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2 L'INTOSSICAZIONE DEL MESE: MORSO DI VIPERA

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ANGOLO DI TOSSICOLOGIA CLINICA

In questa sezione di ESIA - Italia curata dal dott. A.PIGNATARO sarà ospitata la descrizione ed il relativo commento di un caso di intossicazione acuta.

Morso di vipera: caso clinico

A.Pignataro, S. Mercadante, P. Villari

Servizio di Anestesia e Rianimazione, Ospedale Buccheri La Ferla F.B.F., Palermo

Il morso di serpenti velenosi, contrariamente a quanto avviene negli Stati Uniti (1)e nei paesi tropicali, non è un'evenienza comune in Europa. Tra gli incidenti che si verificano, soltanto i più gravi vengono registrati. Nel caso clinico seguente, gli autori descrivono le modalità e le conseguenze di un morso di vipera in una donna alla ricerca di piante selvatiche..

Caso clinico

Nel mese di marzo dell'anno in corso, una donna di 61 anni veniva trasportata al pronto soccorso dell'ospedale in seguito al morso di un serpente. La donna, residente in un comune montano, si era recata poche ore prima dell'incidente in un bosco vicino per la raccolta di una pianta aromatica selvatica. Un improvviso dolore trafittivo alla gamba sinistra costringeva la donna ad interrompere la marcia e a scrutare tra i cespugli: la vista di un serpente che si allontanava, induceva la donna, pur dolorante, ad inseguire il rettile e raggiuntolo a colpirlo mortalmente con la scarpa. Sprovvista di un mezzo di locomozione, la donna si era poi recata a piedi presso l'abitazione del proprio medico per le cure del caso, portando con sé il serpente privo di vita (fig. 1).

Accompagnata al più vicino pronto soccorso, la donna veniva infine inviata (dopo 4 ore dall'incidente!) presso in nostro ospedale. All'arrivo in pronto soccorso la donna si presentava sonnolenta e in preda a conati di vomito. La pressione arteriosa era di 90/50 mmHg e la frequenza cardiaca di 120 bpm. La paziente era eupnoica; la temperatura corporea di 37 C°. L'esame obiettivo locale mostrava in corrispondenza della caviglia sinistra due segni di puntura ravvicinati sanguinanti con ecchimosi circostante e presenza di edema duro esteso fino al piede (fig. 2).

La donna lamentava intenso dolore all'arto colpito e parestesie alle dita del piede. Il medico di turno, riconosciuto nel serpente condotto dalla paziente una vipera, aveva praticato 2 fiale di siero antiofidico tetravalente: una sottocute in vicinanza del morso del serpente e un'altra per via intramuscolare. Nello stesso tempo veniva effettuata una sieroterapia antitetanica. All'incannulamento venoso seguiva l'infusione di colloidi (1000 ml). Contattato l'anestesista-rianimatore, la paziente veniva trasferita in terapia intensiva. In rianimazione la paziente veniva sottoposta a monitoraggio elettrocardiografico, della pressione arteriosa cruenta e della pulsossimetria. Le condizioni cliniche della donna permanevano analoghe a quelle dell'arrivo in P.S.: sonnolenza, nausea, dolore all'arto offeso. Persisteva ipotensione (90/40 mmHg) e una frequenza cardiaca di 100 bpm, mentre l'emogasanalisi mostrava una ipocapnia lieve (paCO2 30 mmHg). Gli esami di laboratorio mostravano una fibrinolisi moderata (FDP +++), aumento del fibrinogeno (4550 mg/dl) e dei globuli bianchi (16 x 103/ml). Una terapia infusionale con mannitolo al 2.5% (200 ml/h) veniva intrapresa dopo avere ottenuto la stabilizzazione dei parametri emodinamici con l'impiego di cristalloidi. Nel giro di circa 12 ore si assisteva ad un sensibile miglioramento delle condizioni generali della donna, mentre localmente l'edema e l'ecchimosi, dapprima circoscritti al piede e alla caviglia, si estendevano fino alla radice dell'arto con conseguente aumento del dolore e delle parestesie alle dita del piede. L'uso parenterale di analgesici (paracetamolo, meperidina) e locale di una pomata anestetica permetteva il sollievo del dolore. La terapia antibiotica prevedeva l'impiego di ceftriaxone e tobramicina. La stabilita' dei parametri vitali e la normalizzazione dei parametri coagulativi, consentivano, in 3a giornata, pur in presenza di imponenti fenomeni edematosi locali, di trasferire la paziente nel reparto di medicina dell'ospedale per il proseguimento delle cure del caso.

