COPIA LA RIVISTA


ISSN 1080-3521

EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY

and

CRITICAL CARE MEDICINE - Italia -

Il giornale italiano on line di anestesia Vol 2 No 7 Luglio 1997

Pubblicato elettronicamente da
Vincenzo Lanza, MD
Servizio di Anestesia e Rianimazione
Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli Palermo, Italy
E-mail: lanza@mbox.unipa.it
Keith J Ruskin, MD
Department of Anesthesiology Yale University School of Medicine
333 Cedar Street, New Haven, CT 06520 USA
E-mail: ruskin@gasnet.med.yale.edu
Copyright (C) 1997 Educational Synopses in Anesthesiology and Critical Care Medicine. All rights reserved. Questo rivista on-line può essere copiata e distribuita liberamente curando che venga distribuita integralmente, e che siano riportati fedelmente tutti gli autori ed il comitato editoriale. Informazioni sulla rivista sono riportate alla fine

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In questo numero:

1 IL TRATTAMENTO DELL'INSUFFICIENZA EPATICA SEVERA - 2^parte (editoriale)

2 LA VENTILAZIONE MECCANICA NON INVASIVA A PRESSIONE POSITIVA NEI PAZIENTI CON BPCO (editoriale)

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1 IL TRATTAMENTO DELL'INSUFFICIENZA EPATICA SEVERA - 2^parte (editoriale)

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Andrea De Gasperi - 2° Servizio Anestesia - Centro Trapianti di Fegato

Ospedale Niguarda Ca' Granda - Milano

per la 1^ parte dell'editoriale vedi Esia 06-97

Trattamento intensivo dei pazienti con epatite fulminante

I pazienti con epatite fulminante ed il cui stato di coscienza sia classificabile con lo Stadio II-III devono essere ricoverati in ambiente intensivo e al passaggio allo Stadio III inviati in un centro specializzato dove possa essere presa in considerazione l'ipotesi del trapianto di fegato ( Hawker,1993;Munoz,1993;Albert,1995).

Il trasferimento dovrebbe avvenire possibilmente prima dello sviluppo di edema cerebrale ed in condizioni di sicurezza. Devono pertanto essere previsti monitoraggio cardiovascolare (ECG, pressione arteriosa cruenta), pulsoossimetria, intubazione tracheale, presenza di due accessi venosi periferici e di uno centrale, posizionamento del catetere vescicale. (Kramer,1991).

Fondamentali per il trattamento della epatite fulminante sono la selezione appropriata dei candidati al trapianto ed il supporto delle condizioni vitali: nella fase di valutazione e definizione della indicazione al trapianto non dovrebbero essere somministrati farmaci (sedativi, curari) o derivati ematici (Plasma, crioprecipitati) in grado di interferire con lo studio dello stato neurologico e della coagulazione. Una volta posta la indicazione al trapianto, devono invece essere messe in atto tutte le misure terapeutiche per supportare al meglio le funzioni vitali al fine di impedire lo svilupparsi di complicanze neurologiche irreversibili, prolungando cosi' la sopravvivenza del paziente in attesa del fegato (Wiesner,1991)

Supporto intensivo

Assistenza ventilatoria

L'approfondimento del coma epatico e la conseguente depressione respiratoria pongono la indicazione ad intubazione (oro o nasotracheale) e ventilazione meccanica assistita (Pressure Support) (Stadio II - III) o controllata (CPPV) (Stadio III). Questo consente il mantenimento della pervietà delle vie aeree e di adeguati scambi respiratori (utilizzando se necessaria una moderata iperventilazione per il trattamento di edema cerebrale), la protezione dal rischio di inalazione di contenuto gastrico. Particolare attenzione deve essere posta alla intubazione nasotracheale, per la facilità di imponenti sanguinamenti dalla regione retrofaringea che possono complicare notevolmente la manovra: in alcuni casi è consigliabile procedere alla intubazione per via orale, meno comoda per il nursing, ma più sicura. Precauzioni devono essere poste nell'uso della PEEP per i possibili effetti sistemici: sono descritte riduzione della perfusione epatica e renale, riduzione dello scarico venoso endocranico e peggioramento del quadro di edema cerebrale, alterazione del precarico e del postcarico. Anche se non esiste una metodica preferenziale di ventilazione, appare utile una moderata iperventilazione, in grado di mantenere la PaCO2 compresa tra 30 e 35 mm Hg (Kramer et al,1991;Munoz,1993;Hawker,1993).

