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VASODILATATORI ED IPOTENSIONE CONTROLLATA
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C. Franssen

INTRODUZIONE

La sedazione, l'analgesia e l'anestesia, determinano spesso riduzione della pressione arteriosa, della gittata cardiaca, della frequenza cardiaca e delle resistenze vascolari sistemiche. La depressione cardio-circolatoria può essere tollerata fino a quando non mette in pericolo un'adeguata perfusione dei tessuti vitali, in particolare del cuore e del cervello. Episodi ipertensivi possono tuttavia verificarsi in corso di anestesia, sia che si tratti di pazienti che all'anamnesi risultino normotesi, sia di pazienti ipertesi; questi ultimi risultano affetti prevalentemente da iperattività del sistema nervoso autonomo. Altri fattori possono indurre ipertensione intra-operatoria (oltre un livello di analgesia insufficiente): ipercapnia, ipossia, acidosi, iper o ipovolemia, distensione vescicali, laringoscopia diretta per intubazione endotracheale... L'anestesista adatterà la condotta terapeutica alla luce dei differenti meccanismi fisiopatologici potenzialmente implicati nell'ipertensione arteriosa perioperatoria. Occorre, evidentemente, non confondere sorveglianza e trattamento dell'ipertensione arteriosa peri-operatoria ed ipotensione controllata, deliberata o indotta; cioè una situazione dove l'anestesista dovrà deliberatamente ridurre una pressione arteriosa che tuttavia è nei limiti della norma.

1. INDICAZIONI E CONTROINDICAZIONI

Cushing nel 1917 ha introdotto la tecnica d'ipotensione controllata in neurochirurgia sperimentale, al fine di migliorare le condizioni di lavoro favorendo la formazione di un campo operatorio esangue. Nel 1946, Gardner ha proposto di ridurre la pressione arteriosa allo scopo di diminuire il sanguinamento intra-operatorio. La tecnica consisteva nel ridurre il volume circolante praticando un'arteriotomia. L'interesse principale dell'ipotensione indotta può dunque consistere nel miglioramento delle condizioni di visibilità operatorie del chirurgo, o nella riduzione delle perdite di sangue nel corso di interventi altamente emorragici. L'indicazione dell'ipotensione controllata nella chirurgia degli aneurismi cerebrali, per diminuire il rischio di rottura intra-operatoria, è attualmente contestata. In ogni caso, la decisione di ricorrere all'ipotensione controllata per un intervento chirurgico, deve essere discussa tra l'anestesista ed il chirurgo, tenendo conto dei rischi a cui potrebbe andare incontro il paziente e i vantaggi che può determinare l'ipotensione durante l'intervento. In fin dei conti è il paziente che deve beneficiare di questa tecnica!

In realtà se l'ipotensione controllata, è condotta da un'anestesista dotato di esperienza, che dispone di mezzi adeguati, non presenta particolari rischi e complicazioni, purché la preoccupazione essenziale resti tuttavia la perfusione corretta di organi nobili quali il cuore, il cervello ed i polmoni.

L'età, certe patologie preesistenti (diabete, arterite, soffio carotideo, coronaropatia...), le condizioni patologiche presenti al momento dell'intervento (spasmo post-emorragi,a sotto-aracnoidea) saranno altrettanti criteri da valutare prima di sottopore il paziente ad una riduzione della pressione arteriosa. Un'ipotensione controllata corretta non può tollerare una tecnica non affidabile, un paziente mal selezionato, un monitoraggio insufficiente, un chirurgo incompetente e nemmeno un anestesista inesperto.

2. APPROCCIO TECNICO

La riduzione della pressione arteriosa può essere ottenuta grazie alla caduta delle resistenze periferiche (diminuzione del post-carico) o alla diminuzione della gittata cardiaca. Il ricorso ad una diminuzione del volume circolante (arteriotomia) è un approccio attualmente abbandonato, visti gli effetti deleteri sistematici osservati (vasocostrizione riflessa nei territori splancnici e renali). La diminuzione del post-carico è generalmente ottenuta da una vasodilatazione arteriosa. Questa può essere ottenuta da un'attività farmacologica a livello dei barocettori aortici e carotidei (anestetici alogenati), dei centri vasomotori (clonidina), dei fasci midollari e fibre simpatiche preganglionari (anestesia rachidea e peridurale), dei gangli simpatici (trimetafano), delle terminazioni simpatiche post-ganglionari (a-bloccante) o ancora, della muscolatura liscia vascolare (idralazina, nitroprussiato, calcio-antagonisti, adenosina...). La gittata cardiaca può essere ridotta da una diminuzione del ritorno venoso (diminuzione del precarico) o da una inibizione del tono simpatico o della contrattilità miocardica. L'ipotensione controllata deve essere considerata differentemente nelle indicazioni neurochirurgiche da quelle non neurochirurgiche. L'uso di agenti vasodilatatori nei pazienti in cui la compliance cerebrale è ridotta rischia in effetti di determinare un aumento della pressione intracranica (PIC) per aumento del volume ematico cerebrale. Infatti, nella chirurgia degli aneurismi, clampare temporaneamente o controllare i vasi a monte dell'aneurisma è attualmente preferito all'ipotensione indotta. L'ipotensione localizzata evita di diminuire la pressione di perfusione cerebrale in tutto il parenchima cerebrale ed in particolare nelle zone di vascolarizzazione precaria come per esempio sotto i divaricatori del chirurgo. Grazie ai differenti mezzi di protezione cerebrale, l'episodio di ischemia focale incompleto e transitorio non sembra pregiudicare il recupero dell'integrità neurologica post-operatoria. Una buona tecnica d'ipotensione si propone di essere facilmente controllata e controllabile, di non alterare il sistema di autoregolazione cerebrale, di non compromettere la perfusione degli organi vitali, di non utilizzare sostanze tossiche o degradabili in metaboliti tossici, di ricorrere a farmaci a breve emivita plasmatica e biologica.

