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ISSN 1080-3521

EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY

and

CRITICAL CARE MEDICINE - Italia -

Il giornale italiano online di anestesia Vol 2 No 10 Ottobre 1997

Pubblicato elettronicamente da
Vincenzo Lanza, MD
Servizio di Anestesia e Rianimazione
Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli Palermo, Italy
E-mail: lanza@mbox.unipa.it
Keith J Ruskin, MD
Department of Anesthesiology Yale University School of Medicine
333 Cedar Street, New Haven, CT 06520 USA
E-mail: ruskin@gasnet.med.yale.edu
Copyright (C) 1997 Educational Synopses in Anesthesiology and Critical Care Medicine. All rights reserved. Questo rivista on-line può essere copiata e distribuita liberamente curando che venga distribuita integralmente, e che siano riportati fedelmente tutti gli autori ed il comitato editoriale. Informazioni sulla rivista sono riportate alla fine

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In questo numero:

1 Trapianto ortotopico di fegato: i problemi anestesiologici

2 Coma post-anossico da overdose di eroina: caso clinico

3 Manuali di Anestesia: Anestesia in chirurgia addominale - resezione epatica

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1 Trapianto ortotopico di fegato: i problemi anestesiologici

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Andrea De Gasperi, Andrea Corti, Ernestina Mazza, Angela Scaiola, Manlio Prosperi, Giuliana Fantini,Aldo Cristalli,Adriana Rocchini, Silvia Vai, Ombretta Amici,Elena Roselli,Paolo Notaro,Fabio Ceresa, Maria Carla Grugni,Emma Pannacciulli,Emilio Santandrea

II Servizio di Anestesia e Rianimazione - Ospedale Niguarda - Milano

(Primario : Dott Emilio Santandrea)

Il trapianto ortotopico di fegato costituisce anche in Italia una riconosciuta forma di trattamento di forme di insufficienza epatica terminale (IET) acuta o cronica , in pazienti di età non superiore ai 65 anni, le cui condizioni cardiorespiratorie, metaboliche, immunologiche e psico-sociali consentano di affrontare sia la procedura chirurgica che il successivo trattamento immunosoppressivo (tabella 1). La sopravvivenza ad un anno è oggi superiore al 75% e la qualità di vita a medio e lungo termine è del tutto soddisfacente. L'indicazione clinica al trapianto viene posta quando la insufficienza epatica è complicata da condizioni capaci di alterare pesantemente la qualità di vita anche senza introdurre rischio immediato di morte (ascite intrattabile, encefalopatia, infezioni ricorrenti delle vie biliari, sanguinamenti da varici esofagee o gastriche) oppure di determinare un rischio di mortalità superiore al 50% entro 12 mesi (sindrome epatorenale, gravi difetti di sintesi o di coagulazione, grave colestasi).

Tabella 1 - Indicazioni al trapianto di fegato
1) insufficienza epatica acuta da

a) virale (epatite fulminante A o più comunemente B o C)

b) tossica (farmaci, funghi)

c) traumatica (trauma epatico massivo)

2) insufficienza epatica cronica da

a) cirrosi epatica postepatitica (B, B-delta, C)

b) cirrosi epatica postalcoolica

c) colangite sclerosante

d) cirrosi biliare primitiva

e) carcinoma epatocellulare di piccole dimensione e colangiocarcinoma

f) patologia occlusiva delle vene sovraepatiche (sindrome di Budd Chiari)

g) atresia delle vie biliari extraepatiche, patologie metaboliche congenite

Il notevole sforzo multidisciplinare elaborato negli ultimi 10 anni e che ha portato ad un netto miglioramento dei risultati poggia fondamentalmente sulla introduzione di innovative soluzioni di preservazione degli organi, sull'affinamento delle tecniche chirurgiche , sulla disponibilità di nuovi e sempre più selettivi farmaci immunosoppressori, sul miglioramento del trattamento anestesiologico ed intensivistico nel periodo perioperatorio.

I risultati in costante miglioramento e la sempre più larga esperienza maturata hanno portato inevitabilmente a candidare al trapianto pazienti in cui l'avanzata insufficienza epatica , di per sè già fattore di rischio chirurgico, si associa ad importanti alterazioni a carico di organi, apparati e funzioni, imponendo ad anestesisti ed intensivisti un carico clinico sempre maggiore sia durante l'intervento che nelle fasi critiche del postoperatorio.

L'impegno anestesiologico nel periodo intraoperatorio del trapianto di fegato (una vera e propria rianimazione cardiorespiratoria, volemica e metabolica in cui collateralmente vengono utilizzati farmaci in grado di abolire la coscienza, garantire una analgesia profonda e mantenere paralisi muscolare) deve essere quindi visto da una parte alla luce delle alterazioni che la insufficienza epatica terminale determina sul profilo fisiologico, dall'altra in rapporto alle manipolazioni chirurgiche che si rendono necessarie durante le varie fasi dell'intervento per togliere il fegato nativo e trapiantare il neofegato.

Dal 1986 il II Servizio di Anestesia e Rianimazione, diretto dal Dottor Emilio Santandrea, dopo aver maturato una lunga esperienza nel trapianto renale, ha contribuito in maniera determinante alla realizzazione del trapianto di fegato all'ospedale Niguarda di Milano, occupandosi sia della parte anestesiologica che della assistenza intensiva postoperatoria. Il gruppo di anestesisti dedicati alla attività di trapianto è composto attualmente da 12 unità .

