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Intossicazioni da Esteri OrganoFosforici e Carbamati

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Intossicazioni da esteri organofosforici e carbamati 

Insetticidi organofosforici

Introduzione

Gli organofosforici (OP) sono tra gli insetticidi più utilizzati in agricoltura, in veterinaria, ma anche negli ambienti domastici, di lavoro etc. Gli OP costituiscono una classe estremamente vasta di composti con proprietà fisico-chimiche differenti tra di loro, tutti accomunati dal medesimo meccanismo d'azione : l'inibizione irreversibile dell'enzima acetilcolinesterasi (AchE). 
Gli OP possiedono una tossicità acuta elevata e le intossicazioni avvengono per molteplici vie di contatto: ingestione, inalazione, per assorbimento cutaneo, e sono causate da errori d'uso o alla mancanza di precauzioni nel loro impiego. A scopo suicida, invece, vengono solitamente ingeriti. 
Come prodotti fitosanitari, gli insetticidi organofosforici e i carbamati sono sottoposti ad una regolamentazione comunitaria che ne stabilisce la pericolosità in base alla DL 50 (in mg/kg) (tabella 1). La maggior parte degli OP appartengono alla categoria di fitofarmaci molto tossici, tossici e nocivi per i quali è necessario possedere un "patentino" appositamente rilasciato dalle autorità competenti che attesti la competenza di chi ne fa uso.

 

    Molto tossici
(T+)
Tossici
(T)
Nocivi
(Xn)
Irritanti
(Xi)
Non classificati

Solidi
DL 50 mg/kg
orale </= 5 > 5 a </= 50 > 50 a </= 500 >500 Rischi trascurabili per l'uomo
cutanea </ = 10 > 10 a </= 100 > 100 a </= 1000 >1000
Liquidi
DL 50 mg/kg
orale </ = 25 > 25 a </= 200 > 200 a </= 2000 >2000
cutanea </= 50 > 50 a </= 400 > 400 a </= 4000 >4000
Gassosi
DL 50 mg/kg
inalatoria </= 0,5 > 0,5 a </= 2 > 2 a </= 20 >20

 

Meccanismo d'azione e tossicità

L'enzima acetilcolinesterasi (AchE) è deputato alla scissione dell'acetilcolina (Ach) in colina e acido acetico (figura 1).

 

figura 1

 

 L'acetilcolina agisce come neurotrasmettitore dell'impulso nervoso di tutte le fibre pregangliari del sistema nervoso autonomo, delle fibre postgangliari del sistema parasimpatico e di alcune fibre postgangliari simpatiche. L'acetilcolina, inoltre è il neurotrasmettitore della placca neuromuscolare della muscolatura scheletrica e di alcuni interneuroni del sistema nervoso centrale (vedi figura 2). 

 

figura 2


L'Ach, una volta liberata nello spazio intersinaptico, si lega ai recettori postsinaptici, promuovendo l'effetto farmacologico, e viene distrutta, ad opera di enzimi specifici, le acetilcolinesterasi, nell'arco di millisecondi. 

L'acetilcolinesterasi (AchE) è l'enzima che inattiva l'acetilcolina (Ach). 
Gli organofosforici (figura 3) formano per fosforilazione un complesso con l'enzima (AchE) rendendolo indisponibile per la degradazione dell'Ach.

  

R = metile o etile

OR' = alchile, alcossi, arile..

figura 3


Un'inibizione dell'AchE quale quella determinata dagli insetticidi organofosforici, produce nello spazio sinaptico un accumulo di Ach endogena e una conseguente iperstimolazione a livello delle terminazioni periferiche colinergiche (effetto muscarinico), della placca neuromuscolare, dei gangli simpatici (effetto nicotinico) e del SNC. Nelle terminazioni colinergiche della muscolatura liscia elevate concentrazioni di Ach determinano contrazioni muscolari così come si assiste ad aumento delle secrezioni per iperstimolazione delle terminazioni colinergiche ghiandolari. Nella placca neuromuscolare, l'accumulo di acetilcolina può determinare iperstimolazione con contrazioni muscolari o viceversa paralisi per depolarizzazione. Nelle sinapsi del SNC, l'aumento di Ach provoca alterazioni sensoriali e del comportamento, incoordinazione motoria e depressione respiratoria.

Nell'uomo esistono due tipi di colinesterasi :

  • acetilcolinesterasi (AchE): nota anche come colinesterasi intraeritrocitaria; possiede una elevatissima velocità di idrolisi; è localizzata principalmente nel tessuto nervoso centrale e nei globuli rossi.

  • pseudocolinesterasi (PchE): è presente nel plasma, fegato e altri organi; la sua funzione è sconosciuta.

