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Ruolo dell' Enolasi Neurono-Specifica ( NSE ) plasmatica nella prognosi neurologica della encefalopatia ipossica secondaria ad arresto cardiaco

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M. Bella, G. Baldi, A. Cutillo, G. Folco, G. Gobbi, G. Ratto, C. Vaira, Y. Winer
Centro di Rianimazione e Terapia Intensiva (Direttore: M. Vecchietti) Ospedale San Paolo - Savona 
F. Minetti , M. Scogna
Laboratorio di Patologia Clinica - Ospedale San Paolo - Savona

INTRODUZIONE
L'encefalopatia ipossica è una condizione anatomoclinica conseguente ad un insufficiente apporto di ossigeno all'encefalo in rapporto alle sue esigenze metaboliche; gli esiti sono condizionati dalla durata e dalla entità del deficit del flusso ematico, e dalla compliance cerebrale del paziente [1]. Le cause principali sono costituite dall'arresto di circolo, dall'intossicazione da monossido di carbonio e dall'avvelenamento da cianuri. La patogenesi dell'encefalopatia in questione non è completamente chiarita, tuttavia è probabilmente legata all'insulto portato alle cellule neuronali dall'azione di aminoacidi eccitotossici (tra i quali i principali sono il glutammato e l'aspartato) con coinvolgimento, tra gli altri, di enzimi proteolitici, della proteinkinasi C e della fosfolipasi C. La maggiore vulnerabilità all'ipo/anossia si realizza a livello della neocortex, dell'ippocampo, del cervelletto e del nucleo lenticolare [2]: in tali regioni anatomiche l'ipossia determina dapprima eosinofilia citoplasmatica neuronale, quindi necrosi cellulare ed infine gliosi fibrillare sostitutiva.
L'encefalopatia post-arresto circolatorio ha una frequenza che risulta correlata in modo direttamente proporzionale al "successo" delle terapie rianimatorie. L'entità della compromissione neurologica è estremamente variabile (dal completo recupero alla condizione di morte cerebrale).
Dal punto di vista clinico, deontologico ed economico la possibilità di poter usufruire, in Terapia Intensiva, di un semplice dosaggio enzimatico su siero per orientarsi precocemente circa il recupero della coscienza nei pazienti rianimati in seguito ad arresto cardiaco ci pare interessante. Infatti, la valutazione iniziale di tali pazienti è notoriamente problematica in quanto i fattori interferenti ed in grado di alterare in modo significativo il quadro clinico-neurologico sono numerosi (sedazione, ventilazione meccanica, disturbi metabolici, insufficienza multiorgano, ecc.). Le metodiche diagnostiche impiegate nella valutazione dell'encefalopatia ipossica sono molteplici e comprendono metodiche cliniche [3,4,5,6,7,8,9] come la Glasgow Coma Scale (GCS), la precocità del recupero del riflesso fotomotore, la ricomparsa di una risposta finalizzata al dolore e la ripresa dell'attività respiratoria spontanea, metodiche strumentali tra le quali la tomografia assiale computerizzata, la risonanza magnetica nucleare [10], i potenziali evocati [11], l'elettroencefalogramma e la tomografia ad emissione di positroni e metodiche biochimiche come il dosaggio, nel liquor cefalorachidiano, della creatinkinasi, della creatinkinasi-BB [12], della neural cell adhesion molecule (NCAM) [13], della latticodeidrogenasi e del lattato e piruvato [14,15]. Ciascuna di queste metodiche offre il fianco a critiche: quelle strumentali sono difficilmente utilizzabili nel paziente acuto per motivi logistici ed inoltre il loro ruolo nel prevedere precocemente l'esito neurologico è controverso; il dosaggio dei vari enzimi nel liquor è sicuramente predittivo ma, per ottenere il campione biologico, e' necessario eseguire una rachicentesi, che può avere controindicazioni se eseguita nel paziente neurologico in fase acuta.
Il presente studio si propone di valutare il ruolo del dosaggio dell'enolasi neurono-specifica (NSE) nel siero come indicatore precoce del recupero del contenuto e del livello della coscienza nei pazienti con encefalopatia conseguente ad arresto cardiaco primitivo in Terapia Intensiva [16,17,18,19,20]. 
L'enolasi ( 2-fosfo-D-glicerato idrolasi , PM 80.000 dalton ) è un enzima citoplasmatico della glicolisi che deidrata il 2-fosfoglicerato con formazione di fosfoenolpiruvato e di una molecola di acqua; è presente in tre forme:
a, b, g. La subunità a è largamente distribuita in vari tessuti, la subunità b è presente soprattutto nel tessuto miocardico e nei muscoli striati mentre le forme isomeriche ag e gg (= NSE ) sono state rilevate, in elevate concentrazioni, nelle cellule neuronali e neuroendocrine .
Numerose malattie si associano a variabile incremento della concentrazione della NSE nel siero; le principali sono elencate nella Tabella 1. 

