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2 Tossicologia clinica: concetti introduttivi

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tratto da: C. Locatelli, D. Maccarini, L. Manzo. Rianimazione del paziente intossicato. Trattamento di pronto soccorso delle intossicazioni acute. In: V. Lanza (et): libro di testo della FEEA, Corso di Perfezionamento D, Palermo, maggio 1992, pagg. 37-62.

Una sostanza chimica diventa veleno solo quando, attraverso una idonea via di contatto riesce a superare le barriere naturali dell’organismo e a raggiungere gli organi o tessuti bersaglio ad una concentrazione o dose in grado di determinare effetti dannosi.

Così, ad esempio, il paracetamolo, antipiretico di prima scelta nella moderna pratica terapeutica, può determinare un’epatite tossica potenzialmente letale se non trattata con particolari antidoti quando viene assunto a dosaggi superiori a 150 mg/kg o comunque superiori a una dose totale di 7,5 g. Il mercurio metallico non è pericoloso per ingestione, ma può essere causa di morte attraverso altre vie di contato (es: endovenosa); i sali organici e inorganici di mercurio sono invece molto tossici anche per ingestione.

L’intossicazione può essere acuta o cronica. L’intossicazione cronica è determinata da esposizione prolungata e ripetuta a bassi livelli di dose. L’intossicazione acuta, invece, è una condizione patologica causata da esposizione singola o plurima (ma in un breve lasso di tempo: 24 ore) ad una sostanza tossica: in quest’ultimo caso la comparsa dell’effetto può essere immediata o tardiva. L’assorbimento di veleni può avvenire attraverso varie vie di contatto quali l’ingestione, inalazione, contatto cutaneo e/o oculare, rettale, iniezione parenterale o inoculazione transcutanea, ecc.; l’ingestione risulta più frequente nelle intossicazioni acute, mentre l’inalazione rappresenta la via di assorbimento più importante nel campo delle intossicazioni croniche, specialmente in ambiente di lavoro.

La valutazione di numerosi fattori, quali il tipo di agente causale, la via di contatto, l’intervallo fra esposizione e comparsa dei sintomi, la quantità assorbita, i sintomi e segni presentati e la presenza di fattori aggravanti, riveste particolare importanza sia diagnostica che terapeutica in caso di intossicazione. Ad esempio, l’insorgenza immediata di sintomi a carico dell’apparato respiratorio (tosse stizzosa, dispnea, broncospasmo) è caratteristica dell’esposizione per via inalatoria a miscele estemporanee di sostanze acide e alcaline (es. ipoclorito di sodio e acido cloridrico), come risultato della liberazione di vapori di cloro estremamente irritanti; la comparsa tardiva di tosse stizzosa (a qualche ora di distanza dall’esposizione), invece, non è più sintomo caratteristico di questa esposizione. Il quadro clinico di tale intossicazione risulta ovviamente di differente gravità in persone che presentino diverso substrato patologico; cosi per una uguale esposizione la sintomatologia è in genere di modesta importanza e facilmente trattabile in individui sani, mentre può risultare molto grave (anche letale) in caso di pazienti affetti da patologia ostruttiva cronica a carico dell’apparato respiratorio (es. asma).

Da quanto brevemente esposto si possono riconoscere due delle principali caratteristiche della patologia tossica:

A) esiste un rapporto logico tra causa ed effetti molto più stretto e costante che non in altre patologie,

B) esiste un tempo di latenza fra esposizione e comparsa dei sintomi che è caratteristico per ogni sostanza. Ciò consente di effettuare il primo intervento medico sulla base della sola anamnesi e prima della comparsa di qualunque sintomo o segno.

L’utilizzo di tecniche atte a rimuovere il veleno prima che venga assorbito e la pronta somministrazione di alcuni antidoti al momento dell’incidente può perciò drasticamente diminuire il carico tossico e trasformare una potenziale intossicazione in un evento privo di conseguenze clinicamente significative.

Il soccorso dell’intossicato si basa sui seguenti trattamenti:

1) terapia sintomatica e/o rianimazione in caso di insufficienza di funzioni vitali
2) prevenzione dell’assorbimento del tossico
3) terapia specifica (mediante antidoti e/o tecniche speciali di depurazione)

Dati epidemiologi

Tratto da: Carlo Locatelli, Valeria Petrolini, Cristiano Gandini, Raffaella Butera, Luigi Manzo*. La gestione del paziente intossicato. Basi razionali e controversie. Atti del: Incontro di Aggiornamento Internazionale "PRESENTE E FUTURO IN TOSSICOLOGIA CLINICA" Ferrara 24 Maggio 1997, pgg 2-7.