Trattamento dell'edema cerebrale e della ipertensione endocranica

E' stato sottolineato come la causa di morte più frequente in corso di epatite fulminante sia l'edema cerebrale e che il trattamento di supporto deve essere finalizzato alla correzione delle cause che possano determinare edema cerebrale ed ipertensione endocranica (Munoz,1993;Wiesner,1991). Per attuare un trattamento appropriato è pertanto fondamentale disporre di informazioni sulla presenza di edema cerebrale (TAC, RMN), sulla pressione intracranica (posizionamento di trasduttori subdurali o subaracnoidei, anche se potenzialmente a rischio di complicanze emorragiche o infettive) (Shafer e Shaw,1989), sul flusso ematico cerebrale (Doppler transcranico o wash out con Xenon durante TAC cerebrale), sulla attività elettrica cerebrale (analisi spettrale del segnale EEGgrafico), sul contenuto di O2 sul sangue venoso refluo cerebrale (posizionamento di catetere a fibre ottiche nel bulbo giugulare e misurazione della differenza nel contenuto in O2 arteria - bulbo giugulare (Da-jvO2) (Kramer,1991). Quest ultimo parametro, abbinato ad EEG e misura del flusso cerebrale, consente di differenziare una condizione di iperemia (elevato flusso e ridotta Da-jvO2) da una di ischemia cerebrale (ridotto flusso ematico cerebrale ed allargamento della Da-jvO2). Kramer et al. ipotizzano una condizione iniziale di ridotto flusso cerebrale a cui segua, con il peggioramento del quadro della insufficienza epatica, una perdita della regolazione del flusso cerebrale, iperemia ed edema cerebrale (Kramer et al,1991). Alla luce di queste osservazioni, la standardizzazione del trattamento della encefalopatia epatica (iperventilazione e mannitolo) può in alcuni casi essere addirittura controproducente (Kramer et al,1991). Misure da mettere in atto immediatamente per impedire aumenti della pressione endocranica sono quelle destinate a correggere ipossia, ipercapnia, ipertermia ed ostruzione del deflusso venoso endocranico : per ovviare a quest ultimo problema, la testa deve essere sopraelevata di circa 25-30° (Hawker,1993;Wiesner,1991). Devono inoltre essere ridotte al minimo (oppure condotte con sedazione appropriata ) tutte le manovre in grado di aumentare la pressione endocranica (aspirazione bronchiale,Valsalva ) (Hawker,1993).

L'obbiettivo primario è quello di mantenere una pressione di perfusione cerebrale, calcolata come differenza tra pressione arteriosa media e pressione intracranica, superiore a 60 mm Hg. Non appare quindi indicato in condizioni di flusso cerebrale normale o basso utilizzare mannitolo ed iperventilazione (la vasocostrizione indotta dalla ipocapnia peggiorerebbe le condizioni di ischemia cerebrale), ma di riservare la iperventilazione (PaCO2 30-35 mm Hg) in condizioni di aumento del flusso cerebrale ed il mannitolo (0.5 g/kg) in presenza di edema cerebrale o di aumento della pressione endocranica oltre i 25 mm Hg(Kramer,1991). In assenza di risposta soddisfacente a queste misure deve essere preso in considerazione l'utilizzo di infusione di barbiturici (1-3 mg/kg/ora) per ottenere riduzione del flusso ematico e del metabolismo cerebrali : parametri guida possono essere il valore della pressione intracranica, mantenuta sotto i 20 mm Hg)(Forbes et al,1989) oppure l'ottenimento del pattern burst-suppression sull'EEG (Munoz,1993). Possibili complicanze del trattamento con barbiturici sono la instabilità cardiovascolare (che potrebbe concorrere ad abbassare pericolosamente la pressione di perfusione cerebrale) per la quale può essere necessario l'impiego di amine e la riduzione della immunocompetenza con maggiore sviluppo di infezioni (Hawker,1993). Per quanto riguarda il mannitolo deve essere infine ricordato che in presenza di osmolarità plasmatica superiore a 320 mOsm/l l'uso è inutile o addirittura controindicato e che in presenza di insufficienza renale può peggiorare la condizione di iperemia cerebrale. (Kramer et al,1991). In questo caso appare indicato l'impiego di tecniche di emofiltrazione venovenosa continua (CVVH), in grado di rimuovere liquidi senza creare importanti squilibri di circolo, come è invece possibile indurre con una tecnica dialitica convenzionale (Hawker,1993;Munoz,1993)