Modificando la posizione del malato, la ventilazione o la frequenza cardiaca, è possibile modulare o adattare l'ipotensione indotta farmacologicamente. Queste manovre meccaniche potranno in certi casi limitare la somministrazione di droghe potenzialmente tossiche per mantenere l'ipotensione.

3. FARMACOLOGIA

3.1 Anestetici alogenati: (enflurano, isoflurano, alotano)
La diminuzione della pressione arteriosa osservata quando aumenta la concentrazione di alotano e di enflurano inalata è il risultato principalmente di una diminuzione della gittata cardiaca. Invece, l'isoflurano provoca ipotensione arteriosa riducendo le resistenze periferiche globali; nel contempo la gittata cardiaca è conservata. Tuttavia, l'isoflurano è vasodilatatore coronarico e rischia di provocare un "furto" coronarico deleterio nel paziente anginoso. La somministrazione di isoflurano a basse dosi (< 1MAC) induce un'ipotensione controllabile, concomitante ad una depressione metabolica cerebrale e al mantenimento di una relazione fisiologica tra flusso sanguigno cerebrale e pressione di perfusione così come tra flusso sanguigno cerebrale e metabolismo. Se la concentrazione d'isoflurano aumenta, l'effetto vasodilatatore diretto domina ed il flusso cerebrale aumenta in misura dose-dipendente, mentre l'autoregolazione è perduta. Gli agenti alogenati (in particolare l'alotano e l'enflurano) diminuiscono il tono cerebrovascolare e, nei limiti di un'autoregolazione conservata aumentano così il flusso sanguigno cerebrale. Se il volume sanguigno intracerebrale aumenta in seguito alla diminuzione delle resistenze vascolari cerebrali, aumenta la pressione intracranica (PIC), in particolare nei pazienti in cui la compliance cerebrale è ridotta. Un aumento della PIC combinato ad una riduzione della pressione arteriosa rischia di diminuire la pressione di perfusione cerebrale e di precipitare una zona mal irrigata verso l'ischemia. In più, la vasodilatazione cerebrale può indurre una redistribuzione del sangue verso le zone sane a scapito dei territori ischemici, aggravando così l'ischemia. In tutti i pazienti che soffrono di insufficienza circolatoria o di cattiva compliance cerebrale, l'isoflurano non dovrebbe essere utilizzato che come adiuvante terapeutico e sempre a basse dose, e a condizione di esser certi di iperventilare il paziente.


3.2 Anestetici endovenosi: 
Propofol.
Agente sedativo ed ipnotico, il propofol possiede un profilo farmacocinetico e dinamico tale da permetterne l'utilizzazione in perfusione continua, offrendo così vantaggiosamente l'alternativa all'anestesia per inalazione. Il propofol induce una riduzione della pressione arteriosa media del 25% grazie alla riduzione delle resistenze vascolari periferiche combinata ad un certo effetto inotropo negativo. Determina aumento delle resistenze vascolari cerebrali e diminuzione del flusso sanguigno cerebrale (DSC). L'autoregolazione cerebrale viene ugualmente mantenuta e la reattività alla CO2 è mantenuta. Diminuendo il consumo cerebrale di O2, il DSC e la PIC, il propofol si presenta come agente anestetico (ed ipotensivo al bisogno) di scelta in neuroanestesia.

Dose : bolo 1 - 2 mg/kg

Perfusione continua 5-8 mg/kg/ora

3.3 Vasodilatatori

Nitroprussiato di sodio (NPS)
Il NPS è un potente vasodilatatore per azione diretta sulla fibra muscolare liscia vascolare, senza effetto miocardico associato. Il suo principale vantaggio risiede in un'attività potente, rapida e di breve durata. Stimola i recettori sulfidrilici in maniera non specifica e, per l'intermediario dell'AMPciclico conduce al rilasciamento vascolare. Benché assai rara, la complicazione maggiore che rischia di sopravvenire dopo infusione continua di nitroprussiato è un'intossicazione da cianuro. In effetti, il NPS è metabolizzato in cianuro per reazione diretta non enzimatica con l'ossiemoglobina. I gruppi CN formati reagiscono con il tiosolfato per formare del tiocianato, con l'idrossicobalamina per formare la cianocobalamina e con la citocromo ossidasi della catena respiratoria mitocondriale che diviene così inattiva e conduce sicuramente all'ipossia citotossica. Una parte del CN viene anche eliminato dai polmoni. In presenza di nitriti che favoriscono la comparsa di metaemoglobina, il CN è combinato preferenzialmente alla metaemoglobina formando così la cianometaemoglobina. Per questo la formazione di complessi CN-citocromo ossidasi può essere ridotta. Il tenore sanguigno in CN è proporzionale alla dose totale di NPS somministrata per unità di tempo. Se più di 1 mg/kg di NPS è somministrato in 3 ore , i tassi di CN aumentano fino a 75-100mg/100ml di sangue e si determina un'acidosi metabolica per difetto di ossigenazione cellulare. L'aumento dello shunt polmonare causato dalla vasocostrizione ipossica non si osserva nei pazienti in cui la funzione polmonare è precedentemente normale. L'associazione del b-bloccante può essere utile e consigliata se la liberazione di catecolamine circolanti e l'aumento riflesso del ritmo cardiaco è importante. Dopo somministrazione prolungata, il NPS può condurre ad ipotiroidismo per blocco dell'utilizzazione dello iodio a livello tiroideo. Infine dopo arresto brutale del NPS, il tasso elevato di renina e d'angiotensina possono generare un'ipertensione rebond; una riduzione progressiva dei dosaggi o l'uso associato dei b-bloccanti permette di limitare questa poussée ipertensiva.

