Numero in formato solo testo


ISSN 1080-3521

EDUCATIONAL SYNOPSES IN ANESTHESIOLOGY

and

CRITICAL CARE MEDICINE - Italia -

Il giornale Italiano online di anestesia Vol 5 No 2 Febbraio 2000


Pubblicato elettronicamente da

Vincenzo Lanza, MD

Servizio di Anestesia e Rianimazione

Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli Palermo, Italy

E-mail: lanza@mbox.unipa.it

Keith J Ruskin, MD

Department of Anesthesiology Yale University School of Medicine

333 Cedar Street, New Haven, CT 06520 USA

E-mail: ruskin@gasnet.med.yale.edu

Copyright (C) 1997 Educational Synopses in Anesthesiology and Critical Care Medicine. All rights reserved. Questo rivista on-line può essere copiata e distribuita liberamente curando che venga distribuita integralmente, e che siano riportati fedelmente tutti gli autori ed il comitato editoriale. Informazioni sulla rivista sono riportate alla fine

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In questo numero:

1 Memoria ed esperienze oniriche durante anestesia e sindromi post-traumatiche da stress:
parte 4^ -
Memoria e Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD)

2 Complicanze da analgesia locoregionale in ostetricia:
l’esperienza del servizio di Anestesia dell’Ospedale Buccheri La Ferla di Palermo su 8877 anestesie peridurali

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Memoria ed esperienze oniriche durante anestesia e sindromi post-traumatiche da Stress:
parte 4^ - Memoria e Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD)

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Anthony Messina, MD

Assistant Professor of Anesthesiology
The New York Hospital-Cornell Medical Center
Associate Attending Anesthesiologist
Lenox Hill Hospital
New York, 10021 - USA
agmessina@earthlink.net

lll "… rimane non chiaro se il risveglio senza ricordo abbia importanza clinica." (Aitkenhead AR 1993)

La neurobiologia della memoria e della sindrome post-traumatica da stress 

Nel 1992, Ghoneim, nella sua revisione critica sulla memoria durante anestesia, argomentò: "Esiste una memoria cosciente (esplicita) per eventi che avvengono durante un'adeguata anestesia al di fuori dallo stato di coscienza? La risposta è 'possibilmente si'. Ci sono evidenze, non forti ma probabilmente valide che supportano quest'asserzione." Nei sette anni successivi alla sua revisione critica si sono fatti studi che hanno validato i concetti di memoria repressa (implicita) nella letteratura anestesiologica e di memoria emozionale nella letteratura psichiatrica.

In primo luogo io commenterò i dati sulla memoria repressa (implicita) nella letteratura anestesiologica. Successivamente commenterò la letteratura psichiatrica sul Disturbo Post-Traumatico da stress (PTSD), in che termini esso sia correlato: all'anatomia della memoria esplicita ed emozionale, ai meccanismi neurobiologici dei "ricordi lampo" ("flashbulb memories") e dei ricordi repressi e recuperati.

La Memoria

Natura dinamica della memoria traumatica

Come Bailey e Jones (Bailey AR 1997) descrissero nei loro studi sulla memoria, esiste una memoria a breve termine (di lavoro, working memory) e una memoria a lungo termine. La memoria a lungo termine è distinta in: memoria dichiarativa (cosciente, esplicita), che include memoria per fatti ed eventi come un incidente d'auto, e memoria non dichiarativa o procedurale (repressa, implicita), che comprende i ricordi di fatti, esperienze e parole a partire da un momento di innesco del ricordo. Questo secondo tipo di memoria è repressa (implicita) perché il soggetto non ha memoria di avere imparato le informazioni che ricorda e il ricordo caratteristicamente avviene senza sforzo. La memoria cosciente (esplicita) comprende memoria episodica e semantica che richiede sforzo per essere ricordata (Richardson JTE 1989). La memoria implicita ed esplicita sono entrambe rappresentazioni della memoria come dimostrato dagli esperimenti di psicologia cognitiva.

Per valutare la memoria cosciente (esplicita) risultano importanti le sequele cliniche descritte dai dati seguenti. Test indiretti per esaminare la memoria hanno evidenziato memoria cosciente (esplicita) e processi di apprendimento in corso di anestesia (Jelic M 1989, Block RI 1991, Bonnebakker AE 1996, Tunstall ME 1977, Artusio JF 1955, Messina AG 1996, Russell IF 1986, 1993, Andrade J 1994, Bethune OW 1992, Thornton C 1988, Weinberger NM 1984, Bennett HL 1985, Evans C 1988, Leslie K 1995). Altri studi non evidenziano apprendimento implicito durante anestesia generale. (Parker CJR 1994, Kalff AC 1995, Dwyer R 1992).

lll Nello studio di Andrade, l'efficienza dei test della memoria di lavoro (working memory) si riduce all'aumentare della dose di anestetico (Andrade J 1994). Quando viene applicato al soggetto uno shock elettrico doloroso, alla dose di anestetico di mantenimento, l'efficienza del test aumenta di nuovo. Questo fatto supporta la scoperta di Bethune, secondo cui la soppressione della memoria cosciente (esplicita) è funzione sia del livello farmacologico di sedazione sia del grado di stimolazione chirurgica (Bethune OW 1992). Questo concetto è stato ulteriormente studiato applicando i potenziali evocati uditivi, che mostrano un'inversione delle modificazioni nelle onde precoci corticali dovute all'anestesia alotonica dopo stimolo chirurgico (Thornton C 1988). Ne deriva che le stime della profondità dell'anestesia non possono essere accuratamente condotte attraverso le misurazioni basate sulla popolazione della concentrazione minima alveolare (MAC) per gli anestetici inalatori, o sulle stime dei mg/kg per gli anestetici endovenosi. Oggi gli anestesisti non hanno la possibilità di quantificare il livello della stimolazione chirurgica.

Due lavori esaminano i reperti contraddittori di molti studi sull'apprendimento implicito durante anestesia e sui suoi effetti sul comportamento postoperatorio. (Ghoneim MM 1992, Andrade J 1995). Sebbene le evidenze sperimentali possono essere contraddittorie, è forte l'evidenza per una memoria repressa di eventi clinici (Artusio JF 1955, Tunstall ME 1977, 1979 , Russell IF 1993). Può la memoria cosciente o repressa di eventi intraoperatori avere serie sequele cliniche? Molte casistiche (Blacher RS 1975, Meyer BC 1961, Goldman L 1987, Macleod AD 1992, Bennett HL 1990, Tunstall ME 1982 Guerra F 1986, Tracey J 1993, Messina AG 1996, Osterman J 1998) e molti studi (Moerman N 1993, Schwender D 1998) evidenziano sintomi consistenti con PTSD. Se un fenomeno clinico è provato una volta, per esempio che il PTSD può verificarsi dopo memoria cosciente e repressa in corso di anestesia, ciò dimostra che il fenomeno esiste. Anche se ciò non ci aiuta a capire l'incidenza del fenomeno stesso.

lll Alla luce di quanto sopra detto, forse gli studi che non mostrano evidenza di memoria cosciente (esplicita) o di memoria repressa (implicita) (Liu WH 1991, van Leeuwen BL 1996) sono stati condotti a una profondità di anestesia che si è dimostrata priva di possibilità di fissare i ricordi oppure sono stati condotti durante stimolazioni insufficienti per innescare o potenziare il processo di apprendimento.

lll Y. Yovell ha effettuato una rassegna della neurobiologia degli effetti del PTSD sulla memoria. La memoria dichiarativa (cosciente, esplicita) è mediata dall'ippocampo, invece la memoria emozionale (repressa, implicita) è mediata in parte dall'amigdala (Jacobs WJ). L'ippocampo è responsabile dell'acquisizione e del mantenimento di nuovi ricordi coscienti (Milner B 1998). Si pensa che l'amigdala media l'esperienza emotiva della paura. Per stabilire un'associazione tra un'esperienza spaventosa e una neutrale, è necessario un meccanismo importante per la fenomenologia del PTSD (Ledoux J 1966). Ledoux propose l'esempio di una persona che subisce un incidente automobilistico. Quando questa persona rimane ferita, il clacson suona e il soggetto si ritrova confuso: intrappolato nella macchina, terrorizzato, nel dolore e nel panico. Intanto il clacson continua a suonare. L'amigdala di questo soggetto assocerà il suono del clacson con l'esperienza traumatica dell'incidente. Da quel giorno, quando questa persona sente un clacson suonare per la strada, immediatamente ri-sperimenterà la sensazione di paura con le sue manifestazioni fisiche: aumento della frequenza cardiaca, della presione sanguigna, della sudorazione, della tensione muscolare, etc.

L'associazione e la ri-sperimentazione della paura, che sono mediate dall'amigdala, non sono dipendenti dall'ippocampo. Esse agiscono attraverso vie nervose che vanno dal talamo sensorio all'amigdala, bypassando completamente l'ippocampo e la neocorteccia. Ciò significa che, perché il suono di un clacson produca intensa ansietà, non è necessario avere ricordo cosciente dell'incidente. La vittima può anche ricordare l'incidente, attraverso il sistema di memoria dichiarativa mediato dall'ippocampo. Tuttavia la risposta di paura al suono del clacson non richiede alcun ricordo cosciente e può verificarsi senza di esso. Questo è un punto cruciale. L'amigdala virtualmente è incapace di dimenticare. Una volta che le connessioni neurali che mediano un'associazione traumatica si sono realizzate nel cervello, esse rimangono intatte per tutta la vita del soggetto. Questa è una caratteristica unica dell'amigdala. L'ippocampo, che è perfezionato per la sua capacità a ricordare i dettagli e le sfumature degli eventi, è contemporaneamente smemorato. Per contro, l'amigdala è molto semplice e grossolana per il suo repertorio, ma non dimentica mai un'associazione (Jacobs WJ 1985).