In corso di encefalopatia epatica agli stadi II-III può essere utilizzata la somministrazione di flumazenil, in grado di ripristinare (temporaneamente) lo stato di coscienza o comunque di modificare il tracciato EEG sia in pazienti cirrotici che in portatori di epatite fulminante (spiazzamento di benzodiazepine endogene, causa o concausa della encefalopatia epatica). La macata risposta è stata messa in relazione con la presenza di edema cerebrale, ipertensione endocranica o ipoglicemia grave (Jones et al,1988). Poichè il riscontro di risultati positivi è per ora anedottico o episodico serve ancora una conferma da studi controllati (Hawker,1993).

Misure per ottimizzare il profilo emodinamico e la funzione renale

Il profilo emodinamico ipercinetico caratterizzato da elevata gettata cardiaca, basse resistenze sistemiche, alterata estrazione periferica di O2 obbliga da una parte alla ottimizzazione delle pressioni di riempimento, dall'altra all'utilizzo frequente di supporto aminico per ovviare alla conseguenze della imponente vasodilatazione: per la corretta gestione di questi pazienti, specie in attesa del trapianto, si impone quindi l'utilizzo del monitoraggio emodinamico invasivo (catetere di Swan Ganz meglio se con il monitoraggio della SvO2 per la valutazione della utilizzazione di O2 sistemico) (Wendon, 1992).

E' già stato sottolineato come punto nodale del trattamento sia quello di mantenere comunque una pressione di perfusione cerebrale superiore a 60 mm Hg.

La ottimizzazione del riempimento del circolo deve avvenire con sangue ( se necessario, per mantenere Hb superiore a 10 g/dl) e colloidi: plasma o frazioni ricche di fattori coagulativi oppure, se non indicati poichè in fase di valutazione a trapianto, soluzioni con albumina. Non appaiono indicati invece expanders artificiali o gelatine, poichè riducono la capacità di opsonizzazione (Ede e Williams,1986). Valori di pressioni di incuneamento polmonare (PWP) compresi tra 8 e 12 mm Hg sono considerati ottimali (Bihari et al,1986:Munoz,1993). In effetti una ipovolemia sintomatica associata a ipotensione induce riduzione di perfusione cerebrale, peggioramento della già scadente perfusione periferica (ipoperfusione splancnica, possibile danno di barriera a livello intestinale), amplificazione degli effetti negativi sulla funzione renale, già compromessa (oliguria-anuria) (Hawker,1993). Valori di PWP superiori a 12 mm Hg sono invece stati associati a induzione di edema alveolo interstiziale, con conseguente peggioramento degli scambi respiratori (Trewby et al,1978 in Munoz,1993). Se è necessario utilizzare supporto aminico, appaiono indicati epinefrina oppure noradrenalina : poichè però l'uso di vasocostrittori induce peggioramento della perfusione periferica ed ipossia tissutale, è stato recentemente proposto l'uso combinato di amine e prostaglandine (epoprostenol, PGE2a) (Wendon et al. 1992) o acetilcisteina (Harrison et al. 1991), in grado di migliorare la perfusione del microcircolo e la utilizzazione periferica di O2. Unica controindicazione per la PGE2a, per la possibile induzione di vasodilatazione eccessiva, è la condizione di edema cerebrale (Hawker,1993).

La comparsa di oliguria o anuria in questi pazienti è frequentemente legata ad ipovolemia ed ipoperfusione renale e risente di solito positivamente della ottimizzazione del riempimento (Carithers e Fairman, 1989). A questo possono aggiungersi la somministrazione di dopamina (2-3 mcg/kg/min), anche se il cosidetto"effetto dopaminergico renale" non ha ricevuto conferma (DALLAS) oppure di furosemide (Munoz, 1993). La mancata risposta al carico fluidico deve fare invece pensare ad una necrosi tubulare acuta o alla sindrome epatorenale. In tale caso per la insufficienza renale ingravescente con sovraccarico fluidico secondario ed eventuale iperkaliemia appare indicato l'impiego di emofiltrazione venovenosa continua (Munoz,1993), il cui impatto sull'assetto cardiocircolatorio e sulla pressione endocranica è certamente migliore della emodialisi convenzionale (Davenport et al,1989 in Munoz,1993) : l'utilizzo di eparina in queste circostanze è controverso, ma appare necessario (vista anche la carenza di ATIII). Tentativi con utilizzo di ATIII, prostaglandine o di antiproteasici (gabesato mesilato, nafamostato mesilato) con circuiti extracorporei appaiono interessanti ma non hanno ricevuto ancora sufficiente conferma.(Davenport,1991 in Hawker,1993;Matsubara,1994).