Come la maggior parte degli agenti vasodilatatori, il NPS perturba l'autoregolazione cerebrale. Dilata i vasi cerebrali e può dunque condurre ad un aumento del volume sanguigno cerebrale. Se la compliance cerebrale è debole, l'aumento del compartimento vascolare si accompagna ad un aumento della PIC.

Dose : 0.5 - 10 g / kg/min

La perfusione di partenza è generalmente di 1 g/kg/min, aumentata progressivamente fino al raggiungimento della pressione arteriosa desiderata.

Nitroglicerina (NTG)
Alle dosi abitualmente utilizzate, la NTG dilata la rete venosa piuttosto che il versante arterioso. Per l'emivita plasmatica corta (2 minuti), la sua utilizzazione è comoda e permette un rapido controllo della pressione arteriosa. Si tratta di un agente ipotensivo molto meno potente del NPS e che non può essere utilizzato solo, soprattutto nel paziente giovane quando bisogna raggiungere un'ipotensione profonda. Nel paziente a rischio di ischemia miocardica, la NTG presenta il vantaggio di assicurare una migliore distribuzione del flusso sanguigno coronarico. Non c'è tossicità rapportata per la NTG se non quella del rischio di metaemoglobinemia per liberazione di nitrati. L'aumento del volume sanguigno cerebrale per dilatazione della rete di capacitanza rischia d'indurre un aumento della PIC in caso di cattiva compliance cerebrale. La NTG merita dunque anche di essere manipolata con precauzione nel contesto dell'ipertensione intracranica.

Dose : 1 - 2 g /kg/min, fino a 6 g/kg/min.

Idralazina
L'idralazina è anche un potente vasodilatatore diretto, arteriolare piuttosto che venoso. Una latenza d'azione da 15 a 20 minuti rende la sua utilizzazione più delicata per l'induzione di un'ipotensione intra-operatoria.

3.4 Ganglioplegici: Trimetafano
Il trimetafano è il solo agente ganglioplegico utilizzato. La sua breve latenza d'azione e l'emivita breve (1-2 min) l'hanno reso molto popolare nel passato, ma attualmente è largamente soppiantato da altri vasodilatatori quali il NPS o gli alfa-bloccanti. In effetti, la sua attività non specifica sui gangli del sistema nervoso autonomo simpatico e parasimpatico conduce ad effetti poco augurabili quali tachicardia, midriasi, riduzione del transito gastrointestinale.

3.5 Alfa-bloccanti

Fentolamina
La fentolamina determina ipotensione per blocco dei recettori a-adrenergici. E' un agente potente, ma la tachicardia secondaria che induce, limita il suo interesse.

Labetalolo
L'associazione dell'azione beta-bloccante all'alfa-bloccante permette di diminuire la pressione arteriosa per riduzione delle resistenze vascolari evitando la tachicardia riflessa. Il labetalolo è 6-10 volte meno potente della fentolamina come alfa-bloccante e 1-4 volte meno potente del propanololo come b-bloccante. Una considerevole sinergia esiste tra l'alotano ed il labetalolo, che permette di ottenere un'ipotensione profonda. Per contro, se utilizzato da solo, non da che risultati mitigati. L'effetto combinato alfa e beta bloccante del labetalolo maschera tutta una serie di reazioni dalla tachicardia riflessa all'ipovolemia, l'ipercapnia o l'ipossia. Impone quindi, a maggior ragione, il ricorso ad un monitoraggio completo.

Urapridil
L'urapridil è un agente anti-ipertensivo che possiede un'attività a-agonista centrale, riducendo l'attività elettrica dei nervi simpatici periferici. Diminuisce così la liberazione della norepinefrina ed inoltre riduce l'effetto vasocostrittore bloccando selettivamente i recettori alfa post-sinaptici. La somministrazione di Urapridil (0.5-1 mg/kg) permette di ridurre la pressione arteriosa dal 20 al 30% senza effetto supplementare malgrado l'aumento della dose. L'ipotensione è ottenuta dalla diminuzione delle resistenze vascolari sistemiche senza alterazione della gittata cardiaca. Nessun aumento della pressione intracranica è stato descritto anche in caso di compliance cerebrale diminuita. L'Urapridil può dunque essere utilizzato con sicurezza nei pazienti neurochirurgici.

3.6 Calcio antagonisti

I calcio antagonisti (nifedipina, diltiazem, verapamil, nicardipina) permettono la vasodilatazione periferica e coronarica per inibizione del trasporto calcico transmembranario. Diltiazem e Verapamile hanno inoltre un'attività sull'accoppiamento eccitazione-contrazione miocardica riducendo la contrattilità ed la gittata cardiaca. L'attività inotropa negativa dei calcioantagonisti può essere potenziata dagli anestetici alogenati, in particolare dall'alotano.

I calcio-antagonisti sono anche vasodilatatori cerebrali e devono di conseguenza essere utilizzati con precauzione in caso di ipertensione intracranica, perché rischiano di aggravare l'ipertensione, ma anche di favorire l'edema cerebrale.

Dose di nicardipina : 10 g/kg/min all'induzione poi 4 g/kg/min

3.7 Nucleotidi purinici: ATP e adenosina.

Questi agenti ipotensivi agiscono rapidamente e promettono bene come induttori dell'ipotensione intraoperatoria. Non determinano nè tachicardia riflessa ne ipertensione rebond. L'ATP è rapidamente metabolizzato in adenosina e suoi metaboliti da un passaggio polmonare. L'adenosina presenta un effetto vasodilatatore principalmente a livello arteriolare e sembrerebbe il metabolita attivo anche in caso di utilizzazione di ATP. Gli effetti dell'adenosina sulla vascolarizzazione sembrano ben sovrapponibili agli effetti degli altri vasodilatatori : l'autoregolazione cerebrale è alterata e l'aumento del volume sanguigno cerebrale rischia di accentuare l'ipertensione intracranica.