Il dosaggio ematico delle colinesterasi costituisce l'indagine più importante nella diagnosi e nel monitoraggio dell'esposizione acuta agli OP. La riduzione delle colinesterasi è infatti strettamente collegata alla durata e all'intensità dell'esposizione agli OP. Le colinesterasi intraeritrocitarie, possedendo gli stessi siti recettoriali di quelle del SNC coinvolte nelle intossicazioni da OP, rappresentano un indicatore più specifico delle plasmacolinesterasi. Alcuni OP (es. malathion), tuttavia inibiscono più precocemente le PchE delle AchE per cui le prime in questo caso hanno maggiore sensibilità delle seconde. Il recupero ossia la rigenerazione delle PchE avviene prima delle AchE. Quest'ultime possono tardare giorni prima di raggiungere il loro minimo per poi restare depresse per un periodo maggiore, a volte di mesi. Le PchE possono essere ridotte nelle patologie epatiche croniche, neoplasie, malnutrizione e in gravidanza; esistono, inoltre, variazioni fisiologiche individuali nelle quantità dell'enzima. Al contrario, le PchE risultano ridotte soltanto in poche condizioni oltre che nell'intossicazione da OP. In ogni caso ogniqualvolta si assista a chiari segni d'intossicazione da OP e/o carbamati, anche in assenza di conferme di laboratorio, è opportuno iniziare il trattamento.

Il processo enzima-inibitore si svolge in due tappe : nella prima tappa (fosforilazione), utilizzando un antidoto è possibile spiazzare l'organofosforico dall'enzima, ripristinandone l'attività; nella seconda tappa la fosforilazione diventa irreversibile secondo un meccanismo denominato "invecchiamento" (aging) dell'enzima. Il ritorno dell'attività funzionale dell'enzima è possibile allora soltanto con la sintesi di nuova colinesterasi, che richiede 20-30 giorni. 
Il metabolismo degli OP è essenzialmente epatico, con formazione di composti meno tossici successivamente eliminati per via renale. In alcuni casi è necessaria invece un'attivazione epatica dell'insetticida che ne accresce la tossicità. 

Manifestazioni cliniche

E' possibile stabilire una relazione tra il livello di colinesterasi misurate e i segni clinici dell'intossicazione acuta (tab. 1)

 

% inibiz. AchE 

Grado di intossicaz.

Segni clinici

Prognosi

50-60

Lieve

Astenia, cefalea, nausea, salivazione, lacrimazione, miosi

Convalescenza 1-3 g

60-90

Moderato

Astenia marcata, disturbi visivi, salivazione abbondante, sudorazione, vomito, diarrea, bradicardia, ipertonia, tremori estremità, miosi, cianosi

Convalescenza in 1-2- sett.

90-100

Severo

Tremori intensi, convulsioni, cianosi intensa, edema polmonare, coma

Morte

L'intossicazione da OP può avvenire per diverse vie di contatto: cutaneo-mucosa, inalatoria, per ingestione, a seconda delle modalità d'esposizione (accidentale o intenzionale). Le manifestazioni cliniche che si determinano, pertanto,  sono espressione della dose di OP raggiunta negli organi bersaglio e delle caratteristiche fisico-chimiche del tossico; quest'ultime variano da un composto ad un altro (le DL50 degli OP variano da pochi mg a qualche g/Kg corporeo) e sono schematizzate nella tabella 2 :


sistema respiratorio

broncospasmo, aumento secrezioni, dispnea, dolore toracico, tosse

s. gastrointestinale

anoressia, nausea, vomito, crampi addominali, eruttazione, diarrea, tenesmo

gh. sudoripare

aumento della sudorazione

gh. lacrimali

aumento della lacrimazione

gh. salivari

aumento della salivazione

vescica

incontinenza urinaria

mm. striati

fatica, debolezza, contrazioni muscolari, fascicolazioni, crampi, debolezza generalizzata comprendente i mm. Respiratori

gangli simpatici

pallore, transitorio aumento della pressione arteriosa

SNC

vertigini, tensione, ansia, irrequietezza, labilità emotiva, insonnia, incubi, cefalea, tremori, apatia, confusione, atassia, confusione, coma

s. cardiocircolatorio

bradicardia, riduzione della gittata cardiaca, arresto cardiaco, paralisi del centro vasomotorio

pupille

miosi

corpo ciliare

visione offuscata

Alcuni OP per via di un'elevata lipofilia sono immagazzinati nel tessuto adiposo e possono essere responsabili di manifestazioni cliniche a distanza dall'evento acuto. Non bisogna, inoltre, dimenticare i possibili effetti tossici dei solventi o co-formulati. 