Trapianto ortotopico di fegato : le controindicazioni

Le controindicazioni assolute al trapianto di fegato sono oggi poche e ben definite e tra queste sono comprese specifiche condizioni di ordine psicologico e sociale del candidato: numerose invece sono le condizioni cliniche che, senza costituire assoluta controindicazione, possono diventare fattori di rischio rilevanti nel decorso intra e postoperatorio.

Dal punto di vista anestesiologico le controindicazioni assolute al trapianto di fegato sono legate alla presenza di una grave patologia cardiaca , di una grave insufficienza respiratoria e di infezioni non controllate al di fuori delle vie biliari . L'ipossia severa deve essere invece considerata controindicazione assoluta solo se associata a gravi forme pneumopatiche ostruttive o restrittive: in effetti sono in aumento le segnalazioni di gravi ipossie secondarie alla IET (sindrome epatopolmonare) risolte dal trapianto di fegato.

La valutazione anestesiologica preoperatoria è quindi prevalentemente finalizzata alla individuazione di quelle condizioni che, non portando ad escludere il trapianto, determinano però un aumento del rischio di morbilità o mortalità nel periodo perioperatorio. E' fondamentale in tal senso disporre di informazioni relative alle condizioni di compenso cardiocircolatorio, respiratorio, renale, metabolico e coagulativo, procedere alla identificazioni di patologie a carico del SNC ed a precedenti ( o recenti) patologie infettive ed infine inquadrare, seppur brevemente, il candidato dal punto di vista psicologico.

Modificazioni dell'assetto fisiologico

nei soggetti affetti da insufficienza epatica terminale

La insufficienza epatica terminale (ed in particolare la condizione di ipertensione portale associata a cirrosi epatica postepatitica) introduce, al contrario della patologia tumorale, importanti modificazioni a carico degli apparati cardiovascolare, respiratorio, renale , del sistema nervoso centrale e degli equilibri metabolico ed emostatico.Una loro precisa conoscenza è fondamentale per comprendere l'impegno clinico anestesiologico (programmazione della condotta anestesiologica e del monitoraggio fisiologico) e per la corretta interpretazione delle modificazioni cardiocircolatorie, respiratorie, emocoagulative e metaboliche che si possono verificare durante le varie fasi del trapianto. Le scadute condizioni di nutrizione e la non infrequente presenza di patologia infettiva , spesso legata alla necessità di frequenti ricoveri ospedalieri, pongono ulteriori problemi clinici nel periodo postoperatorio.

a) Apparato cardiovascolare

L'apparato cardiocircolatorio del soggetto portatore di insufficienza epatica terminale presenta uno stato ipercinetico caratterizzato da elevata portata cardiaca (indice cardiaco superiore a 4.5 litri minuto -1 m-2), basse resistenze vascolari periferiche (inferiori a 600 - 800 dynes secondo -1 cm-5) e bassa pressione arteriosa sistemica: l'aumento di portata cardiaca è sostenuto sia da un aumento del volume sistolico che da un (non sempre presente) aumento della frequenza cardiaca . Le pressioni di riempimento sono ai limiti di norma. Il volume circolante può presentarsi aumentato o diminuito, anche a seconda dello stato di evoluzione della malattia.

Le basse resistenze sistemiche costituiscono probabilmente la determinante fondamentale dell'assetto emodinamico del cirrotico e riconoscono come cause principali

La anomala vasodilatazione, la presenza di shunts artero-venosi (a-v) e la conseguente maldistribuzione del flusso ematico riducono la quantità di ossigeno ceduto alla periferia e generano pertanto ipossia tissutale. Nel cirrotico grave (Child C della classificazione di Child - Pugh) esiste un rapporto anomalo tra la disponibilità di O2 (DO2), che è sopranormale, e il consumo di O2 (VO2), ridotto rispetto a soggetti normali : alla elevata portata cardiaca è dunque affidato il mantenimento di VO2 vicino alla norma, essendo la estrazione periferica di O2 ridotta.

Tra le altre possibili cause della ipossia tissutale devono essere ricordate

1) il mancato adeguamento della portata cardiaca ad un aumento delle richieste. E' da ricordare infatti come soggetti cirrotici presentino in condizioni basali una frazione di eiezione del ventricolo sinistro superiore alla norma (60-70%) , che non aumenta però durante stress

2) la ridotta concentrazione di emoglobina .

La condizione di estrema vasodilatazione e la presenza di shunts a-v, associati alla riduzione di albumina circolante, si possono tradurre da una parte in un aumento dell'acqua totale corporea (edemi,ascite), dall'altra in una riduzione del volume circolante effettivo: la estrema vasodilatazione, la contrazione del volume circolante e la ridotta perfusione renale sono in grado di attivare rispettivamente il sistema nervoso ortosimpatico ed il sistema renina-angiotensina-aldosterone. Deve infine essere ricordato come il compenso cardiocircolatorio nel cirrotico possa essere peggiorato dall'aumento della ascite. L'aumento della pressione endoaddominale e la pressione sul diaframma determinano un aumento della pressione intratoracica : conseguenze sono la riduzione della pressione transmurale, la riduzione del ritorno venoso, la riduzione della portata cardiaca.