 

Discussione

Gli avvelenamenti da morso di serpente sono un'evenienza poco frequente in Italia. Le uniche specie di serpenti velenosi esistenti nel nostro paese appartengono alla famiglia dei viperidi; delle quattro specie conosciute (vipera aspis, v. berus, v. ammodytes e v. ursinii), la vipera aspis (vipera comune) è la più diffusa e responsabile di avvelenamento (fig. 3 ). La coesistenza di altri serpenti non velenosi pone il problema, non sempre facile, dell'identificazione del rettile, momento di fondamentale importanza per la terapia.

Fig.3

VIPERA COMUNE: Vipera aspis

Identificazione: Caratteristica è la punta del muso rivolta all'insù; testa larga e triangolare, occhi piccoli e pupilla verticale, corpo slanciato; il disegno caratteristico consiste in una larga striscia ondulata sul dorso, in genere marrone intenso con bordi scuri, che può anche essere spezzettata in macchie ovali. Lunghezza: 60 - 75 cm.

Habitat e comportamento: In ambienti aridi, in montagna anche in ambienti umidi, fino ai 3000 m. Il suo morso è velenoso, ma in genere non è aggressiva.

Le cosiddette serpi innocue (appartenenti alla famiglia dei colubridi) presentano caratteristiche morfologiche differenti, che non è facile cogliere, soprattutto se non ci si vuole avvicinare troppo al serpente (tab.1 ).

Viperidi

Colubridi

Taglia <60 cm

>60 cm

Testa triangolare

Rotonda

Occhio a fessura verticale

Rotondo

Colori accesi

Scuri

Netta differenza tra corpo e coda

Coda non distinguibile dal corpo

 Il miglior criterio di riconoscimento della vipera è la presenza di una coda appuntita ben distinta dal corpo cilindrico.

Il morso della vipera è caratterizzato dall'impronta dei due denti ad uncino del rettile, mentre il morso della serpe lascia il segno di diversi denti disposti a semicerchio. Non sempre il morso di una vipera è seguito dall'inoculazione del veleno. Il veleno delle vipere, secreto da ghiandole specializzate, è composto da tossine, enzimi e altre sostanze non proteiche, responsabili di necrosi locale a livello della pelle, dei muscoli e del tessuto connettivo. L'iniezione del veleno (in media 5-40 mg) è seguita dopo 30 minuti dalla comparsa di edema ed intenso dolore nella zona colpita (segni locali). L'assenza di tali manifestazioni dopo2-3 ore dal morso indica che non vi è stata inoculazione del veleno. Ai segni locali, in relazione alla dose, alla zona interessata e alla taglia del soggetto, si aggiungono i segni generali con turbe emodinamiche, digestive, coagulative e renali. Le turbe emodinamiche sono determinate da una fuga massiva di liquidi verso l'interstizio con vasoplegia; le turbe digestive per iperattività della muscolatura liscia consistono in vomito e diarrea. Le alterazioni della coagulazione possono variare da una fibrinolisi , ad una trombopenia, ad una emolisi o ad una coagulazione intravascolare disseminata. Le turbe renali sono per lo più la conseguenza dell'ipovolemia acuta.

In relazione alla gravità dei morsi di vipera è nata una classificazione per gradi (2):

Grado 0 Assenza di avvelenamento Tracce di morso, assenza di segni locali
Grado 1 Avvelenamento minimo Edema localizzato alla zona del morso, assenza di segni generali
Grado 2 Avvelenamento moderato Edema regionale esteso a parte dell'arto colpito, ipotensione senza shock, vomito, diarrea
Grado 3 Avvelenamento severo Edema esteso fino al tronco, ipotensione prolungata o stato di shock, sanguinamento

Il comportamento di fronte ad un morso di vipera è:

sul posto - immobilizzare l'arto colpito, al pari di un arto fratturato;

evitare incisioni, nel tentativo di drenare il veleno, e di succhiare il sangue direttamente con la bocca;

non applicare lacci emostatici; utili semmai, bande elastiche che esercitando una pressione locale moderata, ritardano la diffusione del veleno.