Lo stress traumatico ha effetti doppi, contraddittori sui ricordi espliciti: può renderli più forti, come nel fenomeno dei "ricordi lampo" ("flashbulb memories") o può farli sparire, come nell'amnesia traumatica. Cahill (Cahill L 1994) rilevò che il ricordo potenziato di eventi espliciti, durante momenti stressanti dal punto di vista emozionale, è mediato dall'adrenalina e dalla noradrenalina, che sono un ormone dello stress e un neurotrasmettitore stress-correlato. Essi sono attivati indirettamente dall'amigdala durante momenti di stress e di pericolo, ed entrambi a loro volta attivano l'ippocampo e l'amigdala. Cahill ideò un esperimento: propose a due gruppi due storie simili: a uno, una storia realistica di incidente traumatico; all'altro, un modello schematico di incidente, meno traumatica. Metà dei soggetti di ogni gruppo che esaminarono le storie furono trattati con placebo o inderal, per bloccare gli effetti dell'adrenalina o della noradrenalina sui beta-recettori. L'inderal attraversa la barriera emato-encefalica rapidamente. A questi gruppi di soggetti sani fu sottoposta sia l'una che l'altra storia e alla settimana successiva i soggetti furono intervistati per vedere quanta parte della storia ancora ricordavano. Nel gruppo placebo, i soggetti che avevano visto la storia dell'incidente traumatico ricordavano meglio di quelli che avevano visto il modello di incidente. Nel gruppo inderal, non vi era differenza nella memoria esplicita tra quelli che avevano visto l'evento traumatico e quelli che avevano visto il modello dell'evento. Ciò suggerisce che l'adrenalina e la noradrenalina, rilasciate durante il trauma, durante la paura e la situazione di pericolo, siano responsabili dei "ricordi lampo".

Ricordi traumatici

La memoria di un abuso sessuale, evento estremamente traumatico, con un'ondata di adrenalina verosimilmente significativa, è nota per essere dimenticata e poi per riemergere anni dopo come un ricordo recuperato. La dissociazione, la disconnessione tra la memoria dei fatti e la memoria dei sentimenti, è tipica delle vittime del trauma. La repressione, concetto centrale della psicoanalisi, non può essere sostenuta a oltranza come concetto psicologico indipendente dalla neurobiologia, e non può essere applicato a tutte le situazioni, in cui eventi traumatici vengono dimenticati. Jacobs e Nadel (Jacobs WJ 1985) suggerirono un meccanismo neurobiologico per la repressione e per la dissociazione di ricordi traumatici, che è basato sull'azione del cortisolo, un altro ormone stress-correlato. Il cortisolo è secreto in circolo dai surreni in risposta a un segnale ormonale a partenza ipofisaria. Questo segnale ormonale è scatenato al momento dello stress dall'amigdala, attraverso l'ipotalamo. Durante un'esperienza di paura o durante un trauma, la liberazione sia di adrenalina che di cortisolo è mediata dall'amigdala. Questi ormoni dello stress agiscono insieme per preparare l'organismo alla risposta di lotta-o-fuga. Tuttavia negli ultimi venti anni è diventato sempre più chiaro che l'eccesso di cortisolo ha effetti di vasta portata sulla memoria (Jacobs W J 1996). Alti livelli di cortisolo, come quelli presenti durante stress traumatico, hanno effetti opposti sull'amigdala e sull'ippocampo: come LeDoux (LeDoux J 1996) ha dimostrato, il cortisolo aumenta l'attività nell'amigdala. Per contro, l'attività nell'ippocampo dapprima aumenta poi drammaticamente diminuisce all'aumentare dei livelli di cortisolo (de Kloet E R 1993).

Il livello di stress traumatico può causare un parziale o completo spegnimento dell'ippocampo e con esso uno spegnimento della formazione della memoria dichiarativa. Di conseguenza, eventi molto traumatici sono ricordati a pezzi, in modo incompleto o niente affatto. L'amigdala non è spenta dallo stress traumatico ma per contro la sua attività è aumentata. Ciò porta a situazioni in cui la memoria esplicita di un evento traumatico è confusa o assente, ma la componente di memoria emozionale con tutti i sentimenti di paura e terrore associati si mantiene per tutta la vita, in attesa di riemergere appena si presenta l'occasione. Nel momento in cui il soggetto traumatizzato incontra uno stimolo traumatico, quale può essere il suono di un clacson, sperimenta intensa ansietà senza alcun ricordo cosciente di quello che gli è accaduto. In questo caso abbiamo un esempio di dissociazione: una disconnessione tra i fatti e i sentimenti. Nelle condizioni in cui la memoria dichiarativa di un'esperienza traumatica è vaga e incompleta, il ricordo avviene solo in circostanze di maggiore intensità emozionale, quali sono quelle che si verificano in corso di psicoterapia.

Casi di memoria cosciente (esplicita) con sentimento di panico e dolore quasi sempre derivano da anestesia inadeguata in pazienti con blocco neuromuscolare (Mushin WW 1951, Editorial: Br Med J 1959, Parkhouse J 1960, Mainzer J 1979, Jones JG 1986, Jones JG 1994). Il paziente è incapace di rispondere con movimenti o verbalizzazione allo stimolo chirurgico. Egli patisce questo orrore in silenzio. Un editoriale si riferisce a questa situazione come alla "morte silenziosa" (Cascorbi HF 1974). Panico e senso di impotenza caratterizzano il sentimento di sofferenza descritto dai pazienti che l'hanno sperimentato, anche quando essi non avvertono dolore. Alcuni pazienti hanno descritto queste sensazioni come "essere seppelliti vivi" (Tracey J 1993). Mentre molti pazienti riferiranno di questo stato nel postoperatorio, altri non ne parleranno (Moerman N 1993). Alcuni sviluppano un Disturbo Post-Traumatico da stress (PTSD) come risultato di questa esperienza (MacLeod AD 1992, Osterman J 1998, Messina AG 1996).

lll "Poi il chirurgo fece un incisione verticale nel mio stomaco. Io cominciavo a disperarmi come un pazzo dentro la mia testa, e pregavo di non morire. Sentivo la mia pelle che veniva lacerata e strappata, come se qualcuno tenesse un bruciatore sul mio stomaco. Poi il chirurgo tagliò il mio stomaco. Man mano che egli tagliava il mio stomaco, sentivo come se qualcuno tenesse delle palle da bowling di 500 libbre e me le calciasse dritto sotto la mia clavicola. Mi sentivo come intrappolato nel mio cervello, in preda alla disperazione e pregavo Dio e mi dicevo di tenere duro… Dopo l'intervento, ho avuto incubi frequenti e ricorrenti. Spesso mi sveglio nel cuore della notte e vedo le pareti o il pavimento della mia camera da letto diventare rossi. Non posso andare a letto senza che ci sia una luce accesa e che le tende delle finestre siano aperte. A volte ho grande difficoltà a ricordare cose come la strada per andare all'aeroporto, anche se ho fatto questo tragitto parecchie volte. Inoltre ho estrema difficoltà a mettere per iscritto i miei pensieri e dimentico come si scrivano le parole più semplici. Tutte le frustrazioni che ho menzionato mi causano una grande ansietà " (Tracey J 1993)

La memoria repressa (implicita) si verifica quando l'anestesia diventa più profonda e la memoria cosciente (esplicita) si perde, come per primo ha dimostrato Artusio nel 1954 (Artusio JF 1955, Tunstall ME 1977, Russell IF 1993). Artusio studiò il primo stadio di Guedel nell'anestesia con etere per la cardiochirurgia e lo divise in tre piani. Il piano 3 più profondo era caratterizzato da una intatta risposta ai comandi con analgesia e amnesia (Artusio JF 1955). Tunstall confermò questi dati in un paziente, apparentemente anestetizzato che risponde ai comandi ma che non ha memoria esplicita degli eventi, con i suoi esperimenti, usando la tecnica dell'avambraccio isolato (isolated forearm technique (IFT)) (Tunstall ME 1977). [nota: isolated forearm technique - dopo l'induzione, prima della somministrazione del miorilassante si applica una fascia ischemizzante a un braccio, gonfiata fino a superare la pressione sanguigna sistolica; ciò permette di mantenere la capacità di muovere la mano dopo la somministrazione del miorilassante, perché la fascia impedisce la diffusione del curaro all'arto; poi si richiede al paziente di stringere la mano dell'operatore, fino a quando il livello di coscienza gli permette di ricevere il comando]. Con la validazione del BIS index come marcatore oggettivo del livello di coscienza durante anestesia, è stato dimostrato che la memoria cosciente (esplicita) (Liu J 1997, Glass PS) e la memoria incosciente (implicita) si riducono con la profondità dell'incoscienza (Lubke GH 1999).

lll In un editoriale intitolato "Angoscia dimenticata?" (Lancet 1974), gli autori discutono il tema della percezione cosciente senza memoria esplicita. Dato che il diazepam, per le sue qualità amnestiche, divenne la nuova pratica clinica di quel periodo, si sottolineava che: "E' possibile che il dolore, non ricordato dal paziente, possa sempre lasciare, in qualche modo, nel momento in cui viene provato, una cicatrice da qualche parte nella psiche del paziente".

lll Schwender rappresentò la memoria implicita nei pazienti sottoposti a chirurgia cardiaca con la storia di "Robinson Crusoe". Questo ingegnoso studio dimostrò potentemente l'esistenza della memoria implicita (repressa) senza memoria esplicita (cosciente). La memoria implicita fu più frequente nel gruppo della neuroleptoanestesia, che mostra una più alta percentuale di memoria rispetto alla tecnica inalatoria. Infatti non si può usare facilmente la tecnica della neuroleptoanestesia senza i miorilassanti, a causa dei movimenti dei pazienti. Nella prossima sezione saranno presentati i dati sulla memoria repressa e sullo stato vigile ("wakefulness") con questa tecnica. Domanda: Se noi, per un dato campo di applicazione crediamo che la neurolepto sia tuttora appropriata da offrirla come opzione anestesiologica, non siamo moralmente obbligati a richiedere un monitoraggio dello stato di coscienza ogni qual volta che lo manipoliamo? In seguito presenterò una serie di dati che supportano questo punto di vista.

Inoltre, Schwender mostrò che "le tracce mnesiche possono essere riscontrate postoperatoriamente quando i potenziali corticali precoci dei potenziali evocati uditivi (AEP auditory evoked potentials) non sono praticamente variati durante anestesia generale rispetto allo stato di veglia … nessun ricordo dovrebbe essere riscontrato postoperatoriamente quando gli AEP sono stati soppressi durante anestesia..." (Schwender D, Kaiser A 1994). Questo studio enfatizza quello che oggi, nonostante i miglioramenti dell'incidenza della memoria cosciente (esplicita), osserviamo circa il problema dell'alta percentuale di memoria repressa (implicita). La spesso citata incidenza dello 0.2% di memoria cosciente (esplicita) dello studio di Liu (Liu WH 1991) deve essere iscritta in questo contesto.

Una revisione della letteratura sul disturbo post-traumatico da stress dimostra che uno schiacciante trauma psicologico ha un profondo effetto sulla memoria (van der Kolk BA 1995, Southwick JRT 1997), comportando ricordi vividi, per quanto frammentari dell'evento traumatico. L'effetto del trauma sulla memoria aumenta le diatriba circa la validità degli studi esistenti sull'incidenza della memoria cosciente in corso di anestesia. Casistiche del 50-70 % (Moerman N 1993, Schwender D 1998) di sequele suggeriscono che la memoria cosciente in corso di anestesia è un rischio per gravi problemi psicologici successivi.