Gli OP sono responsabili, alcuni giorni dopo un'esposizione acuta, di una sindrome intermedia caratterizzata da debolezza muscolare (localizzata soprattutto al collo e agli arti superiori) con paralisi respiratoria. Tale sindrome non sembra essere mediata da fenomeni muscarinici, ma piuttosto da alterazioni pre e post-sinaptiche della placca neuromuscolare. Gli OP più frequentemente coinvolti sono: methyl parathion, fenthion, e dimethoate.
Alcuni OP, in rare circostanze, hanno determinato una neuropatia ritardata (OPIDN = organophosphate-induced delayed neuropathy) manifestata da debolezza, paralisi o parestesie agli arti inferiori che può persistere per mesi o anni. L'evento scatenante sembrerebbe un'esposizione acuta massiva a determinati OP. 

La diagnosi differenziale tra organofosforici e carbamati ambedue inibitori dell'acetilcolinesterasi e responsabili di sindromi colinergiche si basa su: minore durata della sintomatologia dei carbamati, valori di colinesterasi falsamente normali, scarsa risposta alla pralidossima.

Trattamento

E' importante ricordare che per l'elevata capacità di penetrazione nell'organismo degli OP l'approccio del personale di soccorso e sanitario alla vittima intossicata deve avvenire con opportuni mezzi di protezione (mascherine, camici, guanti in gomma: quelli in lattice non sono sufficienti). 
Nei casi gravi il sostegno delle funzioni vitali è prioritario: l'insufficienza respiratoria acuta da paralisi muscolare e aumento delle secrezioni bronchiali è la principale causa di morte per avvelenamento da OP.

 

Misure di trattamento
  • Intubazione endotracheale e ventilazione meccanica

  • Decontaminazione cutanea, oculare, gastroenterica

  • Terapia antidotica


La decontaminazione della cute, dei capelli, degli occhi e delle mucose esposte deve essere praticata immediatamente dopo o contemporaneamente al sostegno delle funzioni vitali della vittima. Tolti gli indumenti contaminati il paziente va lavato con abbondante acqua e sapone. Lo stesso dicasi per la decontaminazione oculare.
La decontaminazione del tratto gastroenterico se vi è stata ingestione di OP può essere poco indicata in caso di vomito e diarrea protratta come si verifica nelle intossicazioni di grado medio-severo.

Antidoti

Atropina

Meccanismo d'azione - Antagonista degli effetti muscarinici da iperstimolazione colinergica provocata dagli OP. 
Dosaggio e modalità di somministrazione - iniezione per via endovenosa, intramuscolare o endotracheale (in assenza di approccio venoso) di 1-2 mg (0.05-0.1 mg/kg nei bambini)
ripetuti ogni 15 minuti fino alla riduzione delle secrezioni polmonari e al miglioramento ossigenativo. Il proseguimento della terapia dipende dallo stato clinico del paziente. Tali dosaggi sono puramente indicativi: in esposizioni massive possono essere impiegati dosaggi centinaia di volte superiori senza un limite di dosaggio. In tali casi è opportuno istituire un'infusione continua. 

Pralidossima

Meccanismo d'azione - E' un riattivatore delle colinesterasi inibite dagli OP che agisce rimuovendo il fosforo dalla molecola di AchE (vedi figura). E' in grado, inoltre, di legarsi alla molecola di OP impedendo che questa inibisca l'enzima. Antagonizza gli effetti nicotinici e muscarinici degli OP, ma per la scarsa penetrazione nel SNC non è molto efficace per trattare i disturbi neurologici centrali. 
Dosaggio e modalità di somministrazione - iniezione endovenosa (intramuscolo se la via venosa non è disponibile) lenta ottenuta diluendo 1-2 g in 100 ml di soluzione salina o glucosata 5% in ca 30 min. Una 2a dose può essere somministrata 1-2 ore dopo e ogni 6-8 ore per le prime 48 ore se i sintomi persistono; nei casi più gravi utilizzare un'infusione continua alla velocità di 500 mg/ora.


Conclusioni

Gli OP sono dei biofarmaci responsabili di intossicazioni severe. Quando l'esposizione è massiva, per qualunque via avvenga, si determinano dei gravi quadri clinici minacciosi per la vita. La rianimazione e la terapia antidotica specifica vanno impiegati congiuntamente, così come la decontaminazione cutanea, congiuntivale e digestiva. Complicazioni legate alla terapia e alle patologie preesistenti dei pazienti possono contribuire ad allungare la degenza di tali intossicazioni gravate, in ogni caso, da elevata morbidità e mortalità.

Bibliografia

M.O. Amdur, J. Doull, C.D. Klaassen. Tossicologia. EMSI, Ed. Italiana 1993. Effetti tossici dei pesticidi.