Dose d'adenosina : 20g/kg/min

3.8 Prostaglandine

Le prostaglandine costituiscono una classe di composti le cui proprietà biologiche sono differenti. La PG E1 riduce la pressione arteriosa agendo sulla fibra muscolare liscia vascolare. La sua attività è più intensa sui vasi di "resistenza", ma alla dose, esercita un effetto vasodilatatore anche sui vasi di "capacitanza". Gli effetti cerebrali della PG E1 sono stati oggetto di numerosi lavori sfortunatamente contraddittori. Sembra tuttavia che l'autoregolazione cerebrale è mantenuta malgrado l'utilizzazione di PG E1 e che il flusso sanguigno cerebrale non è modificato, e ciò si può constatare grazie ai valori di saturazione giugulare in O2 (SGO2) inalterati. In caso di sofferenza miocardica, l'ipotensione indotta dalla PG E1 sembra meno grave per le zone ischemiche rispetto al nitroprussiato.

Dose : 0.1-2 g/kg/min

4. SORVEGLIANZA DELL'IPOTENSIONE CONTROLLATA

Il monitoraggio richiesto dipende principalmente dai rischi potenziali ai quali il malato è esposto, e che sono basati sullo stato del malato e sui suoi antecedenti patologici. Oltre ad una sorveglianza classica dell'elettrocardiogramma (ritmo, alterazione delle fasi terminali), è indispensabile poter controllare la pressione arteriosa così come la pressione venosa centrale per mantenere un volume circolante adeguato. Una sorveglianza continua della temperatura è particolarmente importante in caso di ipotensione indotta poiché la dispersione calorica è accentuata a livello dei vasi dilatati e la vasocostrizione reattiva all'ipotermia potrebbe contrastare gli effetti degli agenti utilizzati.

Lo studio dell'emogas deve essere ripetuto in modo da verificare l'adeguamento dell'ossigenazione tissutale e da ricercare un'eventuale acidosi metabolica. Il flusso urinario è parametro indicativo di una perfusione renale adeguata. Qualsiasi oliguria deve attirare l'attenzione sulla qualità del riempimento vascolare e della pressione di perfusione renale efficace. Dal momento che vi sono possibili interferenze tra la qualità della ventilazione e la pressione arteriosa, si raccomanda di seguire in continuo la saturazione in O2 così come la capnia. Nella pratica neurochirurgica, alcuni autori prevedono una sorveglianza elettroencefalografica continua, ma attualmente la tendenza si orienterebbe piuttosto verso l'utilizzazione di una misura continua di PIC, del doppler transcranico o delle misure della saturazione giugulare di O2, parametri indicativi del flusso ematico cerebrale.

CONCLUSIONE

Accanto ad altre tecniche di risparmio di sangue, l'ipotensione controllata è ancora utilizzata in certi tipi di chirurgia (ORL, maxillo-facciale, neurochirurgia...) allo scopo di limitare le perdite sanguigne intraoperatorie e di favorire il lavoro del chirurgo. In un paziente accuratamente selezionato, l'ipotensione indotta con una tecnica affidabile (farmaci ipotensivi, tecniche d'anestesia) e controllata tramite un adeguato monitoraggio presenta attualmente pochi rischi e complicazioni purché sia assicurata una perfetta perfusione dei tessuti vitali (cervello, cuore).


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INTERAZIONI FARMACOLOGICHE IN ANESTESIA: I CALCIO ANTAGONISTI
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P.Adnet, M.C.Becq, R.Krivosic-Horber

L'introduzione di farmaci che inibiscono il passaggio intracellulare del calcio ionizzato attraverso i canali lenti ha apportato dei risultati particolarmente interessanti nel trattamento di un grande numero di affezioni cardiovascolari. Dopo 10 anni, il numero di pazienti trattati con calcio-antagonisti che devono essere sottoposti ad intervento chirurgico va crescendo. Nella pratica anestesiologica sono da valutare alcune interazioni farmacologiche. La loro importanza clinica resta tuttavia marginale e si osservano essenzialmente con gli alogenati. Attualmente esiste un'utilizzazione perioperatoria dei calcio antagonisti.

1. MECCANISMO D'AZIONE

I calcio antagonisti comprendono 3 gruppi di molecole classificate secondo un ordine decrescente di specificità (tab.1). Tutti hanno la capacità di bloccare l'ingresso di calcio nelle cellule, inibendo i canali membranari la cui apertura dipende da una variazione di potenziale. Questi canali lenti del calcio lasciano entrare il calcio durante la fase 2 del potenziale d'azione delle cellule a risposta rapida e durante la fase 0 della cellule a risposta lenta (nodo atrioventricolare, nodo del seno)[1]. Una piccola quantità di calcio-ioni che attraversano la membrana induce un cospicuo rilascio di calcio dal reticolo sarcoplasmatico (rilascio di calcio-indotto).

Questi farmaci hanno pertanto un'azione farmacologica predominante in tessuti in cui il calcio gioca un ruolo primario nella regolazione dell'accoppiamento eccitazione-contrazione: muscolo cardiaco, fibre muscolari lisce [1]. Essi hanno, di contro, scarsi effetti sul muscolo scheletrico benché il sistema a T sia ben ricco di canali del calcio. Infatti, essendo l'azione dei calcio-antagonisti potenziale dipendente, il potenziale di riposo del muscolo scheletrico è sempre più iperpolarizzato di quelli del muscolo liscio e cardiaco e di conseguenza, mette il muscolo scheletrico in posizione sfavorevole.