L'intossicazione acuta rappresenta un evento di sempre più frequente riscontro per chi opera nei servizi e dipartimenti di urgenza ed emergenza. Benché sia difficile accertare precisi dati di prevalenza relativi ai casi di intossicazione, è noto che in numerosi ospedali questo valore risulta particolarmente elevato. Studi statunitensi indicano, ad esempio, che in alcuni dipartimenti di emergenza i casi di intossicazione e di altre urgenze farmaco-correlate possono arrivare a rappresentare fino al 38% delle visite effettuate (Hoffman e Goldfrank, 1990). Nel 1988, inoltre, le sole intossicazioni per ingestione hanno rappresentato il 20% delle cause di ricovero d'urgenza in reparti medici per gli adulti e il 5% per i bambini (Ellenhorn e Barceloux, 1988).

Anche nell'attività di soccorso extraospedaliero le intossicazioni ricorrono oggi con una rilevante frequenza. Negli USA circa il 10% delle richieste di intervento di ambulanze è effettuato per intossicazioni acute (Ellenhorn e Barceloux, 1988), e dati simili (12%) risultano da indagini recentemente condotte in Svizzera sull'impiego dei mezzi di soccorso per l'emergenza territoriale (elicotteri, auto mediche, centri mobili di rianimazione) (Moeschler, 1997).

I dati dei Centri Antiveleni sottostimano l'evento intossicazione. Negli USA, l'American Association of Poison Control Centers ha documentato, nel 1990, 1.713.465 casi di esposizione umana a sostanze tossiche che hanno richiesto la consultazione di Centri Antiveleni (Litovitz et al, 1991). Risulta tuttavia che ai Centri Antiveleni non vengano segnalati circa il 70% dei casi di sovradosaggio da farmaci (Caravati e McElwee, 1991) e la maggior parte dei casi di decesso da sovradosaggio da farmaci molto comuni (es. antidepressivi triciclici) (Callaham e Kassel, 1985).

Questi ed altri dati indicano l'elevata frequenza di questa patologia, che è peraltro in continuo aumento, e la conseguente necessità di una formazione specifica in tossicologia clinica per i medici che operano nell'area dell'urgenza ed emergenza (Hoffman e Goldfrank, 1991).

A differenza di quanto avviene in altri paesi europei, come ad esempio in Francia, in Italia non sono diffusi sul territorio nazionale reparti di cura e servizi diagnostici specifici per la tossicologia clinica; tali pazienti, pertanto, vengono per lo più ricoverati presso reparti e ospedali che spesso non sono dotati di specifiche competenze (es. mancanza di strutture analitiche), e ciò può essere causa di approcci diagnostico-terapeutici inadeguati.

BIBLIOGRAFIA

Callaham M, Kassel D. Epidemiology of fatal tricyclic antidepressant ingestion: implications for management. Ann Emerg Med, 1985; 14: 1-9

Caravati EM, McElwee NE. Use of clinical toxicology resources by emergency physicians and its impact on poison control centers. Ann Emerg Med, 1991; 20: 7-150

Ellenhorn MJ, Barceloux DJ. Medical Toxicology. Diagnosis and Treatment of Human Poisoning. Elsevier, New York, 1988

Hoffman RS, Goldfrank LR. Critical Care Toxicology, Churchill Livingstone, New York, 1991

Hoffman RS, Goldfrank LR. The impact of drug abuse and addiction on society. Emerg Clin North Am, 1990; 8; 467-480

Litovitz TL, Bailey KM, Schmitz BF, Holm KC, Klein-Schwartz W. 1990 Annual Report of the American Association of Poison Control Centers. National Data Collection System. Am J Emerg Med, 1991; 9: 461-509

Moescler O. Le operazioni di soccorso sul territorio. L' esperienza svizzera. Atti Conferenza Italo-Americana sull'Emergenza, Courmayeur (AO), 3-5 maggio 1997


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3 MANUALI DI ANESTESIA: Chirurgia Ginecologica (2^parte) - Isterectomia radicale

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Questa rubrica, curata dal dott. Lelio Guglielmo, presenta i protocolli anestesiologici adottati, nelle varie specialità chirurgiche, dal Servizio di Anestesia e Rianimazione dell'Ospedale Buccheri La Ferla. Questi manuali che sono il frutto di studi e dell'esperienza di oltre 15 anni di attività anestesiologica non pretendono ovviamente di avere un carattere "universale". E' evidente altresì che l'applicazione delle procedure descritte va valutata criticamente in relazione al proprio ambiente di lavoro. La parte riguardante le considerazioni chirurgiche è stata realizzata in collaborazione con i chirurghi delle varie specialità, operanti nel nostro ospedale.