La memoria traumatica è stata considerata come "fissa" (Terr L 1979, 1981, 1983). Tuttavia, più recentemente, si è visto che i ricordi traumatici sono dinamici e variabili (Pynoos RS 1987, 1989, Neisser U 1992, Ceci SJ 1993, Christianson S-A 1992). E' stata riscontrata una distorsione della memoria nei traumi della vita reale (Neisser U 1992, Pynoos RS 1987, 1989).

lll In un gruppo di veterani del Desert Storm [nota: operazione Tempesta del Deserto durante la Guerra del Golfo nel 1991 tra Iraq e Kuwait, difeso da un'amplissima coalizione internazionale, riunita sotto la bandiera ONU e a comando USA], furono evidenziati molti esempi di ricordi contrastanti per eventi oggettivi e traumatici. Non si sapeva a priori cosa sarebbe successo ai soldati, ma lo studio confrontò i ricordi dei veterani a 1 mese e a 2 anni dopo i fatti dei combattimenti. Gli eventi potevano essere dimenticati, negati, repressi dopo 1 mese e diventare coscienti dopo 2 anni. Ne diventa possibile anche la conversazione. E' possibile che individui con ricordi importuni, incubi e ricordi retrospettivi, (flashback) gradualmente ricordino gli eventi traumatici, come risultato di una loro involontaria risperimentazione dei sintomi. Alcuni soggetti del gruppo successivo possono attuare un'inconsapevole esagerazione degli eventi traumatici, come meccanismo per spigarsi i loro sintomi emergenti di PTSD (Southwick SM 1997, Garry M 1994). Pertanto, non è sorprendente nello studio di Ranta che un paziente ebbe memoria cosciente di eventi intraoperatori in sala risveglio, ma non successivamente durante il primo giorno postoperatorio (Ranta SO 1998). Egli suggerì che forse l'interrogatorio del paziente il giorno dell'intervento avrebbe dovuto essere più accurato. Casistiche di memoria cosciente ritardata forniscono evidenze di questo fenomeno. Alcuni esempi sono: il caso di un'infermiera che ricordava nei suoi sogni la parola "Fraser" e dettagli del Desert storm. Follow-up seriati per un lungo periodo di tempo, per diversi anni, sono necessari per una più accurata stima del problema (Messina AG 1996, Lyons G 1991, Southwick SM 1997). Come per quanto avviene con i sogni, Brice notò che: "Si è evidenziata una scarsa correlazione tra i risultati ottenuti interrogando i pazienti sui loro sogni immediatamente dopo l'anestesia e durante la degenza in reparto. Alcuni di questi pazienti, che sostengono di ricordare sogni dettagliati dopo anestesia, successivamente negano ogni cognizione di questi sogni, quando intervistati in reparto. Per contro, alcuni pazienti che negano ricordi dopo essere stati appena svegliati dall'anestesia, a successive interviste riferiscono sogni dettagliati. Le interviste in reparto generalmente hanno dato risultati simili, e sembra probabile che solo i sogni mantenuti e ricordati abbiano importanza clinica…." (Brice DD 1970). Cinque pazienti considerarono i loro sogni come la peggiore esperienza dell'intervento. Gli autori furono scettici nel ritenere che ci fosse una connessione diretta tra l'intervento e i ricordi dei pazienti, suggestivi di memoria intraoperatoria. Invece Bogod stabilì che: "E' ragionevole ritenere che i sogni sperimentati da molti di questi pazienti riflettono gradi diversi di awareness durante le procedure chirurgiche." (Bogod HG 1990) Gli autori conclusero per una scarsa morbidità derivante ai pazienti da queste esperienze oniriche e che l'utilizzo di "un'anestesia leggera" per gli interventi chirurgici è vantaggioso perchè assicura il ritorno dei riflessi di protezione immediatamente dopo l'intervento. Rinunciare a questo vantaggio soltanto per eliminare le esperienze oniriche costituirebbe una regressione operativa" (Brice DD 1970). Russell dimostrò che 20 su 20 pazienti che furono interrogati circa la soffernza di dolore intraoperatorio, erano "svegli" (wakefulness) in corso di anestesia e risposero di avere provato dolore. Questi pazienti non riportarono memoria cosciente di dolore interrogati in sala risveglio ma solo al terzo giorno, con un interrogatorio più dettagliato, si evidenziò memoria in 3 pazienti e 2 pazienti in corso di anestesia mostrarono appropriati movimenti della mano con la tecnica dell'avambraccio isolato (isolated forearm technique) ma erano incapaci di ricordare i comandi (Russell IF 1993).

Alla luce di quanto sopra detto, possiamo osservare che la memoria dinamica di questi pazienti è compatibile con la realtà dei fatti e inoltre che dimenticare l'esperienza mnesica non significa che essa non abbia un'importanza clinica.

False Memorie

Dimenticare le esperienze traumatiche è un fatto ben documentato. Diversi studiosi ne hanno dato descrizione dettagliata (Myers, CS 1940, Kardiner A 1941, Sargent W 1941, Freyd J 1994, van der Kolk BA 1995, Davidson JRT 1997). L'evidenza dimostra che i ricordi recuperati probabilmente non sono più o meno accurati rispetto ai ricordi persistenti (Freyd J 1994). Pazienti con false memorie non sono in generale in mala fede. Durante situazioni traumatiche il soggetto può trattenere sia vere che false tracce mnesiche. Il fatto che sussista una falsa memoria non significa che il contrario sia la memoria "vera" dei veterani, che dimenticano o ricordano. I ricercatori sanno che la memoria di eventi reali è irrazionale in entrambe le direzioni: possono verificarsi insieme sia ricordi repressi (veri) che ricordi falsi.

lll Caso 3
Storia di una paziente. Si svegliava in sala operatoria, con un dolore profondo in addome. Il dolore era associato al rumore di rapidi, irregolari scatti "come se qualcuno andasse di fretta ". Pensò dapprima che gli scatti fossero prodotti da una macchina fotografica, ma poi decise che le stavano facendo un "trattamento radiologico". Sentiva anche persone parlare di football.

Discomfort: si (dolore). Percezione uditiva: si. Percezione visiva: nessuna.

Commento: Si accertava che un chirurgo particolarmente veloce suturava il peritoneo posteriore e i piani profondi della parete addominale anteriore usando un porta-aghi a cremagliera. Un altro chirurgo completava la chiusura dell'addome con un porta-aghi di diverso tipo. Durante l'intervento si discuteva…. di un'imminente incontro di rugby.

Questa fragile signora anziana divenne molto stressata quando si fecero dei tentativi per scoprire ulteriori dettagli sulla sua esperienza, così si pensò che fosse non giustificabile e non necessario continuare a interrogarla. Infatti quando si tentò di riaprire l'argomento una settimana più tardi la paziente negò esperienze spiacevoli: disse di avere fatto solo un sogno molto brutto. Questo caso serve anche a dimostrare come una certa parte di sogni sia rappresentiva di memoria intraoperatoria.

Questa paziente ebbe dosi ridotte di farmaci analgesici prima dell'intervento …. Non furono individuate in questo caso altre cause anestesiologiche (Hutchinson R 1961).

Questo è un esempio di memoria dinamica con ricordi veri e falsi. Il caso dimostra come la smentita della paziente (memoria falsa) può portare a una sottostima della vera incidenza di memoria in corso di anestesia. I ricordi spiacevoli e minacciosi sono repressi e e possono ricomparire o non ricomparire meno successivamente. In questo caso la memoria falsa comparve dopo la memoria vera che fu confermata dall'equipe chirurgica. Questo è un esempio molto importante di memoria dinamica di un evento traumatico, caratterizzato sia da una memoria vera che da una memoria falsa in sequenza consecutiva.

lll Bailey ha stabilito che: "… non è raro, ed invece, è facile per i pazienti immaginare più di quanto essi realmente sperimentano, specialmente se passa un considerevole lasso di tempo tra l'anestesia e un resoconto dell'intera storia dell'evento (Bailey AR 1997). Ciò dà risalto a un tema comune della letteratura psichiatrica e anestesiologica: sembra susstire una qualche riluttanza a credere ai nostri pazienti riguardo alle loro descrizioni di eventi traumatici. Sembrano tutte memorie vere: sia la memoria vera, sia cosciente che repressa, che la memoria falsa. Alcuni pazienti hanno ricordi tardivi, tanto tardivi fino a 35 anni dopo l'evento (Freyd J 1994, 1996, Messina AG 1996). Perciò, un difetto della memoria cosciente (esplicita) di eventi intraoperatori entro il primo mese postoperatorio, non esclude la possibilità di una memoria repressa (implicita), che non può dare adito successivamente a una memoria cosciente (esplicita). Peraltro, tutti i test sulla memoria da anestesia sono stati condotti a breve termine.

Brice stabilì che: "alcuni pazienti, che sostengono di ricordare sogni dettagliati immediatamente dopo anestesia, successivamente negano ogni consapevolezza di questi sogni, quando interrogati in reparto." Ciò enfatizza l'atteggiamento di dubbio circa le pretese dei pazienti con ricordi traumatici, come evidenziato da altre investigazioni anestesiologiche e psichiatriche su vittime di esperienze traumatiche. Brice dice: E'… possibile che in alcuni pazienti ci sia stata consapevolezza (awareness) delle procedure chirurgiche, ma che questa consapevolezza sia stata soppressa. Ciò non sembra probabile: tutti i pazienti sono apparsi sollevati quando interrogati sulle loro esperienze chirurgiche, e si sono mostrati interessati e collaboranti. Non hanno mostrato segni di turbamento emozionale e di tensione che ci si potrebbe aspettare se fossero stati sottoposti a esperienze così spiacevoli quali essere operati mentre erano coscienti." (Brice DD 1970). Spesso le vittime di un trauma usano un meccanismo di difesa di amnesia e di dissociazione dai loro sentimenti come meccanismo per fronteggiare questi eventi. Pertanto, i comportamenti sopra descritti non servono come prova evidente che non è accaduto niente di traumatico. (Davidson JRT 1997). Se la prevalenza del PTSD è del 8% nella popolazione generale, e ci sono fattori di rischio genetici, ambientali e patologici che influenzano l'incidenza di PTSD, noi non possiamo aspettarci di vedere molti casi in un piccolo campione esaminato.