Trattamento delle alterazioni metaboliche

La ipoglicemia è di frequente riscontro e deve essere posta in diagnosi differenziale ogni qualvolta si verifichino alterazioni dello stato di coscienza. La determinazione della glicemia deve essere eseguita ogni due ore e appare indicata una infusione continua di glucosio in modo da mantenere livelli ematici superiori ad 1 gr/l. Il fabbisogno giornaliero può essere calcolato in ragione di 3-5 g/kg/die (Muller,1995). La iponatremia, di solito diluizionale, può essere trattata con molta cautela con la CVVH. Devono comunque essere evitate correzioni brusche, che possono indurre ipernatremie ed essere causa di mielinolisi pontine (Wsolek et al,1989). La ipernatremia richiede invece una corretta (ma anche qui cauta) reidratazione per evitare sindromi iperosmolari (Hawker et al,1993). In forme di epatite fulminante associate a morbo di Wilson possono verificarsi crisi emolitiche acute a cui seguono insufficienza renale ed iperkaliemia: il trattamento deve forzatamente prevedere il ricorso a emofiltrazione o emodialisi (Munoz,1993).

La somministrazione di rilevanti quantità di derivati ematici può indurre una intossicazione da citrato : si impone pertanto, per la adeguata correzione della calcemia, il controllo del livello ematico di calcio ionizzato e non solo della calcemia (Kang,1985).

Trattamento delle alterazioni della emostasi

Il trattamento delle alterazioni della emostasi deve avvalersi di un adeguato supporto laboratoristico e strumentale (tromboelastografia) e deve tenere presenti contemporaneamente difetti delle fasi piastrinica e coagulativa e fibrinolitica.

Il gravissimo danno epatocellulare rende in queste circostanze spesso superflua la somministrazione di vitamina K (per correggere difetti coagulativi da mancata sintesi di fattori II VII IX X e di PC e PS solo in caso di danno epatico lieve o moderato) (Adcock e Marlar,1992). Da alcuni autori è comunque utilizzata la supplementazione costante (Kramer,1991).

La trasfusione piastrinica è di solito consigliata con una conta inferiore a 50 000/ ml se devono essere intrapresi interventi chirurgici (1 unità per innalzare la conta di 5 000 - 10 000/ml). In assenza di sanguinamento o di manovre invasive la trasfusione può rendersi necessaria al di sotto delle 20 000/ ml. La disfunzione piastrinica (riduzione aggregazione) risente favorevolmente del trattamento con desmopressina (DDAVP), analogo sintetico della vasopressina: la sua azione si esplica provocando l'aumento della sintesi da parte dell'endotelio del fattore VIII - von Willebrand (Adcock e Marlar,1992)

La trasfusione di plasma (PFC), contenente fattori della coagulazione ed anticoagulanti fisiologici, costituisce il cardine del trattamento del deficit coagulativo. Le indicazioni alla trasfusione sono la severa coagulopatia (attività protrombinica inferiore al 50% o INR superiore a 2 ) associata a sanguinamento e la esecuzione di procedure invasive o interventi chirurgici: salvo sanguinamento rilevante, la trasfusione di plasma è sospesa nella fase di valutazione del trapianto di fegato. La correzione si avvale di solito di 20 - 40 ml /kg di PFC nelle 24 ore. Deve comunque essere sottolineato che in presenza di severo danno epatocellulare e di disfibrinogenemia, la correzione del difetto coagulativo è solo parziale e che problemi possono nascere da eventuali sovraccarichi di volume (Adcock e Marlar,1992). La plasmaferesi costituisce una opzione per la correzione di coagulopatie di grado severo senza il rischio di sovraccarico volemico (Munoz,1993)

Livelli di fibrinogeno al di sotto di 100 -150 mg /dl richiedono la correzione con crioprecipitato (ricco anche in Fattore VIII) poichè associati a sanguinamento in presenza di manovre invasive. La dose abituale è di circa 10 UI/ kg

Anche se mancano studi controllati, la supplementazione con ATIII (di solito inferiore al 50% in corso di epatite fulminante) può esser utile per controllare lo stato di attivazione della coagulazione ed il consumo di fattori e di piastrine.