Qualsiasi commento o critica è bene accetta e può essere inviata a leliobuc@tin.it oppure alla redazione LANZA@MBOX.UNIPA.IT

Anestesia in chirurgia ginecologica

IIa parte - ISTERECTOMIA RADICALE

Considerazioni Chirurgiche

L' isterectomia radicale è la chirugia di scelta per le giovani donne affette da carcinoma cervicale in stadio IB o IIA con conservazione della funzione ovarica ma anche in caso di carcinoma endometriale stadio II o di carcinoma vaginale stadio I. Viene eseguita l'asportazione dell'utero insieme con la porzione superiore della vagina e con i parametri. L’intervento prevede inoltre l’asportazione dei linfonodi pelvici. L'isterectomia radicale viene eseguita dopo l'esplorazione degli spazi pararettali e paravescicali. Dopo aver individuato e sezionate le arterie uterine alla loro origine dalla divisione anteriore dell' arteria iliaca interna viene esplorato lo spazio rettovaginale.I legamenti uterosacrali vengono transfissi alla loro inserzione uterina e sacrale. Il terzo superiore della vagina viene successivamente clampato e sezionato in modo tale da lasciare 3cm di margine. Durante questa procedura gli ureteri e la vescica vengono liberati e preservati. In casi selezionati, es. donne di età inferiore ai 45 anni o negli stadi iniziali della malattia, che necessitano di radioterapia postoperatoria, la funzione ovarica viene preservata con una ovaropessi. Questo viene realizzato separando i legamenti uteroovarici e mobilizzando i vasi ovarici assicurandone il loro decorso nel legamento infundibolopelvico. Le ovaie sono poi ancorate con sutura alle pareti pelviche fuori dal campo di radioterapia e marcate con clips metalliche per successivi repertamenti.

Varianti della procedura chirurgica: Stallworthy, Dolstad, Novak, Rutledge, Wertheim e altri chirurghi hanno proposto alcune modifiche per ridurre l'incidenza di fistole ureterali e vescicali. Queste varianti includono la conservazione dell'apporto ematico ai 2cm terminali dell'uretere pelvico attraverso un ampio spostamento ureterale, la non dissezione dal suo letto fasciale ed una limitata dissezione parametriale.

Usuali diagnosi preoperatorie: Stadio,IIB o IIA del carcinoma cervicale, stadio II del carcinoma endometriale o stadio I del carcinoma vaginale (meno comune).

 

CARATTERISTICHE DELLA POPOLAZIONE DEI PAZIENTI

range di età 30-60 a.
incidenza 10/100.000
eziologia HPV (human papilloma virus)
Condizioni associate Fumo,herpes genitalis ,multiparità, infezione da HIV

SOMMARIO DELLE PROCEDURE

POSIZIONE supina
INCISIONE Longitudinale mediana
ANTIBIOTICI Ceftriaxone 2gr.
TEMPO CHIRURGICO 3-5 ore
PERDITE EMATICHE 750-2000ml
POST-OP generalmente in reparto
MORTALITA’ 0.1-0.3 %
MORBIDITA’ ileo paralitico 3-11%

emorragia intraop. 5%

tromboflebiti 2%

infezione ferita 5%

infezioni pelviche 3%

danno vescicale 3%

fistole vescicali 2%

PAIN SCORE 8

 

Considerazioni anestesiologiche

PREOPERATORIO

Questa chirurgia è di solito praticata per carcinoma cervicale o endometriale in giovani donne che desiderano preservare la funzione ovarica e in cui l'estensione del tumore non supera l'invasione locale. I linfonodi sono rimossi per conferire un vantaggio terapeutico e per pianificare una terapia adiuvante postop. Incoraggiare la donazione di sangue autologo.

Premedicazione la sera precedente l'intervento: Tavor 1-2 mg.per os

INTRAOPERATORIO

EMODILUIZIONE come da protocollo
PREMEDICAZIONE standard. Dobutamina secondo protocollo
TECNICA ANESTESIOLOGICA AP + AG o AG . Il cateterino verrà posizionato a livello di L1-2 o L2-3 e verrà iniettato un bolo di 8-10 ml di Lido 2%. Il livello di anestesia da raggiungere è T6-T8
INDUZIONE standard con propofol
MANTENIMENTO nel caso di sola AG infusione continua di propofol e remifentanil. Nel caso di AG+AP infusione peridurale continua di Marc.0.3% a 6mlh + propofol.
POSIZIONAMENTO Attenzione a eventuali punti di compressione e protezione oculare.
RICHIESTA DI SANGUE 2-4 unità di sangue
ACCESSI VENOSI 2 cateteri 16 G. Riscaldamento delle infusioni venose
CONSIDERAZIONI SPECIALI La dissezione linfonodale può incrementare le perdite del terzo spazio che dovrebbe essere dunque compensate da liquidi.
MONITORAGGIO standard . Monitorizzare la pressione arteriosa in maniera cruenta.
RISVEGLIO generalmente in S.O o in S.R. (spesso ipotermia)
COMPLICANZE danni ureterali (controllare evenuale ematuria e riduzione del flusso urinario) emorragia

POSTOPERATORIO

COMPLICANZE Atelettasie postop.(dare O2 supplementare nel postop.)

Ipotermia

Emorragia

ANALGESIA POSTOPERATORIA Infusione peridurale continua di marc.0.3% a 6-9 mlh + diclofenac 75mg.im x2 o Meperidina im 50mg ogni 6 ore

 

 


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