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ESRA 2002 Italian Chapter - Relazioni
3 - Safety and outcome in the practice of peripheral nerve blocks
Jose De Andrés - Associate Professor of
Anesthesia.
Director Multidisciplinary Pain Management Center. Department of Anesthesia
Valencia University General Hospital Avda. Tres Cruces s/n, 46014-Valencia (Spain)
INTRODUCTION
IMPLICATIONS OF REGIONAL ANAESTHESIA IN OUTCOME
IMPORTANCE OF NERVE LOCATION METHOD IN SAFETY AND OUTCOME
EFFECTS OF SEGMENTARY ANALGESIA
Ringrose et al (25) assessed the effectiveness of femoral nerve block with
bupivacaine for knee joint (anterior cruciate) reconstruction surgery. This
technique reduced the need for im opioid administration by 80% in the
recovery room, and 40% in the first 24 postoperative hours, although supportive
of a preemptive effect, the nerve block is a one-time intervention, which limits
the possible efficacy to the immediate postoperative period. Rosaeg et al (26),
used three different regimens before and after arthroscopic knee ligament repair,
including ketorolac 30 mg IV, intra-articular injection of 20 ml ropivacaine
0.25% + morphine 2 mg and epinephrine 1:200000, and femoral nerve block with 20
ml ropivacaine 0.25%. All three preemptive groups had lower pain scores in short
term, but no long-term advantage was demonstrated.
In a very interesting survey performed by Perkins and Kehlet of the chronic pain
as an outcome of surgery, authors concluded that is very common after limb
amputation, inguinal hernia surgery, breast surgery, gallbladder surgery and
lung surgery (27). A very important conclusion is afforded for the intensity of
acute postoperative pain as a predictor of chronic pain development.
Regional anesthesia by its segmentary action has the possibility if applied
correctly (indication and technical performance) of blocking nociceptive input
allowing for better outcome and increased safety in the surgical procedure.
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Postoperative analgesia after peripheral nerve block for podiatric surgery:
Clinical efficacy and chemical stability of lidocaine alone versus lidocaine
plus ketorolac. Reg Anesth Pain Med
4 - LA QUALITÀ, L’OUTCOME e GLI INDICATORI IN ANESTESIA
Massimo Nolli
I. LA QUALITÀ
II. GLI STRUMENTI DELLA QUALITÀ
III. LE TAPPE
IV. CONCLUSIONE
I. LA QUALITA’
La cultura della qualità è
strettamente legata alla regressione del lavoro artigianale e alla rivoluzione
industriale: quest’ultima non ha solamente comportato la perdita di contatto
diretto tra il produttore e il consumatore ma ha prodotto due eventi principali:
una enorme accelerazione delle
attività e l’elaborazione di prodotti intermedi ciascuno dei quali con
una sua linea di produzione e con le stesse identiche necessità e obblighi.
Il risultato della produzione industriale diventa l’outcome (ovvero il
risultato) in sanità: la necessità del controllo del prodotto ha un obiettivo
principale che è la riduzione degli scarti ovvero, in sanità e nel processo
chirurgico in particolare, il raggiungimento del risultato positivo per il
paziente.
Tanto per l’industria come per la sanità il risultato finale, oltre ad essere
la somma di prodotti intermedi, viene giudicato da diversi punti di vista:
ciascuno di questi deve giungere a soddisfare il proprio obiettivo in quanto
componente del processo, organizzatore dello stesso o paziente (consumatore).
Per quanto riguarda il risultato, nel processo chirurgico due sono gli elementi
essenziali derivanti da questo modo di vedere:
Migliorare la qualità dell’assistenza sanitaria vuol dire aumentare il
valore ottenuto con i processi di assistenza.
La qualità è diventata qualcosa che si rapporta ai valori che ciascuno di noi
sente più importanti e ritiene essenziali nel raggiungimento del proprio
obiettivo senza dimenticare che l’outcome diviene il progetto finale comune.