"Possono non esserci evidenti segni fisici…", Parkhouse (Parkhouse J 1960) commentò la spassionata maniera con cui spesso era ricordata dai pazienti l'esperienza del 'awareness' durante l'nterevento. Ritenne che ciò non era dovuto alla repressione di un'esperienza terrificante nel subconscio, come ci si aspetterebbe produca uno stato ad alta incidenza di ansietà e il timore di un successivo intervento, non è evidente nella paratica clinica. "… E' possibile che il caso 3 modificò il suo racconto poiché l'esperienza era stata repressa."

Un altro modo di interpretare la "spassionata maniera con cui era spesso ricordata l'esperienza del 'awareness' durante l'nterevento", è lo stato dissociato dopo un'esperienza traumatica. Come Cahill ha notato, la dissociazione, disconnesione tra la memoria dei fatti e la memoria dei sentimenti, è tipica delle vittime di un trauma (Cahill L 1994). Ne è spia il comporatmento del soggetto. Più aventi in questo lavoro, proporrò un questionario da usare nel postoperatorio tardivo, ad almeno un mese, per valutare le modifiche comportamentali, che possono essere un marcatore indiretto di ASD e PTSD.

L'impressione clinica dei ricercatori fu che l' "awareness", con associati stati di ansietà non sembrava essere un problema, che mascherava la frequenza molto alta di awareness riportata in quel periodo, 1960. Questo era un periodo dove la tecnica del protossido d'azoto non supplementato era prevalente. Questi fatti avvenivano prima delle pubblicazioni di Blacher e Macleod che descrivevano pazienti con PTSD dopo awareness durante chirurgia (Blacher RS 1975 , Macleod AD 1992). Come spiegare questo punto di vista che appare discordante con i dati clinici di quel periodo? Forse, il negare l'ampiezza del problema è una possibile spiegazione.

lll E' accettato che nessuno di chi racconta di essere stato violentato da bambino o di qualche altro evento traumatico, va dicendo la verità, e che le memorie false esistono. Pazienti che hanno o recuperano ricordi di abusi nell'infanzia sono spesso estremamente suggestionabili (Loftus, 1993). E se è così, come distinguere le false memorie dalle memorie reali? Inoltre, come abbiamo vista prima, le loro testimonianze sono spesso frammentarie, contraddittorie e vaghe. Un altro caso riportato da Michael Good (1994) descrive come il ricordo di un intervento ginecologico durante l'infanzia si dimostrasse falso. Sembra come se persone, che riportano memorie traumatiche di abuso, spesso confabulino: e questo perché "riempiono uno spazio vuoto". In questo caso, la precisione di un ricordo specifico recuperato può essere bassa, e Jacobs (Jacobs W J 1996) presentò un modello che può stimare la veridicità variabile dei ricordi recuperati. La diagnostica funzionale del cervello può adesso discriminare le vere dalle false memorie, poiché esse sono associate a differenti modelli di attività cerebrale, almeno in alcune situazioni. Daniel Schacter (Schacter DL 1996) sottopose ai soggetti delle liste di parole, mentre si esaminava il loro flusso ematico cerebrale con la tomografia a emissione positronica (PET) con acqua marcata con 15O. Il flusso ematico cerebrale, come rappresentato dalla PET, ha una buona correlazione con l'attività encefalica regionale. Schacter smascherò le false memorie dei soggetti esaminati. Quando si compara l'attività cerebrale regionale durante un ricordo vero o durante un ricordo falso, gli esaminatori trovano in entrambi i casi un aumento dell'attività nella regione dell'ippocampo sinistro, indicando che esso può partecipare sia alla configurazione della memoria falsa che della memoria vera. Questo può rendere conto del fatto che i ricordi falsi sembrano perfettamente reali alle persone che li hanno: essi sono "ricordati" dall'ippocampo proprio come i ricordi reali. Tuttavia soltanto le memorie vere sono associate a un aumento di attività della corteccia temporo-parietale sinistra, dove viene processata l'informazione verbale uditiva. Perciò, le memorie vere e le memorie false appaiono essere associate a schemi di attività neuronale differenti ma parzialmente sovrapposti, pertanto si capisce la convinzione soggettiva dell'individuo delle sue false memorie.

Il fenomeno dell'amnesia infantile: amnesia, repressione e ippocampo

Diverse persone non hanno consistenti memorie esplicite del tempo anteriore ai loro primi tre o quattro anni di vita. Jacobs and Nadel (Jacobs W J 1985) hanno proposto che la causa di questa amnesia sarebbe la ritardata maturazione dell'ippocampo, il registratore della memoria dichiarativa nei bambini più grandi e negli adulti, che non diventa completamente funzionale fino all'età di tre o quattro anni. In questo modo, l'amnesia infantile viene largamente legata allo sviluppo cerebrale e non a un conflitto. Però durante il corso del normale sviluppo, l'amigdala diviene completamente funzionante prima dell'ippocampo nei ratti e probabilmente anche nell'uomo (Rudy JW 1994).

Ciò significa che esperienze traumatiche precoci nella vita possono essere ricordate soltanto come memorie emozionali, senza essere mai state ricordate come ricordi espliciti. Come abbiamo visto, persone con tali esperienze precoci nella loro vita, sono a rischio di sviluppare false memorie nel tentativo di riempire gli intervalli vuoti che si estendono tra quello che loro sentono e quello che loro sanno circa il proprio passato.

Una seconda osservazione neurobiologica a proposito di amnesia e PTSD è che lo stress di un trauma ripetuto e persistente si ripercuote effettivamente sull'ippocampo, restigendolo, danneggia e uccide i suoi neuroni, e può sconvolgere cronicamente la sua funzionalità si ripercuote effettivamente sull'ippocampo, restigendolo, danneggia e uccide i suoi neuroni, e può sconvolgere cronicamente la sua funzionalità. Abbiamo già sottolineato il fatto che le vittime di gravi traumi psicogeni rendono testimonianze inaffidabili, poiché i loro ricordi sono spesso frammentari e caotici. Douglas Bremner (Bremner D 1995, 1997) esaminò gli encefali di pazienti con PTSD correlato a fatti bellici e ad abusi infantili con la risonanza magnetica nucleare (MRI), misurò il volume delle regioni encefaliche e testò la loro memoria dichiarativa. Si trovò che i pazienti con PTSD hanno una riduzione dell'8% del volume dell'ippocampo destro e hanno una in generale una peggiore memoria dichiarativa. Inoltre, si riscontrò che nei veterani di guerra, la severità della riduzione di grandezza dell'ippocampo era correlata con la durata dell'esposizione ai combattimenti: più lunga era l'esposizione al trauma dei combattimenti, peggiore era il danno all'ippocampo. Questa scoperta ben si accorda con l'osservazione clinica che pazienti con PTSD presentano tempi lunghi e travagliati per ricordare, sia sotto terapia che nella loro vita. La teoria classica psicoanalitica ha ascritto questo fenomeno alla repressione conflitto-correlata. La neurobiologia contemporanea sembra suggerire che questo fenomeno possa essere risultato di un danno neuronale cronico stress-correlato.

lll Caso clinico
Un professore associato di scienze politiche della Brown University, Ross Cheit, scrisse un articolo che descriveva la sua esperienza di un abuso sessuale nell'infanzia. Egli ebbe amnesia di quest'esperienza per 36 anni. Un articolo di giornale che aveva letto su un caso simile scatenò la sua memoria repressa (implicita) e la fece divenire memoria cosciente (esplicita). Con l'aiuto di un investigatore privato, egli localizzò altre 5 vittime e registrò una confessione dell'autore dell'abuso. Egli vinse in tribunale con due processi legali intentati per questo abuso (Freyd, J 1966).

Questi dati forniscono un modello per capire il meccanismo implicato nell'amnesia dissociativa, così come forniscono una ragione per fenomeni quali: il ritardato ricordo di eventi traumatici come un abuso sessuale nell'infanzia o un risveglio (awareness) con panico e/o dolore durante anestesia. Inoltre si spiega il meccanismo con cui i pazienti anestetizzati con ossigeno e curaro da solo non riportano il 100% di memoria degli eventi intraoperatori (Bremmer JD 1996, Burn JMB 1963). Curaro con ossigeno al 100% fu usato come unico anestetico perché si credeva che provocasse incoscienza (Burn JMB 1963). Prescott and Smith, provando il curaro su sé stessi, dimostrarono che il curaro non ha effetto alcuno sulla coscienza (Prescott F 1946, Smith SM 1947).

Disturbo Post Traumatico da Stress (Post traumatic Stress Disorder PTSD)

La memoria cosciente e repressa, con panico nello stato di paralisi, con o senza dolore, sfocia in uno stato angosciante che può portare a sintomi di disturbo post-traumatico da stress (Blacher RS 1975, MacLeod AD 1992, Tracey J 1993, Messina AG 1996, Osterman J 1998). Cundy riportò 3 casi di memoria cosciente in pazienti che non erano stati paralizzati e che svilupparono un disturbo post-traumatico da stress (Cundy JM 1995). La durata del PTSD in due casi, laddove riportata, fu di 4 e 5 anni. I pazienti, secondo quanto da loro stessi riportato, erano "frizzati" e incapaci di parlare durante anestesia con maschera laringea; il terzo caso era in anestesia locale con sedazione. Prima che Cundy riportasse i 3 casi di risveglio in condizioni di non curarizzazione, dove non c'era stato alcun movimento del paziente (Cundy JM 1995), Parkhouse aveva sottolineato che l'assenza di movimento non implica una mancanza di risveglio: egli descrisse un paziente che era stato sveglio ma non si era mosso durante l'intervento. Inoltre, notò che: "un paziente può anche non lamentarsi, a meno che specificatamente interrogato. e a volte fino a un secondo intervento che lo porta a riferire del risveglio vissuto durante il primo intervento…." Per di più, la memoria è spesso transitoria e intermittente, cosicché una singola indagine postoperatoria può elicitare informazioni fallaci. Ricordi frammentari di eventi intraoperatori possono essere coperti dagli effetti amnesici dei farmaci sedativo - ipnotici usati (Parkhouse J 1960). Oltre ai dati riportati da Cundy di memoria cosciente stressante nei 3 casi, condotti in anestesia senza miorilassanti, in letteratura la maggioranza dei casi di memoria angosciante, cosciente e repressa, implica l'uso di miorilassanti.

lll MacLeod discusse il fenomeno del "freezing" durante un evento traumatico, nel suo lavoro sulla memoria in corso di anestesia e PTSD (MacLeod AD 1992). L'immobilità vigile (freezing) di molte specie, compreso l'uomo, in risposta a una minaccia o pericolo estremo è ben nota (Marks IM 1987). Il freezing è un istinto di sopravvivenza. Si è osservato che il 50% delle vittime di una rapina si immobilizzano, vanno in "freeze" (Suarer SD 1979). MacLeod postulò che è possibile un'analgesia da stress in quei casi di memoria durante anestesia, che non percepirono dolore. MacLeod teorizzò che lo slittamento dell'atteggiamento del freezing, seguito da un'esplosione di energica attività (che permette la fuga o l'attacco), che persistenndo è seguita a sua volta dall'estinzione dell'insulto minaccioso, può promuovere il PTSD (Eberly RE 1991). Come sarà discusso successivamente, questo è un modello comportamentale di interpretazione del fenomeno, che usa il meccanismo del condizionamento operativo, con il quale so sostituisce uno stimolo avverso con uno non avverso. Indurre un'immobilità vigile con l'anestesia può pertanto indurre PTSD.