In ospedale - Vanno ospedalizzati tutti i bambini (<15 a.), gli adulti ai quali è stato somministrato il siero antiofidico e, ovviamente, i pazienti gravi. Trattamento sintomatico: disinfezione della zona colpita, sieroterapia antitetanica, antibioticoprofilassi. Il trattamento specifico con il siero antivipera va riservato alle forme più gravi (avvelenamento severo). Trattandosi di un siero eterologo (ricavato da cavalli iperimmunizzati) esiste la possibilità di reazioni anafilattiche immediate o ritardate (malattia da siero). Segnalazioni di incidenti, talvolta mortali (3), conseguenti al suo uso e, la benignità della maggior parte dei morsi di serpente hanno indotto ad un impiego estremamente prudente del siero antiviera. D'altro canto, forme gravi, soprattutto nei bambini (4), impongono il trattamento specifico precoce. La dose e la via di somministrazione del siero è controversa: si possono utilizzare 2 fiale per via endovenosa (diluite in 100 cc.) in 30 min. La somministrazione sottocutanea di una dose test non è utile a smascherare le possibile reazioni anafilattiche al siero e rischia di ritardare la terapia. L'impiego del siero è, in ogni caso, legato alla gravità dell'avvelenamento: l'assetto coagulativo può essere utilizzato per dosare il siero antivipera (5).

Nel caso clinico descritto, il serpente catturato dalla donna e la comparsa dei segni locali non ponevano dubbi dell'avvelenamento da vipera; l'arrivo al pronto soccorso della donna dopo diverse ore dall'accaduto, la sua marcia prolungata dopo il morso della vipera e la presenza di segni generali d'avvelenamento, avevano indotto il medico di guardia alla somministrazione del siero antiofidico. Secondo la classificazione per gradi sopra riportata, si trattava di un avvelenamento moderato nei confronti del quale la sola terapia sintomatica sarebbe stata sufficiente. Se è relativamente semplice evitare l'uso del siero specifico in assenza di segni di tossicità generale, l'atteggiamento terapeutico non è altrettanto certo, a nostro parere, nei casi di diffusione sistemica del veleno, in assenza di segni di shock e di danno a distanza. Pur essendo la terapia sintomatica importante e spesso sufficiente da sola a controllare l'avvelenamento, il ritardo della sieroterapia rischia di provocare gravi complicazioni.

Conclusioni

La sieroterapia specifica è ancor oggi utilizzata in modo "disinvolto" in presenza di un morso di serpente senza chiari segni di avvelenamento. Se è inutile e dannoso ricorrere al siero antiofidico in simili evenienze, la sua efficacia è indiscutibile nei gravi avvelenamenti; nei quadri intermedi, l'osservazione clinica guiderà la terapia.

Bibliografia

  1. Russell F.E., Carlson R.W., Wainschel et coll. Snake venom poisoning in the United States. Experience with 550 cases. JAMA 1975, 233, 341-344
  2. Audelbert F., Sorkine M., Bon C. Envenoming by viper bites in France: clinical gradation and biological quantification by ELISA. Toxicon, 1992
  3. Reid H.A. Antivenom reactions and efficacy. Lancet, 1980, ii, 1024-1025
  4. Rousselot J.M., Berthier J.C., Roze J.C., Floret D., Vidaihet M. Envenimation viperine grave. A propos de 7 observations pédiatriques. Arch. Fr. Pediatr. 1991, 48, 591-592
  5. Curry S.C., Kunkel D.B. Death from a rattlesnake bite. Am.J.Emerg.Med. 1985, 300:227

