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2 PNEUMOPATIE INTERSTIZIALI  (Modalita’ di approccio clinico-diagnostico)

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Corrado Cancellotti

Aiuto Anestesia-Rianimazione Ospedale Civile Gubbio

RIASSUNTO: generalmente si presuppone che la patologia polmonare interstiziale evolva in maniera relativamente lenta e progressiva manifestandosi clinicamente con episodi ripetuti di insufficienza respiratoria sempre piu’ gravi. Tuttavia sono rintracciabili casi in cui l’andamento presenta una ingravescenza molto rapida con una insufficienza respiratoria che fin dall’inizio necessita di supporto ventilatorio. L’instaurarsi in tempi altrettanto rapidi di un quadro fibrotico, spesso aggravato da patologie concomitanti, rende ragione dell’exitus che spesso si verifica in tali pazienti. In questo lavoro si intendono evidenziare le caratteristiche funzionali e strutturali dell’interstizio polmonare nonche’ le tecniche di indagine ad oggi disponibili.

Parole chiave: patologia interstiziale, inquadramento nosologio, tecniche diagnostiche cruente ed incruente

SUMMARY: usually we presume that the pulmonary interstitial diseases develop slowly and progressively with frequent episodes of pulmonary insufficiency more and more serious. All the same we can see some cases that develop rapidly and need mechanical ventilatory support from begginning. The possible rapid fibrotic onset and the subsequent worsening cause the death of the patient frequently. In this work we deal with the structural and functional features of the pulmonary interstitium as well as current diagnostic techniques.

Key words: interstitial diseases; classification; current diagnostic techniques

 

"Le pneumopatie interstiziali sono malattie dell'apparato respiratorio nelle quali vi e' un interessamento primitivo o secondario, circoscritto o diffuso dei tessuti connettivali di sostegno del parenchima polmonare.
Come tali esse sono sostenute da lesioni di vario tipo e natura (aventi spinte evolutive a seconda delle cause determinanti, note o sconosciute, ed a seconda dei momenti patogenetici posti in essere accertati o non accertabili ), le quali possono avere sede esclusiva e/o prevalente o nell'interstizio portante, e/o nell'interstizio intermedio e/o nell'interstizio alveolare.
Trattasi di una serie di alterazioni morfoistologiche che, quando estese, sono alla base di quadri clinici di insufficienza polmonare globale, latente o manifesta, acuta o cronica, talvolta reversibile (spontaneamente o a seguito di opportune terapie), ma il piu' delle volte irreversibile e dotata di progressiva ingravescenza fino all'obitus in tempi brevi o piu' protratti." (1)

L’interstizio polmonare

L'interstizio polmonare e' costituito dal tessuto connettivo della parete alveolare composto dalle membrane basali epiteliali ed endoteliali limitato da una matrice connettivale costituita principalmente da collageno di tipo I, III, fibronectina, fibre eleastiche e proteoglicani

Fig.1  Interstizio polmonare : la struttura (Harrison)

Il collageno di tipo I, costituito da una struttura a tripla elica e’ il piu’ abbondante (65%) e garantisce al polmone la resistenza meccanica alla distensione, evitando la rottura delle fibre elastiche e contribuendo alla stabilita’ alveolare, impedendo lo svuotamento degli alveoli di diametro minore in quelli di diametro maggiore.

Il collageno di tipo III presenta un rapporto di 2:1 con il collagene di tipo I. In condizioni fisiologiche si dispone in fibre sparse ed a livello polmonare fornisce una certa flessibilita’ alla trama connettivale precedente.

Il collageno di tipo IV va a formare le membrane basali a livello della porzione epiteliale e di quella endoteliale dell’interstizio.

E’ da menzionare nella strutturazione dell’interstizio anche la presenza di una "porzione sottile" rappresentata dal punto di piu’ intimo contatto tra epitelio alveolare e parete capillare e la presenza di una "porzione spessa" rappresentata dallo spazio interstiziale compreso tra le due membrane basali. La diffusione gassosa avviene a livello dalla "porzione sottile", lo scambio di liquidi e soluti a livello della "porzione spessa".