L'esplorazione funzionale cardiaca prevede un ECG standard,un ecocardiogramma bidimensionale per lo studio della funzione ventricolare sinistra, della morfologia di cavità e strutture valvolari , per la valutazione di una eventuale condizione di ipertensione polmonare (evento osservabile nello 0.5% dei cirrotici ed in grado di complicare il decorso perioperatorio). La presenza o il sospetto di cardiopatia ischemica (fattore di importante aggravamento di mortalità e morbilità perioperatoria) o di cardiomiopatia dilatativa fanno invece indicare sia la coronarografia che un test per la valutazione della riserva coronarica (tallio-dipiridamolo, MUGA Scan, stress test ECO 2D - Dobutamina)

b) Funzione renale

La grave insufficienza epatica , acuta o cronica, si associa ad una progressiva insufficienza renale di natura funzionale . All' evento primario (sviluppo della malattia cirrotica e caduta delle resistenze vascolari periferiche) segue una risposta ortosimpatica ed una stimolazione della secrezione di ADH. L'aumento della attività simpatica renale, non contrastata da sostanze endogene ad azione vasodilatatrice (prostaglandine, in particolare PGE2, la cui produzione appare ridotta), porta ad una vasocostrizione preferenziale delle arteriole renali afferenti in grado di provocare

La iponatremia che si osserva nei pazienti cirrotici è pertanto secondaria ad un aumento del riassorbimento di acqua (ridotta clearance dell'acqua libera).

La valutazione funzionale si avvale della determinazione di azotemia, creatininemia e creatinina clearance. La grave alterazione della funzione renale nei candidati costituisce uno dei fattori predittivi di aumento di morbilità e mortalità perioperatoria. In caso di grave insufficienza renale è possibile prendere in considerazione l'utilizzo di tecniche depurative continua (CVVH) durante e dopo il trapianto

c) Funzione respiratoria e scambi gassosi

Ipossia di vario grado ed ipocapnia sono frequentemente associate alla patologia epatica cronica. Possono essere osservate ortideoxia (diminuzione della pressione parziale di ossigeno nel sangue arterioso (PaO2) quando venga assunta la posizione ortopnoica) e platipnea (ventilazione facilitata in decubito supino e non, come abitualmente accade, in posizione seduta). Le cause di ipossia possono essere ipoventilazione alveolare, maldistribuzione del flusso rispetto alla ventilazione (effetto shunt), shunts veri .

1) ipoventilazione alveolare associata a versamenti pleurici, ascite e/o sopraelevazione del diaframma (componente restrittiva). Il versamento pleurico è spesso dipendente dal passaggio di liquido ascitico dalla cavità peritoneale alla cavità pleurica attraverso il diaframma . Deve tuttavia essere ricordato che il soggetto cirrotico tende ad una moderata iperventilazione con associata ad alcalosi respiratoria (con o senza ipossia).

2) alterazione del rapporto ventilazione-perfusione.La vasodilatazione presente nel cirrotico ed in particolare la perdita del riflesso di vasocostrizione ipossica da parte dei vasi polmonari in presenza di ipossia alveolare determinano un aumento della perfusione nelle zone malventilate.

In pratica nelle regioni basali vengono osservate aree di sovradistensione, a bassa ventilazione, in cui la perfusione non è ridotta tanto quanto la ventilazione. Questo meccanismo è certamente importante nel determinare ipossia nel cirrotico: un aumento della frazione inspiratoria di ossigeno (FiO2) sarebbe in grado in tale caso di migliorare la PaO2 (effetto shunt).E' tuttavia importante segnalare come tale correzione non sempre migliori la ossigenazione nel cirrotico,rivelando la presenza di altri meccanismi responsabili della ipossia.

3) presenza di shunts arterovenosi (intrapolmonari,portopolmonari) destro-sinistri . Si traducono in una riduzione di PaO2 per mancato passaggio di una quota di sangue da ossigenare attraverso il circolo polmonare . In questo caso un aumento della FiO2 (100%) non aumenta la PaO2 (shunt vero). Sede degli shunts possono essere il circolo intrapolmonare (dilatazioni del microcircolo a livello delle basi polmonari , attraverso connessioni portopolmonari oppure attraverso il circolo pleurico ) .

4) ridotta diffusione dell'ossigeno attraverso la membrana alveolo capillare

E' infine da ricordare come in una percentuale pari a circa lo 0.5% dei cirrotici sia presente ipertensione polmonare , istologicamente caratterizzata da proliferazione endoteliale e fibrosi intimale. La patogenesi è sconosciuta (si ipotizzano microtromboembolie portopolmonari o esposizione a sostanze di derivazione intestinale, ad azione vasocostrittrice polmonare , non metabolizzate dal fegato cirrotico)

La valutazione funzionale nel candidato prevede la radiografia del torace, prove di funzione respiratoria per la definizione di patologia ostruttiva o restrittiva ed una emogasanalisi arteriosa.

d) Profilo emostatico e coagulativo

L'emostasi (arresto del sanguinamento) è il frutto dell'equilibrio tra formazione e dissoluzione del coagulo. Si riconoscono emostasi primaria, emostasi secondaria e fase fibrinolitica.

La emostasi primaria è composta dalle fasi vascolare (vasocostrizione del vaso leso) e piastrinica (attivazione ed aggregazione piastrinica nella zona di endotelio alterato con formazione del trombo piastrinico). La emostasi secondaria coinvolge la fase coagulativa (attivazione della cascata delle proteine plasmatiche della coagulazione attraverso le vie intrinseca ,estrinseca e comune con formazione di fibrina e quindi del coagulo ) e quella fibrinolitica (lisi del coagulo da parte della plasmina e riabitazione del vaso). La plasmina , attivata da urokinasi o da attivatore tissutale del plasminogeno (tPA), generato dall'endotelio alterato, è in grado di degradare sia fibrinogeno che fibrina dando luogo a prodotti di degradazione (FDP). Inattivatore fisiologico di tPA e urokinasi è l'inibitore dell'attivatore del plasminogeno (PAI), quello della plasmina è la a2 antiplasmina (di sintesi epatica). La carenza di inibitori del plasminogeno e della plasmina è associata a diatesi emorragica.