Tabella I

CLASSIFICAZIONE FARMACOLOGICA DEI CALCIO ANTAGONISTI

Gruppo A

Sostanze capaci di diminuire il flusso di calcio dell' 80-90% prima di modificare i flussi di sodio:
Verapamil, Diltiazem, Nifedipina, Nicardipina

Gruppo B

Sostanze capaci di diminuire il flusso di calcio del 50-70% prima di modificare il flusso di sodio:
Prenilamina, Perexilina, Bepridil.

Gruppo C

Azione non specifica:
Aprinidina, Difenilidantoina

* il gruppo A comprende le molecole più potenti e più specifiche come il Verapamil (Isoptin) e i suoi derivati (Gallopamina, Tiapamil), il Diltiazem (Tildiem) e le Fenildiidroperidine: Nifedipina (Adalat), Nicardipina (Loxen), Nimodipina (Nimotop), Nitrindipina, Nisoldipina
* il gruppo B comprende la Prenilamina (Segontina), la Perexilina (Pexid) ed il Bepridil (Cordium), sostanze meno specifiche e meno potenti sulle modificazioni di conduttanza dei canali;
* il gruppo C comprende delle molecole la cui azione sui flussi del calcio non è specifica.

Un'altra classificazione è stata proposta da Spedding [2]. Questa si basa sul tropismo rispettivamente miocardico o vascolare degli inibitori dei canali lenti (tab.II).

TABELLA II

CLASSIFICAZIONE CLINICA DEI CALCIO ANTAGONISTI

Tipo I

Tipo II Tipo III Tipo IV
Effetti miocardici e vascolari in vivo: Verapamil, Diltiazem Effetti vascolari predominanti: Nifedipina, Nicardipina, Nimodipina Effetti vascolari selettivi: Cinnarizina, Flunarizina Effetti complessi: Bepridil, Lidoflazina, Perexilina

2. PROPRIETA' (Tabella III)

I calcio-antagonisti sono considerati dei vasodilatatori prevalentemente arteriosi periferici e coronarici. Scarsi effetti si osservano nei territori venosi di capacitanza [1]. La vasodilatazione periferica predomina con le Diidropiridine (Nifedipina, Nicardipina), ma sembra meno spiccata con la Nimodipina. L'ipotensione arteriosa indotta dalla Nifedipina e Nicardipina determina un aumento della frequenza cardiaca attraverso il baroriflesso simpatico b-adrenergico. La Nimodipina è attualmente il calcio-antagonista meno cardiodepressivo in commercio, tanto clinicamente che su preparati isolati. Nifedipina e Nicardipina hanno scarsi effetti sull'attività spontanea del nodo del seno e sulla conduzione atrioventricolare. Al contrario, nell'uomo l'attività spontanea del nodo del seno può essere soppressa dalla somministrazione endovenosa di Verapamil [3]. Tutti i calcio-antagonisti diminuiscono il lavoro cardiaco ed il consumo di ossigeno miocardico attraverso una riduzione del postcarico; aumentano il flusso ematico coronarico e favoriscono la ridistribuzione ematica a favore degli strati sottoendocardici [1]. Diltiazem e Nicardipina aumentano il flusso ematico glomerulare nei pazienti nefropatici [4].

TABELLA III

 

3. INDICAZIONI TERAPEUTICHE AL DI FUORI DELL'ANESTESIA

Tre indicazioni essenziali restano indiscutibili. Altre devono ancora essere confermate. Alcune saranno probabilmente abbandonate.

3.1 Indicazioni certe

Insufficienza Coronarica
Molti autori hanno proposto l'uso dei calcio antagonisti nel trattamento dei pazienti coronaropatici [5,6]. L'angina spontanea [7] e quella di Prinzmetal [8] sono state le prime indicazioni di questi farmaci a causa della componente spastica predominante. Essi si rivelano ugualmente efficaci nell'angina da sforzo dove lo spasmo coronarico gioca frequentemente un ruolo importante. In più, il Diltiazem e il Verapamil diminuiscono il consumo di ossigeno del miocardio, aumentano il flusso sanguigno coronarico e sono piuttosto bradicardizzanti [1]. La Nifedipina aumenta pure il flusso coronarico [6], l'effetto è meno marcato sul consumo di ossigeno a causa della sua tendenza tachicardizzante; per tale motivo la molecola trova un'indicazione di scelta in associazione ai b-bloccanti [9].

Ipertensione Arteriosa
Oltre al loro effetto diretto sulla vasomotricità arteriosa diminuendo l'ingresso di calcio nelle fibre muscolari lisce, i calcio-antagonisti hanno degli altri effetti sulla regolazione della pressione arteriosa: effetto inotropo negativo (Verapamil) [10], effetto cronotropo negativo (Diltiazem) [1], effetto adrenolitico (Verapamil, Diltiazem, Nifedipina) [11]. L'azione antiischemica associata rende questa classe di farmaci particolarmente interessante in questo tipo di patologia [12].

Aritmie
Il Verapamil, antiaritmico di classe IV, è molto efficace nelle tachicardie parossistiche sopraventricolari da rientro. Sui ventricoli gli effetti antiaritmici sono essenzialmente secondari all'effetto antiischemico (Bepridil escluso). Le diidropiridine benché posseggano gli stessi effetti elettrofisiologici del Verapamil sono prive di azione antiaritmica in vivo [13].