Il tessuto elastico costituisce il 20% circa del connettivo interstiziale del polmone. E’ costituito da elastina e micro-fibrille. La prima e’ un materiale amorfo, caratterizzato da numerose catene polipeptidiche, unite da legami covalenti, le microfibrille sono filamenti che si dispongono alla periferia delle fibre elestiche, intorno allo scheletro centrale. L’elastina viene degradata solo dalle elastasi, le microfibrille da un gran numero di proteasi (tripsina).

La sostanza fondamentale e’ costituita da proteoglicani che costituiscono una fitta rete le cui maglie sono occupate da acqua e da elettroliti. Questi selezionano il transito di macromolecole attraverso l’interstizio e conferiscono plasticita’ e flessibilita’ alla sostanza fondamentale. Le glicoproteine hanno una funzione cementante tra proteoglicani e collageno a livello della sostanza fondamentale. Alcune come la fibronectina fungono da raccordo tra collageno e membrana fibroblastica assumendo una particolare importanza nell’orientamento e nello spostamento fibroblastico.

Nelle patologie dell'interstizio le lesioni elementari presentano una evoluzione specifica che viene a configurare l'aspetto globale del danno polmonare.
Queste sono rappresentate dall'edema interstiziale che evolvendo puo' andare incontro a una organizzazione fibrotica responsabile della tramite fibrotica lineare.
L'interessamento vascolare puo' generare tromboangioite con angio-sclerosi capillare e ipertensione polmonare.
L'attivazione cellulare puo' avviare quadri granulomatosi evolventi verso una bronchiolo-ostruzione o una bronchiolo-ectasia o un enfisema o trombosi vascolare.
In caso di proliferazione neoplastica si puo' attuare una evoluzione endolinfatica con linfoangite carcinomatosa.

Durante la fase riparativa, la proliferazione delle cellule mesenchimali puo' provocare fibrosi circoscritta all'interstizio alveolare, oppure in caso di soluzioni di continuita' della membrana basale epiteliale proliferazione intralveolare.

Talvolta il danno vascolare predomina e quello parenchimale ne e' la conseguenza, come pure limitazioni al flusso aereo in gruppi piu' o meno estesi di alveoli si verificano in caso di interessamento dei bronchioli terminali e pleuriti o versamenti pleurici e/o in caso di impegno pleurico. (1)

Considerazioni etiopatogenetiche e fisiologiche

In ogni caso nella patologia dell’interstizio polmonare il momento etiopatogenetico e' rappresentato da un accumulo di cellule infiammatorie nelle pareti alveolari con liberazione di mediatori che possono danneggiare sia le cellule parenchimali, sia la matrice connettivale.

Cio’ si produce per formazione di immunocomplessi depositantisi a livello della parete alveolare che possono essere attivati da stimoli antigenici non conosciuti (fibrosi polmonare acuta idiopatica) o noti (alveoliti estrinseche). 

La cellula principalmente coinvolta sembra essere il macrofago residente, a livello polmonare, attivato da immunocomplessi cosi’ da regolare in prima istanza il flusso di neutrofili.
Questi sono in grado di liberare radicali ossidanti, enzimi lisosomiali (collagenasi, elastasi) capaci di promuovere la disorganizzazione dell’interstizio.

La successiva risposta riparativa e’ sempre sotto il controllo macrofagico, intervenendo questi nella liberazione di mediatori capaci di promuovere e regolare la fibrogenesi (PGE2), nonche’ la produzione di fibronectina in quantita’ notevolmente superiore al normale. Viene elaborato anche un fattore di crescita (AMDGF alveolar macrophage derived growth factor) che agisce accelerando la proliferazione di fibroblasti gia’ in moltiplicazione e un fattore attivante la replicazione fibroblastica, la interleuchina 1. E’ ipotizzato anche un fattore di amplificazione della risposta con fattori attivanti i macrofagi. (MAF) (Tab 1).

In ogni caso con l’evolvere dell’interstiziopatia si produce un aumento della distanza aria-gas con difficolta' piu' o meno marcate della diffusione dei gas, e/o una riduzione del volume d'aria contenuto negli spazi alveolari, e/o una modificazione delle caratteristiche meccaniche del parenchima polmonare.