Il portatore di insufficienza epatica cronica avanzata presenta

1) alterazione della fase vasocostrittiva

2) alterazione della fase piastrinica (ipopiastrinemia da sequestro splenico in caso di ipersplenismo; alterata funzione )

3) ridotta sintesi dei fattori della coagulazione (fibrinogeno, protrombina, V, VII ,IX, X, XI, XII, XIII) e degli inibitori fisiologici della coagulazione (Antitrombina III, Proteina S e Proteina C), tutti di sintesi epatica; ridotta clearance dei fattori attivati.

4) aumento dei livelli circolanti di attivatori della fibrinolisi (tPA) ( per ridotta clearance epatica) e riduzione degli inattivatori fisiologici (Plasminogen Activator Inhibitor,PAI; a2 antiplasmina). Nel cirrotico esiste dunque una patologia emostatica caratterizzata da alterata risposta vascolare, alterata funzione piastrinica, squilibrio tra fattori di attivazione ed inibizione della coagulazione ( tendenza ad una moderata e cronica attivazione della coagulazione , DIC cronica) ed accentuazione della fibrinolisi . La valutazione funzionale prevede la determinazione di attività protrombinica, tempo di tromboplastina parziale attivato, conta piastrinica e tromboelastografia (in grado di definire le interazione tra fase piastrinica , fase coagulativa e fibrinolisi e di darne una valutazione qualitativa). A questo, dal punto di vista ematologico, si associa frequentemente un quadro di anemizzazione, associato alla malnutrizione, alla condizione di ipersplenismo ed alla presenza di sanguinamento dal tratto gastroenterico.

e) Encefalopatia epatica

La insufficienza epatica terminale si accompagna ad un vasto spettro di alterazioni neuropsichiche la cui reversibilità depone per una origine metabolica. I disturbi variano dalla modesta alterazione dei meccanismi di attenzione fino alla totale abolizione dello stato di coscienza (coma): il grado di compromissione dello stato neuropsichico in corso di epatopatia acuta o cronica è definito da quattro classi di coma di gravità crescente (coma epatico I -IV) .Delle molte ipotesi eziopatogenetiche sulla encefalopatia epatica vengono tenute in considerazione

1) la tossicità cerebrale da eccesso di ammonio o da composti neuroattivi (mercaptani) a partenza dal tratto gastroenterico e non rimossi o detossificati dal fegato

2) l'aumento della attività del GABA (acido gamma idrossi aminobutirrico), neuromediatore cerebrale a carattere inibitorio, o più precisamente di sostanze endogene correlate alle benzodiazepine. L'insufficienza epatica ed un probabile danno di barriera ematoencefalica consentirebbero il passaggio del GABA a livello cerebrale ed il suo legame con il recettore postsinaptico (il complesso GABA / recettore / canale del cloro è in grado di aumentare la conduttanza del cloro) : le conseguenze sono iperpolarizzazione di membrana e ridotta eccitazione. Sebbene esistano ancora perplessità su questa ipotesi, è certo che un aumento del tono GABAergico esista in corso di encefalopatia epatica e che in questo siano probabilmente implicate sostanze endogene benzodiazepino-simili (dimostrazione su cervelli di soggetti deceduti con encefalopatia epatica di diazepam e desmetildiazepam) : in effetti, studi condotti con flumazenil (antagonista recettoriale delle benzodiazepine) sia su modelli animali che su umani in corso di encefalopatia epatica hanno consentito di osservare un' immediato ripristino dello stato di coscienza e modificazioni del tracciato EEGgrafico. E' stato però rilevato come non vi fossero effetti se la componente di edema cerebrale fosse preponderante.La valutazione preoperatoria prevede, oltre all'esame obbiettivo, l'esecuzione di un un EEG e di una TAC cerebrale.

f) Profilo metabolico

Sono di comune osservazione nel cirrotico ipopotassemia, con rischio di fenomeni aritmici, iponatremia (la cui troppo rapida correzione in corso di intervento può portare ad alterazioni del SNC quali la mielinolisi pontina), acidosi metabolica, ipoglicemia

L'intervento chirurgico e le principali alterazioni del profilo fisiologico

Se il trapianto ortotopico di fegato dal punto di vista chirurgico costituisce in assoluto l'intervento tecnicamente più difficile, le condizioni di grave insufficienza epatica del candidato al trapianto e la notevole serie di problematiche poste dalla procedura chirurgica in sè (durata spesso superiore alla 10 ore, perdite ematiche spesso pari o superiori a due-tre volumi circolanti, frequenti squilibri cardiocircolatori e metabolici, possibili modificazioni degli scambi respiratori, difficoltoso controllo dell'equilibrio emostatico) rendono assai complessa anche la conduzione della anestesia.

La procedura chirurgica, la cui durata media è di circa 8-10 ore, viene didatticamente divisa in tre fasi, preanepatica, anepatica, neoepatica (o postanepatica), ognuna delle quali caratterizzata da specifiche alterazioni emodinamiche emogasanalitiche, metaboliche e coagulative con specifici riflessi dal punto di vista clinico.

a) Fase preanepatica

Inizia con la apertura dell'addome, comprende la preparazione e l'isolamento del fegato nativo e delle sue strutture vascolari (vena cava sottoepatica, vena cava sovraepatica, vena porta e arteria epatica all'ilo epatico) e termina con la legatura di arteria epatica e vena porta. Vengono preparati gli accessi vascolari periferici (vena femorale e vena ascellare) per consentire l'impiego di un circuito extracorporeo veno- venoso (bypass venovenoso) . L'isolamento del fegato e delle strutture vascolari può essere in questa fase particolarmente difficoltoso e gravato da perdite anche rilevanti per la presenza di ipertensione portale, per esiti di pregressi interventi chirurgici, per aderenze .

