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Pancreatite acuta: revisione clinica

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Loredana Chiarenza - Servizio di Anestesia e Rianimazione - Ospedale Buccheri La Ferla F.B.F. -Palermo 
lory@gestelnet.it

La pancreatite acuta è un processo infiammatorio caratterizzato da diversi quadri anatomo-patologici che variano da una reazione edematosa ad una estesa necrosi emorragica, e può coinvolgere i tessuti peripancreatici, ma anche organi sistemici, con potenziali e devastanti conseguenze.

L’indice di mortalità per questa patologia è intorno al 5-10%, ma può arrivare sino al 35% e più se insorgono complicanze (1,2,3)

Non è facile fare diagnosi di pancreatite acuta. I segni di questa patologia sono aspecifici: il dolore addominale che spesso segna l’esordio della patologia, è comune anche ad altre patologie, così come l’aumento delle amilasi sieriche si può avere anche in corso di ulcera peptica penetrante, o perforata, gravidanza ectopica, occlusione o infarto intestinale. Sicuramente una buona indagine anamnestica può indirizzare verso questa patologia, anche se è importante escludere le altre che, peraltro, sono meritevoli di intervento chirurgico.

La pancreatite acuta è per definizione un processo patologico reversibile, ma non è sempre facile distinguere tra pancreatite acuta e cronica. La classificazione più comunemente usata per la pancreatite acuta distingue due forme: media e severa, dove per severa si intende un processo patologico caratterizzato da insufficienza multiorgano e complicazioni locali, il che si verifica nel 25 % dei casi (vedi oltre).( 4)

Esistono delle condizioni predisponenti alla patologia (vedi tabella 1) ed anche l’assunzione di alcuni farmaci (elencati in tabella 2) può determinare la comparsa della malattia, ma ancora oggi nel 10% dei casi di pancreatite non si riesce ad individuare una causa (pancreatite idiopatica).

Condizioni associate
Colelitiasi, coledocolitiasi Veleni (puntura di scorpione, o di alcuni ragni)
Alcolismo Parassiti intraduttali (ascaridiasi)
Farmaci Cause idiopatiche
Trauma Gravidanza
Chirurgia addominale maggiore Trapianti d'organo
Bypass cardiopolmonare Insufficienza renale terminale
Ipercalcemia Infezioni da Mycoplasma
Iperlipidemia Infezioni virali (parotite, coxsackie B, HIV, etc)
Ulcera penetrante gastrica o duodenale Pancreatite familiare
Tumori pancreatici Vasculiti
Pancreas divisum* Ischemia o Embolia

 

FARMACI ASSOCIATI
associazione definita associazione probabile associazione possibile
Azatioprina Acido Valproico Corticosteroidi
6-Mercaptopurina Furosemide Ciclosporina
Asparaginasi Idroclorotiazide Metronidazolo
Pentamidina Sulfonamidi Eritromicina
Didanosine Tetracicline Piroxicam
  Estrogeni Cimetidina
  Sulfasalazina Metolazone
  Paracetamolo (overdose) Metildopa
  Ergotamina (overdose) Ac. Aminosalicilico

EZIOPATOGENESI

La fase iniziale della malattia è caratterizzata da edema interstiziale del parenchima pancreatico e necrosi del grasso peripancreatico.

Ciascuna causa predisponente sembra agire sulle cellule acinari con il risultato di attivare prematuramente e ritenere dei potenti enzimi proteolitici. Questi enzimi attivati, a loro volta, danneggiano le cellule acinari e causano l’immediato rilascio di citochine e attivazione del sistema del complemento. Insieme queste molecole attraggono e sequestrano cellule infiammatorie, in particolare neutrofili che causano una ulteriore secrezione di citochine, radicali liberi ed altre molecole vasoattive come l’ossido nitrico. Il rilascio di molecole infiammatorie produce effetti locali quali edema pancreatico e necrosi, e complicanze sistemiche come ipotensione, febbre, tachicardia, capillary leak syndrome, e ipossia. Inoltre le citochine rilasciate nel pancreas stimolano l’apoptosi, iniziando così la morte cellulare responsabile della pancreatite. (5)

In particolare è la tripsina in forma cationica, che sembra essere il principale responsabile dell’attivazione di protrombina, plasminogeno e chininogeno, che sono alla base dei cambiamenti cardiovascolari ed emocoagulativi che si hanno durante la pancreatite.