V. Danel, P. Barriot. Les intoxications aigues. Arnette

M. Bozza Marrubini, R. Ghezzi Laurenzi, P. Uccelli. Intossicazioni acute. OEMF, 2a edizione 1987

P. Viccellio. Handbook of medical toxicology. Little, Brown and Company

JE. Davies, A. Barquet, VH. Freed, R. Haque, C. Morgade, RE Sonneborn, C.Vaclavek. Human pesticide poisoning by a fat-soluble organophosphate insecticide. Arch Environ Health 1975 ; 30 :608-613

Worek F; Backer M; Thiermann H; Szinicz L; Mast U; Klimmek R; Eyer. Reappraisal of indications and limitations of oxime therapy in organophosphate poisoning. Hum Exp Toxicol 1997 Aug;16(8):466-72   

EPA, United States Environmental Protection Agency, Recognition and Management of Pesticide Poisonings, 5th Edition

 

Carbamati 

Introduzione

I carbammati al pari degli organofosforici (OP) sono largamente impiegati come insetticidi principalmente in agricoltura ma anche in veterinaria, nell'uso domestico e comunitario (giardini, scuole). Sebbene possiedano una tossicità acuta inferiore a quella degli OP, il medesimo meccanismo d'azione li rende una categoria di tossici pericolosi per la salute dell'uomo.

Meccanismo d'azione e tossicità

I carbammati hanno un'azione anticolinesterasica identica a quella degli OP. Entrambi inibiscono l'azione dell'acetilcolinesterasi (AchE) responsabile della scissione enzimatica dell'acetilcolina ai diversi livelli nei quali agisce come neurotrasmettitore. La differenza con gli OP tuttavia è sostanzialmente la reversibilità del complesso carbamato-acetilcolinesterasi con conseguente riattivazione dell'enzima e recupero della funzione. La velocità di riattivazione dei carbamati può rendere la determinazione del livello delle colinesterasi poco attendibile: il processo di riattivazione, infatti, avviene alla stessa maniera in vivo ed in vitro determinando quindi valori falsamente normali di colinesterasi. 
I carbamati inoltre al contrario degli OP mostrano una maggiore velocità di degradazione. L'assorbimento nell'organismo dei carbamati avviene per via inalatoria, digerente e cutanea, anche se per quest'ultima la capacità di penetrazione è sensibilmente inferiore alle altre vie di contatto. 

Manifestazioni cliniche

Come effetto della reversibilità dell'inibizione dell'AchE, le manifestazioni cliniche in caso d'intossicazione acuta da carbammati tendono ad essere meno durature e quindi meno gravi. Per il resto il comune meccanismo d'azione con gli OP determina un quadro d'iperstimolazione colinegica che si esprime in segni nicotinici (tremori muscolari, paralisi, tachicardia, ipertensione), segni muscarinici (salivazione, sudorazione, broncorrea, lacrimazione, bradicardia) e segni neurologici centrali (confusione, incoordinazione motoria, turbe del comportamento). Anche per i carbamati l'insufficienza respiratoria acuta è la principale causa di morte. Per tale motivo è importante in caso d'intossicazione vera o presunta con insetticidi carbamati, non dilazionare il trattamento in  attesa di conferme di laboratorio sul livello delle colinesterasi. Le manifestazioni cliniche di adulti e bambini possono differire, nel senso che quest'ultimi presentano più frequentemente segni neurologici. 

Trattamento

Il trattamento sintomatico non differisce da quello previsto per le intossicazioni da OP: supporto delle funzioni vitali, decontaminazione cutanea, oculare e gastroenterica. La terapia antidotica si avvale dell'uso dell'atropina per controbilanciare gli effetti da iperstimolazione colinergica determinata dai carbamati; . Le dosi impiegate vanno personalizzate e non possono essere stabilite "a priori"; in genere sono necessari quantità inferiori a quelle impiegate con gli OP. La pralidossima, invece, per via della rapida riattivazione dell'AchE, non è indicata, e può essere dannosa; può essere somministrata nel caso ci si trovi di fronte ad un'intossicazione mista OP/carbamati.

Bibliografia

M. Bozza Marrubini, R. Ghezzi Laurenzi, P. Uccelli. Intossicazioni acute. OEMF, 2a edizione 1987

Ecobichon DJ. Toxic effect of pesticides. In: Klaassen CD (ed), Casarett & Doull’s Toxicology: The Basic Science of Poisons, 5 th ed. New York: McGraw-Hill, 1996, p. 659.

Lifshitz M, Shahak E, Bolotin A, et al. Carbamate poisoning in early childhood and in adults. Clin Toxicol 1997;35:25-7.

EPA, United States Environmental Protection Agency, Recognition and Management of Pesticide Poisonings, 5th Edition

 


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