Durante la fase preanepatica possono verificarsi condizioni di importante instabilità cardiocircolatoria con

1) ipotensione critica e acidosi metabolica

2) alterazione degli scambi gassosi

3) alterazione della funzione renale,

4) modificazioni a carico della emostasi (coagulopatia diluizionale, attivazione della coagulazione, iperfibrinolisi).

Le cause devono essere riconosciute in
1) larghe perdite ematiche e anemizzazione da
  • ipertensione portale
  • cause tecniche chirurgiche
  • non appropriata sostituzione di fattori della coagulazione e di piastrine in corso di perdita ematica rilevante
  • aderenze in esiti di pregressi interventi
2) manipolazioni chirurgiche associate a
  • compressioni cavali e riduzione acuta di ritorno venoso
  • compressione del diaframma e peggioramento della ossigenazione
3) trasfusione massiva con
  • coagulopatia diluizionale
  • riduzione di calcio ionizzato (Ca++) per chelazione da parte dei citrati

b) Fase anepatica

Ha inizio con la legatura della arteria epatica e della vena porta e successivamente con l'occlusione della vena cava sovra e sottoepatica ( manovre che consentono la rimozione del fegato nativo) e termina con la rivascolarizzazione dell'organo prelevato dal donatore (graft epatico). Portata a termine la epatectomia del fegato nativo e completata l'emostasi, vengono eseguite le suture vascolari tra i vasi del ricevente e quelli del graft epatico (nell'ordine, suture terminoterminali di vena cava inferiore sovraepatica, vena cava inferiore sottoepatica, vena porta e arteria epatica.).

L'occlusione della vena cava inferiore e della vena porta determina

a) importante riduzione del ritorno venoso ( dal distretto splancnico e dagli arti inferiori)

b) riduzione della portata cardiaca

c) stasi viscerale

d) ridotta pressione di perfusione renale.

Per cercare di mantenere un adeguato ritorno venoso al cuore ed ovviarre cosi' alle conseguenze della grave instabilità cardiocircolatoria (ipotensione,insufficienza renale, ipoperfusione e stasi viscerale, aumento del sanguinamento, acidosi metabolica ) il gruppo di Pittsburgh ha messo a punto tra il 1982 ed il 1985 un bypass extracorporeo venovenoso senza eparinizzazione sistemica. Attraverso un sistema di tubi a ipsilon ricoperti di eparina e posizionati nelle vene porta e dalla vena femorale destra (o sinistra) , il sangue refluo dai distretti venosi dell'emisoma inferiore (arti inferiore e territorio splancnico) viene aspirato e , con l'aiuto di una pompa centrifuga a vortice (Biopump Biomedicus), reinfuso nella vena ascellare sinistra . Il flusso attraverso il bypass viene regolato in modo da essere mantenuto a valori vicini al 40% della portata cardiaca del paziente e comunque non inferiore a 1000-1500 ml / minuto per evitare formazioni di coaguli od occlusioni del circuito. I rischi connessi all'uso del bypass venovenoso sono embolia gassosa per aspirazione di aria dal circuito e attivazione di fibrinolisi. I vantaggi sono una maggiore stabilità cardiocircolatoria, minori perdite, minore sofferenza viscerale e renale.

E' di assoluta importanza in questa fase mantenere un corretto riempimento sistemico per avere stabilità di circolo, essendo il "reservoir" naturale del bypass venovenoso il volume intravascolare del paziente. La presenza di acidosi metabolica (lattica) nonostante l'ottimizzazione del riempimento fa ritenere verosimile una non perfetta perfusione viscerale e degli arti inferiori, probabilmente per un non adeguato ritorno venoso al bypass.

Durante la confezione della anastomosi della cava sottoepatica il graft epatico viene irrigato, attraverso un catetere posizionato nella vena porta, con soluzioni colloidiche fredde per favorire l'eliminazione di aria e liquido di preservazione ad alto contenuto di potassio (University of Wisconsin preservation solution). Dopo il completamento delle anastomosi cavali viene tolta la cannula portale del bypass (si utilizza pertanto il solo bypass parziale tra le vene femorale ed ascellare) per consentire la anastomosi tra vena porta del ricevente e vena porta del graft . Viene infine eseguita la anastomosi arteriosa (di solito tra la arteria epatica del ricevente e quella del graft epatico o, in caso di necessità, tra la aorta del ricevente e la arteria epatica del graft).

Una variante alla tecnica descritta è quella definita "piggy back " e prevede la conservazione della cava sottoepatica e l'isolamento delle sole vene sovraepatiche ,della vena porta e dell'arteria epatica per le connessioni vascolari: con questa tecnica il ritorno venoso è conservato e non si osservano alterazioni del profilo emodinamico, non viene indotta sofferenza renale o splancnica, non deve essere impiegato il bypass venovenoso .