L’outcome di un sistema tarato sull’assistenza medica (e chirurgica in
particolare) diviene non più solo l’obiettivo ma anche una caratteristica di
questo sistema: ovvero diviene caratteristica di quel determinato sistema il
produrre buoni o cattivi risultati.
Che significa questo per l’anestesista ?
Non più mortalità anestesiologica ma bensì mortalità e morbilità
perioperatoria.
Non più surrogate endpoints ma outcome vero e proprio (Fisher 1994, Fisher
1998).
Non possiamo più parlare o trattare solo di mortalità o morbilità dipendente
o risultato dei nostri atti anestesiologici intraoperatori e/o di cura intensiva
postoperatoria ma ci dovremo occupare di verificare quanto e come il nostro
comportamento perioperatorio sia in grado di influire sostanzialmente sui
risultati della degenza del nostro paziente.
La capacità di preparare e trattare il paziente non deve essere più o solo
finalizzata ad evitare l’evento indesiderato intraoperatorio o a programmare
la degenza protetta ma a permettere (a favorire) UN RAPIDO RECUPERO
POSTOPERATORIO (Nolli e Nicosia 2000).
La scelta del tipo di anestesia si deve basare sulla conoscenza acquisite di
sicurezza delle varie metodiche non solo per la loro capacità di riduzione del
rischio intraoperatorio (rischio anestesiologico e chirurgico) ma anche per la
efficienza del recupero postoperatorio.
E deve variare o meglio si deve ampliare il campo degli indicatori di
performance a cui fare riferimento per capire se i nostri comportamenti si
possono considerare validi ed efficienti.
I lavori di Capdevilla (1999) e soprattutto la Metanalisi di Rodgers et al
(2000) hanno su questo punto definito in modo inequivocabile la nostra
prospettiva di lavoro proponendo quella che può sembrare, a secondo del modo di
vedere, un minuscolo (un decesso in meno su 100 pazienti) o un meraviglioso
enorme risultato (il 33% dei decessi in meno tra AG e blocco nervoso centrale)
ma rafforzando i concetti di impegno di una specialità verso un risultato che
definisce in modo globale il valore dell’assistenza sanitaria.
Per fare questo diviene necessario migliorare il nostro approccio al processo
globale e migliorare la nostra conoscenza degli strumenti che dobbiamo
utilizzare per questo miglioramento. Oggigiorno gli anestesisti devono conoscere
i concetti e gli strumenti della qualità ed essere in grado di applicarli alla
loro pratica ed attraverso la loro all’interazione con numerose altre figure
professionali, all’insieme del processo di cure. La qualità in anestesia
include ovviamente la ricerca della riduzione del rischio di complicanze legate
all’anestesia.
Secondo l’International Standardization Organization (ISO), la qualità
è"l’insieme delle caratteristiche e delle proprietà di un prodotto o
servizio che conferiscono allo stesso l’attitudine a soddisfare bisogni
impliciti o espliciti".
II. GLI STRUMENTI DELLA QUALITÀ
L’applicazione alle cure sanitarie dei concetti di qualità necessita di
strumenti di valutazione della qualità stessa: il metodo di misura in questo
contesto, molto di più che in altri, risente delle caratteristiche dell’oggetto
della misura stessa. "Ciò che non si misura non si può gestire".
Non esiste la ricerca della qualità senza ricorso alla misura.
La misura non può essere fine a se stessa, ma deve permettere di mettere in
opera modifiche finalizzate al raggiungimento della qualità.
La misura della qualità si avvale di specifici strumenti:
indicatori, audit clinico, processi, strumenti di analisi dei processi.
Un indicatore è un’informazione scelta, associata ad un fenomeno,
destinata ad osservarne periodicamente le evoluzioni in rapporto ad obiettivi
periodicamente definiti (norma ISO 8402).
L’indicatore è una variabile che ci consente, quindi, di descrivere fenomeni
complessi e di prendere decisioni per ottenere e mantenere cambiamenti; nella
capacità di descrivere e indicare le decisioni da adottare per migliorare il
sistema, risiede la caratteristica fondamentale dell’indicatore.