Fig.2  Interstizio polmonare : la patologia (Harrison)

Nel polmone normale si ritrovano circa 90% di macrofagi alveolari e 10% di linfociti, scarsi o assenti i leucociti polimorfonucleati (1-2%). Nelle malattie interstiziali invece si ritrova un marcato aumento delle cellule infiammatorie, una loro attivazione e differenziazione (in alcune patologie si rintracciano prevalentemente linfociti, in altre macrofagi, in altre ancora eosinofili). La valutazione di quanto detto puo’ essere effettuata attraverso tecniche di prelievo quali quelle successivamente descritte. (2)

Tab 1: mediatori coinvolti nel danno polmonare
INTERLEUCHINA I: fattore di attivazione fibroblastica
AMDGF: alveolar macrophage derived growth factor
PGE2: fattore di regolazione fibroblastica
FIBRONECTINA:
MAF: fattore attivante i macrofagi

Inquadramento nosologico

L'inquadramento nosografico delle pneumopatie interstiziali si avvale di un criterio etiopatogenetico noto, come in caso edema polmonare cronico, alveoliti allergiche estrinseche, infettive o granulomatose, collagenopatie primitive o secondarie, linfoangiti carcinomatose primitive del polmone o secondarie, fibrosi dell'interstizio in toto primitive o secondarie. In genere le pneumoconiosi, le malattie indotte da farmaci, le polmoniti da ipersensibilita' costituiscono l' 80% di patologie che rispondono al trattamento e che normalmente possono essere sospettate in relazione alla storia clinica (Tab 2).

Tab 2: inquadramento nosografico delle principali pneumopatie interstiziali
Ad etiologia nota (1/3 delle interstiziopatie)
  • Pneumoconiosi (da polveri inorganiche)
  • Alveoliti allergiche estrinseche (polmoniti da ipersensibilita’, da polveri organiche)
  • Pneumopatie indotte da farmaci
  • Secondarie ad alveolite infettiva
  • Edema polmonare cronico

Ad etiologia ignota (2/3 delle interstiziopatie)

  • Sarcoidosi
  • Collagenopatie primitive o secondarie
  • Fibrosi dell’interstizio primitive o secondarie
  • Etiologie rare (istiocitosi X, polmonite eosinofila, sindrome di Goodpasture, proteinosi alveolare)

Non sempre e' possibile definire i momenti causali determinanti l'insorgenza di uno scompenso respiratorio o cardiorespiratorio, trattandosi in genere di situazioni inveterate che rivestono il carattere di emergenza clinica vera e propria.

Tuttavia i fattori scatenanti possono essere ricondotti a focolai broncopneumonici, sindromi ostruttive asmatiformi, sindromi atelettasiche, sindrome da ingombro endobronchiale, shock da Gram negativi, trombosi polmonare, progressiva caduta dell'attivita' cardiaca (Tab. 3) (1)

Tab 3:cause precipitanti una interstiziopatia
  • focolai broncopneumonici
  • sindromi ostruttive asmatiformi
  • sindromi atelettasiche
  • sindrome da ingombro endobronchiale
  • shock da Gram negativi
  • trombosi polmonare
  • insufficienza cardiaca

Test di funzionalita’ respiratoria

Le interstiziopatie sono patologie restrittive del polmone per cui presentano parametri spirometrici tendenzialmente ridotti e maggiormente compromessi mano a mano che la patologia avanza.

E’ altrettanto tipica una riduzione della diffusione alveolo-capillare dovuta alla distruzione e al sovvertimento strutturale dell’interstizio, responsabile altresi’ della riduzione della "compliace" polmonare. Questo costituisce un evento sfavorevole in quanto aumenta in maniera sostanziale il lavoro respiratorio in condizioni in cui cio’ non e’ tollerabile .

I valori emogasanalitici in genere manifestano una ipossiemia con lo sforzo che peggiora nel tempo a fronte di valori normali o modicamente ridotti di PaCO2. Il compenso clinico dipende dalla funzione residua del polmone nel garantire l’apporto di ossigeno in periferia cosi’ da evitare l’insorgenza di una condizione di acidosi.

Diagnostica radiologica

La valutazione strumentale delle lesioni sopradette si avvale, in prima istanza, della radiologia del torace che traduce in buona corrispondenza la reale situazione anatomopatologica dell'interstizio permettendo allo stesso tempo la monitorizzazione dell’evolutivita’ del processo. La radiologia tradizionale mostra alterazioni del parenchima polmonare con aspetto tipicamente reticolare, nodulare o reticolo-nodulare per lo piu’ diffuse. In alcune forme possono riscontrarsi quadri "a nido d’ape" che depongono per situazioni terminali anche se l’aspetto radiografico non sempre si associa ad un altrettanto grave impegno funzionale. Sussistono in letteratura casi con reperti radiologici poco significativi che manifestano pero’ i caratteri funzionali della fibrosi.