E' invece da evitare l'uso del cosidetto complesso protrombinico, in grado di determinare attivazione patologica della coagulazione e rischio trombotico (Adcock e Marlar,1992)

L'uso di antifibrinolitici (acido epsilon aminocaproico, aprotinina), se guidato da test di laboratorio e dalla indagine tromboelastografica, trova spazio in condizioni di iperfibrinolisi primaria (Kang,1985). L'uso ex iuvantibus non corredato da supporto diagnostico in presenza di sanguinamento può invece portare al rischio di trombosi (in presenza ad esempio di iperfibrinolisi secondaria a DIC) (Adcock e Marlar,1992).

Il problema infettivo

La possibilità di rilevanti complicanze infettive batteriche e fungine pone da una parte la necessità di uno stretto monitoraggio microbiologico del paziente (colture seriate di materiali biologici ) e dell'ambiente (strutture, personale); è inoltre importante la stretta osservanza di misure igieniche preventive da fare adottare al personale medico e paramedico. Un recente studio controllato di Rolando (1993) ha dimostrato in pazienti con epatite fulminante come l'uso profilattico della decontaminazione selettiva del tratto gastroenterico (SDD) associata a trattamento antibiotico sistemico con cefalosporine di terza generazione (SPEAR, selective parenteral and enteral antimicrobial regimen) fosse in grado di ridurre la incidenza di infezioni ma non la mortalità: poichè una delle controindicazioni al trapianto è la presenza di infezioni sistemiche, gli autori sottolineavano l'interesse della profilassi nel mantenimento ottimale dei candidati (Rolando et al,1993).

Altre misure di supporto

Anche se in questa categoria di pazienti è possibile pensare ad una indicazione precisa all'uso di antiH2 per la profilassi dell'ulcera da stress (sanguinamento dal tratto gastroenterico per erosioni delle mucosa gastrica), la possibilità di colonizzazione da Candida pone serie perplessità al suo utilizzo routinario. Da più parti si propone in alternativa l'uso del sucralfato (Hawker,1993), dotato di effetto citoprotettivo: l'uso degli antiH2 è comunque controverso, vista la tendenza di alcuni gruppi a mantenerlo (Munoz,1993).

L'uso di N acetilcisteina è stato associato a riduzione della necrosi epatica, ridotta mortalità e ridotta incidenza di coma III-IV in soggetti con epatite fulminante da paracetamolo e sottoposti al trattamento entro 10 -36 ore (Harrison,1991)

Prostaglandine E1 sono state utilizzate sia in modelli animali che sull'uomo per il trattamento di forme di insufficienza epatica acuta per epatite fulminante o per mancata ripresa funzionale del fegato dopo trapianto. Il meccanismo d'azione, sebbene non del tutto chiarito, potrebbe essere legato al blocco del rilascio di citochine, all'aumento del flusso splancnico, all'aumento delle capacità rigenerative epatocitarie, all'effetto di protezione di membrana (Sinclair e Levy,1990). Questi risultati non hanno tuttavia mai ricevuto conferma da studi prospettici su larghe serie di pazienti.(Hawker,1993)

Il grave catabolismo che si osserva nei pazienti affetti da epatite fulminante (mascherato quasi sempre da bassi valori di azotemia) pone importanti problemi nutrizionali, in particolare su qualità e quantità dei nutrienti e sulla via da utilizzare. Appaiono importanti la utilizzazione della via enterale (ma la frequente presenza di ileo costituisce una controindicazione ed obbliga all'uso di parenterale, con i possibili conseguenti rischi di infezioni da catetere) (Munoz,1993), il mantenimento di un apporto calorico compreso tra 25 e 40 kCal/die, l'utilizzo di glucosio in ragione di 3-4 g/ kg/ die, l'uso di lipidi (1 gr /kg/die) a catena media (meno dipendenti per il trasporto da proteine di sintesi epatica, meglio metabolizzati a livello cellulare, privi di effetti negativi sul sistema reticoloistiocitario) (Muller,1995). Nonostante i vantaggi teorici della supplementazione proteica con soluzioni ricche di aminoacidi ramificati (metabolizzati perifericamente a livello muscolare), non è stato dimostrato alcun vantaggio nel loro uso nella epatite fulminante : il carico proteico in questi soggetti varia da 0.4 a 1.2 grammi di proteine / die(Muller,1995)