La tripsina, in condizioni fisiologiche, sembra essere inibita principalmente dalle alfa2- macroglobuline, con cui si lega formando un complesso in forma inattiva. Il bilancio azotato negativo presente nella pancreatite acuta, riducendo la sintesi delle alfa2- macroglobuline, permette una più intensa azione degli enzimi pancreatici, e, inoltre, riduce gli effetti degli inibitori esogeni.

Inoltre sembra che la produzione di secretina pancreatica sia regolata dalla concentrazione di idrogenioni, mentre la colecistochinina è prodotta dal passaggio di un bolo alimentare attraverso il duodeno. Sicchè un Ph duodenale sotto 4.5 determina un aumento di secretina e la presenza di proteine e grassi nel duodeno stimolala secrezione di colecistochinina. La concentrazione di entrambi gli ormoni, poi, aumenta in risposta alla secrezione di colecistochinine. (6)

Queste nozioni sull’eziopatogenesi della malattia sono importanti per i risvolti terapeutici che vedremo in seguito (vedi terapia).

PRESENTAZIONE CLINICA

L’esordio della malattia consiste in dolore epigastrico che può irradiarsi posteriormente (50% dei casi), e che peggiora in posizione supina.

A questo sintomo spesso si associano: nausea, vomito, ipovolemia e ileo paralitico.

SEGNI E SINTOMI
dolore (irradiato al dorso, peggiora in posizione supina)
assenti segni di irritazione peritoneale
nausea, vomito
ipovolemia (3° spazio)
distensione addominale
Cullen’s segno e Gray-Turner’s segno
Problemi respiratori
Ipocalcemia senza tetano (ipoalbuminemia,formazione saponi di calcio
> secrezione di calcitonina per > del glucagone sierico,< secr di paratormone )

Ranson e collaboratori (7) hanno identificato 11 caratteristiche cliniche che sono correlate alla morbilità, ed all’eventuale mortalità.

Cirteri di Ranson di per la gravità della pancreatite acuta

Ricovero:

  • età >55 anni
  • conta globuli bianchi >16 000/mm3
  • Glicemia >110 mg/100ml
  • Latato deidrogenasi >350 IU/l
  • Aspartato aminotransferasi >250 U/l

Durante le prime 24 ore:

  • riduzione dell'ematocrito >10%
  • Azotemia >180 mg/100ml
  • Calcio <2 mmol/l
  • Pressione parziale di ossigeno <60 mm Hg
  • deficit di basi >4 mmol/l
  • sequestro di liquidi >6 l

QUANDO RICOVERARE IN ICU?

I primi 5 criteri valutano la severità del processo infiammatorio, laddove i 6 criteri misurati alle 48 ore indicano gli effetti sistemici degli enzimi e delle tossine circolanti.

Di conseguenza, il ricovero in ICU può essere consigliato per pazienti che presentano 3 o più criteri di Ranson, che necessitano di monitoraggio, di tecniche di rianimazione e di supporto ventilatorio oppure che presentano scompenso metabolico, insufficienza renale, collasso cardiovascolare e sepsi con insufficienza multisistemica (8).

Per quanto riguarda gli esami di laboratorio, l’aumento delle amilasi è un esame poco specifico, comune anche ad altre patologie (specificità 70%); è possibile trovare aumentate anche le lipasi, e sicuramente l’aumento di entrambi gli enzimi, rappresenta il golden standard della diagnostica laboratoristica rappresentando una sensibilità ed una specificità > 90%. (9).

Inoltre poiché le amilasi sono degli enzimi che vengono eliminati a livello renale con una clearance molto veloce, si possono trovare dei valori nella norma anche in presenza di pancreatite acuta (10).

Uno altro dato di frequente riscontro in corso di pancreatite acuta è l’ipocalcemia, dovuta ad una serie di fattori, tra cui l’ipoalbuminemia, la formazione di saponi di calcio, l’aumentata secrezione di calcitonina per aumento del glucagone sierico, e la diminuita secrezione di paratormone.

E’ possibile anche trovare un valore di ALT > 80 , molto specifico per pancreatite biliare, ma poco sensibile.

Dal punto di vista della diagnostica radiologica, l’unico esame che è utile sia nella diagnosi che nel monitoraggio della pancreatite è la TAC.