Attualmente anche la HRCT (High Resolution Computerized Tomography) definisce con ulteriore accuratezza la presenza, il tipo e l'estensione delle alterazioni parenchimali, differenziando le lesioni potenzialmente reversibili da quelle fibrotiche, ed irreversibili. E’ stata proposta una stadiazione che vede la differenziazione in funzione della tipologia della lesione (opacita’ "a fondo di bicchiere", reticolare o mista) e in funzione della della estensione della medesima. Un approccio del genere e’ molto utile per il follow-up delle interstiziopatie. E’ stato riscontrato una buona correlazione tra i reperti della HRCT e il danno anatomopatologico. (30)

Tecniche diagnostiche incruente

Sono utili nelle interstiziopatie, in particolare nelle forme piu’ gravi che necessitano di ventilazione meccanica, sia ai fini di una corretta diagnosi infettivologica (che rappresenta statisticamente una delle cause precipitanti piu’ frequenti), sia ai fini di un inquadramento diagnostico e prognostico delle interstiziopatie di origine non infettiva. (3,4)

E’ risaputo infatti che nel paziente sottoposto a VAM, gli abituali criteri clinici ( febbre >38.5, leucocitosi > 12000 o < 4000, nuovo e persistente infiltrato, broncoaspirato purulento, ipossiemia) non permettono di accertare la diagnosi di polmonite (Tab 4)

Tab 4:criteri clinici di sospetto diagnostico di polmonite in paziente sottoposto a VAM
  • febbre > 38,5
  • leucocitosi >12000 <4000
  • infiltrato persistente
  • broncoaspirato purulento
  • ipossiemia

Secondo taluni autori comunque non esisterebbero differenze nella mortalita’ comparando VAP (Ventilatory Associated Pneumonia) sospettate clinicamente secondo i criteri sopra esposti con VAP confermate microbiologicamente usando tecniche di prelievo protetto. Anzi il fattore principale per una prognosi favorevole sembrerebbe essere la terapia antibiotica iniziata prima della VAM (5)

Questo presuppone la conoscenza della provenienza del paziente, delle condizioni immunologiche dello stesso, nonche’ del tipo di pattern di contaminazione microbica e/o di resistenza, presente presso ogni terapia intensiva.

Nel caso del paziente intubato e/o tracheotomizzato e’ possibile ed opportuno il ricorso alle tecniche seguenti di prelievo protetto sia in caso di chiarimento e/o conferma diagnostica, che in caso di monitoraggio infettivologico, o in caso di modificazione di preesistenti terapie antibiotiche.

Le tecniche a tutt’oggi in uso, utilizzate sia da sole che in sequenza, alcune anche a scopo di monitorizzazione della colonizzazione delle basse vie respiratorie sono :

  • Aspirazione endotracheale (Endotracheal Aspiration)
  • BAL (Broncho Alveolar Lavage) e m-BAL (Mini-Broncho Alveolar Lavage)
  • PSB (Protected Specimen Brush) e b-PSB (Blind Protected Specimen Brush)
  • TPC (Telescopic Plugged Catheter)

L’aspirazione endotracheale e’ una procedura diagnostica molto semplice e fornisce una buona indicazione sulla ecologia tracheale ma diventa poco attendibile, specie in situazioni molto critiche data l’estrema e frequente colonizzazione delle prime vie aeree. Basti pensare che la colonizzazione con organismi "hospital acquired" si instaura gia’ dopo 48/72 ore di ventilazione meccanica. Tutte le tecniche protette, eliminando la contaminazione proveniente delle alte vie aeree consentono l’identificazione di quelle specie batteriche presenti nelle basse vie aeree che piu’ probabilmente sono causa di infezione. E’ possibile un'analisi del broncoaspirato diretta dopo colorazione Gram, e’ possibile anche la valutazione dei batteri intracellulari. Per la coltura e’ stabilito un cut off point in 105 cfu/ml (6,7,8)