Alcuni studi hanno tentato di rispondere alle questioni circa l'impatto psicologico della memoria cosciente in corso di anestesia e dell'esperienza di memoria cosciente da parte del paziente durante l'anestesia. Moerman riportò che il 70% della popolazione dei suoi studi, secondo quanto riferito dagli anestesisti, soffriva di varie sequele, compresi incubi, disturbi del sonno, flashbacks, e attacchi di panico (Moerman N 1993). Egli comunicò che erano frequenti memoria cosciente e dolore. Gli anestesisti che rividero le cartelle non furono in grado di identificare quali pazienti soffrivano di memoria cosciente durante l'anestesia. Schwender intervistò, usando un questionario strutturato, 45 pazienti, 21 risposero personalmente, 24 attraverso quanto riferito dai colleghi anestesisti, circa le loro esperienze di memoria cosciente intraoperatoria. Il 24% provò dolore. Il 50% riportò sequele che comprendevano incubi, disturbi del sonno e paura dell'anestesia. Sensazioni frequenti erano di: paralisi (27 di 45=60%), impotenza (28 di 45=62%), ansia e paura (22 di 45=48%), 18 (40%) provarono panico grave. (Schwender D 1998). Mentre lo studio di Schwender incontra la causa dei "querelanti", lo studio di Liu incontra la causa dei casi medi di PTSD (Liu WH 1991). I casi più gravi di PTSD non tendono a riferire volontariamente i loro problemi per evitare il rischio di una riesposizione ai sintomi del PTSD (Bergstrom H 1968, Davis R 1987, Blacher RS 1975, Aitkenhead AR 1990, Lyons G 1991, Macleod AD 1992, van der Kolk BA 1995, Messina AG 1996, Osterman J 1998).

Sintomi di sensazione di morte imminente furono riscontrati in due dei tre pazienti dello studio di MacLeod (Macleod AD 1992). Le loro descrizioni tendono a sfidare la caratterizzazione come di esperienze "banali", che ne fece Lyon a proposito dei vissuti di questi pazienti (Lyons G 1991) e il punto di vista predominante in letteratura sull'argomento è che tali esperienze tendono a essere piacevoli e psicologicamente benefiche (Eberly RE 1991).

 

Incidenza del PTSD

Gli studi basati sulla popolazione sono importanti per stabilire una stima obiettiva della prevalenza del PTSD e dei suoi fattori di rischio. Un eccessivo affidamento sulle informazioni ottenute dalla popolazione clinica probabilmente rende un'immagine non rappresentativa. I campioni basati sulla popolazione generale forniscono una frequenza di prevalenza realistica che è almeno del 8%.

lll Gli studi epidemiologici mostrano che il PTSD spesso rimane cronico, con un significativo numero di persone che rimangono sintomatiche per anni dopo l'evento iniziale. Frequentemente non si verifica recupero. Per esempio, il 27% dei maschi e il 20% delle femmine dei combattenti della resistenza olandese ancora soffrono di PTSD a 50 anni di distanza (Hovens JE, van der Ploeg 1994, Hovens JE, Falger PR 1994). Lo studio per il Reinserimento nazionale dei veterani del Vietnam trovò percentuali di prevalenza duratura (cronica per tutta la vita) e attuale rispettivamente di 30.9% e 15.2%, negli uomini, e del 26.9%, nelle donne. In una popolazione di vittime di rapine, Davidson esaminò i dati di Kilpatrick che dimostrarono una percentuale di prevalenza cronica del 75.8% e una prevalenza corrente del 39.4% (Davidson JRT 1997). Per quanto riguarda i bambini, gli studi (Pynoos RS 1987, 1993) hanno rivelato una percentuale di prevalenza del 58.4 % e del 70.2 % nei bambini esposti agli attacchi dei cecchini e a un terremoto negli Stati Uniti e in Armenia, rispettivamente. In due centri dell'Area di Bacino Epidemiologico (Epidemiological Catchment Area ECA) i ricercatori (Davidson JRT 1991, Helzer JE 1987) hanno trovato rispettivamente per il 47% e il 33 % che la diagnosi di PTSD veniva mantenuta per più di un anno. Infatti, la cronicità del PTSD non è limitata solo ai casi di malattia più grave.

 

La portata degli agenti stressanti

lll Fattori predisponenti, fattori peri-traumatici ambientali e l'evento traumatico stesso, influenzano lo sviluppo di PTSD. Esiste una relazione tra il rischio di sviluppo di PTSD e la portata degli agenti stressanti (March JS 1990, 1993). La frequenza di PTSD fu 3 volte maggiore nei veterani del Vietnam feriti rispetto ai veterani non feriti (Helzer JE 1987). Le vittime di aggressioni sessuali hanno sviluppato verosimilmente PTSD più di quelle che non sono state violentate (Winfield I 1990). Altri studi hanno mostrato simili risultati nelle vittime di eruzioni vulcaniche (Shore J 1986).

Fattori biologici

L'espressione biologica del PTSD cronico dei pazienti può essere manifestata dal sistema nervoso simpatico, dal sistema neuroendocrino e dalla regolazione del sonno. Un aumento del tono simpatico è indicato dall'aumento della frequenza cardiaca e dalle catecolamine urinarie sulle urine delle 24 ore (Pitman RK 1993). L'asse ipotalamo-ipofisi-surrene mostra una riduzione della secrezione di cortisolo urinario nelle urine delle 24 ore, una sovrasoppressione del cortisolo dopo la somministrazione di una bassa dose di desametazone, una riduzione delle corticotropine in risposta all'ormone rilasciante le corticotropine, e un aumento del numero dei recettori per i glicocorticoidi. Inoltre le modificazioni dei recettori per i glicocorticoidi sono correlate con la gravità dei sintomi del PTSD e non con i sintomi meno specifici di ansia e depressione. Il PTSD cronico è accompagnato da una sovrasoppressione dell'asse di emergenza ipotalamo-ipofisi-surrene (Yehuda R 1991). I test di provocazione con somministrazione di ioimbina, un antagonista alfa-2 adrenergico, scatenano sintomi di PTSD, come la sollecitazione serotoninergica con m-ciclofenilpiperazina (Southwick SM 1993, Krystal JH 1989). Risulta aumentata la latenza del sonno, diminuito il periodo di sonno, e si verifica un aumento dei movimenti rapidi dell'occhio nel sonno ma senza un aumento di pressione dei movimenti rapidi dell'occhio durante la fase precoce del sonno. I tipi di sonno nel PTSD sono più simili a quelli dei disturbi da panico più che a quelli della depressione (Melman T 1995).

Fattori psicologici

Sono stati ammessi fattori psicologici per spiegare il PTSD. La Dissociazione è un'amnesia dei contenuti spiacevoli del pensiero o della sfera affettiva. Freud definì un modello della dissociazione (Freud S 1955). Gli eventi traumatici sopraffanno i meccanismi di difesa. Ne risulta che non può essere realizzato il controllo delle memorie traumatiche e dell'associata affettività spiacevole. (Davidson JRT 1991). La reazione emozionale a questo processo è la ripetizione compulsiva e la negazione dell'evento traumatico o di un qualcosa che lo simbolizzi. La fenomenologia clinica è la risperimentazione e l'evitamento dell'evento trauamtico o del qualcosa che lo simbolizza. Quando i tentativi psichici di dominare l'evento traumatico falliscono, il paziente cede ritirandosi. Si verifica la dissociazione dai pensieri e dalle emozioni sgradevoli legate all'evento traumatico, allo scopo di evitare il senso di impotenza che deriva dall'esperienza traumatica.

Il modello comportamentale afferma che la paura viene acquisita attraverso il condizionamento classico quando sono appaiati insieme stimoli neutri e stimoli spaventosi. Successivamente gli stimoli neutri diventeranno nocivi. Ne risulta un condizionamento operante. Ne deriva un comportamento di evitamento per ridurre l'ansia associata agli stimoli condizionati. I trattamenti comportamentali usano il principio dell'esposizione, che richiede il confronto del soggetto con la situazione ansiogena da cui ne seguirebbe una riduzione dell'ansia (Solomon D 1992).

Influenze ambientali e genetiche

Alcuni dati suggeriscono che il PTSD ha origini ambientali (van der Kolk BA chap 2, 1996) come anche origini genetiche (Trae WR 1995). Uno studio parallelo sui veterani del Vietnam, concordante e discordante per l'esposizione al combattimento, ha evidenziato che una parte significativa delle divergenze è spiegata sulla base di fattori genetici riguardo a tutti e tre i gruppi sintomi (sintomi di intrusione, sintomi di evitamento e sintomi di ipereccitabilità) (True WR 1993). Traumi ripetuti, perdita delle strutture di supporto, sesso femminile, altre diagnosi psichiatriche e disfunzioni familiari sono considerati fattori di rischio per il PTSD (Breslau N 1991). Ciò aiuta a capire perché non tutti i soggetti esposti agli stessi eventi traumatici sviluppano PTSD.

Diagnosi

Il paziente deve presentare almeno uno dei cinque possibili sintomi di intrusione / risperimentazione. Questi sono ricordo ossessivo, ricorrente ed esasperante sia in forma di rappresentazione o di pensieri, sia sotto forma di sogni angosciosi ricorrenti. Si verifica intensa sofferenza o reattività psicologica all'esposizione di sollecitazioni mnesiche del trauma sia esterne che interne (Davidson JRT 1997). Sono frequenti i disturbi di flashbacks, compreso dolore e paralisi, la paura e l'evitamento dei medici, degli ospedali e del sonno, l'amnesia, l'irritabilità, l'eccitazione e l'ipervigilanza (McFarlane AC 1992).