Durante la fase anepatica (utilizzando il bypass venovenoso) si osservano

1) riduzione di gettata cardiaca ( -20 -30%)

2) riduzione di consumo di O2 (-20%) e di produzione di CO2 ( -15%)

3) progressiva riduzione della temperatura corporea (dispersione termica attraverso il circuito extracorporeo ed assenza del fegato, organo rilevante per l'attività metabolica e termogenetica), con possibili ripercussioni su equilibrio emodinamico ed emocoagulativo

4) contrazione della diuresi

5) tendenza alla acidosi metabolica con importante aumento della lattacidemia (per aumentata produzione di lattati secondaria a non adeguata perfusione della metà inferiore del corpo e assente clearance epatica, che incide sulla rimozione dei lattati per il 70%).

4) tendenza ad attivazione della fibrinolisi (ridotta clearance dei fattori profibrinolitici e riduzione degli inibitori fisiologici) e persistenza della trombocitopenia.

c) Fase neoepatica o postanepatica

Ha inizio con la rivascolarizzazione del graft e termina con la conclusione dell'intervento chirurgico. Durante questa fase vengono eseguite la rimozione della colecisti dal graft epatico e la confezione della anastomosi biliare (coledococoledocostomia su tubo a T di Kehr oppure coledocodigiunostomia con ansa alla Roux). Ad emostasi completata vengono posizionati da 3 a 4 drenaggi (in loggia sottodiaframmatica destra, in sede di anastomosi arteriosa ed in loggia sottodiaframmatica sinistra; un quarto drenaggio è qualche volta posizionato nel cavo di Douglas). Un drenaggio toracico è posizionato in emitorace destro in caso di apertura del torace o per drenaggio di importante versamento pleurico.

La rivascolarizzazione del neofegato (riperfusione) coincide quasi sempre con un periodo di instabilità cardiocircolatoria caratterizzata da
a) ipotensione

b) turbe del ritmo cardiaco (bradiaritmie, extrasistolia sopraventricolare o ventricolare, blocchi di branca, blocchi atrio-ventricolari e più raramente fibrillazione ventricolare o asistolia),

c) ipotermia

d) ipocoagulabilità da complessi deficit emocoagulativi (attivazione della coagulazione, iperfibrinolisi primaria o secondaria a DIC, ipopiastrinemia, ipofibrinogenemia, effetto eparinico)

e) ipercapnia ed aumento di EtCO2

f) iperglicemia

g) iperpotassemia

Da un punto di vista emodinamico due sono le condizioni più frequentemente riscontrabili

a) ipotensione con elevata portata cardiaca e imponente vasodilatazione periferica

Questo profilo emodinamico è verosimilmente secondario ad immissione in circolo di sostanze vasoattive e/o potassio. Si accompagna a modesto (quando presente) aumento delle pressioni di riempimento. Può richiedere la somministrazione di CaCl o di piccole dosi di inotropi (adrenalina) o di vasocostrittori (noradrenalina) se non avviene una spontanea correzione.

b) ipotensione con riduzione di gettata cardiaca, aumento rilevante delle pressioni di riempimento e vasoparalisi

Questo assetto emodinamico è causato da ipovolemia secondaria a perdite ematiche gravi ed acute oppure a mancata ottimizzazione del riempimento nel periodo precedente la riperfusione; possono essere concomitanti deficit contrattile da aumento acuto di potassio e/o liberazione di sostanze vasoattive, oppure sovraccarico ventricolare destro acuto da microembolizzazione gassosa, come recentemente dimostrato con la ecocardiografia transesofagea.

La persistenza di ipotensione con bassa portata cardiaca per più di 5 minuti viene definita sindrome da riperfusione .

Quando la causa della sindrome non sia la sola ipovolemia (per la cui correzione occorre una costante correzione volemica), è frequente l'impiego (in bolo o in infusione continua nei casi più gravi) di amine ad azione inotropa e/o vasocostrittrice (dopamina, adrenalina, noradrenalina) e di CaCl.

Deve in effetti essere ricordato che se i farmaci ad azione alfastimolante possono ridurre il flusso epatico, la autoregolazione vascolare epatica cessa sotto gli 80 mm Hg e pertanto può essere necessario supportare farmacologicamente una insufficiente pressione di perfusione d'organo.

In caso di iperpotassemia posono venire impiegate soluzioni di glucosio e insulina o boli di bicarbonato, mentre gli effetti emodinamici possono venire contrastati da CaCl. Particolare attenzione deve essere posta all'eccessivo apporto di sodio: il brusco passaggio dalla iposodiemia alla ipersodiemia è infatti responsabile di gravi alterazioni a carico del sistema nervoso centrale (mielinolisi pontina).

Di solito il completo riequilibrio di circolo è presente dopo 30- 60 minuti dalla rivascolarizzazione, mentre al termine dell'intervento si possono di solito osservare stabilità cardiocircolatoria, ripresa della funzione del neofegato segnalata da inizio della secrezione biliare, ipopotassemia, iperglicemia, correzione dei difetti emostatici, aumento termico, aumento del consumo di ossigeno e della produzione di anidride carbonica , riduzione dei lattati per ripresa della clearance epatica e tendenza alla alcalosi metabolica ( metabolizzazione dei citrati e dei lattati a bicarbonati).

La conduzione anestesiologica

Alla luce di quanto detto appare del tutto appropriato definire la conduzione anestesiologica durante il trapianto di fegato come una occasionale somministrazione di sostanze anestetiche, analgesiche e miorilassanti in corso di una rianimazione cardiocircolatoria, respiratoria e metabolica esasperata.

L'utilizzo di presidi invasivi (intubazione endotracheale, cateterismi venosi multipli, monitoraggi emodinamico invasivo) , di supporti artificiali (respiratore volumetrico ad elevate prestazioni; circuito extracorporeo per ultrafiltrazione venovenosa continua (CVVH) in caso di insufficienza renale acuta; sistema di infusione rapida di miscela riscaldata composta da cristalloidi, plasma e emazie concentrate (RIS Haemonetics); sistema di riscaldamento a flussi d'aria forzati (Bair Hugger,USA) ed il tipo di monitoraggio devono essere estesi, aggressivi e sempre finalizzati.