L’indicatore è una misura obiettiva che descrive una situazione dal
punto di vista quantitativo e deve essere in grado di evolvere sollevando
domande circa le cure cliniche erogate al paziente e le possibili vie alla
ricerca del miglioramento: al variazione della misura di un risultato deve
riflettere l’impatto potenziale delle misure di correzione adottate.
L’utilizzo degli indicatori permette quindi anche il confronto sui risultati.
Esistono diversi tipi di indicatori:
- indicatori di risultati
- indicatori di struttura: risorse umane , materiali, economiche
- indicatori di processo (di presa in carico)
Quindi, possiamo immaginare di avere a disposizione centinaia di indicatori clinici in grado essere, potenzialmente, utili a professionisti e istituzioni nelle più varie situazioni cliniche e profili di cura. Ciascuno (professionista, governi, pazienti, assicurazioni) utilizzeranno quelli a loro più congeniali: per stimare il livello di eccellenza di un determinato aspetto di cura, valutare la sua performance nella erogazione delle cure cliniche e influenzare la struttura di una eventuale riallocazione delle risorse.
L’audit è un metodo di valutazione che permette, a partire da
criteri determinati, di confrontare una tecnica o un’attività (medica, di
nursing o di un’organizzazione) ad un’insieme di riferimenti predeterminati
[6].
L’approccio necessita il censimento dei problemi legati alla qualità delle
cure ed alla selezione di uno di essi. Il tema può riguardare problemi
identificati o segnalati dai sanitari o dagli utenti.
Processo: Il processo è un’insieme di tappe. Ogni tappa a sua volta è costituita da una successione di compiti che fanno intervenire diversi attori. Un processo deve essere considerato come un’operazione che trasforma, con l’apporto di un valore aggiunto, una o più entità, definite "intrants" in una o più entità denominate "extrants". L’apporto di un valore aggiunto è effettuato conformemente ad un metodo, con il ricorso a risorse umane e/o materiali e nel rispetto di alcune"costrizioni" come esigenze regolamentar, ambientali, o etiche riguardo alle condizioni nelle quali la trasformazione deve essere realizzata [7] (figura 1,2).
III. LE TAPPE
Il miglioramento della qualità viene raggiunto attraverso tappe che si
sviluppano in tempi simili ma che hanno strumenti differenti a seconda del
criterio e delle dimensioni della qualità da esplorare.
IV. CONCLUSIONE
Negli ultimi venti anni abbiamo assistito ad una importante evoluzione della
relazione medico-paziente:
da paternalista è diventata una relazione tra pari tipo quella Nord americana
oppure cliente/fornitore di servizi. L’accreditamento come la certificazione,
che riconoscono la conformità di un sistema a determinate norme, rimangono
tappe molto importanti ma non costituiscono il motore della garanzia di
qualità. L’approccio alla qualità consiste nel soddisfare ed anche
anticipare i bisogni dell’utente.
Per raggiungere un tale obiettivo, sono indispensabili la responsabilizzazione
dell’insieme degli attori della struttura. I rischi legati all’anestesia
devono essere analizzati attraverso l’analisi delle tre tappe: pre-, intra- e
post-operatorie e tre dimensioni: personale, materiale, organizzazione. La
valutazione della qualità delle pratiche deve sfociare in cambiamenti di
pratiche o di comportamenti dando la priorità alla gestione dei rischi e
privilegiando sempre le soluzioni più motivanti per il maggior numero di
persone.
I cambiamenti di pratiche sono sostenuti dalla formazione e dai risultati della
ricerca clinica.
I cambiamenti comportamentali sono più difficili da ottenere. È fondamentale
che gli anestesisti prendano in mano la gestione della qualità del proprio
lavoro prima che quest’ultima venga loro imposta da altri: organismi esterni,
associazioni di consumatori, amministrativi, ecc.
BIBLIOGRAFIA selezionata
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