Il BAL (Protected Specimen Brush) e' una metodica che trova da tempo applicazione nella diagnosi di pneumocistosi e legionellosi.. Tale metodica si e' dimostrata estremamente utile nella diagnosi delle polmoniti nosocomiali nel paziente critico. Impiegando un cut-off-point del 7% di PMN con germi intracellulari, la sensibilita' della metodica raggiunge l' 86% con una specificita' del 96%. Riducendo il cut-off al 5% e' possibile incrementare la sensibilita'.
Con il BAL la ricerca di germi intracellulari e' brevissima e puo' essere seguita da una colorazione Gram. E' possibile quindi entro 30 minuti dal prelievo una diagnosi attendibile di polmonite unitamente ad una indicazione etiologica.
Per quanto riguarda le colture una soglia di 104 cfu/ml e’ considerata positiva per la diagnosi di VAP.
Tali tecniche possono ridurre l’uso di antibiotici in terapia intensiva e/o aggiustare una terapia antibiotica iniziata in maniera empirica.
In ogni caso alcuni studi attestano che l’uso del BAL nella diagnosi di VAP non incrementa l’outcome

Il m-BAl (Blind Protected Specimen Brush) e' una tecnica minimamente invasiva nella diagnosi di polmonite in pazienti ventilati artificialmente.
Consiste nell’utilizzo di una procedura simile a quella del BAL, utilizzando pero’ quantita’ di liquido di lavaggio nettamente inferiori (20 ml).
Il cut-off-point e' in genere di 104 cfu/ml. Il tempo impiegato e' in genere 5+/- 2 minuti.
Diverso puo' essere il grado di difficolta' incontrato durante l'esecuzione (9,10,11)

Il PSB (Protected Specimen Brush) e' una tecnica che si basa sull'impiego di un catetere a doppio lume fornito di uno spazzolino protetto da una guaina. lo spazzolino viene fatto fuoriuscire a livello del sito di prelievo nei bronchi distali e consente il prelievo di materiale non inquinato. Per facilitare la distinzione tra colonizzazione e infezione e' stabilito un cut-off-point di 103 cfu/ml cui corrisponde una concentrazione batterica nel sito del prelievo di almeno 106. Il PSB e' considerata oggi la tecnica di riferimento per la diagnostica di polmonite nel paziente ventilato meccanicamente.
Benche' la tecnica classica preveda l'impiego del catetere in corso di broncoscopia, sono stati studiati cateteri che permetterebbero prelievi distali affidabili senza ricorso al broncoscopio. ( b-PSB Blind Protected Specimen Brush ).
Il PSB non permette l'esecuzione di uno striscio colorato Gram e pertanto non fornisce in tempi brevi informazioni in grado di guidare l'impostazione iniziale di una terapia antibiotica urgente.
Poiche' le aree sono molto limitate, esiste una percentuale di falsi negativi legati a prelievi eseguiti da aree non interessate dal processo infettivo.
Una precedente terapia antibiotica riduce l'attendibilita' del PSB. (12)

Il PTC (Plugged Telescopic Catheter), e’ una tecnica estremamente semplice, dotata di una alta sensibilita’ e una buona specificita’. Puo’ essere effettua senza l’uso di fibrobroncoscopio "alla cieca" anche in pazienti con severa ipossiemia. Per la tecnica suddetta il cut off point e’ fissato in 103 cfu/ml. Caratteristica importante e’ la ripetibilita’ della tecnica senza particolari rischi per il monitoraggio infettivologico della colonizzzazione e/o infezione delle basse vie aeree. (13)

E’ comunque necessario precisare che queste tecniche sono importanti ai fini della determinazione microbiologica, di estrema utilita’ anche nelle patologie dell’interstizio che trovano una base infettivologica, ma sono altresi’ essenziali nelle patologie degenerativo/infiammatorie al fine di valutare la cellularita’ presente, importante ai fini di un orientamento prognostico. In caso di fibrosi polmonare idiopatica la presenza di eosinofili depone per una rapidita’ maggiore della patologia, contrariamente alla presenza di neutrofili che invece presentano un ruolo patogenetico simile sia nelle forme a decorso progressivo che in quelle a decorso subacuto. Anzi questi ultimi si presentano ben correlati all’estensione del processo fibrotico prevalentemente a livello del lobo interessato. L’incremento dei linfociti rilevato nel BAL (prima dell’inizio del trattamento) e’ considerata espressione di buona risposta alla terapia corticosteroidea

Tecniche diagnostiche cruente

Sono utilizzate in modo prevalente per la diagnosi delle patologie polmonari localizzate. E’ possibile far riferimento a diverse tecniche con sensibilita’ e specificita’ diverse.