tab.1
Principali cause di aumento della concentrazione della NSE nel siero
  1. carcinoma a piccole cellule del polmone
  2. neuroblastoma
  3. epatoplastoma
  4. retinoblastoma
  5. carcinoma del pancreas
  6. carcinoma midollare della tiroide
  7. trauma cranico [ 22,23,24 ]
  8. sepsi
  9. polmonite
  10. malattia cerebrovascolare [ 25,26,27,28 ]
  11. epilessia [ 29, 30 ] 
  12. metastasi cerebrali
  13. emolisi


MATERIALI E METODI

Sono entrati a far parte dello studio 41 pazienti consecutivi ricoverati in Reparto di Terapia Intensiva in seguito ad arresto cardiaco primitivo cioè dovuto a malattia cardiaca (ad es. infarto miocardico). I pazienti, in cui si è dimostrata la presenza di malattie in grado di determinare un aumento della concentrazione plasmatica della enolasi, sono stati esclusi dal presente studio. I pazienti con sospetto clinico-anamnestico di lesione intracranica acuta, potenzialmente responsabile di arresto cardiaco secondario, sono stati sottoposti a TAC encefalica. La concentrazione plasmatica della enolasi neurono-specifica è stata determinata immediatamente dopo la ripresa di una attività cardiaca meccanicamente valida e nei successivi quattro giorni; il numero dei giorni è stato inferiore in caso di recupero completo e conseguente trasferimento del paziente o in caso di decesso. Per il dosaggio dell'enzima è stato utilizzato un Test - Kit di tipo immunoenzimatico in fase solida, a lettura fotometrica, basato sul principio del "sandwich" (Cobas Core NSE EIA Roche ®). L'elaborazione statistica dei dati è stata condotta con l'ausilio di un programma specifico (MedCalc®). Nessun paziente è stato sottoposto a riscontro diagnostico.
La TAC encefalica è stata eseguita in 25 pazienti, e cioè quando vi era il sospetto clinico-anamnestico di malattia cerebrale acuta responsabile di arresto cardiaco o di lesione intracranica in grado di alterare il dosaggio della NSE; in tutti i casi non si sono evidenziate problematiche intracraniche interferenti. 
La concentrazione della NSE è stata inoltre rilevata in 13 pazienti controllo ricoverati nella nostra Divisione per motivi clinici di altro tipo, non portatori di malattie potenzialmente responsabili di falsi positivi.
All'ingresso e nei successivi quattro giorni, ciascun paziente è stato valutato dal punto di vista neurologico prendendo, tra l'altro, in considerazione: GCS, diametro pupillare, reazione pupillare alla luce, riflesso corneale, riflesso oculocefalico ed oculovestibolare, attività respiratoria, riflessi osteotendinei, tono muscolare, risposta plantare ecc. In riferimento allo stato neurologico [32] dei pazienti arruolati, con il termine "recupero" abbiamo fatto riferimento ai pazienti coscienti che eseguivano correttamente e ripetutamente ordini semplici; con il termine "stato vegetativo persistente" abbiamo indicato il paziente vigile, totalmente privo di funzioni cognitive, con ritmo sonno-veglia conservato e con risposta automatica e stereotipata agli stimoli esterni; il termine "coma" è stato applicato ai pazienti che presentavano una marcata alterazione dello stato di coscienza e delle funzioni della vita di relazione, che presentavano reazioni patologiche agli stimoli esterni, che non erano risvegliabili e che giacevano ad occhi chiusi con assenza di un ritmo sonno-veglia. Il termine "morte cerebrale" è stato utilizzato nei casi in cui erano soddisfatti i criteri previsti dalla Legislazione Italiana in materia di accertamento della morte e pertanto quando vi erano segni clinici e strumentali di assenza delle funzioni dell'intero encefalo [33].
Nella successiva analisi statistica dei dati i pazienti sono stati raccolti operativamente in due categorie in base al realizzarsi o meno di un completo recupero del contenuto e del livello di coscienza. I fattori potenzialmente interferenti con la situazione neurologica del paziente (farmaci, alterazioni metaboliche, emodinamiche o della temperatura corporea) sono stati rapidamente identificati e corretti .