 

Casi di Bergstrom:

lll Caso 6
Una pluripara (2 parti) di 31 anni stette ricoverata in ospedale per 6 settimane a causa di una placenta praevia e aveva mostrato un comportamento ben adattato. Durante l'anestesia fece un sogno tremendo, in cui era come parte di una ruota dentata dell'univero che girava lentamente, governata da un carnefice che la derideva, identificato in un medico che aveva conosciuto. Ogni tanto la ruota la serrava e lei provava un dolore insopportabile e sentiva suoni di schianto. A un certo punto l'universo scoppiò in un caos di dolore e lei a poco a poco divenne meno cosciente. Quando si svegliò credeva ancora di essere dentro quel sogno terribile. Più tardi durante lo stesso giorno, si mostrò più orientata ma sempre piena di paura, e la notte non si rischiava a chiudere gli occhi per paura di cattivi sogni. Questo stato continuò senza che lei osasse parlarne con qualcuno, fino a una settimana dopo quando un colloquio le portò un grande sollievo. A 6 settimane dall'intervento telefonò, dicendo che i ricordi dell'anestesia la tormentavano ripetutamente. In tali occasioni sudava freddo, era attanagliata da una paura mortale e credeva di diventare pazza. Alcune volte aveva il desidero compulsivo di annegare il figlio o di dare fuoco alla casa. Fu inviata presso una clinica psichiatrica dove fu trattata ambulatoriamente. Recuperò lentamente. A un anno di distanza ancora questa esperienza la influenzava fortemente. Talvolta esplodeva la confusione e lei viveva gli eventi correnti come tappe di una sua predestinazione a essere la salvatrice del mondo. (Bergstrom H 1968)

Il caso 6 è un esempio di incubi, pensieri intrusivi, ipereccitazione del sistema nervoso simpatico, comportamento ossessivo-compulsivo con ripetizione di compulsioni associate a PTSD. Questa donna è condannata potenzialmente a una vita segnata da questi sintomi.

L'evitamento fobico e l'inebetimento o il blocco psichico sono due diverse espressioni dei sintomi del gruppo C nel DSM IV. L'evitamento fobico si manifesta come sforzo a evitare pensieri e sentimenti o conversazioni associati al trauma, o come sforzo a evitare attività o persone che risvegliano i ricordi del trauma. Inoltre in questo raggruppamento di sintomi si verifica l'amnesia psicogena, che è è un sintomo dissociativo. Ne segue un interesse per l'ambiente nettamente ridotto, sentimenti di distacco o estraniazione dall'ambiente. Sussiste un restringimento dell'affettività e un sentimento di ridotte prospettive per il futuro. Almeno 3 di questi sette sintomi devono essere presenti e devono includere l'evitamento fobico e l'inebetimento (numbing).

I casi 4 e 5 dimostrano il concetto di "trigger" (eventi scatenanti) e come essi elicitano per la vittima la memoria traumatica.

lll Caso 4
Una primigravida di 21 anni ebbe la sensazione che il tavolo operatorio girava con un gas infuocato sotto e con una grande cappa sopra di esso. Un mostriciattolo aiutava la paziente a trovare una piccola sfera, che le era necessaria per prendere sonno. L'anestesista nascondeva la sfera ma il mostro gliela rubava. Apparivano immagini di un programma popolare della televisione svedese, e qualcuno diceva "ecco qui la ragazza". La giovane fu piazzata in una giostra rotante con ruote dentate e il suo corpo fu teso, si vedevano chiaramente i tendini. La paziente avvertiva che lei e sua figlia potevano morire, ma quando chiese aiuto al marito medico che la assisteva e all'infermiera, essi soltanto ridevano. Poi la paziente credette di morire e risorgere, come investita da un sommo potere di mandare avanti tutta l'umanità. Un anno dopo l'intervento la paziente ancora si sentiva disturbata specialmente quando qualcuno parlava di casi di parto.

lll Case 5
Una pluripara (2 parti) di 22 anni si sentì fluttuare nello spazio con la terra sotto di lei, che si trovava come dentro una sfera. La sfera fu suddivisa e distrutta da tre fiamme di cui una era lei stessa. Si sentiva spiata, sentiva echi e rumori pulsanti. Un anno dopo suoni simili potevano precipitare questi stessi vissuti.

Questi casi non sono correlati a storie logiche e coerenti. Tutti questi resoconti delle esperienze del parto evidenziano uno stato patologico della mente. L'evento scatenante, costituito dall'intervento, porta a un'alterazione del comportamento con PTSD.

Sono presenti i sintomi di ipereccitazione. E' presente almeno uno dei 5 sintomi seguenti: difficoltà del sonno, irritabilità o aggressività, scarsa concentrazione, ipervigilanza ed esagerata risposta agli stimoli. Sia l'evitamento che l'intontimento e i sintomi di ipereccitazione devono essere presenti dopo l'esposizione al trauma. Ciò può essere difficile da valutare se l'evento traumatico si è verificato nell'infanzia o dopo un evento avvenuto dettagliatamente 20 - 30 anni prima.

I sintomi sono comuni ad altri disturbi psichiatrici come: disturbi ossessivo-compulsivi, forme di ansia, attacchi di panico, evitamento fobico, dissociazione, e depressione. Questi possono essere differenziati dai diversi gruppi sintomatologici, come dettagliato dai criteri diagnostici del DSM-IV.

L'obiettivo finale è chiarire se l'evento traumatico realmente si è verificato. In guerra, negli incidenti o nei disastri può essere facile da determinare. E' più difficile da scoprire per i presunti traumi infantili, per le violenze domestiche, per le molestie sul posto di lavoro o durante ricordi non convalidati in corso di anestesia (Davidson JRT 1997).

 

Diagnostica

Keane propose che la diagnosi di PTSD avrebbe dovuto includere informazioni sull'individuo, sui familiari, indici psicometrici e psicofisiologici, e colloqui. Sono state usate diverse interviste strutturate con scale di autovalutazione (Keane TM 1987). Pitman raggiunse una buona differenziazione tra soggetti con e senza PTSD sulla base di una descrizione scritta dell'evento traumatico, con la misurazione dello stato psicofisiologico del soggetto, misurando frequenza cardiaca, pressione sanguigna, conduttanza cutanea ed elettromiografia (Pitman RK 1993).

Decorso

Dopo un grave trauma, come una rapina, circa il 90% sviluppa PTSD cronico dopo un mese di sintomi. Approssimativamente il 50% dei soggetti recupera e il 50% sviluppa una forma cronica persistente di malattia, ancora presente un anno dopo. La stessa cosa si verifica per gli stati subclinici. (Davidson JRT 1997).

Il decorso longitudinale del PTSD è variabile (Bank AS 1993). La guarigione permanente si verifica in alcuni; mentre altri mostrano un decorso costante: ancora altri mostrano chiare fluttuazioni, con periodi intermittenti di benessere e recrudescenze dei sintomi maggiori. In alcuni casi il passare del tempo non porta a una risoluzione del problema. Questi pazienti si deteriorano con l'età. Sintomi quali risposte esagerate, incubi, irritabilità e depressione aumentano con il tempo in alcuni pazienti. Nei bambini il PTSD è spesso cronico e invalidante (Nader K 1990).

Seguono due casi clinici.

Il primo è di Prescott, un anestesista al quale fu somministrato curaro e ossigeno per valutare se il curaro avesse effetti sulla coscienza. Il secondo caso è un'esperienza di un assistente di anestesia quando lesse il caso di Prescott durante una conferenza sui miorilassanti, nei pochi mesi del suo internato.

lll Prescott descrisse la progressione della paralisi che egli sperimentò con dosi crescenti di curaro. "Una dose di 10mg ev produsse solo una parziale perdita della forza muscolare, un senso di debolezza, ptosi, strabismo e diplopia; il soggetto era ancora capace di flettere e di estendere gli arti… a 20 mg … i muscoli della faccia e del collo divennero paralizzati. La paresi rapidamente si estese ai muscoli della laringe, degli arti, dell'addome e agli intercostali, in quest'ordine. La capacità di parlare andò perduta, ma la capacità di tossire e di inghiottire non fu deteriorata … La frequenza e la profondità degli atti respiratori …non fu coscientemente colpita benché le letture dello spirometro mostravano una riduzione da 750 cc...a 500 cc… Una dose di 30 mg di curaro…produsse entro 2 minuti completa paralisi dei muscoli della faccia, degli arti e dell'addome e il soggetto divenne incapace di aprire gli occhi, di muoversi, di parlare, di tossire o di inghiottire. Entro tre minuti furono paralizzati gli intercostali e la respirazione divenne rapida e superficiale… Nei successivi due minuti la respirazione divenne sempre più difficile, e i sentimenti del soggetto possono essere descritti soltanto come terrificanti. Essere cosciente mentre si è paralizzati e incapaci di respirare è un'esperienza molto spiacevole. Alla fine dei cinque minuti la respirazione o meglio il gasping…fu totalmente insufficiente a mantenere uno scambio respiratorio. …A questo punto il soggetto cominciò a perdere coscienza….Una sensazione di peso sul torace perdurò per alcuni giorni più tardi. Durante il test la pressione sanguigna salì da 130/80 mmHg a 200/140 mmHg in cinque minuti… Questo effetto fu ampiamente attribuito alla paura e all'asfissia …nessuna azione analgesica fu osservata con una dose di 30 mg di curaro… Whitacre e Fisher affermano che… 60-80 mg di curaro producono immediata incoscienza e apnea (Prescott F 1946).

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Il caso seguente mostra memoria repressa (implicita) e sogni / incubi, come manifestazione della memoria repressa. Inoltre dimostra la natura cronica e debilitante del PTSD nei bambini e la tardiva presentazione alla memoria cosciente di eventi intraoperatori. In questo secondo caso ci vollero 22 anni prima che i ricordi raggiungessero la memoria cosciente. La descrizione di Prescott della progressione della paralisi, che lui aveva sperimentato con dosi crescenti di curaro, causò un attacco di panico al l'assistente di anestesia:

Prima che io descriva la mia esperienza con awareness durante anestesia, vorrei dare qualche informazione aggiuntiva. Io sono stato assistente di anestesia in un ospedale universitario per quattro anni, dove supervisionavo gli interni e gli infermieri di anestesia. Ho lavorato in una struttura privata per sei anni e sono stato impegnato nella ricerca cardiovascolare per 11 anni. Perciò affronto il tema del awareness come anestesista clinico, come ricercatore e come paziente.

lll Da bambino ho avuto molte esperienze chirurgiche (e anestesiologiche). Fortunatamente la mia esperienza di awareness in anestesia si verificò durante il mio ultimo intervento dell'infanzia. Da quella volta ero solito ricordare l'induzione dell'anestesia. Ero portato in sala operatoria (senza un genitore che mi accompagnasse come oggi si fa di routine), piangendo di tanto in tanto, e una maschera nera mi veniva piazzata sulla faccia. Ricordo di respirare una sostanza di odore nauseante e che ero tenuto fermo dal personale di sala operatoria. Ricordo anche che un catetere venoso fu posizionato nel mio braccio.