  • Biopsia transtoracica TC guidata ( TTNA : Trans Thoracic Needle Aspiration Biopsy )
  • Prelievo transbronchiale ( TBB : Trans Bronchial Biopsy )
  • Prelievo videotoracoscopico ( VAT : Video Assisted Thoracoscopèic Surgery )
  • Prelievo a cielo aperto

Biopsia trans toracica TC guidata  e’ una tecnica accurata per valutare pazienti con neoplasia polmonare. La sensibilita’ della tecnica e’ del 74%, mentre la sua specificita’ e’ del 100%. Quando si confrontano i dati rilevati nella diagnosi di masse tumorali inferiori ai 3 cm con quelle superiori si hanno risultati non specifici nel 36% dei casi contro il 16%. La tecnica espone a pneumotorace in poco meno della meta’ dei casi. Solo in un quarto dei casi in genere e’ necessario posizionare un drenaggio toracico. (41)

Il prelievo transbronchiale (TBB) nel 48% dei cai puo’ essere utilizzato per stabilire una diagnosi istologica, nel 15% e’ utile per precisare la diagnosi di polmonite. La sensibilita’ del TBB e’ del 57%, la specificita’ del 100%. Comunque non da tutti gli autori e’ accettato in considerazione del fatto che c’e’ scarsa concordanza tra l’esame istologico postmortem e il TBB. (15)

Le tecniche videotoracoscopiche (VAT) o quelle chirurgiche a cielo aperto sono utili prevalentemente per lo studio della patologia periferica polmonare. Con queste tecniche la scoperta del tumore avviene ad uno stadio precoce (T1N0M0) rispetto al rilievo broncoscopico. In caso di rilevazione con VAT e/o chirurgia a cielo aperto e’ meno frequente la rilevazione di neoplasie che invadono il cavo pleurico. (16)

 