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3 MANUALI DI ANESTESIA: BLOCCHI PERIFERICI - 2^ PARTE

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Questa rubrica, curata dal dott. Lelio Guglielmo, presenta i protocolli anestesiologici adottati ,nelle varie specialità chirurgiche , dal Servizio di Anestesia e Rianimazione dell' Ospedale Buccheri La Ferla. Questi manuali che sono il frutto di studi e dell'esperienza di oltre 15 anni di attività anestesiologica non pretendono ovviamente di avere un carattere "universale" . E' evidente altresì che l'applicazione delle procedure descritte va valutata criticamente in relazione al proprio ambiente di lavoro. La parte riguardante le considerazioni chirurgiche è stata realizzata in collaborazione con i chirurghi delle varie specialità, operanti nel nostro ospedale.

Qualsiasi commento o critica è bene accetta e deve essere inviata a leliobuc@mbox.vol.it. oppure alla redazione LANZA@mbox.unipa.it


BLOCCHI PERIFERICI IIa parte

B. Inguinale Paravascolare "3 in 1"

Indicazioniinterventi sull'arto inferiore nel territorio innervato dai nn.femorali,otturatore e femoro cutaneo.
Posizionamento del pazientesupino
Reperi essenzialiarcata crurale-a.femorale
Tecnica

dopo aver realizzato un ponfo di a.locale cutaneo, si introduce l'ago-elettrodo 1-2 cm esternamente all'a. femorale, avanzando l'ago verso l'arcata crurale secondo un angolo di 20-30° sul piano cutaneo. Dopo aver elicitato le clonie ricercate (quadricipite femorale) si iniettano 40 ml di anestetico locale con adrenalina 1/200000.
Alcune considerazioni

In alcuni casi è necessario infiltrare separatamente il n.femoro-cutaneo per ottenere per ottenere una anestesia completa della parte anteriore della coscia
Controindicazioniinfezione cutanea in sede inguinale

adenopatia inguinale

Complicanzeematoma per puntura arteriosa


BLOCCO SCIATICO-POPLITEO

Indicazioniinterventi sulla superficio latero-esterno della gamba sulla caviglia e sul piede
Posizionamento del pazienteprono con un piccolo cuscino posto sotto il collo del piede
Reperi essenzialicavo popliteo
Tecnica

dopo aver realizzato un ponfo di a.locale cutaneo,centralmente, a circa 10 cm dalla piega poplitea, tra il m.bicipite femorale ed il m.semitendinoso si introduce l'ago-elettrodo secondo un angolo di 45° sul piano cutaneo, avanzandolo in direzione anteriore e cefalica. Dopo aver elicitato le clonie ricercate (estensione o lateralizzazione del piede) si iniettano 30 ml di anestetico locale con adrenalina 1/200000.
Alcune considerazioniper interventi sulla caviglia è consigliabile associare un blocco femorale
Controindicazioniquelle comuni alle a.locoregionali
distribuzione dell'anestesia

BLOCCO INTRAPLEURICO

Indicazionianalgesia postoperatoria in interventi su :

vie biliari, torace, rene, mammella, addome superiore

Posizionamento del pazientedecubito laterale con il lato da operare rivolto verso l'alto
Reperi essenzialiVIII-IX spazio intercostale
Tecnica

dopo aver realizzato un ponfo di a.locale cutaneo a 7-10 cm dalla linea interapofisaria, si introduce l'ago di thuoy sopra il bordo superiore della VIIIa costa e si deposita una goccia di soluzione fisiologica sul cono dell'ago. Esso viene avanzato lentamente secondo un angolo di 30-40 ° rispetto al piano cutaneo. L'avvenuta perforazione della pleura parietale determinerà l'aspirazione della goccia. A quel punto si iniettano 20 ml di Bupivacaina 0.25-0.50% con adrenalina e/o si inserisce un cateterino per l'infusione continua.
Alcune considerazioniL'analgesia intrapleurica è molto efficace nei pazienti con multiple fratture costali o affetti da neuralgia post-erpetica
Controindicazioniquelle comuni alle a.locoregionali
Complicanzepneumotorace 1-2%, pleurite 0.4%, S.di Horner 0.5%



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EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY

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