 

RISULTATI 

L'analisi della concentrazione della NSE nel siero è stata condotta in funzione dell'evoluzione neurologica dei pazienti che sono stati raggruppati in due categorie.
Categoria denominata "NON COSCIENTI": essa comprende pazienti in stato di coma (compreso lo stato vegetativo persistente), il cui quadro neurologico non si è più modificato nel tempo fino al decesso o al trasferimento in altro reparto in qualità di lungodegenti. 
Categoria denominata "RECUPERO": comprende i pazienti che hanno avuto un recupero della vita di relazione durante la permanenza nella nostra Divisione.
Dei 41 pazienti arruolati nel presente studio, 21 sono deceduti in seguito allo sviluppo di una sindrome da insufficienza multiorgano. Le più alte concentrazioni della NSE (valore normale inferiore a 13 ng/ml) si sono avute nel gruppo dei pazienti in coma; tra questi i valori più elevati (>200 ng/ml) si sono riscontrati in quelli che hanno avuto una evoluzione verso la condizione di morte cerebrale. Nel gruppo dei pazienti che hanno ripreso coscienza vi sono stati due casi in cui la concentrazione della NSE è risultata elevata (rispettivamente 61 ng/ml in prima giornata e 37,8 ng/ml in terza giornata). Per contro, in un caso di mancato recupero neurologico, la concentrazione della NSE non ha superato i 18,8 ng/ml. 
Nella grande maggioranza dei pazienti che ha recuperato la coscienza, si sono dimostrati valori di NSE mediamente inferiori a 21,3 ng/ml. In tutti i casi si e' manifestato un picco di concentrazione della NSE, la cui comparsa è risultata temporalmente non prevedibile. L'applicazione ai dati delle Receiver Operating Characteristic (ROC) curve ha permesso di ottenere una specificità (frequenza di veri negativi) del 86,7% ed una sensibilità (frequenza di veri positivi) del 96 % e di ottenere un valore soglia (valore oltre il quale non è prevedibile un recupero della coscienza ) pari a 21,3 ng/ml.

 

DISCUSSIONE

La possibilità di poter utilizzare, in Terapia Intensiva, un parametro di laboratorio in grado di permettere una ragionevole previsione, in tempi brevi, del recupero della coscienza nei pazienti rianimati in seguito ad arresto cardiaco primitivo è senz'altro interessante. Il nostro interesse si è rivolto esclusivamente al recupero del contenuto di coscienza e della vigilanza. I risultati da noi ottenuti dimostrano che il dosaggio plasmatico della NSE è una metodica dotata di una notevole specificità e sensibilità, che è di facile esecuzione e che ha un costo accettabile. 
I dati che abbiamo ricavato dimostrano altresì che, dall'utilizzo della concentrazione della NSE, non si possono trarre conclusioni assolute. Si può pertanto affermare che non sempre la NSE è in grado di prevedere precocemente il recupero della coscienza anche se le possibilità che ciò non avvenga, nel caso di una concentrazione plasmatica superiore a 21,3 ng /ml, sono molto elevate. Non si conferma quanto riportato in precedenti lavori [19] circa il verificarsi di un picco ematico di NSE fra la terza e la quarta giornata; è vero che nel nostro studio si è sempre prodotto un picco di concentrazione ma il suo manifestarsi non è mai risultato temporalmente prevedibile. La mancanza di rilievi autoptici può rappresentare un fattore limitante i risultati della nostra ricerca; la TAC encefalo è stata eseguita, tuttavia, in tutti i casi in cui vi era una giustificazione clinico-anamnestica, anche se vi è piena consapevolezza dei limiti di risoluzione di tale metodica radiologica nello studio del sistema nervoso centrale, soprattutto in fase acuta.

 

CONCLUSIONI

L'analisi dei dati porta alla conclusione che, allo stato attuale delle conoscenze, la enolasi neurono-specifica sierica, utilizzata come indicatore precoce del recupero della coscienza nella encefalopatia ipossica dopo arresto cardiaco, non va considerata come un dato incontrovertibile, applicabile acriticamente nella pratica clinica bensì come un parametro biochimico dotato di una notevole specificità e sensibilità che va interpretato contestualmente agli altri riscontri clinico-strumentali. [34-35-36].

 

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