CASO CLINICO
Paziente di 78 anni sofferente di interstiziopatia polmonare di vecchia data, fibrillazione atriale cronica, varici arti inferiori. Un episodio pregresso di EPA nell'estate 96, risoltosi dopo ricovero in cardiologia, in terapia con lanoxin, mexitil, monopina.
Viene riferita l'insorgenza di dispnea ingravescente nei 4 mesi precedenti; controlli cardiologici effettuati nel febbraio e nell'aprile mostravano una fibrillazione atriale cronica in compenso emodinamico. All'esame obiettivo toracico venivano avvertiti crepitii alla base del polmone destro, reperto confermato da una radiografia del torace che faceva apprezzare una accentuazione della trama interstiziale diffusa, maggiore a livello della base del polmone di destra.
In data 1/6/98, la paziente si ricovera presso il reparto di cardiologia per l' insorgenza di dispnea anche a riposo; viene sottoposta ad elettrocardiogramma, ecocardiogramma; il controllo del torace mostra edema diffuso dell’interstizio, edema alveolare in sede basale destra, diffuso ispessimento della trama interstiziale per interstiziopatia cronica, obliterazione del seno costofrenico destro con ispessimento della pleura apicale per esiti di pleurite ; ili congesti, cuore con prevalenza delle sezioni di sinistra. La febbre e' di 39 C. Viene trattata con ossigenoterapia, amiodarone, calciparina, ceftriaxone, claritromicina. furosemide. Durante la notte si accentua la dispnea, viene somministrato cortisonico, aminofillina, incrementato diuretico. La mattina seguente presenta una bassa PaO2 in ossigeno intorno al 50%, viene cosi’ deciso il trasferimento in rianimazione.
Qui viene sottoposta a CPAP; viene mantenuta la stessa terapia cardiologica. La radiografia del torace evidenzia diffusi segni di edema alveolare su tutto l'ambito polmonare destro e in sede parailare superiore sinistra. Non segni di versamento pleurico. L’obiettivita’ semeiologica toracica e’ negativa e tale rimarra’ durante tutto il periodo di degenza.
Intorno alle ore 1 del 4/6/98 si rende necessaria la intubazione nasotracheale visto il decadimento della condizione di coscienza della paziente e del quadro emogasanalitico. La condizione emodinamica si presenta relativamente instabile, necessitando di supporto inotropo (dopamina 5 gamma/Kg/m). La PVC e' di 2 cm H2O, SatO2= 92. La compliance e' di 12 cm H2O, le resistenze inspiratorie intorno a 60 cm H2O. La sedazione e’ mantenuta con midazolam.
Nei due giorni seguenti vengono aggiunti in terapia aminofillina, metil prednisolone (40 mg/die) e ambroxol (1gr / die per 5 giorni). La paziente presenta cattivo adattamento al ventilatore, per cui si accresce la sedazione con droperidolo in bolo durante la giornata. La SatO2 rimane intorno a 95%, la ventilazione intorno a 9-10 l/m.
Persistendo il cattivo adattamento al ventilatore viene ulteriormente sedata e curarizzata; si incentiva la diuresi nel tentativo di mantenere una PVC tra 7 e 10 cm H20. La SatO2 scende e si attesta intorno a 92% con una FIO2 = 0.6 e PEEP di 6-7 cm H2O. Al controllo radiologico viene refertato un miglioramento rispetto al precedente reperto con marcata riduzione dell'edema alveolare persistendo tuttavia l' ispessimento dell'interstizio su tutto l'ambito polmonare destro e in sede parailare superiore sinistra.
In settima giornata ricompare febbre, si accentua il cattivo adattamento al ventilatore e si aggiunge in terapia morfina aloperidolo. La radiografia (effettuata in ottava giornata) fa di nuovo apprezzare il quadro precentemente rilevato di edema alveolare in sede basale destra e superiore sinistra, la TC polmonare con mezzo di contrasto ( eseguita nella stessa giornata ), depone per un ispessimento dell'interstizio associato ad edema (prevalentemente interstiziale) con parziale impegno alveolare, associato ad aree di consolidamento parenchimale, esteso dall'apice alle basi polmonari in sede posteriore.
In data 12/7/98 persistendo il quadro infettivo viene effettuato mBAL, ripetuto il giorno dopo, senza pero' ottenere nessuna indicazione all'esame diretto. Data l'instabilita' emodinamica si ripristina l’infusione di dopamina e lidocaina. Viene modificata l'antibiotico terapia e inserito in sostituzione del ceftriaxone, imipen/cilastatina e teicoplanina.
In data 16/6/98, vista la progressione del distress ventilatorio si ricorre alla curarizzazione data l'impossibilita' a mantenere una ossigenazione adeguata. Si riducono nel frattempo la febbre e gli indici aspecifici di flogosi.
In data 19/6/98, ricompare febbre con picchi a 38.9 C, viene nuovamente modificata la terapia antibiotica e inserito in terapia ceftazidime sulla scorta dell'esame colturale del broncoaspirato e del mBAL, mantenendo comunque teicoplanina. Viene di nuovo ripresa la terapia a bassi dosaggi con ambroxol (500 mg x 5 giorni, successivamente 60 mg/die).
In data 22/6/98 si sospende la curarizzazione; il controllo radiologico del torace fa apprezzare tuttavia l'incremento della componente edematosa alveolare in sede medio-basale sinistra tenue velatura basale, bilateralmente, compatibile con modesta reazione pleurica. Visto la riduzione dell'emocromo si effettua una unita' di sangue.
In data 25/6/98 data la scarsa compliance al ventilatore viene effettuata la tracheotomia sec. Fantoni, e si mantiene la curarizzazione fino al giorno 27/6/98.
In data 29/6/98 ricompare febbre, persiste scarsa compliance al ventilatore nonostante la sedazione e la tracheotomia. Il quadro radiologico rileva un incremento dell'addensamento parenchimale a carattere alveolare precedentemente segnalato in campo basale sinistro e basale destro con concomitante versamento pleurico bilaterale. Questo comporta la modifica della precedente antibioticoterapia e l’introduzione di imipen/cilastatina e netilmicina. Si effettua una seconda unita' di sangue (Hb : 8.4 mg/dl).
In data 6/7/98 Verificandosi desaturazione importante nonostante FIO2 elevata (0.8) la somministrazione di calciparina viene portata a 10.000 U. Si sospende la netilmicina, dopo 7 giorni di terapia, presentandosi la paziente apirettica da qualche giorno con indici aspecifici di flogosi bassi. Si nota dal giorno 7 una riduzione del numero di piastrine che si attesta intorno a 80000.
In data 9/7/98 si assiste ad un ulteriore grave peggioramento SatO2. Si effettua nuova trasfusione di sangue in considerazione della precarieta’ del trasporto ossiforico. Viene aumentata calciparina 15.000 U. Il quadro radiologico si presenta immmodificato, peggiorano i parametri ventilatori, riducendosi la compliance a 12 cm H20 e presentando resistenze inspiratorie intorno a 70 cm H20.
In data 14/7/98 data l’insorgenza dello stato febbrile (picchi di temperatura intorno a 39 C) viene inserito ciproxin in monoterapia. Si pratica nuova trasfusione di sangue, persistendo il calo emoglobinico e quello piastrinico.
In data 15/7/98 in seguito alla febbre elevata e a diarrea profusa si rende necessaria la sospensione della terapia enterale e si assiste all’instaurarsi di una ipernatriemia con valori superiori a 165 mEq/l.
In data 18/7/98 si assiste a un ulteriore calo della emoglobina intorno a 8 mg% e delle piastrine, fino a raggiungere le 9000. La sodiemia e' intorno 156 mEq/l.
Nei giorni 20, 22 si ha una imponente trombocitopenia. L’exitus avviene in data 23/7/98