I presidi ed i mezzi invasivi di monitoraggio devono essere giustificati da
a) sicurezza e comfort del paziente

b) necessità di rilevazione affidabile e tempestiva delle modificazioni del profilo fisiologico (cardiorespiratorio , termico, metabolico , coagulativo)

c) necessità di una loro corretta e completa interpretazione

d) necessità di interventi terapeutici tempestivi ed appropriati (uso di farmaci vasoattivi e/o inotropi, modificazioni di modalità di ventilazione, interventi sui parametri di emostasi e coagulazione) .

Preparazione del paziente

Dopo la induzione della anestesia, la intubazione oro- o nasotracheale e la connessione a ventilatore meccanico volumetrico per la ventilazione meccanica a pressione positiva continua (CPPV ) sono previsti :

a) il posizionamento di un sondino nasogastrico (utili materiali atossici ed atraumatici quali il poliuretano per consentire la dimora prolungata in caso di nutrizione enterale prolungata)

b) il cateterismo vescicale (attualmente disponibili cateteri in grado di monitorare in continua la temperatura vescicale altrettanto affidabili ma più confortevoli della sonda termica rettale o esofagea)

c) l'incannulamento con cateteri da 20 G di 2 arterie ( radiale destra e sinistra oppure femorale e radiale) : una per il monitoraggio in continua della pressione arteriosa, l'altra dedicata alla esecuzione di prelievi ematici , eseguiti a tempi fissi o quando ritenuti necessari durante l'intervento.

d) l'incannulamento con introduttori da 8.5 F di tre vasi venosi di grosso calibro (di solito giugulare interna destra [GID],giugulare interna sin [GIS] e vena basilica o cefalica destra)

e) il posizionamento di un catetere venoso centrale a tra vie attraverso la vena giugulare interna per infusioni dedicate di farmaci, amine, immunosoppressori o antibiotici.

La GID è utilizzata per il posizionamento di un catetere di Swan Ganz, la GIS e la basilica per la somministrazione di fluidi , sangue ed emoderivati. Poichè le perdite ematiche possono essere estremamente rilevanti, viene utilizzato un sofisticato sistema elettronico in grado di infondere fino alla velocità di due litri /minuto e ad una temperatura di 38° una miscela composta da cristalloidi privi di Calcio (Normosol), plasma (PFC) e globuli rossi concentrati (GRC) in proporzioni tali da garantire un Htc medio del 30% : la miscela risponde pertanto alle necessità di fornire adeguato apporto di O2, fattori della coagulazione a valori clinicamente efficaci (superiori al 30%), colloidi (Rapid Infusion System,RIS, Haemonetics,USA).

e) l'uso di mezzi atti ad evitare o ridurre l'ipotermia : ai materassi termici ed ai riscaldatori di fluidi ,si affianca oggi , sostituendoli completamente, un lenzuolo a flusso forzato di aria calda (Bair Hugger Warming System,Augustine Medical,USA)

f) umidificazione e riscaldamento dei gas inspirati (filtri HME o umidificatore riscaldatore)

Un corretto posizionamento sul lettino chirurgico è obbligatorio per evitare traumi da postura o stiramento : sono stati descritti danni da stiramento del plesso brachiale e danni da compressione dei nervi peronieri.

Induzione e mantenimento dell'anestesia generale

A seconda delle condizioni del candidato, per la induzione possono essere impiegati tiopentone, propofol, ketamina o etomidate: gli ultimi due devono essere considerati in caso di instabilità cardiocircolatoria. Per la miorisoluzione possono venire utilizzati sia la succinilcolina (necessità di induzione rapida con paziente a stomaco pieno) che , più frequentemente, atracurium o pancuronio, usati poi per il mantenimento della curarizzazione.

Il mantenimento della anestesia è di solito ottenuto con Isoflurane (0.8-1.5%) in miscela di ossigeno e aria: i vantaggi dell'Isoflurane sono costituiti dalla minima metabolizzazione e dalla scarsa depressione cardiovascolare. Il protossido di azoto non è impiegato poichè la prolungata esposizione ad elevate concentrazioni determina distensione viscerale e dilatazione di bolle gassose eventualmente presenti (pericolo durante l'impiego del bypass venovenoso), soppressione midollare, neuropatie periferiche.

Viene di solito associato fentanyl a dosi oscillanti tra i 100 ed i 200 mgr / ora: in effetti la cinetica del fentanyl nell'insuffciente epatico non appare sempre prevedibile.

Per la curarizzazione viene abitualmente utilizzato pancuronio: sono richieste elevate dosi in fase iniziale (elevato volume di distribuzione), mentre le necessità si riducono durante l'intervento per la prolungata emivita di eliminazione (consistente riduzione della clearance totale).

Per la ventilazione vengono impiegati

* una FiO2 del 50%,

* un volume corrente di 10 ml / kg ed una frequenza respiratoria compresa tra i 12 ed i 15 atti minuto, in modo da mantenere una CO2 di fine espirazione compresa tra 30 e 35 mm Hg

* una PEEP di 5 cm H2O .