Durante l'induzione dell'anestesia per il mio ultimo intervento chirurgico da bambino, comunque non mi addormentai subito dopo queste manovre di routine. Ricordo che la stanza diventò nera e che io provavo una sensazione di soffocamento. Boccheggiavo per respirare, mi agitavo e piangevo per la paura, e sentivo tutto malgrado non potessi respirare. Intorno a me era in corso una normale conversazione in sala operatoria, e io capivo che non mi potevo muovere e che nessuno poteva sentire le mie grida. Ero terrificato, mi sembrava un'eternità. Mi sentivo come se mi stessero seppellendo vivo. Poi improvvisamente, sentii un intenso dolore all'inguine. Il chirurgo aveva cominciato e io sentivo tutto. Fu veramente incredibile. Lentamente caddi nel sonno. Ebbi incubi di questa esperienza per diversi anni a venire.

Durante i primi mesi del mio assistentato, mentre partecipavo a una conferenza sui miorilassanti, lessi un caso riportato da un anestesista nel 1948 che descriveva la sua esperienza di auto-somministrazione di curaro. Provai una sensazione spiacevole - come se la cosa mi fosse familiare. Una settimana dopo, io anestetizzai il mio primo bambino usando alotano e sussametonio per l'induzione. Improvvisamente mi sentii turbato ed ebbi un flashback. L'incubo che avevo vissuto per anni da bambino stava realmente accadendo. Una volta che ebbi il flashback della mia esperienza infantile, conclusi che dovevo essere stato attratto da questa professione da qualche processo incoscio. E da qui il mio proposito di evitare che altre persone divenissero vittime di quello che io avevo passato da bambino. Pochi anni dopo, io rivedevo un film documentario che avevo girato, intitolato "Cuore di Soldato" su un veterano della II Guerra Mondiale che soffriva di disturbo post-traumatico da stress (PTSD). Per quaranta anni egli si svegliava durante la notte quando suonava una sirena e correva sulla scena dell'incidente. Guardava i corpi morti, sperimentava nausea e poi andava a letto. Facendo questo egli ritornava simbolicamente allo scenario dei suoi traumi. Io capii che facevo la stessa cosa. La mia non fu una motivazione altruistica, ma piuttosto un rituale ossessivo-compulsivo, in cui io ritornavo allo scenario reale del mio trauma. Ora credo che io sia stato attratto dall'anestesia a causa di una scarsa comprensione del mio processo emozionale che in qualche modo permise alla mia mente di fronteggiare il distress, la sofferenza emozionale che si era permanentemente e profondamente impiantata nel mio inconscio. Durante il Simposio su Memoria e Awareness in Anestesia a Rotterdam, mi sono documentato sul PTSD, che è vissuto da altre vittime di awareness e che riassume i miei problemi dell'infanzia. Disturbi del sonno, pensieri di morte, depressione, stato di ansia e paura di rimanere da solo.

Pochi anni fa, partecipai a un progetto di ricerca sull'animale per studiare la fisiopatologia del danno cerebrale. Come anestesista ricercatore, non permisi l'uso dei miorilassanti poiché la commissione per i diritti degli animali all'università ne vietava l'uso nella ricerca sull'animale. Si argomentava che il miglior segno di profondità dell'anestesia è il movimento del paziente. Quando noi usiamo i miorilassanti, perdiamo questo segno e perciò non sappiamo realmente quando l'animale dorme. La commissione per i diritti dell'animale ritenne crudele l'uso dei miorilassanti. Questa esperienza ebbe un grosso impatto su di me. Evidentemente gli animali erano protetti più degli uomini. Comunque, a quel tempo, io non sapevo come effettivamente incanalare il mio interesse per questo argomento…

(Messina AG 1996)

I casi di Messina e Tracey si verificarono a 30 anni di distanza, approssimativamente 1991 e 1961. Nonostante la ridotta incidenza di memoria cosciente (esplicita) riportata nei diversi studi, casi gravi di memoria con dolore e panico succedono ancora. In un certo senso, l'incidenza riportata negli studi può essersi ridotta, ma non è cambiata molto. Evidentemente, nonostante i nostri progressi, questi casi si verificano ancora. Questi casi hanno un incidenza casuale.

(Osbourne GA 1993, Moerman N 1993).

 

Trattamento

In alcuni pazienti, il PTSD può essere accompagnato da modificazioni neuroendocrine e psicofisiologiche, che provocano grossa sofferenza e menomazione. Per qualche paziente, l'intensità dei sintomi è così forte che non permette la focalizzazione del trauma attraverso la psicoterapia. I farmaci possono essere di aiuto. Gli antidepressivi triciclici e gli inibitori delle monoamine-ossidasi sono stati ampiamente studiati. E' in aumento l'uso e lo studio degli inibitori della ricaptazione selettiva serotoninica (Davidson JRT 1997).

Molte scuole di psicoterapia convengono che l'approccio comportamentale-cognitivo al trattamento dei pazienti con PTSD deve includere l'esposizione al trauma (Macleod AD 1992). Nella psicoterapia dinamica del PTSD che ritorna a ripresentarsi, l'evento traumatico sembra essere una forma di esposizione all'evento stesso nella fantasia. Keane ha dimostrato che i veterani di guerra trattati con intensiva esposizione, prevenzione della risposta al trauma ed esercizi di immaginazione (imaginal flooding = allagamento dell'immaginario) ebbero una significativa riduzione dei sintomi del PTSD correlati ai combattimenti (Davidson JRT 1997).

I trattamenti basati sull'immaginazione hanno specifiche controindicazioni. L'esposizione prolungata dovrebbe essere evitata nei pazienti con sindromi acute da stress. Questi pazienti dovrebbero essere trattati con colloqui, rapido ritorno all'attività giornaliera e possibilmente con un trattamento farmacologico a brave termine con ansiolitici. I pazienti con depressione maggiore non rispondono bene al trattamento comportamentale e dovrebbero essere trattati dapprima farmacologicamente. Pazienti che hanno assunto sostanze di abuso in fase di remissione sono a rischio di ricaduta, durante esposizioni prolungate o graduali. L'uso attivo di droghe è una controindicazione alla terapia comportamentale. Una scarsa cooperazione, di solito propria dei disturbi della personalità, è una controindicazione alla terapia comportamentale. La scarsa cooperazione riduce la compliance, la collaborazione del paziente al trattamento (Pitman RK 1993).

Gestione dell'ansia

L'ansia viene ridotta quando i pazienti sono capaci di controllare l'inquietudine e la paura. Tecniche che aiutano a controllare tali emozioni sono il rilassamento muscolare, l'arresto / controllo del pensiero, il controllo della respirazione, la respirazione diaframmatica, i modelli di comunicazione, il dialogo autoguidato e l'addestramento allo stress (stress inoculation training SIT) (Davidson JRT 1997).

Nel trattamento psicodinamico, si dà enfasi all'interpretazione secondo cui l'evento traumatico determina i sintomi. Il trattamento punta a una bassa esposizione attraverso il confronto e la consapevolezza degli effetti negativi causati dal trauma sull'affettività. Complicazioni del trattamento sono comportamenti eccessivi o di disadattamento, quali evitamento, uso di alcool, sovraccaricarsi di lavoro o dedicarsi ad attività rischiose. Questi comportamenti, che vanno identificati e gestiti, sono usati dai pazienti come mezzo per fronteggiare le loro esperienze traumatiche. (Davidson JRT 1997).

Patologie associate al PTSD

Disturbi associati come depressione maggiore, assunzione di sostanze di abuso, e crisi di panico sono comuni nel PTSD (MacFarlane AC 1992). La depressione necessita di essere trattata per prima, altrimenti compromette la risposta ai trattamenti comportamentali o psicodinamici. I casi di senso di colpa del superstite o di rischio di suicidio possono aumentare con la terapia di esposizione. I tratti di personalità del nevrotico preannunciano una prognosi negativa, secondo una casistica di pazienti trattati con antidepressivi triciclici. Comportamenti antisociali e gravi disturbi della personalità borderline possono essere controindicazioni ad alcuni tipi di psicoterapia e rispondono scarsamente ai farmaci (Davidson JRT 1997). Il PTSD con le sue patologie associate a lungo andare causa grossa difficoltà e deterioramento nella vita e nel lavoro per i pazienti. Gli studi suggeriscono che la verifica della sua esperienza psichica da parte della persona traumatizzata e il supporto di altri sono un'importante prevenzione del PTSD. Questi fattori di prevenzione indicano la necessità di identificare i pazienti con memoria cosciente e repressa in corso di anestesia cosicché si possano approntare degli interventi appropriati.

I pazienti con PTSD hanno un aumentato rischio di ipertensione, ulcera peptica e asma. Dolore cronico e PTSD sono spesso associati. Quando la sindrome dolorosa è correlata al PTSD, l'impatto del trattamento sul PTSD può essere limitato (Davidson JRT 1991).

Durante una laminectomia per un prolasso discale del tratto lombare, una donna di 39 anni ebbe un awareness e provò ‘una sensazione di dolore rovente’ alla regione lombare e sentì gente che parlava dei programmi per le vacanze e li commentava, ‘come se la sua schiena fosse in un caos’. Descrisse un contemporaneo senso di panico mentre era incapace di muoversi e di chiamare. Il tempo le sembrava indefinito e prevaleva un sentimento di totale impotenza. Dopo l'intervento i suoi iniziali commenti allo staff medico non furono creduti e infatti non c'è traccia nella cartella medica o infermieristica che lei avesse informato lo staff medico-infermieristico di questa complicanza.

Due anni dopo questo intervento, la paziente fu indirizzata per una valutazione psichiatrica del dolore lombare cronico (forse una forma di dolore cronico correlato all'intervento, quale segno di PTSD), come se l'intervento non avesse avuto successo nell'alleviare i suoi sintomi. La paziente che precedentemente era stata una madre attiva e affettuosa di tre bambini, si presentò aggressiva, dura, rifiutava ogni aiuto e ancora era isolata socialmente e soffriva di dolori. Dietro domande dirette descrisse i suoi problemi notturni legati all'intervento, i suoi risvegli gridando per diverse notti a settimana, pensieri persistenti intrusivi della sua esperienza di awareness, risposte esagerate agli stimoli, difetti di memoria e di concentrazione, e insonnia nella fase iniziale del sonno. Per diverse notti a settimana aveva un incubo ricorrente, in cui rivedeva il suo intervento da un angolo della sala operatoria, osservando quelle procedure con un freddo distacco, pur sapendo di essere allo stesso tempo vittima e osservatrice, nel suo sogno. Fu palese clinicamente un PTSD cronico. Erano in corso le procedure legali di risarcimento. La paziente rifiutò il trattamento psichiatrico (MacLeod AD 1992).