Uno studio fatto sullo stato emodinamico dei pazienti con pancreatite ha riscontrato delle differenze significative tra pazienti con pancreatite emorragica e quelli con pancreatite edematosa-interstiziale: Il primo gruppo mostra uno stato iperdinamico, con aumento della frequenza cardiaca, dell’indice cardiaco, basse resistenze periferiche, ed alta differenza arterovenosa; mentre il secondo gruppo ha dei valori più vicini a quelli normali.( 11)

Questo avvalorerebbe l'ipotesi patogenetica di cui sopra, secondo la quale, i mediatori della flogosi prodotti a livello pancreatico andrebbero in circolo determinando vasodilatazione periferica e l’apertura di shunts polmonari, che sono anche alla base dell’insufficienza respiratoria insieme alla diminuita capacità ventilatoria dovuta al sollevamento dell’emidiaframma, all’atelettasia basale, al versamento pleurico, ed alla microembolia polmonare, dovuta alla degradazione del surfattante da parte degli enzimi pancreatici circolanti.

Inoltre questa risposta ipermetabolica determina: aumento della spesa energetica del 10-30% sino al 50% nelle forme severe; aumento della gluconeogenesi e conseguente insulino-resistenza; ed aumento del catabolismo proteico ( la produzione di urea aumenta del 300-400%).

TRATTAMENTO

La terapia della pancreatite se da un lato deve mettere a riposo il pancreas, dall’altro ha lo scopo di fornire al paziente le sostanze necessarie alle sue esigenze nutrizionali e metaboliche.

In primo luogo è fondamentale il reintegro delle perdite idroelettrolitiche, ai fini anche di evitare un aumento dell’azotemia.

Per mettere a riposo il pancreas si dovrebbe mantenere il Ph duodenale < 4,5, e contemporaneamente, evitare il passaggio di cibo attraverso il duodeno (vedi patogenesi). Inoltre è importante avere un bilancio azotato positivo per cercare di evitare le complicanze settiche.

Nei casi in cui si preveda un digiuno maggiore di 10 giorni, trova indicazione la nutrizione artificiale, che nelle prime fasi in cui vi è vomito, assenza di peristalsi, e dolore addominale, deve essere per via parenterale, associando la aspirazione continua del contenuto gastrico, in quanto è stato dimostrato che la somministrazione per via venosa di aminoacidi e glucosio determina una secrezione pancreatica minima, certamente inferiore a quella prodotta dalla somministrazione attraverso il duodeno di diete elementari o da semplice soluzione fisiologica (6).

Dopo circa 10 giorni, non appena possibile, è bene associare una nutrizione enterale con sondino nasodigiunale o attraverso digiunostomia, cercando , così, di evitare anche la traslocazione microbica dal lume intestinale al circolo sistemico (minimum enteral feeding= 10-20ml/h)..

Le linee guida della RINPE (12) concernenti i pazienti affetti da pancreatite acuta consigliano di contenere l’apporto calorico totale entro le 25-30Kcal/Kg, con 1,5-2 gr /kg di aminoacidi, e lipidi per il 30% dell’apporto calorico totale fino ad 1-2 gr/Kg/die. In caso di pazienti con ipertrigliceridemia, l’impiego dei lipidi è controindicato .

Come indicatori di efficacia della terapia parenterale, si consiglia di valutare:

  1. il peso corporeo, che deve mantenersi costante;
  2. la riduzione del bilancio azotato negativo;
  3. la riduzione di amilasi e lipasi nel siero
  4. la mancanza o riduzione delle complicanze metaboliche o settiche.

Per quanto riguarda gli altri presidi terapeutici, molto è stato scritto sull’indicazione a procedere ad un intervento chirurgico. Tutti concordano nel dire che la chirurgia non è il trattamento di scelta di questa patologia tranne nei casi a genesi chirurgica (per es. calcoli nel coledoco). Oggi molti Autori (13) si sono indirizzati verso l’uso di tecniche non molto invasive, come la ERCP, per la soluzione di alcuni di questi casi.

Altri autori (14) sostengono che l’unica vera indicazione a procedere per via chirurgica sia la pancreatite necrotica, in cui è importante drenare questo materiale all’esterno. Inoltre, gli stessi autori, ritengono appropriato l’intervento chirurgico, in tutti i pazienti le cui condizioni rimangono critiche nonostante cure intensive. Tuttavia questo non diminuisce la percentuale di mortalità e di morbilità.

E’ importante controllare il dolore di questi pazienti: la petidina sembrerebbe essere il farmaco di scelta per questi pazienti.

Sono stati fatti molti studi su l’utilizzo di somatostatina e calcitonina come inibitori della secrezione pancreatica (15,16): nonostante il buon razionale fisiologico, queste sostanze non si sono dimostrate capaci di variare l’outcome di questi pazienti, al punto che da tempo,ormai, sono state abbandonate.

