesia e la regolarità di polso e pressione.
L’armamentario farmacologico – alfa agonisti e beta bloccanti selettivi – a disposizione
dell’anestesista per la modulazione della reazione allo stress chirurgico, è in continuo arricchimento (esmololo, mivazerol, dexmedetomidina, etc). La somministrazione di beta blocco preoperatorio si è dimostrata efficace, in uno studio prospettico randomizzato di adeguata potenza, nel ridurre l’incidenza di eventi ischemici in maniera significativa, (8) L’impiego della blended anesthesia probabilmente non minimizza i rischi già considerati: molto probabilmente essa complica il compito interpretativo in caso di gravi complicanze cardiache o cardiocircolatorie. Un’ipotensione grave e poco responsiva in un paziente cardiopatico, sottoposto agli effetti inotropo negativi e vasodilatatori della maggior parte degli anestetici generali, e in cui siano aboliti o fortemente modulati i meccanismi di vicariazione riflessa, pone all’anestesista quadri interpretativi risolvibili solo con strumenti sofisticati. Lasciamo al pro-contro in cardiochirurgia il compito di esplorare l’entità del rischio di incidenti neurologici legati all’impiego della scoagulazione e della puntura dello spazio epidurale (ematomi epidurali).
In conclusione resta un invito forte a giudicare con prudenza l’impiego della
rachianestesia in chirurgia vascolare, maggiore e periferica. I vantaggi sono possibili ma ancora da dimostrare con evidenze indiscutibili. I rischi intraoperatori sono soprattutto legati alla difficile gestibilità di eventi emorragici o di deficit contrattile, e vanno posti in bilancio con i vantaggi – peraltro non esclusivi della rachianestesia – della stabilità emodinamica perioperatoria. L’immediato postoperatorio, già di per sé ad elevato rischio nel paziente vascolare, è reso ancor più delicato dalla presenza del blocco simpatico indotto dall’anestesia/analgesia epidurale, se non esiste un’osservazione e monitoraggio intensivo del paziente. Il miglior outcome invocato a favore delle tecniche locoregionali manca di dimostrazioni basate sull’evidenza e rischia di rimanere impressione soggettiva o anedottica.
Restiamo peraltro favorevoli all’area dell’analgesia postoperatoria con
somministrazione di farm aci per via epidurale, e siamo comunque fautori di un monitoraggio di adeguato livello in chirurgia vascolare aortica e periferica.

Riferimenti bibliografici

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Informazioni sulla rivista

ESIA-Italia
EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY and CRITICAL CARE MEDICINE - Italia
costituisce la parte Italiana della versione Americana, pubblicata su Internet da Keith J Ruskin, Professore di Anestesia alla Università di Yale. I lavori saranno accettati sia in lingua Italiana che Inglese. In quelli di lingua Italiana un corposo riassunto in Inglese verrà preparato dalla redazione, qualora l'autore non fosse in grado di fornirlo. A cura della redazione sarà inoltre la traduzione in Italiano dei manoscritti inviati in lingua Inglese. La rivista sarà inviata gratuitamente a tutti quelli che ne faranno richiesta, inviando il seguente messaggio "Desidero ricevere ESIA versione italiana" indirizzato a LANZA@UNIPA.IT

La rivista pubblica rewiews e lavori originali compiuti nei campi dell'anestesia e della medicina critica. I lavori originali riguardano ricerche cliniche, di laboratorio e la presentazione di casi clinici. Le reviews includono argomenti per l'Educazione Medica Continua (EMC), articoli di revisione generale o riguardanti le attrezzature tecniche. ESIA pubblica le lettere all'Editore contenenti commenti su articoli precedentemente publicati ed anche brevi comunicazioni. La guida per gli autori può essere consultata collegandosi al sito ANESTIT all'indirizzo: http://anestit.unipa.it/ utilizzando la sezione riservata ad ESIA-Italia; oppure può essere richiesta inviando un messaggio a lanza@unipa.it EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY and CRITICAL CARE MEDICINE Sezione Italiana
Il numero della rivista è anche ottenibile attraverso World-WideWeb WWW: l'URL per questo numero di ESIA è: http://anestit.unipa.it/esiait/esit0111.txt
Il nome della rivista è esitaamm, dove aa è l'anno ed mm il mese (per esempio questo numero è esit0111.txt)

LA REDAZIONE DI ESIA ITALIA

DIRETTORE: Vincenzo LANZA
Primario del Servizio d'Anestesia e Rianimazione Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli Palermo
LANZA@UNIPA.IT

Terapia Intensiva

Antonio Braschi
Primario del Servizio d'Anestesia e Rianimazione 1 - Policlinico S. Matteo - IRCCS Pavia

Anestesia Cardiovascolare

Riccardo Campodonico
Responsabile dell'Unità di Terapia Intensiva Cardiochirurgica - Azienda Ospedaliera di Parma
ricrob@mbox.vol.it

Anestesia e malattie epatiche

Andrea De Gasperi
Gruppo trapianti epatici / CCM - Ospedale Niguarda - Milano

Medicina critica e dell'emergenza

Antonio Gullo
Professore di Terapia Intensiva - Direttore del Dipartimento di Anestesia e Terapia Intensiva -Università di Trieste

Anestesia ed informatica

Vincenzo Lanza
Primario del Servizio d'Anestesia e Rianimazione - Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli - Palermo

Tossicologia

Carlo Locatelli
Direttore del Centro di Informazione Tossicologica Centro antiveleni di Pavia - Fondazione Scientifica "Salvatore Maugeri Clinica del Lavoro e della Riabilitazione"- Pavia

Terapia Antalgica e Cure Palliative

Sebastiano Mercadante
Aiuto del Servizio d'Anestesia e Rianimazione
- Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli - Palermo mercadsa@tin.it