I trattamenti sostitutivi artificiali

L'insuccesso dei trattamenti sostitutivi che impiegavano metodi inerti o non biologici (emodialisi, emoperfusione con carbone attivato) in corso di grave insufficienza epatica sono dipesi in gran parte dalla impossibilità per queste metodiche, in grado solo di rimuovere in maniera parziale sostanze tossiche, di vicariare le complesse funzioni metaboliche e sintetiche del fegato. Tale problema sembra avere oggi una iniziale soluzione con la creazione di un fegato artificiale che utilizza cellule di una particolare linea cellulare (C3A) disposte su un filtro dialitico ed in grado di svolgere cicli biochimici quali gluconeogenesi, ureogenesi, e metabolismo di xenobiotici attraverso il sistema P450 . Con tale metodica è già disponibile una consistente casistica su modello animale e casistiche iniziali (con risultati di rilevante interesse) nell'uomo (Sussman et al,1994)

Il trapianto di fegato

Il trapianto di fegato deve essere considerato come il trattamento di scelta in pazienti con epatite fulminante in cui esista una scarsa probabilità di reversibilità spontanea (o con il solo trattamento medico) e che sono stati identificati con i seguenti criteri (almeno 3 presenti ) in caso di epatite fulminante non sostenuta da paracetamolo (O'Grady,1989)

1) età inferiore ai 10 anni e superiore ai 40.

2) infezione da virus B o C; epatite da farmaci o da alotano; patologia autoimmune; morbo diWilson

3) ittero insorto più di 7 giorni prima della encefalopatia

4) attività protrombinica con INR 3.5 (inferiore 30%)

5) bilirubinemia superiore a 18 mg/dl

6) Fattore V inferiore a 20% e Fattore VII inferiore 10%

In caso di epatite fulminante da paracetamolo i criteri sono invece (O'Grady,1989)

1) pH inferiore 7.3

2) tempo di protrombina superiore a 100 secondi ( attività protrombinica inferiore 20%)

3) Creatinina superiore a 3 mg/dl

4) Encefalopatia epatica allo stadio III - IV

La percentuale di sopravvivenza senza trapianto varia a seconda delle eziologie dal 10 (epatite acuta o subacuta) al 50% (epatite iperacuta), essendo la sopravvivenza legata anche alla patogenesi. Al trapianto di fegato è legata una sopravvivenza del 50-80% , dipendente dalla severità delle condizioni generali al momento dell'intervento (Albert,1995). Deve essere tuttavia sottolineato come la mortalità in pazienti con epatite fulminante e candidati a trapianto ma in cui l'intervento non era stato eseguito era del 100% (Sheil, 1991, in Hawker,1993)

il trapianto ortotopico di fegato è

didatticamente suddiviso in tre fasi

  • preanepatica
  • anepatica
  • postanepatica (o neoepatica)
fase preanepatica dalla induzione della anestesia alla legatura di arteria epatica e vena porta * scheletrizzazione e rimozione del fegato nativo (epatectomia): clamp vena cava - bypass veno venoso - piggy back
fase anepatica dalla deconnessione vascolare e biliare del fegato nativo alla riperfusione del neofegato: anastomosi vascolari (cava, porta, arteria) - rivascolarizzazione
fase neoepatica dalla rivascolarizzazione del graft alla conclusione dell'intervento: anastomosi biliare - emostasi - chiusura

fase preanepatica
le alterazioni del profilo fisiologico instabilità cardiocircolatoria (ipotensione) - peggioramento scambi respiratori (ipossia) - acidosi metabolica (ipoperfusione) - alterata perfusione renale (oliguria) - alterazioni di emostasi e coagulazione
le cause di instabilità cardiovascolare larghe perdite ematiche (cause tecniche chirurgiche, coagulopatia diluizionale)