Il laboratorio ha fatto notare sempre una costante salita del LDH, attestato intorno a valori di 1500 fino al giorno 14/7/98 in cui raggiunge il valore di 2300 e al giorno 19/7/98 in cui raggiunge il valore di 3000 ; successivamente si ottiene la riduzione dei valori.

DISCUSSIONE

II quadro clinico al suo inizio faceva presupporre come ipotesi diagnostica piu’ probabile una patologia polmonare di tipo infettivo, vista l’insorgenza di dispnea, febbre e la positivita’ degli indici di flogosi, acquisita verosimilmente in ambiente extraospedaliero. Per questo veniva instaurata una terapia antibiotica con ceftriaxone e claritromicina tendente alla copertura di "community acquired pneumo-nia". Al contempo veniva instaurata una terapia di supporto con amiodarone, calciparina e furosemide.

L’ingravescenza dalla patologia polmonare, l’evidenza ed il controllo radiologico del quadro a distanza di circa 10 giorni in assenza di una chiara scomparsa dei segni di flogosi, rendevano necessario un approfondimento etiopatogenetico. Per questo si modificava l’antibioticoterapia ricorrendo ad associazioni ad ampio spettro (claritromicina, imipen/cilastatina, teicoplanina) e si effettuavano al contempo prelievi protetti endobronchiali al fine di instaurare una antibioticoterapia piu’ mirata possibile. La presenza di pseudomonas ed enterococco (rilevato su una coltura di CVC) faceva successivamente modificare la primitiva associazione con ceftazidime e teicoplanina. La successiva modifica (associazione imipen/cilastatina netilmicina) era dovuta alla persistenza dello pseudomonas nei prelievi endobronchiali.

In ogni caso il perdurare di una instabilita’ cardiorespiratoria rendeva necessaria una sedazione importante e talvolta il ricorso alla curarizzazione. Il quadro polmonare funzionalmente per nulla modificatosi dall’inizio, faceva sempre apprezzare una compliance molto bassa (< 20 ml/cmH20), alte pressioni di picco (60cmH20) scadente saturazione periferica nonostante il supporto di PEEP, gli aggiustamenti costanti dei parametri emodinamici (preload, afterload, inotropismo), emocoagulativi (aumento carico eparinico nel sospetto di disseminazione embolica), emoreologici (ottimizzazione ematocrito), la terapia corticosteroidea precocemente iniziata e incrementata nel tempo e l’uso di ambroxol sia come antiossidante che come attivatore della produzione di surfractante . (17)

L’evoluzione rapida verso un quadro fibrotico, (18,23,25,26,27,28) evidenziato dai controlli radiologici e TC, dai parametri funzionali polmonari, dall’assetto enzimatico ( persistenza di elevati valori delle latticodeidrogenasi ), (29,30) provocava il decadimento definitivo dell’ossigenazione determinando il decesso.

 

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