EFFETTI CARDIOVASCOLARI DEI CALCIO ANTAGONISTI

3.2 Indicazioni non confermate

Spasmo Arterioso Cerebrale
I calcio-antagonisti inibiscono l'ingresso di calcio sia nelle fibre muscolari lisce della parete vascolare cerebrale, opponendosi quindi alla vasocostrizione, ma anche nei neuroni durante un'ischemia [14]. La fisiopatologia dello spasmo vascolare secondario ad emorragia sottoaracnoidea per rottura di un'aneurisma resta complessa e diversi meccanismi sembrano implicati. Uno degli aspetti attuali della prevenzione o del trattamento del vasospasmo arterioso riguarda i calcio-antagonisti della classe delle diidropiridine. Queste molecole avrebbero un tropismo arterioso cerebrale particolare [15,16]. Tra esse, la Nicardipina IV aumenta il flusso ematico cerebrale delle zone ipoperfuse. Tuttavia quest'effetto non è accompagnato da un miglioramento dello stato neurologico dei pazienti con edema cerebrale. La Nimodipina sembrerebbe più adatta per via di una minore azione ipotensiva periferica. Tuttavia, la sua azione preventiva sul vasospasmo cerebrale non è stata confrontata nè con gli effetti del riempimento vascolare associato o meno all'aumento, a scopi terapeutici, della gittata cardiaca.

Effetto protettore cerebrale
Il flusso intracellulare è caratteristico dell'ischemia tissutale [17]. L'eccesso di calcio inibisce la fosforilazione ossidativa mitocondriale. Il calcio stimola le fosfolipasi di membrana e conduce alla produzione di acidi grassi e poi radicali liberi tossici per le membrane [18]. Nel gatto, nel cane e nel ratto, la Nimodipina diminuirebbe le lesioni ischemiche cerebrali secondarie a un interruzione transitoria del flusso sanguigno [19-21]. Sfortunatamente, lo studio di Forsman e coll. non ha confermato questi primi studi sperimentali [22].

Infarto acuto del miocardio
In assenza di riperfusione precoce, ogni tessuto severamente ischemizzato è destinato a necrotizzarsi e non v'è farmaco in grado di opporsi a questa ineluttabile evoluzione. Esiste un livello critico di perfusione al disotto del quale, in assenza di riperfusione, la morte cellulare diviene inevitabile. I calcio-antagonisti possono migliorare lo stato dei tessuti nei quali la perfusione residua è al di sopra dei livelli critici. Essi possono pure rallentare il processo di necrosi nei tessuti la cui perfusione è al di sotto del livello soglia [23]. In pratica i dati disponibili derivanti da diversi studi non permettono di considerare i calcio-antagonisti come sostanze efficaci nel miglioramento della sopravvivenza allorché sono utilizzati nella fase precoce dell'infarto del miocardio.

Insufficienza cardiaca
Il ruolo di questi farmaci resta da definire. La Nifedipina riduce il postcarico nei pazienti portatori di insufficienza ventricolare sinistra, tale effetto sembra dissolversi a lungo termine e gli effetti inotropi negativi possono manifestarsi secondariamente, aggravando ulteriormente la prognosi [24].

Cardiomiopatia ostruttiva
Il Verapamil migliora la funzione diastolica ventricolare sinistra nel 50% dei pazienti portatori di questa patologia [25]. In ogni caso trova indicazione se il beta- bloccante è controindicato e se la terapia con beta-bloccante non ha avuto successo.

Cardioplegia
I calcio-antagonisti sono stati aggiunti alle soluzioni cardioplegiche. La Nifedipina previene una contrattura ischemica del miocardio nei cani in circolazione extracorporea [1]. L'utilizzazione del Verapamil o del Diltiazem aumenta la depressione miocardica postoperatoria [26].

Altre indicazioni
Le diidropiridine possono migliorare una sindrome di Raynaud [27]. La Nifedipina e il Verapamil saranno efficaci sugli spasmi dell'esofago inferiore [28, 29].

4. INTERFERENZA CON L'ANESTESIA

La maggior parte delle interazioni sono state descritte per 4 calcio antagonisti: Verapamil, Diltiazem, Nifedipina, Nicardipina. A tutt'oggi poche interazioni sono state segnalate con Bepridil e Nimodipina. Alcuni casi clinici segnalati e sperimentazioni su animali riguardano essenzialmente gli anestetici alogenati.

4.1 Inotropismo
Gli effetti cardiovascolari degli anestetici alogenati sono simili a quelli dei calcio-antagonisti (tab.IV). A livello miocardico, il meccanismo d'azione degli alogenati implicherebbe in parte i movimenti transmembranari del calcio libero, in parte è stato descritto un effetto d'inibizione dei canali lenti [30]. Bosnjak e Kampine [31] hanno descritto una depressione dose dipendente del potenziale d'azione del nodo del seno con i tre alogenati. Questa depolarizzazione cellulare è essenzialmente dipendente da un ingresso lento di calcio. Le differenti sperimentazioni realizzate su preparati miocardici isolati [32, 33] nell'animale a torace aperto [34, 35] e a torace chiuso [36, 37] mostrano che la somministrazione simultanea di calcio-antagonisti e di alogenati aumenta la depressione miocardica. Le interferenze, quando esistono, sembrano più importanti con l'enflurano [36, 37]. L'effetto inotropo negativo sembra più marcato nell'associazione Alotano-Verapamil o Diltiazem che Alotano-Diidropiridine (Nifedipina, Nicardipina) [15]. Solo gli studi realizzati sull'animale a torace aperto hanno mostrato una profonda alterazione della funzione miocardica con posologie cliniche di alogenati e calcio-antagonisti: Alotano 1%-Verapamil 300mcg.Kg-1 [34], Verapamil-Isoflurane <1 MAC [35] e Diltiazem-Isoflurane [38]. Allo stato attuale, questi risultati ottenuti nell'animale a torace aperto non devono più essere presi in considerazione. In effetti le modificazioni emodinamiche indotte (modificazioni dei regimi pressori e dell'effetto Starling, posizione antifisiologica, risposta adrenergica intensa) [39] potenziano fortemente l'insieme delle sostanze testate in queste condizioni. Gli studi clinici dell'interazione calcio-antagonisti/alogenati sulla contrattilità miocardica non hanno mostrato che degli effetti relativamente modesti. In cardiochirurgia, la somministrazione di Verapamil alla dose di 0,15mg.Kg-1 in 15 min ha determinato in 8 pazienti coronaropatici sottoposti ad anestesia con Alotano, una riduzione del 16% dell'indice cardiaco, associato ad una riduzione della pressione arteriosa media per vasodilatazione periferica [40]. Nelle stesse condizioni, la Nifedipina induce una vasodilatazione periferica senza compromissione importante dell'inotropismo [41].