manipolazioni chirurgiche (compressione cavale, riduz. RV)

trasfusione massiva (riduz.Ca ++ (intox citrati), riduz. PLT, aumento fibrinolisi, DIC)

fase anepatica
le problematiche clamp cavale: riduz. RV / GC / MAP - oliguria

by pass venovenoso (VVBP): pompa centrifuga e circuito eparinato - mantenimento ritorno venoso - riempimento ottimale del circolo - decompressione viscerale - mantenimento pressione di perfusione renale

bypass venovenoso:

pro e contro

pro: maggiore stabilità di circolo - minori perdite (?) - minore sofferenza renale (?) - minore stasi viscerale

contro: rischio di embolia gassosa - trombocitopenia - attivazione di fibrinolisi

profilo fisiologico con VVBP GC (- 20 - 30%) : attuare riempimento ottimale

T° centrale (dispersione termica - ridotta termogenesi): provvedere con riscaldamento attivo - sangue/fluidi riscaldati

VO2 / VCO2

diuresi: attuare riempimento ottimale / stimolare diuresi

acidosi metabolica (aumento lattati)

attivazione fibrinolisi: ruolo dell'aprotinina

riperfusione e fase postanepatica
riperfusione: le alterazioni del
profilo fisiologico

sindrome da riperfusione:

instabilità cardiocircolatoria: ipotensione - turbe del ritmo (bradi / BEV / BAV); cause: immissione sostanza vasoattive - imponente aumento RV - perdite ematiche - deficit contrattile cardiaco / sovraccarico - sovraccarico dx da embolia gassosa

alterazioni emogasanalitiche: ipercapnia - acidosi metabolica

alterazioni metaboliche: aumento glicemia e K+ - riduz. Ca++ - ipotermia

alterazioni della emostasi: iperfibrinolisi (primaria (> tPA; < PAI) - secondaria (DIC)) - ipopiastrinemia - ipofibrinogenemia - coagulopatia da consumo - effetto eparinico (dismissione dal graft)

la fase postanepatica ripristino dell'equilibrio emodinamico

normalizzazione scambi gassosi / EAB

ripresa funzionale del neofegato: secrezione biliare - correzione difetti coagulativi - clearance lattati - aumento VO2 / VCO2 - termogenesi

trapianto ortotopico di fegato: la conduzione anestesiologica
induzione prima di indurre: ECG (D2 / CM5) - pulsoossimetro - vena periferica - arteria radiale

intubazione oro (naso) tracheale - sondino NG - catetere vescicale

accessi vascolari incannulamento 2° arteria (radiale / femorale) - incannulamento GIDx per Swan Ganz (introduttore 8.5 F) - incannulamento 2 vasi centrali con introduttori 8.5 F per somministrazione fluidi con RIS (GISn / Basilica / Cefalica) - incannulamento GE / GI con CVC 3 vie per somministrazione farmaci
posizionamento e riscaldamento adeguato posizionamento su materasso antidecubito con supporti in poliuretano per zone di contatto - copertura con sistemi convettivi di riscaldamento (Bair Hugger)
monitoraggio cardiocircolatorio ritmo/frequenza - precarico (pressioni e volumi) - postcarico (resistenze) - contrattilità - gittata cardiaca
monitoraggio respiratorio e termico ossigenazione arteriosa (pulsoossimetria / EGA) - adeguatezza ventilazione (capnometria / EGA) - scambi respiratori (EGA) - VO2/ VCO2 (metabolimetro) - temperatura (centrale, esofagea, rettale,vescicale)
monitoraggio metabolico biochimico: emocromo - azotemia -glicemia - creatinina - proteine totali / albuminemia - Na / K / Cl / Ca++ / Mg++ (?)

metabolico: EAB / EGA (Paratrend?) - osmolarità - lattati - tonometria gastrica (???)

monitoraggio coagulativo laboratorio: TP - aPTT - Fibrinogeno - conta PLT - FDP / dDimero

proprietà viscoelastiche del coagulo: tromboelastogramma

dispositivi speciali finalizzati RIS (sistema per infusione rapida e riscaldamento di sangue e/o fluidi) - Autotrans a rapido processo - Defibrillatore - Pacemaker provvisorio (transvenoso / transtoracico)

Bibliografia

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