Le complicanze tardive di questa patologia sono da mettere in relazione alla sepsi. Le infezioni pancreatiche nella pancreatite acuta severa, sono dovute alla traslocazione e colonizzazione dei batteri enterici.

E’ quindi importante iniziare una profilassi antibiotica, soprattutto in quei pazienti che hanno molte probabilità di sviluppare una pancreatite severa (17)

COMPLICANZE

Le complicanze della pancreatite sono rappresentate da processi di natura vascolare, dalla formazione di pseudocisti pancreatiche e da complicanze relative alle pseudocisti, dall’ostruzione biliare, dall’ascesso e dalla necrosi pancreatica.

Le complicanze vascolari si distinguono in sistemiche e locali. Gli effetti vascolari sistemici sono in relazione al rilascio in circolo di proteasi pancreatiche, in grado di attivare la cascata del complemento (vedi patogenesi).

Gli effetti vascolari locali si dividono a loro volta in arteriosi e venosi.

Le complicanze arteriose sono le più gravi e sono conseguenti a sanguinamenti di una pseudocisti pancreatica o a rottura di uno pseudoaneurisma. Il vaso più comunemente coinvolto è l’arteria splenica, seguita dalla gastroduodenale e dall’arteria pancreaticoduodenale inferiore, anche se in realtà qualsiasi vaso splancnico adiacente può essere coinvolto (18,19). Lo sviluppo di aneurismi in questi pazienti è probabilmente in relazione all’autodigestione enzimatica del pancreas e delle arterie peripancreatiche.

Questa complicanze è causa di mortalità per il 25-40% dei casi in cui si verifica.

Le complicanze venose sono rappresentate dalla trombosi della vena porta e della vena splenica. Pur presentandosi in maniera meno drammatica delle complicanze arteriose, sono anch’esse causa di morte.

La pseudocisti pancreatica è una raccolta localizzata di secrezioni pancreatiche non delimitata da epitelio, che persiste per più di 4 settimane. E’ una complicanza abbastanza frequente, che necessita di trattamento chirurgico, soprattutto quando diventa sintomatica, cioè quando si infetta o determina ostruzione del tratto gastointestinale, o sanguina. La terapia iniziale per questa complicanza è il lavaggio peritoneale ed il conseguente drenaggio. Se questa tecnica fallisce si ha la necessità di proseguire verso interventi chirurgici più aggressivi.

L’ostruzione biliare è dovuta ad autodigestione del dotto biliare comune da parte degli enzimi pancreatici. Generalmente regredisce nel corso della malattia (20).

La necrosi pancreatica è l’indicazione principale all’intervento chirurgico per questi pazienti. Il rilascio degli enzimi proteolitici da parte del pancreas determina autodistruzione della ghiandola. Se a questo si associa l’erosione dei vasi peripancreatici e la contaminazione degli enterobatteri, si è determinata una necrosi pancreatica infetta.. Nei casi in cui, al quadro radiologico, si associa uno scadimento delle condizioni generali del paziente è necessario intervenire chirurgicamente. Normalmente, le tecniche percutanee possono essere utili per fare diagnosi o per drenare raccolte saccate più piccole, mentre l’ampia asportazione ed il posizionamento di drenaggi in aspirazione, è la tecnica di scelta per le raccolte più grandi.

Anche se trattati in maniera meticolosa, i drenaggi in aspirazione possono non essere sufficienti, e spesso questi pazienti devono tornare in sala operatoria per drenare nuove raccolte: ogni nuovo intervento diventa, così sempre più difficile a causa dell’alterazione delle strutture anatomiche, per cui anche questa complicanza è gravata da elevata mortalità.

CONCLUSIONI

La pancreatite rappresenta una malattia che a tutt’oggi è gravata da una pesante morbilità e mortalità.

Solo un approccio multidisciplinare che coinvolga rianimatori e chirurghi ,in stretto contatto, può migliorare l’outcome di questi pazienti, la cui prognosi, nonostante tutto, rimane molto grave.

BIBLIOGRAFIA

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  11. Gastroenterology, Vol 90, 74-79, Hemodynamic data pattern in patients with acute pancreatitis HG Beger, R Bittner, M Buchler, W Hess and JE Schmitz ).
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  13. Amboldi, Musazzi, Cornelli,et al:Acute pancreatitis: our experience during 20 years
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  20. Bradley, Salam:Hyperbilirubinemia in inflammatory pancreatic disease. Natural hysory and management. Ann Surg 1978;188:626.

 


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