TABELLA IV
Comparazione degli effetti dei calcio-antagonisti e degli alogenati

A-V: atrioventricolare; RVS: resistenze vascolari sistemiche

4.2 Ritmo e Conduzione

Nell'animale, l'associazione Enflurano-Verapamil [42] o Isoflurano-Diltiazem [38] comporta una disfunzione sinusale severa con pause, reversibile unicamente con l'iniezione di isoprenalina. Verapamil e diltiazem rallentano la conduzione atrioventricolare ed esercitano quindi un effetto additivo a quello dromotropo negativo dei tre alogenati. Nell'uomo né l'intervallo PR, né la frequenza cardiaca sono stati sensibilmente modificati per effetto dell'interazione alotano-verapamil somministrato cronicamente [40]. Hantler e coll. [42] hanno segnalato due casi di bradicardie sinusali in pazienti trattati cronicamente col diltiazem e sottoposti ad anestesia con un'associazione di enflurane e fentanyl.

4.3 Effetti vasodilatatori periferici

Studi su animali hanno dimostrato che gli alogenati e i calcio-antagonisti sommano i loro effetti vasodilatatori, senza perciò essere responsabili di ipotensione severa [43, 44]. L'ipotensione arteriosa è maggiore se uno dei due agenti utilizzati è la Nifedipina [44] o l'isoflurano [36]. Nell'uomo, l'effetto vasodilatatore periferico predomina ugualmente [40,41]. Sperimentalmente, i calcio-antagonisti potenziano la riduzione del flusso sanguigno carotideo e renale indotta dagli alogenati. Ciò è stato osservato con l'associazione Nicardipina-Isoflurano, Verapamil e uno dei tre Alogenati [36, 45]. Su un piano pratico, benché siano stati realizzati pochi studi clinici, la sospensione del trattamento nel periodo perioperatorio non è giustificato ed i calcio-antagonisti devono essere mantenuti fino all'intervento, soprattutto nel paziente coronarico e iperteso in cui i rischi di rebound all'interruzione sono sempre possibili. D'altra parte, la somministrazione endovena del Verapamil durante un'anestesia comporta dei rischi. Per esempio, l'iniezione endovena di Verapamil (5mg) prescritto per ridurre una tachicardia durante un'anestesia con Alotano ha provocato un arresto cardiaco [46]. Ugualmente l'utilizzazione del Diltiazem endovena in associazione con l'Alotano o l'Enflurano non è raccomandabile in pazienti con insufficienza cardiaca o turbe di conduzione.

4.4 Interferenze con altri anestetici

I barbiturici diminuiscono la ricaptazione del calcio da parte del reticolo sarcoplasmatico [47] e la maggior parte degli anestetici generali inibiscono lo scambio sodio-calcio del sarcolemma [48]. L'anestesia con barbiturici nel maiale, associata alla somministrazione endovena di Diltiazem ha determinato una modesta diminuzione del postcarico e della contrattilità del ventricolo sinistro [49]. Forti dosi di analgesici in associazione ai calcio-antagonisti non sembrano indurre effetti deleteri marcati [50, 51]. Nell'uomo Kapur e coll. hanno rilevato, in cardiochirurgia, che i pazienti trattati con calcio-antagonisti e beta-bloccanti tollerano importanti dosi di fentanyl (100mcg.Kg-1). L'associazione anestetici locali e calcio-antagonisti può aumentare la loro cardiotossicità. Questo è stato dimostrato nel cane con l'associazione Lidocaina-Verapamil/Diltiazem [53]. Nell'animale i calcio-antagonisti prolungano la durata del blocco neuromuscolare indotto dal curaro depolarizzante [54] e non depolarizzante [55]. Clinicamente queste interazioni non sono state osservate [56].

4.5 Casi particolari di ipertermia maligna

Anche se in vitro i calcio-antagonisti diminuiscono, fino a sopprimere la contrattura muscolare indotta dall'alotano [57], la loro associazione in vivo con il dantrolene è controindicata per via del rischio di shock cardiogeno ed iperkaliemia [58].

5. PROSECUZIONE O SOSPENSIONE DEI CALCIO-ANTAGONISTI?

Le interferenze emodinamiche ed elettrofisiologiche riguardano essenzialmente gli alogenati. L'Alotano, come l'Enflurano, ha effetti depressori diretti sulla contrattilità pari al Verapamil e al Diltiazem. L'Isoflurano potenzia meno gli effetti inotropi negativi di questi due calcio-antagonisti. Tuttavia l'aggiunta di un farmaco beta-bloccante può svelare l'effetto cardiodepressore dell'Isoflurano. La prudenza è dunque di regola in anestesia, in particolare durante l'utilizzazione degli alogenati in pazienti trattati con beta-bloccanti o calcio-antagonisti [59]. Mantenere i calcio-antagonisti fino all'intervento è giustificato anche se ciò comporta dei rischi. Le loro interazioni con gli agenti anestetici possono andare dal collasso severo, che necessita il ricorso alle catecolamine [60, 61], all'ipotensione moderata che risponde all'espansione volemica [61,62] od all'assenza di qualunque modificazione pressoria [40]. Gli effetti depressori dei calcio-antagonisti possono essere antagonizzati aumentando il gradiente di concentrazione di calcio transmembranario (calcio cloruro o gluconato) od utilizzando le catecolamine [1]. Per correggere la diminuzione della contrattilità sono stati proposti i sali di calcio [62, 63]. 15 mg di calcio gluconato endovena sono stati efficaci per annullare gli effetti emodinamici di 0,07 mg.Kg-1 di Verapamil endovena [64]. Altri autori preferiscono l'utilizzazione in prima istanza di amine pressorie, scelte in base alla turba emodinamica predominante [62, 63]. La somministrazione di calcio cloruro non è efficace nelle turbe della conduzione. In effetti, esso fa aumentare il numero dei canali del calcio aperti disponibili e perciò la somministrazione di un beta-adrenergico è preferibile [64]. Può essere realizzato il trascinamento elettrosistolico [59]. In pratica, l'interpretazione degli effetti osservati durante anestesia in pazienti trattati con calcio-antagonisti è talvolta resa difficile dal terreno (coronaropatici, stabili o no), dai trattamenti associati (nitroderivati, beta-bloccanti) ed il tipo di anestesia (elezione o urgenza). La sospensione preoperatoria non è giustificata, ma l'anestesista conoscendo le eventuali interazioni potrà diversificare l'anestesia a seconda dei casi.