Monitoraggio

Il controllo dell'equilibrio fisiologico è affidato ad una serie di mezzi o strumenti specifici per ogni apparato o funzione

1) Monitoraggio cardiovascolare

Deve essere disponibile un defibrillatore

2) monitoraggio respiratorio

3) monitoraggio metabolico

ad intervalli fissi (orari) ,oppure ogniqualvolta si ritenga necessario, è prevista la determinazione di azotemia, glicemia, emocromo, Na ,K, Cl, Ca ionizzato, creatinina, proteine totali, equilibrio acido-base, osmolarità, lattati . Un profilo completo è oggi possibile con lo Stat Profile 9,(Nova,USA)

In tabella 2 sono riportati gli andamenti di alcuni parametri emodinamici e metabolici in corso di trapianto di fegato

Tabella 2 - modificazioni emodinamiche e metaboliche in corso di trapianto di fegato

(n = 50)

base
preanepatica
anepatica
riperfusione
termine
Parametri
DO2i ml min-1 m-2
670+/- 335
850+/-300
710+/-274
1120+/-500
915+/-334
VO2i ml min-1 m-2
107+/-32
110+/-42
86+/-33
112+/-21
120+/-50
IC L min-1 m-2
5.13+/-1.6
6+/-1.5
5+/-1.1
7.6+/-2.3
6.7+/-1.4
Lattati mmol/L
1.2+/-0.5
2.7+/-1.7
6.7+/-3
8+/-1.4
7+/-3.7
pH
7.46+/-0.05
7.42+/-0.02
7.39+/-0.06
7.32+/-0.05
7.40+/-0.04
HCO3- mEq/L
24+/-2
23+/-2
20+/-2
19+/-3
24+/-2

4) monitoraggio dell'equilibrio emostatico ad intervalli identici al punto 3) sono previsti

I parametri fondamentali misurati sono la formazione di fibrina (r, reaction time,normale 6-8 min,che rifletta la funzione della via intrinseca della coagulazione); il tempo di coagulazione

( r+k, coagulation time, normale 10-12 min, che riflette la funzione della la via intrinseca, la funzione piastrinica e quella del fibrinogeno); la formazione del coagulo ( angolo a,normale >50°, dipendente dalla velocità di formazione del coagulo e legato alla qualità di funzione di piastrine e fibrinogeno); la ampiezza MA (massima ampiezza del tromboelastogramma , normale 50-70 mm, legata alla elasticità del coagulo). Il rapporto tra la ampiezza 60 minuti dopo MA (MA60) ed MA è definito Clot lysis index ( CLI, normale > 85 , rappresentativo di lisi severa inferiore a 40%) rappresenta la attività fibrinolitica.

5) monitoraggio termico

Al fine di disporre di un bilancio entrate/uscite sufficientemente attendibile,la determinazione delle perdite ematiche è aggiornata ogni 30 - 60 minuti (oppure ogni 15-30 minuti in caso di perdite rilevanti) e prevede ,oltre al controllo della quantità di sangue raccolto nelle apposite bottiglie di aspirazione, il conteggio e la pesatura delle garze utilizzate nel campo operatorio . In alcuni casi è prevista la utilizzazione di dispositivi per il recupero,il lavaggio e la reinfusione del sangue raccolto dal campo operatorio (Sistema per autotrasfusione Autotrans Dideco oppure Cell Saver 4 o 5 Haemonetics).

La complessità e la invasività dell'intervento e le condizioni dei soggetti candidati al trapianto impongono, come comprensibile, un notevole sforzo ai Centri Trasfusionali per il reperimento (spesso con preavvisi di sole 8 ore) di sangue ed emoderivati.

Viene di solito prevista la preparazione di 40 unità di globuli rossi concentrati (GRC), 60 unità di plasma fresco congelato (PFC), 12-14 unità random di piastrine (PLT) (oppure 2 unità da monodonatore, equivalenti alle unità random), 20-30 unità di crioprecipitato di Fattore VIII. L'impiego medio attuale per trapianto presso il Centro Trapianti di Fegato di Niguarda , è di 16 unità di GRC, 30 di PFC , 5 unità random di PLT e di UI di crioprecipitato di fattore VIII.

Nelle tabelle 3,4,5 sono riassunti i principali problemi che possono presentarsi durante le varie fasi dell'intervento

Tabella 3 - problemi intraoperatori (1)
1) Instabilità cardiocircolatoria da

a) stato iperdinamico preesistente

b) larghe perdite ematiche

c) trasfusioni massive

d) ipotensione postriperfusione (sindrome da riperfusione)

e) passaggio di fluidi nel terzo spazio

2) Alterati scambi respiratori da

a) patologia preesistente

b) manipolazioni chirurgiche sull'alto addome( spinta in alto del diaframma)

c) sovraccarico di fluidi (edema interstiziale)

Tabella 4 - problemi intraoperatori ( 2)
3) Alterata funzione renale da

a) sindrome epatorenale (preesistente)

b) riduzione della perfusione renale (secondaria a instabilità cardiocircolatoria)

c) aumento di sostanze ad azione antidiuretica ( ADH; renina, aldosterone)

4) Alterato profilo metabolico da

a) ipo/iperglicemia (postriperfusione)

b) riduzione di Ca ionizzato

c) ipo/ipernatremia

d) ipo/iperpotassemia

e) acidosi metabolica

f) alcalosi metabolica

Tabella 5 - problemi intraoperatori (3)
5) Alterato profilo emostatico da

a) patologia emostatica preesistente

b) coagulopatia diluizionale

c) ipopiastrinemia

d) iperfibrinolisi (primaria o secondaria a DIC)

e) DIC

6) Alterato equilibrio termico da

a) aumentata dispersione

b) ridotta produzione

c) organo trapiantato freddo