Benché non sia chiaro se il dolore lombare cronico della paziente dopo l'intervento sia una manifestazione di PTSD o della sua radicolopatia, è molto chiaro che la paziente soffre di un PTSD derivante dalla sua esperienza intraoperatoria.

 

Disturbo Acuto da stress (ASD)

Stati dissociativi sono osservati come immediata conseguenza di un evento traumatico. Questi sintomi possono scombussolare le attività giornaliere e richiedono attenzione. L'ASD rappresenta un modello clinico di PTSD per i preminenti sintomi dissociativi: senso soggettivo di inebetimento, atteggiamento di distacco o assenza di risposta emozionale, ridotta consapevolezza dell'ambiente circostante, derealizzazione, depersonalizzazione, e amnesia dissociativa (Davidson JRT 1997).

Uno studio sulle vittime di un terremoto mostrò un'alta incidenza di sintomi dissociativi: distorsione del tempo, alterazioni cognitive e della memoria, derealizzazione. Tra i soggetti esposti a un'esecuzione o in altri esposti a un grosso incendio, furono osservati sintomi dissociativi dal 27 al 80% dei pazienti. Per la maggior parte i casi sono auto limitanti e non richiedono un trattamento (Koopman C 1994).

Se i sintomi di ASD persistono per più di un mese, viene fatta diagnosi di PTSD. Il caso seguente illustra alcuni punti salienti; Lyons descrive una paziente che fu afflitta dalla sua esperienza traumatica con memoria cosciente:

lll Caso 1. Una paziente di 26 anni, pluripara, richiese il taglio cesareo per fallita induzione di travaglio. La peridurale effettuata per il travaglio non fu usata e fu sottoposta ad anestesia generale alle 3 di notte. L'induzione seguì un rigido protocollo con 250mg di tiopentone. Non sono menzionati anestetici gassosi, ma almeno sicuramente fu usato alotano allo 0.5%. All'estrazione fu somministrata petidina 100mg. La registrazione del suo resoconto postoperatorio riporta quanto segue:

‘Mi addormentai in ritardo. Ricordo l'induzione, non ero capace di muovermi e mi sentivo strozzare la gola e vedevo la sala operatoria e ne sentivo le voci, poi più niente’. La stessa paziente necessitò, un anno dopo, di un taglio cesareo urgente per prolasso di funicolo e sospetta deiscenza della cicatrice uterina. L'anestesista tirocinante fu informato della sua precedente storia ma non ebbe tempo di cercare consiglio da un anziano. Fu somministrata l'anestesia, identica alla prima, eccetto che per il papaveretum [nota: alcaloide dell'oppio che contiene sia gli alcaloidi fenantrenici che isochinolonici, con proprietà analgesiche e narcotiche proprie della morfina] 20mg somministrato all'estrazione del feto. La paziente lamentò awareness nell'immediato periodo postoperatorio.

La paziente si mostrò ansiosa nel discutere la sua esperienza ed era turbata e facile al pianto. Chiese di visitare la sala operatoria per potere capire cosa le era successo e ciò fu fatto lo stesso giorno. La registrazione riporta quanto segue: "Visita alla sala di anestesia e alla sala operatoria: alla paziente sono mostrate le apparecchiature e le viene spiegato cosa le è successo - la paziente ha la possibilità di descrivere accuratamente quello che le è successo per come lei lo ha vissuto, per esempio il ricordo delle gambe che cadevano fuori dal tavolo operatorio mentre lei veniva spostata nella sala. La paziente può ricordare fino a dopo l'estrazione del bambino quando fu modificata la concentrazione del gas. Molto ansiosa prima di andare in sala operatoria e nella sala di anestesia (ha giudicato la sala di anestesia spaventosa) - si è sentita molto sollevata dopo che le è stato mostrato tutto. Ha giudicato disturbanti i rumori dell'ambiente, per esempio il ventilatore, l'apparecchio di monitoraggio dei segni vitali (monitor Dinamap), l'aspiratore, ma fu contenta di sapere che questi strumenti esistevano. La paziente visiterà di nuovo il complesso operatorio domani ". La registrazione del giorno seguente riporta: "La paziente è più contenta oggi. Non pensa di avere paura di un'anestesia generale la prossima volta ". (Lyons G 1991)

Infine, le implicazioni per i bambini di rischio per PTSD possono essere indirettamente ricavate dai dati degli studi di Freyd e dei suoi colleghi. Freyd studiò l'amnesia traumatica nei bambini e scoprì che le vittime possono avere bisogno di rimanere inconsapevoli del trauma non per ridurne la sofferenza ma piuttosto per promuovere la propria sopravvivenza. L'amnesia rende il bambino capace di mantenere un attaccamento con una figura vivente per sopravvivere. Nei casi di awareness con memoria cosciente (esplicita), quella figura vivente, quella persona è il genitore che lo accompagna in sala operatoria. Freyd ha verificato il concetto delle "memorie recuperate", nello studio in cui dimostra che alcune vittime recuperarono i ricordi traumatici, confermati poi dagli stessi autori dei crimini contro di loro. (Freyd J 1996).

lll lll lll 

In conclusione, la memoria dopo anestesia e chirurgia con miorilassanti deve essere valutata come comprensiva di una qualche forma di combinazione dei seguenti elementi: esistenza / perdita della memoria cosciente (esplicita), esistenza / perdita della memoria repressa (implicita). I processi che le coinvolgono sono chimici: l'anestesia e il trauma con l'amnesia della memoria cosciente (esplicita) dell'evento traumatico. A causa di questi fenomeni, ogni resoconto di memoria esplicita perioperatoria, pubblicato fino ad oggi, deve essere visto in questo contesto. Ogni memoria cosciente (esplicita) nell'immediato periodo postoperatorio (settimane), a causa di questo riscontro ambivalente, porterà a sottovalutare il numero di awareness in corso di anestesia. Tuttavia alla luce di questi dati noi siamo obbligati a ritenere che esiste una significativa memoria repressa (implicita) di eventi sia neutri che spaventosi dal punto di vista emozionale, per il paziente durante l'intervento chirurgico sotto anestesia. Sono disponibili soluzioni per limitare questo tipo di memoria: sviluppare rigorosi standard per l'uso dei miorilassanti, usare un monitoraggio del livello di coscienza quando si usano i miorilassanti.

 

Appendice

Criteri diagnostici del DSM-IV 309.81

Disturbo Post-Traumatico da Stress

A. Il soggetto è stato esposto a un evento traumatico in cui sono presenti le due seguenti caratteristiche:

(1) Il soggetto ha sperimentato, ha visto o ha affrontato un evento più eventi traumatici, che hanno comportato un reale o mortale o grave danno, o una minaccia all'integrità fisica del soggetto stesso o di altri.

(2) La risposta del soggetto consiste di intensa paura, impotenza o terrore. Nota: nei bambini, può essere espressa da un comportamento disorganizzato o agitato.

B. L'evento traumatico è continuamente risperimentato in uno (o più) dei seguenti modi:

(1) ricorrenti e intrusivi ricordi angosciosi dell'evento, comprese raffigurazioni mentali, immagini dell'evento stesso. Pensieri o percezioni dell'evento. Nota: nei bambini, possono manifestarsi giochi ripetitivi in cui vengono espressi temi o aspetti del trauma.

(2) ricorrenti sogni angosciosi dell'evento. Nota: nei bambini, si possono avere sogni spaventosi senza un contenuto riconoscibile.

(3) agire o sentire come se l'evento traumatico fosse ricorrente (con inclusi la sensazione di rivivere l'esperienza, le illusioni, le allucinazioni, e gli episodi di flashback dissociativo, inclusi quelli che si verificano al risveglio o durante intossicazioni). Nota: nei bambini può osservarsi una riproposizione comportamentale trauma-specifica.

(4) intensa sofferenza psicologica all'esposizione di stimoli interni o esterni che simbolizzano o somigliano ad aspetti dell'evento traumatico.

(5) reattività fisiologica all'esposizione a spunti interni o esterni che simbolizzano o somigliano ad aspetti dell'evento trauamatico.

C. Evitamento persistente di stimoli associati al trauma e ottundimento della responsività generale (non presente prima del trauma), come manifestato da tre (o più) dei seguenti sintomi:

(1) sforzi per evitare pensieri, sentimenti o conversazioni associati al trauma

(2) sforzi per evitare attività, posti e persone che risvegliano il ricordo del trauma

(3) incapacità a ricordare aspetti importanti del trauma

(4) interesse o partecipazione ad attività significative marcatamente ridotti

(5) sentimento di distacco o di estraniamento dagli altri

(6) restringimento della sfera affettiva (per es. incapacità ad avere sentimenti di amore)

(7) senso di ridotte prospettive per il futuro (per es. non prospettarsi di avere una carriera, un matrimonio, dei figli o un'aspettativa di vita normale)

D. Sintomi persistenti di un'aumentata eccitazione attuale (non presenti prima del trauma), come manifestato da due (o più) dei seguenti sintomi:

(1) difficoltà a prendere sonno o a rimanere addormentati

(2) irritabilità o esplosioni di aggressività

(3) difficoltà di concentrazione

(4) ipervigilanza

(5) esagerata risposta agli stimoli

E. Durata del disturbo (sintomi dei criteri B, C, e D) maggiore di 1 mese.

F. Il disturbo causa una sofferenza clinicamente importante o deterioramento nelle aree relazionali sociali, occupazionali o in altre importanti aree di attività del soggetto.

E' specifico per:

Disturbo acuto: se la durata dei sintomi è minore di 3 mesi

Disturbo cronico: se la durata dei sintomi è uguale o maggiore di 3 mesi.

E' specifico se:

A comparsa ritardata: se l'inizio dei sintomi avviene almeno 6 mesi dopo l'evento stressante.

Ristampato con il permesso di: Manuale Diagnostico e Statistico del disturbo mentale, quarta edizione (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorder, DSM-IV, Fourth Edition) Copyright 1994 - Associazione degli Psichioatri Americani (American Pyschiatric Association).


continua nel prossimo numero.....