6. UTILIZZAZIONE PERIOPERATORIA DEI CALCIO-ANTAGONISTI

6.1 Insufficienza coronarica

L'utilizzazione perioperatoria dei calcio-antagonisti per la prevenzione degli episodi d'ischemia miocardica è controversa. Due studi prospettici non randomizzati hanno tentato di definire il ruolo dei calcio-antagonisti somministrati cronicamente. I risultati sembrano irrilevanti nella prevenzione di questa patologia. Su una serie di 444 soggetti anestetizzati per by-pass coronarico, Slogoff e Keats [65] non hanno osservato differenze nell'insorgenza di episodi ischemici nei pazienti trattati con calcio-antagonisti rispetto ai non trattati. Lo studio di Chung e coll. [66] ha confermato questi primi risultati in 92 pazienti. Un terzo studio preliminare mostra, come i precedenti, che i calcio-antagonisti sono meno efficaci dei beta-bloccanti nella prevenzione degli episodi d'ischemia miocardica perioperatoria [67]. Tuttavia, poiché la tachicardia è correlata con la frequenza di insorgenza di episodi d'ischemia, l'utilizzazione di differenti classi di calcio-antagonisti nei pazienti inclusi in questi studi può in parte spiegare questo insuccesso sorprendente. Quindi questi studi non contraddicono affatto i risultati ottenuti in due studi randomizzati, che utilizzavano il Diltiazem endovena (0,15mg.Kg-1) seguito da una infusione continua da 3 a 5mcg.Kg-1.min-1, iniziato prima dell'induzione dell'anestesia e proseguito da 3 a 12 ore dopo l'estubazione nei pazienti coronaropatici [68, 69]. L'efficacia del Diltiazem può essere attribuita al suo effetto cronotropo negativo particolarmente spiccato in questo modo di somministrazione [69].

6.2 Ipertensione

La correzione delle puntate ipertensive perioperatorie con calcio-antagonisti è stata largamente documentata, la Nifedipina sublinguale (10mg) [70] o il Verapamil endovena (0,1mg.Kg-1) [71] prevengono gli accessi ipertensivi secondari all'intubazione. La Nicardipina endovena è stata utilizzata per il controllo pressorio durante interventi per feocromocitoma [72]. L'efficacia dei calcio-antagonisti nel trattamento degli episodi ipertensivi perioperatori è stata paragonata a quella della trinitrina [73]. Tuttavia l'aumento significativo della frequenza cardiaca nei due gruppi che ricevono i calcio-antagonisti può essere deleterio nei coronaropatici. La somministrazione di una dose unica intranasale di Nifedipina (10mg) permette di normalizzare i rialzi pressori della fase di risveglio postoperatorio [74]. La prevenzione delle poussée a decorso immediato in chirurgia carotidea può essere ottenuta con Nifedipina intranasale (10mg) o Diltiazem (0,3mcg.Kg-1 in bolo seguiti da un infusione continua di 3mg.Kg-1.min-1) [75]. E' razionale riprendere il trattamento prima possibile nel coronarico che tollera meno bene la fase di risveglio in cui diversi fattori si sommano ed aumentano il MVO2: ripresa dei meccanismi della termoregolazione, scomparsa rapida della vasoplegia, aumento del pre e del post-carico ventricolare. Durante il periodo di risveglio, si constata frequentemente la comparsa di puntate ipertensive tanto più frequenti se il soggetto era iperteso già prima dell'intervento [76]. La Nifedipina (da 5 a 30mg per via nasale o sublinguale), la Nicardipina (2-5mg endovena) o il Diltiazem (0,1-0,5 mcg.Kg-1.min-1) possono essere utilizzati associati, sotto controllo elettrocardiografico stretto, ad altri trattamenti sintomatici.

6.3 Disturbi del ritmo

Il Verapamil endovena o il Diltiazem sono stati utilizzati nel trattamento delle tachiaritmie sopraventricolari durante o dopo anestesia [77, 78]. Qualunque sia il farmaco esso non può essere somministrato se non quando l'aritmia è mal tollerata e dopo il fallimento di altri trattamenti (ossigenazione, manovre vagali, modificazioni della condotta anestesiologica) [64].

CONCLUSIONI

I calcio-antagonisti devono essere mantenuti fino all'intervento. L'interruzione non è giustificata soprattutto nei coronaropatici. Il rischio di miocardiodepressione o di turbe di conduzione atrioventricolare sono più importanti se il paziente riceve l'associazione di un beta-bloccante e Verapamil. Le interazioni con gli alogenati sono evidenti e devono spingere ad un loro utilizzo ponderato durante il periodo perioperatorio.

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